La costituzione del supercondominio e l’individuazione delle parti comuni
11 Marzo 2019
Massima
Il c.d. supercondominio può essere costituito anche da complessi orizzontali, c.d. villette a schiera, a cui, in virtù dell'art. 1117-bis c.c., si applica la disciplina del condominio; gli elementi comuni sono pertanto individuati, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in forza del rapporto strutturale o funzionale che gli stessi rivestono rispetto all'edifico condominiale, dovendosi ravvisare tre categorie di beni comuni: a) parti che integrano la struttura dell'edificio, b) parti destinate a servizio generale dell'edificio, e c) impianti destinati a servizi d'uso e godimento comune. Diversa disposizione può essere contenuta nel titolo, dovendosi intendere come tale unicamente l'atto di costituzione del complesso condominiale, ossia il primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario unico proprietario ad altro soggetto. Il caso
Un condomino impugna dinanzi al Tribunale di Brescia la delibera con cui, nell'approvare lo stato di ripartizione delle spese, gli vengono imputate quote relative a locali non fruibili. Il giudice di prime cure accoglie parzialmente la domanda, annullando la relativa delibera, pronuncia impugnata dal condominio soccombente, che lamenta la genericità della pronuncia sia in ordine alla individuazione delle spese sia l'ultra petizione della stessa. L'appellato propone a propria volta appello incidentale, censurando il capo della sentenza di primo grado che aveva ritenuto la sua unità immobiliare inclusa nel condominio, nonostante nel titolo di acquisto risultasse il contrario. Il giudice di appello ritiene fondati i motivi dell'appellante principale e riforma la sentenza di prime cure, rigettando la domanda volta all'annullamento della delibera, rilevando che i beni cui si riferiscono le spese contestate devono ritenersi condominiali e che non vale ad escludere tale loro qualità l'atto di acquisto della parte, che è successivo alla costituzione del condominio e non può incidere sull'assetto dei diritti reali creato dall'atto costitutivo del condominio; è infatti in quel momento che viene ad esistenza la pluralità soggettiva nella titolarità delle unità immobiliari a seguito della prima cessione ad un terzo da parte dell'unico originario proprietario, e solo in tale sede può perfezionarsi l'accordo delle parti idoneo a statuire anche in ordine alla titolarità dei beni comuni. La questione
La pronuncia si pone nel solco di orientamenti già espressi dalla giurisprudenza di legittimità, recependo altresì le modifiche - non sempre cristalline - introdotte dalla novella del 2012, che ha introdotto all'art. 1117-bis c.c. la figura normativa del c.d. supercondominio, sino ad allora di pura creazione giurisprudenziale. Il giudice di appello lombardo opportunamente rileva che oggi, a mente dell'art. 1117-bis c.c., deve essere valutata l'effettiva natura del bene che si assume comune, alla stregua dei principi espressi dall'art. 1117 c.c., valutando se i beni, a cui si riferiscono le spese oggetto della contestata ripartizione, siano indispensabili alla esistenza stessa del complesso condominiale o siano astrattamente suscettibili di fornire una utilità comune. Poiché il criterio prioritario, indicato dall'art. 1117 c.c. per l'individuazione delle parti comuni, rimane comunque il titolo, l'altro problema cui è chiamato a dare soluzione la Corte d'Appello di Brescia è quale significato debba essere attribuito a tale espressione, ovvero se sia idoneo a statuire sul punto il titolo di acquisto del singolo condomino - ove preveda disposizioni difformi dalla norma codicistica - oppure se sia idoneo unicamente l'atto costitutivo del condominio a determinare assetti soggettivi in deroga ai principi generali stabiliti dalla norma . Le soluzioni giuridiche
Il giudice di appello accoglie le doglianze del condominio, respingendo la tesi di parte attrice che, in primo grado, aveva impugnato la delibera sostenendo che la casa a schiera di sua proprietà era dotata di impianti autonomi e doveva ritenersi soggetta alle norme sulla comunione e non alla disciplina del condominio, disposizioni la cui applicazione era espressamente esclusa nel suo atto di acquisto; in particolare gli unici beni che dovevano ritenersi comuni, e soggetti alle norme di cui agli artt. 1110 ss. c.c., erano ben circoscritte aree di accesso e manovra. Tutte le altre spese relative ad illuminazione vani scala, manutenzione degli spurghi e degli impianti gli impianti fognari e per l'assicurazione del fabbricato dovevano ritenersi illegittimamente ripartite dal condominio. La Corte territoriale osserva invece che la disciplina codicistica condominiale, così come innovata dalla novella del 2012, deve ritenersi estesa anche ai complessi orizzontali e, segnatamente, alle ville a schiera, con la conseguenza che la natura comune di un bene deve rifarsi ai parametri dettati dall'art. 1117 c.c., avuto riguardo alla natura strutturale o funzionale del bene stesso: tale natura può essere esclusa solo ove quella parte serva all'uso esclusivo o al godimento di una sola parte dell'edificio, oppure ove sia diversamente disposto dal titolo. Il titolo di acquisto degli acquirenti, che in effetti contiene una previsione in tal senso, non può assumere rilevanza ai fini di detta esclusione, poiché l'unico atto che a tal proposito rileva è quello costitutivo del condominio, ovvero il primo atto di cessione, in forza del quale almeno due unità iniziano ad appartenere a soggetti diversi. Poichè tale atto nulla disponeva in ordine alle parti comuni, mentre l'espletata CTU aveva accertato che i beni (impianti fognari ed elettrici), riguardo ai quali erano state ripartite le spese, erano destinati a servizio di tutti i proprietari in maniera indistinta, l'imputazione dei costi necessari alla loro manutenzione non poteva che avvenire in forza del criterio millesimale previsto dall'art. 1123, comma 1, c.c. Allo stesso criterio deve essere ascritta la ripartizione della spesa per l'assicurazione del fabbricato, prevista obbligatoriamente dal regolamento condominiale e volta a coprire i rischi cui è esposto l'intero complesso. Osservazioni
La pronuncia applica ad un caso peculiare princìpi che la giurisprudenza di legittimità ha ormai elaborato in maniera sufficientemente stabile ancor prima della novella del 2012 e che si sono vieppiù consolidati negli ultimi anni, posto che l'art. 1117-bis c.c. non fa che recepire in via normativa un istituto di stretta creazione giudiziaria quale è il c.d. supercondominio. È ormai fermo principio di legittimità che, al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 ss. c.c., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto, senza che occorrano specifiche manifestazioni di volontà; tale fattispecie è integrata laddove singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini o in proprietà solitarie, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso relazione di accessorietà, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2018, n. 27084; Cass. civ., sez. II, 17 agosto 2011, n. 17332; Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2008, n. 2305). Il titolo ben potrebbe disciplinare diversamente la materia, ad esempio ritenendo il complesso un unico condominio o una comunione, trattandosi di diritti disponibili delle parti a mente anche dell'espresso richiamo dell'art. 1117, comma 1, c.c. ed essendo i criteri di riparto di cui agli artt. 1123 ss. c.c. norme derogabili; ove invece il titolo nulla disponga il supercondominio verrà in essere sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà intera, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto (Cass. civ., sez. VI, 10 marzo 2017, n. 6313). È in quell'esatto momento che deve ritenersi operante la presunzione legale di comunione pro indiviso, ex art. 1117 c.c., di tutte quelle parti indispensabili all'esistenza stessa del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso (Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2014, n. 26766). Come osservato anche dalla Corte bresciana è in quel momento che la volontà dei due originari contraenti può incidere sulla titolarità soggettiva dei beni comuni, poiché una volta frazionata la proprietà con la cessione delle ulteriori unità, l'eventuale clausola pattuita fra l'originario proprietario e uno degli acquirenti successivi non potrà pregiudicare le situazioni acquisite anteriormente dagli altri condomini in virtù di atti ritualmente stipulati e trascritti, modificazione cui si potrebbe addivenire solo con pattuizione che veda coinvolti tutti gli aventi diritto. In virtù degli stessi pacifici principi si è negato che l'originario proprietario possa costituire, una volta sorto il condominio in forza della prima cessione, diritti di servitù sui beni comuni, poiché l'imposizione di pesi reali su beni ormai comuni non è più consentita all'originario unico proprietario senza il consenso degli altri condomini (Trib. Massa 5 dicembre 2016). Celeste - Scarpa,Il condominio negli edifici, Milano, 2017; Petrolati, L'elasticità del condominio tra condominio parziale e supercondominio, in Quaderni della Scuola Superiore della Magistratura, 2017; Scarpa, Il supercondominio dà i numeri, in Amministrare immobili, 2017, fasc. 210, 11; Terzago,Il condominio. Trattato teorico-pratico,a cura di A. Celeste, L. Salciarini e P. Terzago, Milano, 2015; Triola, Il nuovo condominio, AA.VV. a cura di R. Triola, Torino, 2014; Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio, negli edifici, Torino, 2001. |