Il condomino non ha la pec: è valido l'avviso di convocazione inviato tramite mail ordinaria?

Adriana Nicoletti
01 Aprile 2019

Spesso accade che l'amministratore non rispetti rigorosamente le forme dettate per la convocazione dell'assemblea, creando problemi in ordine alla validità della relativa delibera. Allo stesso modo, è molto frequente che, nel corso di un giudizio di impugnativa di delibera condominiale, l'assemblea sostituisca la deliberazione invalida con altra dotata di tutti i requisiti di legge. In tal caso, se è vero che viene a cadere il motivo che ha determinato il ricorso al giudice...
Massima

Costituisce semplice errore materiale l'aver dimenticato di riportare in dispositivo la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, chiaramente indicata in motivazione.

In tema di avviso di convocazione dell'assemblea di condominio, se è vero che unico strumento equipollente alla raccomandata indicata dalla disposizione di legge è la comunicazione PEC, posto che solo con tale modalità perviene al notificante un messaggio di accettazione e consegna dell'avviso, è altrettanto vero che se il condomino indica il solo indirizzo mail, chiedendo una comunicazione attraverso un mezzo “informale”, l'avviso così inviato è valido, poiché il condominio ha rispettato le forme indicate dal condomino.

Il caso

Dal provvedimento, scarsamente descrittivo del fatto, si deduce che un condomino aveva impugnato una delibera assembleare sollevando un'eccezione in relazione alle modalità di invio dell'avviso di convocazione, tramite semplice mail, piuttosto che secondo le modalità indicate dall'art. 66 disp.att.c.c. Nel corso del giudizio la delibera veniva sostituita da altra pienamente valida e con la sentenza il Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere, condannando l'attore, in base alla soccombenza virtuale, al pagamento delle spese del giudizio.

Avverso tale sentenza proponeva appello il soccombente, il quale censurava il provvedimento del primo giudice per non aver questi formalmente dichiarato in dispositivo la cessazione della materia del contendere e per averlo condannato alle spese di lite, che venivano contestate anche nella loro entità.

La questione

La decisione in commento ha affrontato in concreto più questioni: il rapporto tra dispositivo e motivazione, allorché nel primo non sia stata fatta esplicita menzione del decisum (nel caso specifico: cessazione della materia del contendere); le modalità di invio dell'avviso di convocazione dell'assemblea che, pur non avendo rigorosamente rispettato le indicazioni del legislatore, siano state ritenute regolarmente adempiute a fronte di precisa richiesta del destinatario e, da ultimo, la condanna alle spese del giudizio a seguito di dichiarazione di cessazione della materia del contendere.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza della Corte d'Appello di Brescia - per quanto succinta - correttamente ha confermato le decisioni del primo giudice rigettando le eccezioni di parte alcune delle quali, anche se formulate in un giudizio di impugnativa di delibera assembleare, hanno una valenza di carattere generale.

Seguendo l'indicato ordine delle censure il giudice di secondo grado, in via preliminare, ha osservato sostanzialmente che non necessariamente nel dispositivo deve essere dichiarata la cessazione del contendere quando la decisione si possa trarre dal corpo della sentenza.

Per la parte impugnata relativa alla violazione dell'art. 66 disp.att.c.c., ha assunto rilevanza, rispetto alla lettera della norma, la volontà espressa dal condomino che, privo della Pec, ha chiesto di ricevere le comunicazioni tramite posta ordinaria. Circostanza, questa, che nel caso in esame era stata provata dal condominio, il quale aveva depositato in atti la richiesta dell'attore di ricevere in via informale l'avviso di convocazione.

Per quanto concerne, infine, la condanna alle spese di lite del condomino impugnante il giudice di seconde cure ha nuovamente confermato la sentenza di primo grado che, nel merito, aveva accertato la situazione debitoria del condomino rispetto a pregressi pagamenti oggetto di bilanci approvati da precedenti delibere assembleari mai impugnate. Ai fini della liquidazione di dette spese, infine, il collegio aveva applicato l'art. 5 del d.m. n. 55/2014, secondo il quale quando il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l'applicazione dei criteri enunciati dalla stessa norma, la stessa deve essere considerata - come previsto dal comma 5 - di valore indeterminabile.

Osservazioni

Nella decisione il giudice di appello, per i singoli motivi sui quali il gravame è stato incentrato, non ha fatto altro che attenersi ai principi dettati dalla giurisprudenza.

Da un punto di vista generale si è affermato che la portata impositiva della sentenza non è limitata al contenuto del dispositivo, ma deve essere trovata anche in altra parte del provvedimento giudiziale, quale appunto la motivazione, che costituisce integrazione e interpretazione del dispositivo stesso. Tale principio si applica allorché il giudice, nel pronunciare una sentenza di merito (di accertamento o di condanna) in conseguenza della indeterminatezza del dispositivo debba ricorrere ad una sua integrazione, conferendo prevalenza alla situazione contenuta nella motivazione del provvedimento che viene a rappresentare l'unica statuizione (Cass. civ., sez. II, 8 giugno 2007, n. 13441). Solo il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, che non consente di individuare il dettato del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando, invece, la nullità della pronuncia ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2018, n. 5939), mentre non si può parlare di errore materialeallorché il dispositivo sia privo di un capo della domanda, configurando la fattispecie un vizio di omessa pronuncia di quel capo della domanda, la cui decisione non può desumersi dalla sola motivazione (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2017, n. 9263).

Parimenti consolidata la posizione della giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 2015, n. 8309) in merito alla condanna al pagamento delle spese di giudizio nell'ipotesi di cessazione della materia del contendere sopravvenuta nel corso del giudizio (anche in sede di appello) che, tuttavia, non esime il giudice dal provvedere sulle spese, anche in difetto di istanza di parte, valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero addossando dette spese all'una o all'altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale.

Rientrando in un àmbito strettamente condominiale, per quanto concerne le modalità di invio dell'avviso di convocazione va osservato che la Riforma del 2013 ha optato, rispetto al passato, per la scelta di rigide formalità laddove prima, nel silenzio della legge, la comunicazione poteva essere trasmessa in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo (per tutte, Cass.civ., sez. II, 15 luglio 2005, n. 15087).

La nuova formulazione dell'art. 66 disp.att.c.c. prescrive, infatti, che l'avviso di convocazione deve essere trasmesso a mezzo di posta raccomandata (la norma non prevede l'obbligatorietà dell'avviso di ricevimento), posta elettronica certificata (e non posta semplice), fax o tramite consegna a mano (tra le prime pronunce in argomento, si segnala Trib. Genova 23 ottobre 2014, n. 3350, secondo cui le comunicazioni via mail, ai fini della convocazione dell'assemblea, sono valide solamente se avvengono tra indirizzi di posta elettronica certificata, poiché solo a queste la legge riconosce il valore della tradizionale raccomandata).

Per quanto concerne l'invio dell'avviso a mezzo fax, è stato affermato che, una volta dimostrato l'avvenuto corretto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, deve presumersene il conseguente ricevimento e la piena conoscenza da parte di costui, restando, invece, a suo carico l'onere di dedurre e dimostrare eventuali elementi idonei a confutare l'avvenuta ricezione (Cass. civ., sez. VI, 27 luglio 2017, n. 18679).

Mentre la prassi diffusa che vede utilizzare il sistema di posta elettronica ordinaria in sostituzione di quella certificata rende la delibera assunta illegittima e, quindi, annullabile nei modi e nei termini previsti dall'art. 1137 c.c. Malgrado ciò la presenza del condomino in assemblea sana tale irregolarità.

Dubbi, invece, sono sorti in dottrina (ma al momento non risultano pronunce sul punto) circa la validità e conseguente impugnabilità di un'assemblea, la cui convocazione sia stata trasmessa tramite lo strumento ordinario di posta accompagnato da un generico rapporto di ricevimento dello stesso messaggio che, tuttavia, non ne garantisce la lettura da parte del destinatario. Ciò farebbe propendere per l'invalidità della comunicazione come causa di impugnativa della delibera assembleare da parte del condomino assente. Diverso, invece, il caso in cui al mittente pervenga un riscontro di lettura della mail, con l'indicazione del giorno e dell'ora di apertura della stessa giurisprudenza.

Guida all'approfondimento

Costabile, Modalità di convocazione dell'assemblea condominiale, in Immob. & proprietà, 2017, 627;

Nucera, Convocazione dell'assemblea a mezzo di posta elettronica certificata, in Arch. loc. e cond., 2015, 436;

Meo, Convocazione dell'assemblea condominiale ed introduzione delle nuove tecnologie, in Immob. & proprietà, 2011, 693;

Ferraris, La motivazione e il dispositivo come elementi coessenziali per l'identificazione del comando giudiziale, in Resp. civ. e prev., 2010, 2306;

Giordano, La cessazione della materia del contendere nel processo civile, in Corr. merito, 2009,7;

Campus, Contrasto fra motivazione e dispositivo: correzione, integrazione o nullità?, in Riv. giur. trib., 2003, 744.

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