Rateazione dei debiti tributari compatibile con i termini degli accordi di ristrutturazione

26 Aprile 2019

Laddove negli accordi di ristrutturazione dei debiti i crediti tributari non siano stati ancora oggetto di contestazione da parte dell'erario, il coordinamento tra l'art. 3-bis D.lgs. n. 462/1997 e l'art. 182-bis l. fall. consente anche all'imprenditore sottoposto a procedure concorsuali di tipo negoziale di avvalersi del regime previsto dall'art. 3-bis D.lgs. n. 462/1997, con la conseguenza che il termine di pagamento prescritto dall'art. 182-bis l. fall. (120 giorni dalla omologa) si innesta nel termine prescritto dalla norma fiscale, allungandolo fino a 120 giorni.
Massima

Laddove negli accordi di ristrutturazione dei debiti i crediti tributari non siano stati ancora oggetto di contestazione da parte dell'erario, il coordinamento tra l'art. 3-bis D.lgs. n. 462/1997 e l'art. 182-bis l. fall. consente anche all'imprenditore sottoposto a procedure concorsuali di tipo negoziale di avvalersi del regime previsto dall'art. 3-bis D.lgs. n. 462/1997, con la conseguenza che il termine di pagamento prescritto dall'art. 182-bis l. fall. (120 giorni dalla omologa) si innesta nel termine prescritto dalla norma fiscale, allungandolo fino a 120 giorni.

Fonte: Ilfallimentarista.it

Il caso

Nel caso di specie una società depositava domanda di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l.fall.

Successivamente rinunciava alla procedura concordataria e depositava ricorso per l'omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall. che nel frattempo aveva predisposto avendo ottenuto il consenso del ceto bancario (pari all'81% del ceto creditorio complessivo).

Tuttavia la Procura della Repubblica all'udienza originariamente fissata per l'ammissione al concordato preventivo presentava istanza di fallimento sulla base di un ingente debito erariale scaduto e riservandosi di valutare tale richiesta all'esito del procedimento di omologa dell'accordo di ristrutturazione.

In ordine ai debiti erariali l'accordo di ristrutturazione prevedeva due soluzioni.

Per quelli già iscritti a ruolo la società si avvaleva della cosiddetta “rottamazione” dei ruoli con i conseguenti ridotti pagamenti rateali.

Per i debiti tributari non ancora contestati invece la società invocava l'art. 3-bis D.lgs. 462/1997 con possibilità di pagamento integrale rateato in 60 mesi a partire dalla ricezione dell'avviso bonario.

La Procura della Repubblica sosteneva che il trattamento riservato a tali ultimi debiti non è consentito perché risulta in contrasto con l'art 182-bis l.fall. in base al quale i creditori non aderenti all'accordo devono essere pagati integralmente entro 120 giorni dall'omologa.

Il Pubblico Ministero insisteva dunque per il fallimento della società.

Le questioni giuridiche

La questione decisa dal Tribunale di Como nel decreto in commento è relativa al trattamento riservato nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai crediti tributari non ancora oggetto di contestazione da parte dell'erario non essendo pervenuti gli avvisi bonari relativi.

Secondo il P.M. la disposizione di cui all'art. 182-bis l.fall. è comunque inderogabile, pertanto tutti i crediti estranei all'accordo di ristrutturazione devono essere saldati tassativamente entro 120 giorni dall'omologa.

Poiché l'accordo di ristrutturazione con l'applicazione dell'art. 3-bis D.lgs. 462/1997 non poteva rispettare simile tempistica, l'accordo stesso non doveva essere omologato e la richiesta di fallimento, in ragione del consistente debito fiscale accertato, doveva trovare accoglimento.

Ad avviso invece della società debitrice avrebbe dovuto essere riconosciuta prevalenza alla normativa fiscale che consente al contribuente ex art. 3-bis D.lgs. 462/1997 di chiedere la rateizzazione dell'importo da versare in 60 mesi dalla ricezione dell'avviso bonario non trattandosi di disposizione di per sé incompatibile con la procedura ex art. 182-bis l.fall.

La soluzione giuridica

Il Tribunale propende per la soluzione prospettata dalla società.

Il Collegio analizza l'art. 3-bis D.lgs. 462/1997 e l'art. 182-bis l.fall. per "sanare" l'apparente antinomia.

Nello specifico l'art. 3-bis prevede un particolare regime di dilazione dei termini di pagamento dei debiti tributari che deve essere concessa a semplice richiesta del contribuente trattandosi di un diritto soggettivo di tipo potestativo al quale l'Erario non può opporsi.

La ratio della norma è quella di offrire uno strumento deflattivo del contenzioso tributario in base al quale il principio generale di indisponibilità dell'obbligazione tributaria viene sacrificato per favorire forme di estinzione concordate delle pretese creditorie dell'amministrazione fiscale e prevenire così il sorgere di contenziosi.

Anche l'art. 182-bis l.fall. prevede forme "concordate" offerte al debitore, non per affrontare specificamente la situazione debitoria tributaria, bensì per risolvere complessivamente la crisi dell'impresa rispetto alla generalità del ceto creditorio.

Secondo la pronuncia in commento le due rationes non sono antitetiche, ma al contrario posso essere efficacemente coordinate.

Il bilanciamento proposto dal Tribunale di Como collima con la tesi della società debitrice.

Nello specifico la soluzione prospettata è consentire anche all'imprenditore sottoposto a procedura concorsuale di avvalersi del sistema previsto dall'art. 3-bis D.lgs. n. 462/1997 senza penalizzazioni di sorta.

Di conseguenza le tempistiche di pagamento previste dall'art. 182 l.fall. - cioè entro 120 dall'omologa per soddisfare i creditori che non hanno aderito all'accordo di ristrutturazione - si "innestano" sul termine previsto dalla normativa fiscale (cioè le 60 rate mensili) allungandolo fino a 120 giorni.

La soluzione opposta di totale incompatibilità tra normativa fiscale e disciplina fallimentare (sulla quale insisteva la Procura della Repubblica) determinerebbe la conseguenza irragionevole di penalizzare indebitamente l'imprenditore in crisi che ha fatto ricorso alla procedura concorsuale, rispetto all'imprenditore "in bonis".

Si genererebbe in altre parole una disparità di trattamento non giustificata che finirebbe per ostacolare indebitamente l'accesso alle soluzione concordate alle crisi di impresa

Al contrario il Legislatore da tempo "caldeggia" e invita a percorrere tempestivamente simili soluzioni al fine di far emergere per tempo gli stati di crisi ed evitare che sfocino in situazione di dissesto irreversibili.

Osservazioni

Non si registrano altri precedenti giurisprudenziali sull'argomento specifico, si evidenzia tuttavia che la soluzione prospettata dal Tribunale di Como pare ragionevole ed ispirata al meritevole intento di facilitare l'accesso e il perseguimento degli strumenti di risoluzione concordata delle crisi di impresa.

La decisione del Tribunale peraltro si inserisce nel solco di altre pronunce che hanno “bilanciato” in modo analogo i rapporti tra normative fiscali (con le relative tempistiche) e procedure concordate della crisi di impresa (con tempi e modalità di pagamento differenti).

In particolare Cassazione 4234/2006 si era interrogata sulla sorte della rateazione chiesta ed ottenuta all'Agenzia delle Entrate dall'impresa in bonis (per importi derivanti dalla definizione di un accertamento con adesione) che nelle more viene ammessa poi alla procedura di concordato preventivo.

Il problema in particolare è relativo al rischio per l'impresa di decadere dal beneficio fiscale ottenuto (con le conseguenti sanzioni, interessi e aggi) per il fatto che, trattandosi di crediti anteriori, il debitore una volta in concordato non può procedere al loro pagamento pena la violazione della par condicio creditorum.

La Cassazione bilancia le differenti rationes della disciplina tributaria e di quella fallimentare escludendo che possano prodursi effetti negativi e sanzionatori se il contribuente omette di pagare le rateazioni concordate a livello fiscale in forza dei divieti che sorgono successivamente con l'avvio di una procedura concorsuale.

I giudici di legittimità hanno infatti ribadito che i debiti anteriori al sorgere della procedura non possono essere estinti al di fuori del concorso, pertanto il mancato pagamento delle rate concordate non può condurre ad effetti di tipo sanzionatorio, seppure previsti dalla normativa fiscale relativa.

Tuttavia la Cassazione ha ricordato che al fine di escludere l'applicazione di sanzioni tributarie in simile fattispecie è indispensabile valutare anche il comportamento tenuto dal debitore con riguardo all'intenzionalità dell'inadempimento e alla situazione giuridica generale che ha determinato l'impossibilità di eseguire il pagamento rateale concordato con l'amministrazione fiscale.

In senso analogo si registra la pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Bari del 12.12.2014.

In quel caso una società aveva chiesto ed ottenuto la rateazione dei pagamenti tributari proprio in forza dell'art. 3 bis d.lgs. 462/2017. La stessa domandava poi in un momento successivo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo.

A seguito di ciò sospendeva i pagamenti e l'Agenzia delle Entrate la riteneva decaduta iscrivendo a ruolo a titolo definitivo gli importi con aggravio di maggiori sanzioni, interessi e aggi di riscossione.

La Commissione Tributaria adita dalla società in concordato ha ritenuto però illegittimo l'operato dell'Agenzia delle Entrate.

Anche in questo caso quindi l'antinomia tra la normativa fiscale e quella fallimentare viene risolta dando preferenza alla soluzione concordata alla crisi di impresa e le maggiori sanzioni, interessi ed aggi vengono annullati.

Ancora una volta caso peraltro si è valutata la “meritevolezza” della debitrice dato che “la causa del mancato rispetto del pagamento rateale è dipesa da una situazione contingente” e considerata anche “la buona fede concretamente dimostrata dalla società sia per quanto concerne il regolare pagamento delle rate e sia per la disponibilità di pagamento delle somme ancora dovete”.

La soluzione opposta sarebbe stata irragionevole perché avrebbe ingiustamente penalizzato il debitore che accede allo strumento concordatario frustrando sul nascere il tentativo di risolvere la situazione di crisi evitando il fallimento (sempre negli stessi termini si segnala anche il precedente di Tribunale di Modena, 24.2.2014).

Le ragioni di fondo dei precedenti ricordati coincidono di fatto con quelle che hanno spinto il Tribunale di Como a optare la soluzione meno penalizzante per il debitore e più favorevole alla prosecuzione della procedura alternativa al fallimento.

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