L'installazione di paletti dissuasori di sosta non necessita del permesso di costruire
15 Maggio 2019
Massima
Al fine di evitare la sosta selvaggia, il condominio può installare i paletti dissuasori senza il permesso di costruire. Tali opere ricadono nella disciplina dell'art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, per le quali si chiede solo la S.C.I.A. (segnalazione certificata di inizio attività). Il caso
La Polizia locale contestava l'assenza del permesso di costruire per la posa in opera, su di un'area condominiale di alcuni paletti in ferro di un 1,00 mt. di altezza, posizionati a delimitare l'area prospiciente la pubblica via. All'esito di tale accertamento, il Comune adottava l'ordine di demolizione. Contro tale provvedimento, il condominio propose ricorso al T.A.R. territorialmente competente, chiedendone l'annullamento per l'errata applicazione della normativa vigente (artt. 22 e 23, d.P.R. n. 380 del 2001, T.U. in materia edilizia). Secondo il condominio ricorrente, il Comune non aveva, in via preliminare, verificato l'esigua consistenza delle opere realizzate, finalizzate al solo scopo di limitare la sosta selvaggia e il deposito dei rifiuti. Difatti, secondo il ricorrente, per la realizzazione delle opere in questione non era necessaria alcuna abilitazione edilizia, non comportando alcuna modificazione del territorio; inoltre, non vi era alcuna violazione del vincolo ambientale, come erroneamente supposto nel provvedimento impugnato. La questione
La questione in esame è la seguente: è possibile installare paletti o altre tipologie di dissuasori per preservare spazi condominiali o aree prossime agli ingressi degli edifici dal parcheggio selvaggio o dall'abbandono di rifiuti? Le soluzioni giuridiche
Preliminarmente, il Tribunale Amministrativo Regionale ha rilevato che l'intervento effettuato non ricadeva tra le attività libere (indicate in modo tassativo all'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001), in quanto l'opera realizzata non corrispondeva alle attività ivi descritte; d'altronde, non si trattava, come giustamente sostenuto da parte ricorrente, neanche di un intervento di trasformazione edilizio-urbanistica o di alterazione permanente dell'assetto del territorio o di nuova costruzione, tale da esigere il rilascio del permesso di costruire, previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380/2001. Per meglio dire, in tal vicenda, i giudici amministrativi, con riferimento ad un precedente analogo, hanno ritenuto che l'intervento di cui trattasi ricade nel campo di applicazione dell'art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, in tema di S.C.I.A. (Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3554). Invero, sulla questione, intuitivamente affine, dell'assoggettamento, o meno, delle recinzioni, a permesso di costruire, l'orientamento giurisprudenziale in materia ha precisato che la valutazione sulla necessità, o meno, del permesso di costruire, va compiuta in base ai parametri della natura e delle dimensioni delle opere, e della loro destinazione e funzione (T.A.R. Campania 26 giugno 2013, n. 3328; T.A.R. Campania, 30 luglio 2012, n. 1542; T.A.R. Lombardia 29 dicembre 2009, n. 6266); sicché, quando, ad esempio, vengono eseguite opere in muratura e la recinzione non è facilmente rimuovibile, l'intervento, essendo idoneo a incidere in modo permanente sull'assetto edilizio del territorio, esige il previo rilascio del permesso di costruire, ma a tal fine occorre avere riguardo a tutte le opere realizzate nel loro complesso. Proprio attraverso l'analisi delle opere realizzate, gli stessi giudici (T.A.R. Campania 24 dicembre 2018, n. 7333), hanno ritenuto che «la posa di sei paletti infissi nel suolo, destinati a sorreggere una recinzione di rete metallica senza opere murarie, costituisce un manufatto di limitato impatto urbanistico e visivo, essenzialmente destinato al solo scopo di delimitare la proprietà per separarla dalle altre, per cui l'intervento non richiede il rilascio di un permesso di costruire, fatta salva ovviamente l'osservanza dei vincoli paesaggistici (T.A.R. Brescia 25 settembre 2018, n. 907; T.A.R. Roma 4 settembre 2017, n. 9529; Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908)». Ciò posto, l'intervento in argomento, alla luce delle caratteristiche e delle dimensioni dello stesso (10 paletti dell'altezza di mt. 1 ciascuno e diametro 10x10,), ricade nel campo di applicazione dell'art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, cioè, tra quelli realizzabili con il regime semplificato della D.I.A., la cui mancanza non è sanzionabile con la rimozione o la demolizione, previste dall'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 per l'esecuzione di interventi in assenza del permesso di costruire. In primo luogo, non era stata eseguita nessuna opera muraria significativa: i paletti apposti, uniti al suolo mediante un basamento di calcestruzzo assai sottile, risultavano distanziati tra loro in modo tale da consentire un facile accesso pedonale all'area ed effettivamente sembravano svolgere una funzione, non contestata dal Comune, di dissuasori della sosta e dell'abbandono dei rifiuti. Dunque, nel complesso, si trattava di un'opera finalizzata a delimitare la proprietà del condominio ricorrente, rimovibile in maniera tutt'altro che disagevole e, come tale, inidonea a incidere sull'assetto edilizio del territorio (non si trattava neppure di una recinzione, essendo l'area “tuttora liberamente accessibile a tutti, salvo che alle autovetture”). Inoltre, non vi erano neppure elementi, come sostenuto immotivatamente dal Comune resistente, di incidenza negativa sul paesaggio nei termini previsti dall'art. 146 deld.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), perché la limitata consistenza dell'intervento avrebbe, sul punto, richiesto una più esplicita indicazione. In conclusione, per le suesposte ragioni, il ricorso del condominio è stato accolto e, per l'effetto, l'ordinanza impugnata è stata annullata. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni in merito alla questione del parcheggio delle auto in cortile e dell'installazione dei dissuasori della sosta. Preliminarmente, si osserva che, salvo diverse disposizioni del regolamento contrattuale, il parcheggio di autoveicoli in cortile è da considerare lecito se non impedisce a quest'ultimo di continuare a servire agli usi cui è destinato e cioè al passaggio di persone, veicoli o suppellettili o alla illuminazione dei locali che su di esso si affacciano. Sotto altro profilo, il cortile è una parte comune sicché, per il suo godimento, vale il principio dell'art. 1102 c.c., per il quale, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Per meglio dire, al fine del godimento della cosa comune da parte di tutti gli aventi diritto, non essendo possibile l'uso simultaneo del bene da parte degli stessi, è da considerarsi valida la delibera assembleare che, in applicazione del corretto esercizio di regolamentazione, consenta ai condomini un utilizzo turnario delle postazioni destinate a parcheggio di autoveicoli, a tutela del pieno diritto di ciascuno al godimento del bene comune (Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2018, n. 26630). In tema di sosta selvaggia, inoltre, la Corte di Cassazione ha espresso il divieto di parcheggiare nel cortile quando il passaggio delle altre vetture è limitato o quanto meno difficoltoso (Cass. civ., sez. II, 11 luglio 2011, n. 15203). Quindi, le delibere che vietano ai condomini di parcheggiare le loro auto nell'area condominiale antistante il fabbricato (disponendo la collocazione di paletti e di fioriere) sono legittime in quanto disciplinano l'uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., senza alterarne la funzione o la destinazione (Cass. civ., sez. VI, 16 settembre 2016, n. 18187). Pertanto, fermo restando che l'assemblea può - in assenza di contrarie previsioni del regolamento contrattuale - disciplinare l'uso del cortile a parcheggio, tuttavia, quest'ultima regolamentazione non può spingersi sino al punto di impedire l'accesso degli autoveicoli al cortile per carico e scarico e per l'emergenza (vigili del fuoco, autoambulanze, ecc.). Quanto agli aspetti tecnico-amministrativi, si osserva che i dissuasori della sosta sono dispositivi stradali atti ad impedire il passaggio e la sosta dei veicoli in determinate aree o zone, allo scopo di preservare gli spazi ad uso pubblico o privato, come i marciapiedi, le aree pedonali e a verde, le pertinenze condominiali. Questi possono essere fissi o removibili (comunque stabili), mobili a scomparsa, di varie forme e materiali: paletti, colonnine, archetti, transenne in metallo; pilastrini, panettoni, cordonature in materiale lapideo o cemento; grandi vasi e fioriere utili anche come arredo. L'apposizione di questi manufatti nelle aree pertinenziali è oramai molto diffusa e le diverse tipologie sono spesso legate alle specifiche necessità e all'ambiente nel quale vanno ad inserirsi. I dissuasori, ad esempio, sono dispositivi atti ad impedire la sosta di veicoli in aree o zone determinate e vengono impiegati principalmente per creare un impedimento materiale alla sosta, ma assolvono anche a funzioni accessorie quali la delimitazione di zone pedonali, aree di parcheggio riservate, zone verdi, aiuole e spazi riservati per altri usi. Secondo i tecnici in materia, come previsto dal recente glossario dell'Edilizia libera, la loro installazione all'interno di aree pertinenziali di immobili, è consentita senza alcun titolo abilitativo (sempre però nel rispetto dei vincoli indicati dagli strumenti urbanistici comunali vigenti e delle normative di settore, in particolare la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico di cui al d.lgs. n. 42/2004). Premesso quanto innanzi esposto, in tema di autorizzazione per l'installazione di dissuasori, oltre alla pronuncia in commento, in altro precedente è stato evidenziato che se i condòmini di un caseggiato che si affaccia sulla pubblica via, agendo a tutela del proprio diritto al libero accesso al fabbricato, chiedono all'autorità comunale l'installazione di paletti dissuasori per impedire la sosta indiscriminata di veicoli privati, il Comune è tenuto ad adottare le misure concretamente richieste (T.A.R. Campania 2 settembre 2015, n. 4280). In altro precedente, invece, è stato il condominio a citare in giudizio il Comune per il silenzio-inadempimento messo in atto in merito alla richiesta di installare dei dissuasori sul marciapiede antistante l'ingresso dell'edificio; in tale situazione, il parcheggio delle auto creava una vera e propria barriera architettonica che ostacolava l'ingresso all'immobile, certificato tra l'altro, contro le barriere architettoniche interne. I giudici, pur dichiarando tale giustificazione non sufficiente, tuttavia, confermavano che l'ente comunale aveva valutato fondate le difficoltà di accesso denunciate dal condominio; difatti, l'Ente Comunale aveva avviato un progetto di allargamento del marciapiede e l'installazione del divieto di sosta, ma senza dissuasori. In definitiva, i giudici amministrativi, in accoglimento del ricorso, hanno ordinato al Comune di provvedere sull'istanza presentata dai ricorrenti (T.A.R. Toscana 21 marzo 2018, n. 423). E ancora, altri giudici, invece, pur confermando l'uso legittimo, da parte del condominio, del cortile interno come parcheggio di veicoli dei proprietari/inquilini (centro storico sottoposto a vincolo dai Beni culturali), tuttavia, obbligavano il condominio a non utilizzare paletti in ferro per delimitare l'area di sosta perché incompatibili con il decoro architettonico (T.A.R. Piemonte 29 gennaio 2019, n. 98). Secondo il ragionamento di altro Tribunale, il condominio non può installare, come dissuasori di parcheggio, dei paletti in ferro, anche se il suolo dove vengono fissati detti supporti è di proprietà dello stesso condominio: scatta allora la rimozione forzosa, ad opera delle autorità, perché l'area resta comunque di uso pubblico (T.A.R. Sicilia 25 maggio 2015, n. 1224). In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, nonostante i citati diversi orientamenti, possiamo affermare che è possibile installare paletti o altre tipologie di dissuasori per preservare spazi condominiali o aree prossime agli ingressi degli edifici dal parcheggio selvaggio o dall'abbandono di rifiuti, ma ogni soluzione dovrà sempre tener conto dei diversi fattori e delle differenti normative amministrative comunali. |