Agevolazione ICI per terreno agricolo: estensione anche al coltivatore diretto partecipe nella società conduttrice

Giuseppe Caracciolo
11 Giugno 2019

In tema di ICI, l'agevolazione di cui all'art. 9 del D.Lgs. n. 504/1992, consistente nell'esenzione dell'imposta fino ad un determinato limite di valore del terreno che abbia destinazione agricola, si applica - a seguito della modifica dell'art. 12 della L. n. 153/1975 da parte dell'art. 10 del D.Lgs. n. 228/2001 e della sua successiva abrogazione e sostituzione con l'art. 1 del D.Lgs. n. 99/2004 - anche ai possessori dei terreni condotti da società agricola di persone nella quale il possessore partecipi con diretto esercizio della sua forza lavoro, qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale a mente del ridetto art. 1.
Massima

In tema di ICI, l'agevolazione di cui all'art. 9 del D.Lgs. n. 504/1992, consistente nell'esenzione dell'imposta fino ad un determinato limite di valore del terreno che abbia destinazione agricola, si applica - a seguito della modifica dell'art. 12 della L. n. 153/1975 da parte dell'art. 10 del D.Lgs. n. 228/2001 e della sua successiva abrogazione e sostituzione con l'art. 1 del D.Lgs. n. 99/2004 - anche ai possessori dei terreni condotti da società agricola di persone nella quale il possessore partecipi con diretto esercizio della sua forza lavoro, qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale a mente del ridetto art. 1.

Il caso

Il comune di Quarrata ha adottato un avviso di accertamento nei confronti del proprietario di un terreno, pacificamente agricolo, condotto da una società agricola di persone (società semplice) di cui uno dei soci è anche proprietario del fondo, pretendo da quest'ultimo il pagamento dell'ICI relativa ai periodi di imposta dal 2008 al 2011, così sostanzialmente disconoscendo l'agevolazione prevista dall'art. 9 del D.Lgs. 504/1992 in ragione della quale il contribuente aveva ritenuto di non essere obbligato a pagare il tributo comunale sugli immobili.

Il proprietario del fondo ha impugnato il provvedimento impositivo avanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha disatteso l'impugnazione, ed ha poi proposto appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che ha invece accolto l'impostazione difensiva del contribuente ed ha annullato l'avviso di accertamento sulla premessa che a decorrere dal 1992 le società agricole sono equiparate ai coltivatori diretti a riguardo delle agevolazioni fiscali previste per l'agricoltura, sicchè i fondi agricoli hanno diritto alla riduzione dell'ICI anche ove siano condotti da società di persone, purchè queste siano formate da persone che abbiano i requisiti del coltivatore diretto.

L'amministrazione comunale ha proposto ricorso avanti alla Suprema Corte di Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del D.Lgs. 504/1992 e dell'art.58 comma 2 del D.Lgs. 446/1997 il quale ultimo – in specie – prevede che “agli effetti dell'applicazione dell'art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, relativo alle modalità di applicazione dell'imposta ai terreni agricoli, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall'art. 11 della L. 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell'assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia….”.

Le questioni

La questione unica, affrontata direttamente e senza mediazione alcuna dalla pronuncia qui in rassegna, è quella della estensibilità anche ai terreni condotti da società di persone che abbiano qualifica di imprenditore agricolo professionale dell'agevolazione che il richiamato art. 9 prevede espressamente a favore de “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purchèdai medesimi condotti”.

La Suprema Corte ha ritenuto opportuno dare conto - preliminarmente - che è in punto di fatto pacifico che il proprietario del terreno per cui è causa è imprenditore agricolo professionale e che egli è socio nella società conduttrice del terreno insieme ai due figli, anch'essi imprenditori agricoli, così come tutti i tre componenti della società sono “coltivatori diretti”, con ciò evidentemente intendendo che sono proprio costoro (nella veste di soci della società semplice) a coltivare personalmente e direttamente il terreno di che trattasi.

La Corte ha ritenuto anche opportuno trascrivere la disposizione dell'art. 1 del D.Lgs. n. 99/2004 il cui testo è effettivamente prolisso e confuso, tanto da creare non pochi dubbi interpretativi e -in specie- proprio con riferimento alla questione qui controversa, a riguardo della quale si registrano due diversi e contrapporti orientamenti giurisprudenziali, sì che anche nel recente periodo la Corte della nomofilachia ha abbracciato soluzioni giuridiche in contraddizione tra loro, con pronunce provenienti dalla medesima sezione anche se con collegi diversamente composti.

Detta disposizione prevede, da un canto,che “Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro” ed ancora prevede che “Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale…”.

Ma prevede, d'altro canto, che “All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Tuttavia, con il comma 4 dell'art. 2 del ridetto D.Lgs. n. 99/2004 il legislatore ha tenuto a precisare anche che “Alle società agricole di cui all'articolo 1, comma 3, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto”.

Le soluzioni giuridiche

Nella pronuncia qui in commento la Suprema Corte ha prescelto - consapevolmente e dichiaratamente - una delle due linee interpretative dianzi accennate, peraltro menzionando le sole pronunce alle cui scelte ha indicato di aderire e tralasciando di esporre le ragioni prescelte dalla tesi contrapposta a fondamento delle soluzioni giuridiche da essa Corte non condivise.

Si tratta delle pronunce di Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 28062 del 02/11/2018 e di Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 375 del 10/01/2017 di cui in sentenza sono integralmente trascritte le massime, evidenziandosi poi che nella seconda delle ridette pronunce si mette in rilievo che in relazione alle annualità ivi in contestazione erano già entrate in vigore le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 228/2001 e del D.Lgs. n. 99/2004che hanno profondamente inciso sul requisito soggettivo per la fruizione dell'agevolazione” sicchè ne è rimasto abrogato l'art. 12 della Legge n. 153/1975 a riguardo della nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, ormai sostituita da quella di imprenditore agricolo professionale, essa pure compresa esclusivamente nella disposizione dell'art.10 del D.Lgs. n. 228/2001, così come modificato dall'art. 1 del D.Lgs n. 99/2004, la cui “portata innovativa” consiste anche nell'avere esteso lo status di imprenditore agricolo a titolo principale anche alle società di persone ed a quelle di capitali, sia pure alle condizioni ivi imprescindibilmente previste.

Sulla scorta di queste considerazioni, la Corte ha rigettato il ricorso dell'amministrazione comunale, così confermando la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale a riguardo della spettanza dell'agevolazione di cui trattasi a favore del proprietario del fondo.

Osservazioni

La soluzione della questione interpretativa prescelta dalla pronuncia qui in rassegna è avversata dai sostenitori della diversa tesi (si veda in particolare Cass. Civ. sez. trib., n. 26642 del 10 novembre 2017 - sulla scorta anche dei precedenti di Cass. Civ., n. 22484/2017; Cass. Civ., n. 14734/14; Cass. Civ., n. 14145/09; Cass. Civ., n. 9770/2010- di poi confermata anche da Cass. Civ., n. 11460/2018 e Cass. Civ., n. 3422/2019) sull'assunto del carattere di “specialità” della disciplina dell'art.58 comma 2 del D.Lgs. n. 446/1997 (in precedenza trascritto), perché di natura agevolativa in campo ICI.

Detto carattere di specialità imporrebbe di ritenere prevalente quest'ultima disposizione rispetto alla previsione generale di cui all'art. 2 co.4 D.Lgs. n. 99/2004, secondo cui: "alle società agricole di cui all'articolo 1, comma 3, qualificate imprenditori agricoli professionali, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto", e perciò a concludere che le agevolazioni richiamate dall'art. 9, co.1 del D.Lgs. n. 504/1992 siano applicabili unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società che svolgano attività agricola, anche considerato che "la limitazione agli imprenditori agricoli individuali è stata successivamente ribadita ed, anzi, ulteriormente ristretta dall'art. 58, secondo comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali".

Inoltre, vi sarebbe un'ulteriore ragione per considerare non estensibile l'agevolazione di cui all'art. 9 dianzi menzionato alla società agricola di persone, mera conduttrice del fondo, costituita dal fatto che i presupposti dell'agevolazione invocata non potrebbero che riguardarsi in capo al soggetto gravato dall'obbligo d'imposta; vale a dire, da chi risulti essere il proprietario dell'immobile, ovvero il titolare su di esso di un diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie (art. 3 D.Lgs. n. 504/1992) il quale ultimo soltanto deve rispondere al requisito della conduzione agricola diretta del fondo ex artt. 2 lett.b) e 9, co.1, D.Lgs. n. 504/1992 cit. e non potrebbe farlo per il tramite di una società di persone, sia pure da esso stesso integrata nella compagine societaria.

Vi è per contro da evidenziare che la disciplina dell'art. 58 comma 2 del D.Lgs. 446/1997 non è quella che può qualificarsi direttamente “agevolativa in campo ICI”, potendo spettare detta qualifica soltanto alla previsione dell'art. 9 co.1 del D.Lgs. 504/1992 di cui l'altra è mera specificazione sotto il profilo dei requisiti soggettivi e non può che risultare recessiva rispetto alla norma sopravvenuta contenuta negli art. 1 e 2 del D.Lgs. n. 99/2004 il cui combinato disposto vale ad attribuire qualifica di imprenditore professionale anche alle società di persone caratterizzate dai peculiari requisiti di cui si è detto e ad espressamente definirle come destinatarie de “le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Ciò dovrebbe bastare ad integrare a favore delle ridette società di persone i requisiti dell'agevolazione contemplata dal ridetto art. 9 che - vale la pena rammentarlo - dispone espressamente che l'agevolazione competa a “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purchè dai medesimi condotti…”.

Orbene, l'improprio riferimento che il legislatore fa al fondo (quasi a volerlo individuare come l'obbligato per il pagamento dell'imposta) consente di ritenere preminente - nella mens legislatoris - l'aspetto reale rispetto a quello personale ed a considerare perciò il requisito della “diretta conduzione” non già riferito al possessore “in quanto tale” ma al possessore come esercente le “attività indicate nell'art. 2135 del codice civile” (formula che è espressamente utilizzata nell'art. 2 lettera c) del D.Lgs. n. 504/1992) e perciò anche al proprietario che si avvalga per la diretta conduzione di una società di persone di cui egli stesso sia componente.

A ciò conduce il generale principio di “trasparenza” della società di persone che -riguardato in prospettiva inversa- non solo consente che I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato siano “imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili” (art. 5 del TUIR) ma consente anche che “Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori” (art. 1 comma 1 del D.Lgs. n. 99/2004).

E, perciò stesso, l'attività di diretta conduzione del fondo svolta dal proprietario del fondo come partecipe della società (requisito che nella specie di causa la Suprema Corte ha ritenuto come pacifico tra le parti) non può non ridondare a favore del proprietario medesimo, nell'ottica del godimento dell'agevolazione che la legge fonda sul presupposto della sua diretta conduzione del terreno (siccome anch'esso “requisito del socio lavoratore” a mente della disposizione or ora citata), senza espressamente prevedere che si debba trattare di una diretta conduzione svolta “a titolo esclusivo”.

E perciò, il fatto che la conduzione del fondo avvenga “collettivamente”, e per il tramite di una società di persone, non dovrebbe costituire preclusione a che il proprietario del fondo che vi partecipa benefici della agevolazione qui in esame, a condizione che sia incontroverso che anch'egli provveda alla diretta coltivazione del fondo come socio-lavoratore.

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