Amministratore revocato prima della scadenza: problemi interpretativi sul diritto al compenso residuo
11 Giugno 2019
Massima
Dovendosi applicare all'amministratore di condominio, nei rapporti con il condominio stesso, la disciplina del mandato, nel caso di revoca del mandatario prima della naturale scadenza del mandato, dovrebbe applicarsi l'art. 1725 c.c., con conseguente diritto del mandatario a percepire il compenso convenuto per l'intera durata del mandato stesso. Il disposto dell'art. 1129, comma 8, c.c., impone la gratuità di ogni attività svolta successivamente alla revoca del mandato amministrativo, e in contrario, non prova, evidentemente, il medesimo disposto, nella parte in cui non vieta espressamente alle parti di stabilire compensi aggiuntivi rispetto a quello, onnicomprensivo, fissato dall'assemblea, in quanto la possibilità di diversamente stabilire è invero tassativamente esclusa dall'art. 1138 ultimo comma c.c., il quale, pur dettato in materia di regolamento condominiale, esprime un predicato di inderogabilità da parte dei condomini della normativa in tema di mandato amministrativo, ivi compresa la disciplina del compenso e il principio di onnicomprensività dello stesso, posto che richiama, indistintamente, l'intero disposto dell'art. 1129 c.c.
Il caso
Un amministratore di condominio incardinava dinanzi il Giudice di Pace di Bologna procedura monitoria nei confronti del condominio da lui amministrato per chiedere il pagamento del suo compenso per il periodo intercorrente tra la revoca del mandato e la data di cessazione dell'incarico, oltre al pagamento di una fattura per “riordino della documentazione condominiale” finalizzata al passaggio di consegne al nuovo amministratore, conclusa con l'emissione di un decreto ingiuntivo in suo favore. Il condominio ingiunto proponeva opposizione e il Giudice di Pace, decidendo nel merito, la accoglieva fondando la sua decisione su due principi cardine: 1) l'amministratore, il cui mandato era scaduto, come ogni anno, in data 1 ottobre 2015, veniva rinnovato tacitamente nel suo incarico fino al 30 settembre 2016. Con delibera di assemblea del 26 novembre 2015, egli veniva revocato con contestuale nomina di nuovo amministratore, e, pertanto, non gli sarebbe spettato alcun compenso per il periodo successivo alla revoca fino alla scadenza naturale del mandato; 2) la somma portata dalla fattura pure posta a fondamento del decreto ingiuntivo, non era dovuta in quanto non risultava alcuna approvazione assembleare e l'art. 1129, comma 8 c.c., nel disciplinare il passaggio delle consegne tra amministratori, non prevede alcun compenso, né del pari alcuna possibilità di deroga convenzionale. L'amministratore proponeva gravame avverso tale decisione dinanzi il Tribunale di Bologna avanzando due specifici motivi. La curia bolognese accoglieva il primo, mentre rigettava il secondo. La questione
Quale giudice di secondo grado il Tribunale di Bologna è stato chiamato a decidere sulla correttezza della sentenza del Giudice di Pace di quella città in ordine al compenso spettante all'amministratore in caso di cessazione anomala del suo mandato, e nell'ipotesi di attività finalizzata alla preparazione della documentazione e successiva consegna al nuovo nominato. Inizialmente l'amministratore beneficiava del decreto ingiuntivo di pagamento complessivo a titolo di compenso per il periodo dalla revoca alla cessazione naturale se fosse rimasto in carica, che di quello relativo alla sua attività successiva alla revoca, ma straordinaria rispetto alla semplice gestione della cosa comune. Il condominio proponeva opposizione sostenendo che alcun compenso fosse dovuto in entrambi i casi e la sua tesi trovava conforto nella decisione del Giudice di Pace di Bologna, chiamato a decidere questa volta in cognizione piena, che la accoglieva. Il Tribunale di Bologna, investito dell'appello, assume una posizione in controtendenza sulla questione del diritto al compenso successivo alla revoca, decidendo per la sua sussistenza, mentre non riconosce alcun diritto all'amministratore per la sua attività successiva di consegna documentazione al nuovo nominato, in linea con la legge di riforma. Mentre sotto questo ultimo aspetto la decisione non sorprende, desta invece stupore la presa di posizione relativa alla maturazione di un diritto al compenso per il periodo post revoca, sulla base di una singolare interpretazione dell'art. 1725 c.c.
Le soluzioni giuridiche
Pacifico resta il rigetto del motivo riguardante la doglianza del mancato riconoscimento del compenso per l'attività svolta successivamente alla revoca del mandato e inerente l'opera a titolo di “riordino della documentazione condominiale” da consegnare al nuovo amministratore. E infatti, secondo il giudice bolognese, «il disposto dell'art. 1129, comma 8, c.c., impone la gratuità di ogni attività svolta successivamente alla revoca del mandato amministrativo, e in contrario, non prova, evidentemente, il medesimo disposto, nella parte in cui non vieta espressamente alle parti di stabilire compensi aggiuntivi rispetto a quello, omnicomprensivo, fissato dall'assemblea, in quanto la possibilità di diversamente stabilire è invero tassativamente esclusa dall'art. 1138, ultimo comma c.c., il quale, pur dettato in materia di regolamento condominiale, esprime un predicato di inderogabilità da parte dei condomini della normativa in tema di mandato amministrativo, ivi compresa la disciplina del compenso e il principio di onnicomprensività dello stesso, posto che richiama, indistintamente, l'intero disposto dell'art. 1129 c.c.”. Non condiviso resta invece l'accoglimento dell'appello in punto compenso spettante successivo alla revoca. Ed invero, il giudice del gravame, nel sostenere che c'è un diritto “del mandatario a percepire il compenso convenuto per l'intera durata del mandato stesso” affida il suo assunto ad una interpretazione condizionale del disposto dell'art. 1725 c.c. allorquando scrive in parte motiva che “dovrebbe venire in applicazione l'art. 1725 c.c.”. Al fine di puntellare l'impianto decisionale, egli sostiene che «tale conclusione appare inevitabile, tant'è che la parte appellata…è costretta a sostenere, per negare il diritto al compenso del mandatario revocato, che l'assemblea del 26 novembre 2015 non abbia disposto la revoca dell'incarico…quanto piuttosto il mancato rinnovo dello stesso nella carica, con contestuale nomina di altro amministratore». «Ma ciò, evidentemente, non può accettarsi», continua, in quanto, «in caso di omesso esplicito rinnovo del mandato annuale dell'amministratore condominiale alla sua scadenza, questo si rinnova automaticamente senza necessità di espressa delibera assembleare». In sostanza, quindi, il decidente afferma il diritto dell'amministratore a ricevere il compenso per il periodo successivo alla sua revoca e fino alla cessazione del mandato annuale, non solo ritenendo applicabile, ma in via condizionale (“dovrebbe venire in applicazione”) l'art. 1725 c.c., ma anche sostenendo che il compenso sarebbe spettato anche nel caso di proroga tacita del mandato, fattispecie questa prevista dalla legge, in assenza di una proroga espressa, avallata da una recente sentenza del Tribunale di Bologna (n. 20332/2018) e della Cassazione (Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2016, n. 2242). In ultimo, nel richiamare il comma 10 dell'art. 1129 c.c., che prevede la convocazione di apposita assemblea unicamente per la revoca o per le dimissioni dell'amministratore, ma non per la conferma annuale, il giudicante di secondo grado, afferma che il verbale assembleare del 26 novembre 2015, «approvava una appendice nella quale veniva richiamata l'applicabilità dell'art. 1725 c.c. in caso di revoca anticipata». Osservazioni
Fermo restante la giustezza del convincimento del giudice in ordine al mancato riconoscimento del compenso per le attività suppletive alla cessazione dell'incarico, avendo egli riconosciuta la piena applicabilità dell'art. 1129, comma 8 c.c., la nostra attenzione deve concentrarsi sulla singolare e inedita (sembrerebbe) decisione in ordine, invece, al riconoscimento del compenso dell'amministratore per il periodo intercorrente tra la revoca dell'incarico, la nomina del nuovo amministratore, l'accettazione di questi e la scadenza del mandato del revocato. Desta meraviglia la posizione assunta dalla curia bolognese, in quanto non solo le norme sul mandato oneroso sono chiare al riguardo, ma anche il richiamo all'art. 1725 c.c. non sembrerebbe pertinente. E invero, essendo ormai pacifico l'inquadramento dell'attività dell'amministratore condominiale nel rapporto di mandato, ricordiamo che la prevalente dottrina ha specificato che essa ricade nell'ambito della figura contrattuale del mandato con rappresentanza, anche nel caso in cui agisca o sia convenuto in rappresentanza di tutti i condomini, l'amministratore non rappresenta un ente distinto dai partecipanti ma i singoli condomini. La giurisprudenza ritiene, in ordine al rapporto fra amministratore e condominio, che non costituendo questo un ente giuridico, non trattasi di rappresentanza organica, ma piuttosto di rappresentanza volontaria, effetto di un mandato (collettivo) e generatrice di poteri uguali a quelli di un comune mandatario (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3044; Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2008 n. 25251; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148; Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2008, n. 10369; Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2006, n. 26689; Trib. Milano 13 settembre 2004, n. 10857). Partendo da questo presupposto, in tema di revoca del mandato si ritiene che debba essere riconosciuto il compenso all'amministratore per il compimento di atti fino al momento in cui egli è nella pienezza dei suoi poteri, omettendo qualsiasi riconoscimento economico successivo a maturarsi fino alla scadenza naturale del mandato. L'art. 1725 c.c. stabilisce che, nella revoca del mandato oneroso a termine, il mandante deve risarcire i danni se è fatta prima della scadenza del termine, salvo che ricorra una giusta causa, ma non vi è alcuna previsione relativa al pagamento del compenso nonostante la revoca e fino alla conclusionale naturale dell'incarico. La critica muove da una considerazione avallata tra l'altro anche dalla giurisprudenza laddove si è precisato che all'amministratore spetta il compenso concordato sino a quando non intervenga la sua sostituzione (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1993, n. 3588). La ragione sta nel fatto che l'amministratore deve continuare a svolgere gli atti di ordinaria amministrazione sino alla nomina del nuovo amministratore. Per contro, nel caso in cui l'assemblea provveda a revocare l'incarico, non è dovuto l'intero compenso stabilito per la normale durata del mandato, in quanto se la revoca è precedente rispetto alla data prevista per la cessazione dell'incarico, egli non avrà quindi diritto all'intero compenso, ma alla minor somma liquidata tenendo conto del tempo in cui ha effettivamente eseguito il mandato. In applicazione dell'art. 1725 c.c., egli potrà chiedere ed ottenere il risarcimento del danno se la revoca non è giustificata, ma giammai potrà avere diritto al compenso residuo a causa della revoca. |