La difesa dell’AE-R nei giudizi innanzi le Commissioni Tributarie a mezzo avvocati del libero foro
02 Luglio 2019
Massima
A parere del Collegio l'atto organizzativo generale del nuovo ente contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro esiste e lo si rinviene proprio nel Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia Entrate Riscossione, deliberato dal Comitato di Gestione del 26.03.2018, che autorizza espressamente l'ente ad avvalersi di avvocati del libero foro in via residuale, nei casi in cui l'Avvocatura di Stato non ne assuma il patrocinio, sulla base di quanto stabilito nella Convenzione sottoscritta in data 22 giugno 2017, contenente i relativi criteri. Né occorre adottare la specifica e motivata deliberazione che indichi le ragioni che giustificherebbero il ricorso ad avvocati del libero foro (solo) in alternativa alla regola generale dell'assistenza da parte dell'Avvocatura dello Stato, per il semplice fatto che nella Convenzione all'art. 3.4.2 è la stessa Avvocatura, d'intesa con l'Agente per la riscossione, ad avere ritenuto di non dovere patrocinare l'ente dinanzi alle Commissioni Tributarie. Di conseguenza, la costituzione in giudizio dell'Agente per la riscossione è assolutamente valida e legittima, e la richiesta di stralcio della documentazione da quest'ultimo allegata in atti deve essere respinta. Il caso
Una società ha impugnato con ricorso innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Roma un'intimazione di pagamento emessa dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione a seguito di cartelle di pagamento insolute, sostenendo l'inesistenza della notifica delle stesse quali atti presupposti, la nullità della notifica avvenuta a mezzo PEC ed una serie di motivi di legittimità.
L'Ade-R nella costituzione in giudizio, avvenuta a mezzo avvocato del libero foro, ribadiva la legittimità del proprio operato. La società ricorrente replicava con memorie e sosteneva l'illegittimità della costituzione in giudizio dell'Ade-r avvenuta con rappresentanza processuale volontaria. I giudici della CTP-Roma, all'esito di un'articolata motivazione, hanno rigettato i gravami proposti dalla società e, per l'effetto condannato la ricorrente alla refusione delle spese di lite. La questione
La questione ha origine dall'impugnazione da parte di una società di un'intimazione di pagamento emessa dall'Ade-r in seguito all'omesso pagamento di alcune cartelle di pagamento. Nel procedimento innanzi i giudici tributari di prime cure, la società contribuente ha eccepito, tra l'altro, il difetto di rappresentanza processuale dell'Ente avvenuta a mezzo di procuratore esterno e ciò in violazione della nuova formulazione dell'art. 11, comma 2 del D.lgs. n. 546/1992, entrata in vigore l'1.1.2016 come interpretato di rec ente dalla Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. trib., 9/11/2018, n. 28684).
I Giudici tributari territoriali aditi hanno rigettato il ricorso e soffermandosi, in modo particolare, sulla doglianza relativa alla presunta illegittima costituzione in giudizio dell'Ade-r hanno ritenuto insussistente il difetto della rappresentanza processuale dell'Agente della riscossione Ade-r disapprovando l'orientamento espresso dalla Suprema Corte Le soluzioni giuridiche
La CTP di Roma nel motivare la decisione ha intrapreso un articolato ragionamento giuridico che partendo dall'analisi dei presupposti normativi e convenzionali sottesi alla questione della costituzione in giudizio dell'Ade-r mediante avvocati del libero foro, lì ha condotti a ritenere legittima siffatta modalità di rappresentanza. In dettaglio, il Collegio ha dapprima esaminato la normativa sul processo tributario di cui al D.Lgs. n. 546/1992, come modificato dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, ed in particolare:
Quindi, i Giudici di CTP hanno passato in rassegna:
Alla luce di tali considerazioni normative e convenzionali, i Giudici sono pervenuti alla conclusione che l'atto organizzativo generale dell'Ade-r contiene gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro e che, quindi, l'Ente non ha alcun obbligo:
Sul punto, in dettaglio, il Collegio conclude che “È dunque palese che se il rapporto tra l'Avvocatura dello Stato e l'Agente per la riscossione si deve svolgere per legge su base convenzionale, e se la prima, di sua sponte, ritiene di non dovere patrocinare l'ente nei giudizi di merito avanti le commissioni tributarie, viene meno quella volontà legislativa tesa, secondo la Cassazione, ad instaurare, nell'alternativa tra difesa tramite avvocatura dello stato e difesa tramite avvocati del libero foro (alternativa che non c'è più nella difesa avanti le commissioni tributarie), una relazione che non è di indifferenza ma di regola-eccezione. Peraltro, non esiste alcuna discrasia tra il Regolamento e la Convenzione, laddove il primo prevede che l'ente si può avvalere in via residuale degli avvocati del libero foro mentre la Convenzione ammette un'ampia gamma di possibilità di avvalersene, dinanzi ad Uffici giudiziari (come le Commissioni Tributarie) ove è prevista anche la facoltà di stare in giudizio direttamente, tramite propri dipendenti delegati. È palese, infatti, che la limitazione “in via residuale” (e la conseguente necessità di indicare i criteri specifici e di adottare di una specifica e motivata deliberazione dell'organo amministrativo dell'ente) è relativa unicamente all'alternativa tra difesa tramite Avvocatura dello Stato e difesa tramite avvocati del libero foro (…). Ma l'affidamento della difesa ad avvocati del libero foro o il ricorso a propri dipendenti è scelta rimessa unicamente alla volontà dell'Ente (…). Di conseguenza, ad avviso di questo Giudice, la costituzione in giudizio dell'Agente per la riscossione è assolutamente valida e legittima, e la richiesta di stralcio della documentazione da quest'ultimo allegata in atti deve essere respinta”.
I due orientamenti della Corte di Cassazione e delle Commissioni di merito Sul tema affrontato dalla CTP di Roma, con la sentenza oggetto del presente commento, vi sono stati due diversi orientamenti interpretativi seguiti dalla Corte di Cassazione. Un primo orientamento interpretativo espresso dalla Corte di Cassazione riconoscerebbe l'attribuzione all'Agente della riscossione della capacità di stare in giudizio direttamente o mediante la struttura sovraordinata, prevista dall'art. 11 del D.Lgs. n. 546/1992, così come modificata, non impedisce a quella parte di avvalersi della difesa tecnica, ai sensi del successivo art. 12, con ogni relativa conseguenza, tra cui quella dell'applicazione degli artt. 170 e 326 c.p.c., in forza del rinvio contenuto all'art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 546/1992 (Cass. civ. Sez. VI-T, 15 ottobre 2018, n. 25625).
Un secondo orientamento interpretativo, più recente, ritiene, invece, che il novellato art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 ha esteso l'inammissibilità della rappresentanza processuale volontaria anche all'Ufficio dell'agente della riscossione, il quale quindi deve stare in giudizio, in particolare, solo nel giudizio di merito, direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata, cioè in persona dell'organo che ne ha la rappresentanza verso l'esterno o di uno o più suoi dipendenti dallo stesso organo all'uopo delegati, e non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell'avvocatura dello Stato, come espressamente previsto dall'art. 1, comma 8 del D.L. n. 193/2016, sebbene detto ente, trattandosi di ente pubblico economico, non appartenga propriamente all'ambito delle Amministrazioni dello Stato alle quali normalmente si riferisce la previsione circa la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio per il tramite dell'Avvocatura dello Stato.
Pertanto, laddove il mandato all'avvocato del libero foro sia stato rilasciato senza il vaglio dell'organo di vigilanza e non ricorra un caso di urgenza oppure non si sia in presenza di un documentato conflitto di interessi reale, tale atto è nullo ed è suscettibile di sanatoria soltanto nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c. e a certe condizioni ma esclusivamente per i giudizi di merito e non per il giudizio di cassazione, a meno che si sia formato giudicato interno sul punto (Cass. civ. sez. trib., 9 novembre 2018, n. 28684; Cass. civ. Sez. trib., 9 novembre 2018, n. 28741). Osservazioni
Con la sentenza in commento i Giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Roma esaminano, tra l'altro, il problema della difesa tecnica dell'agente della riscossione nei giudizi di merito davanti alle Commissioni tributarie.
A tal fine hanno ritenuto che l'Ade-r ha la discrezionalità di decidere se stare in giudizio direttamente tramite proprio personale dipendente oppure a mezzo avvocato del libero foro, anche in assenza di specifica e motivata deliberazione, è puramente discrezionale e rimessa all'Ente in virtù di quanto stabilito Protocollo d'Intesa del 22.06.2017 con l'Avvocatura dello Stato, richiamato dal proprio Regolamento di Amministrazione. Tale decisione, si colloca nel solco della prima pronuncia in materia della Corte di Cassazione, la quale, con una ordinanza abbastanza approssimativa (cfr. Cass. Civ., sez. VI-T, 15 ottobre 2018, n. 25625), aveva fornito un immediato soccorso pro Fisco, in considerazione del forte impatto che avrebbe avuto il difetto di ius postulandi da parte dei difensori privati, già nominati dalle società del gruppo Equitalia, e poi anche dall'Agenzia delle entrate - Riscossione, sui processi in corso.
Tale orientamento favorevole al Fisco, tuttavia, è stato superato da una più attenta analisi normativa dei Giudici della Suprema Corte (Cass. civ. sez. trib., 9 novembre 2018, n. 28684; Cass. civ. Sez. trib., 9 novembre 2018, n. 28741), i quali hanno puntualizzato che la scelta di un avvocato del libero foro in luogo dell'Avvocato dello Stato non è meramente discrezionale in capo all'Ade-r, poiché, in base alla normativa, in particolare alla luce dell'art. 4 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, recante i principi relativi all'affidamento di contratti pubblici, l'Agenzia deve operare nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità, trasparenza, efficienza ed economicità come ribadito dal suo stesso Regolamento del 26 marzo del 2018. Tale scenario nomofilattico, quindi, si è espresso nel senso che il mandato conferito ad avvocato del libero foro senza il rispetto dei principi suddetti è da considerarsi affetto da nullità stante la carenza dello ius postulandi, con la consequenziale inammissibilità dell'atto posto in essere, stante l'insanabilità del vizio a sensi dell'art. 125 c.p.c. e la conseguente inapplicabilità dell'art. 182 c.p.c.
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