Azione di recupero degli oneri condominiali nei confronti del condomino moroso
26 Giugno 2019
Massima
L'amministratore può agire nei confronti del condomino moroso nel versamento dei contributi a suo carico che siano stati provvisoriamente posti ad onere degli altri condomini solamente in forza di delibera dell'assemblea, assunta con l'unanimità dei consensi di tutti i componenti la collettività condominiale, che abbia stabilito di provvisoriamente ripartire, tra gli adempienti, la quota non corrisposta. Il caso
Un condominio, a mezzo del proprio amministratore, chiedeva ed otteneva, sulla scorta di deliberazione assembleare approvativa di interventi di manutenzione straordinaria corredata del piano di riparto individuale della relativa spesa, ingiunzione giudiziale, ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c. e 63 disp. att. c.c., nei confronti di un condomino inadempiente al relativo pagamento. L'ingiunto proponeva opposizione, ex art. 645 c.p.c., eccependo, in particolare, il difetto di legittimazione dell'amministratore alla promossa azione monitoria poiché l'importo preteso era stato corrisposto dagli altri condomini tra i quali tale debito era stato ripartito senza, che, però, fosse intervenuta, a supporto di tale determinazione gestoria, deliberazione assembleare autorizzativa. La questione
Si è, quindi, posta all'attenzione del decidente emiliano la questione relativa all'individuazione dei presupposti in presenza dei quali l'amministratore può agire nei confronti del condomino che non sia in regola con il versamento dei contributi a suo individuale carico che siano stati, nel frattempo, anticipati dagli altri condomini. L'art. 1123 c.c. prevede che ciascun partecipe debba sopportare, pro-quota perequata al valore della proprietà solitaria in titolarità esclusiva, gli esborsi richiesti per la conservazione delle parti comuni dell'edificio e per il godimento dei servizi di interesse collettivo. Trattasi, pertanto, di obbligazione plurisoggettiva dal lato passivo. L'inadempienza del singolo condebitore, poiché precludente la costituzione della provvista necessaria perché l'ente di gestione condominiale possa far fronte agli obblighi assunti, può rivelarsi ostativa alla corretta prosecuzione del governo della comunione edilizia se solo si considera che il terzo potrebbe formulare eccezione di inadempimento, ex art. 1460 c.c., e rifiutare l'esecuzione della prestazione ovvero aggredire in via espropriativa cespiti di comune appartenenza, quali il conto corrente sul quale deve necessariamente transitare la liquidità. Da qui la necessità, per l'amministratore condominiale, di dare impulso, nell'immediato, a misure utili a superare tale impasse, quali l'addebito provvisorio, agli altri condomini, della quota non corrisposta dall'inadempiente. In tal caso si pone, quindi, il problema relativo al recupero, nei confronti del condomino moroso, dell'importo a suo onere che è stato, in sostanza, anticipato dagli altri partecipi e dell'individuazione del soggetto legittimato a tale azione di regresso. Le soluzioni giuridiche
Il giudice parmense, adesivamente recependo la relativa eccezione sollevata dal condomino debitore, ingiunto ed opponente, ha ritenuto che l'amministratore sia carente di legittimazione all'esperimento del recupero laddove l'addebito provvisorio ai condomini in regola con i pagamenti della quota a carico dell'inadempiente non fosse stato supportato da deliberazione assembleare che avesse unanimemente deciso tale ripartizione ovvero con cui, in alternativa, fosse stato costituito un relativo fondo speciale. In conseguenza, in difetto di deliberato di tale contenuto, ha accolto l'opposizione e revocato l'opposto titolo ingiuntivo.
Osservazioni
La decisione del tribunale emiliano presta il fianco a critiche poiché si pone in distonia con i principi legislativi regolatori della materia condominiale e con la loro esegesi di legittimità alla quale la motivazione pure ha fatto espresso riferimento applicativo. L'impianto normativo della disciplina del condominio negli edifici, soprattutto a seguito della novella della legge di riforma 11 dicembre 2012, n. 220 è, all'evidenza, improntato ad evitare situazioni di morosità e a tutelare la posizione del condomino in regola con i propri doveri di partecipazione economica. In tal senso, devono, infatti, leggersi alcune disposizioni: l'art. 1129, comma 9, c.c. che, laddove l'assemblea non lo abbia dispensato e quale specifico aspetto del più generale dovere gestorio affermato dall'art. 1130 comma 1, n. 3), c.c., onera l'amministratore di attivarsi, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio di riferimento, per la coattiva esazione delle somme non corrisposte dal condomino inadempiente e, al successivo comma 11, n. 6), eleva a possibile motivo di revoca giudiziaria, poiché espressiva di grave irregolarità deontologica, la negligente coltivazione delle relative azioni, di cognizione ed esecutive. Nell'ottica protettiva del partecipante alla comunione edilizia diligente a fronte di altrui inadempienze e in funzione mitigatoria della regola della solidarietà passiva ex artt. 1292 e 1294 c.c. di cui dovrebbe altrimenti farsi applicazione si inserisce la previsione dell'art. 63, comma 2, disp. att., c.c. che, affermando il principio della solidanza debitoria attenuata, stabilisce che il creditore del condominio possa agire nei confronti del condomino in regola con i propri doveri contributivi- con ciò titolare di relativo beneficium ordinis et escussionis - solo dopo aver inutilmente o infruttuosamente escusso i morosi. Nell'assetto gestorio fisiologico, ciascun componente il condominio deve, quindi, partecipare alle spese di interesse comune nella misura che si determina in base al criterio predicato dall'art. 68 disp. att. c.c. e, di regola, sulla scorta di quanto stabilito nel deliberato assembleare approvativo sia dell'esborso nel suo complesso che del riparto individuale, L'evenienza patologica, conseguente all'omesso versamento della quota dovuta, può determinare provvedimenti ad hoc per ripristinare, nell'immediato, nella sua interezza, la liquidità necessaria di modo da consentire la continuità dell'amministrazione. Potrà, quindi, attingersi ad un fondo comune che sia stato a tale fine previamente all'uopo apprestato oppure può essere deciso, in via assembleare, l'anticipo e provvisorio addebito, in capo ai condomini adempienti, delle quote non corrisposte dai morosi. Tali statuizioni si inseriscono, pertanto, nell'ottica dei rimedi utili a consentire al condominio il diligente adempimento delle proprie obbligazioni e non incidono in alcun modo sul dovere del condomino moroso di soddisfare il proprio debito per il cui saldo l'amministratore è normativamente obbligato ad agire in applicazione delle richiamate previsioni normative. La circostanza, pertanto, per la quale, nonostante la morosità individuale, il condominio sia riuscito a far fronte al debito collettivo impone comunque all'amministratore di attivarsi e al condomino inadempiente di corrispondere quanto dovuto senza che, a tali fini, possano rilevare le modalità attraverso le quali sia stato possibile comunque estinguere l'obbligazione condominiale. L'affermazione riportata nella sentenza in esame, secondo cui la legittimazione dell'amministratore all'azione di recupero della quota non corrisposta che sia stata, però, anticipata dagli altri condomini postula la preventiva adozione di deliberato assembleare che abbia stabilito la ripartizione tra i condomini non morosi delle somme non versate dagli altri omittenti, non si presta ad essere condivisa. Il dovere del gestore del condominio edilizio di recuperare gli oneri partecipativi non versati trova fondamento nelle previsioni di legge dinanzi richiamate sicchè, una volta che il debito individuale è legittimante sorto in forza della delibera approvativa della spesa comune e del piano di riparto è obbligo, anche deontologico, dell'amministratore dare diligente impulso e prosieguo alle relative azioni di sua esazione coattiva. Profilo ulteriore, autonomo e differente, è quello relativo alla possibilità, per l'amministratore, di provvisoriamente ripartire tra i condomini adempienti la quota non corrisposta dagli inadempienti poiché in tal caso si deroga alla regola generale affermata dall'art. 1123 c.c. ed è, quindi, necessaria una deliberazione assunta con l'unanimità dei consensi dei condomini tutti. In forza di tale deliberato, poi, l'amministratore potrà agire nei confronti dei condomini, già in regola con i pagamenti, a cui carico sia stata posta la quota non versata dai morosi per il caso in cui non ottemperino a tale pagamento suppletivo. Interviene in tal senso anche l'esegesi di legittimità, in particolare Cass. civ., sez II, 5 novembre 2001, n. 13631, richiamata, sia pure non correttamente, anche nella sentenza in esame, che ha affermato la necessità di una deliberazione assembleare unanimitaria per addebitare in via provvisoria ai condomini diligenti la parte non corrisposta dai morosi e la sufficienza di decisione maggioritaria per costituire un fondo speciale, utile a sopperire a tali situazioni emergenziali; ha, inoltre, precisato come sia dovere del condominio - e, quindi, del suo amministratore - individuare gli insolventi, recuperare quanto corrisposto dagli altri condomini per loro conto e, poi, restituire gli importi anticipati. Tale modulo operativo gestorio risulta rispettato nel caso all'attenzione del tribunale emiliano la cui decisione repressiva dell'azione ingiuntiva correttamente intrapresa non appare, pertanto, coerente con i principi regolatori della materia. Scalettaris, L'obbligo dell'amministratore del condominio di agire nei confronti dei condomini morosi, in Riv. giur. edil., 2018, fasc. 3, 641; Corona, Le obbligazioni dei condomini. Per farla finita con la solidarietà, Milano, 2013; Scarpa, Debito pro quota del singolo condomino e vicinanza della prova, in Arch. loc. e cond., 2018, fasc. 1, 62; Fuser, Il debito del condominio grava unicamente sui condomini morosi, in Condominioelocazioni.it. |