PA e comunicazione dell'indirizzo PEC al Ministero della Giustizia

Redazione scientifica
28 Giugno 2019

Se l'Amministrazione non comunica l'indirizzo PEC al Ministero della Giustizia non preclude la possibilità di notificare l'atto processuale (possibile con modalità cartacea) ma vanifica il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore. Infatti, ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad una pubblica amministrazione possono utilizzarsi solo gli indirizzi PEC inseriti nell'apposito registro tento dal Ministero della Giustizia.

Mancata comunicazione dell'indirizzo PEC. Alcune Associazioni di avvocati amministrativisti proponevano ricorso contro il Comune di Catania per l'accertamento dell'inottemperanza di quest'ultimo rispetto all'obbligo di comunicare al Ministero della Giustizia un valido indirizzo PEC sul quale ricevere le comunicazioni e notificazioni, al fine di farlo inserire nell'elenco di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012. I ricorrenti lamentano una lesione dovuta alla mancata comunicazione da parte del Comune della PEC al Ministero della Giustizia, dato che tale omissione li ha obbligati a procedere alla notifica cartacea, con conseguente dispendio di tempo e denaro.
Nelle more della fissazione dell'udienza pubblica, si è costituito il Comune di Catania esponendo di aver ottemperato all'obbligo di inserimento dell'indirizzo PEC nel Registro delle Pubbliche Amministrazioni ex art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 e domandando la dichiarazione della cessata materia del contendere. I ricorrenti, tuttavia, hanno aderito alla richiesta di dichiarazione della cessata materia del contendere, chiedendo la condanna del Comune alle spese, previo accertamento della fondatezza delle pretese dedotte in giudizio

Cessazione della materia del contendere. Il Tribunale Amministrativo Regionale chiarisce sia la legittimazione delle associazioni ricorrenti poiché rappresentative dell'interesse leso con la condotta omissiva del Comune che il loro interesse ad agire poiché per gli avvocati sarebbe stato più agevole comunicare con la P.A. per via telematica.

Accolta la richiesta di cessazione della materia del contendere (art. 34, comma 5, del c.p.a.), il Tribunale rileva che il Comune ha inserito l'indirizzo PEC nell'apposito elenco a seguito dell'instaurazione del ricorso.

Nel decidere sulla fondatezza della pretesa dei ricorrenti e sulla conseguente condanna alle spese della controparte, il Tribunale sottolinea che la comunicazione al Ministero della Giustizia dell'indirizzo PEC (art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012) è richiesta dal legislatore alle amministrazioni al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle Pubbliche Amministrazioni. È evidente «come il contegno omissivo serbato dall'Amministrazione rispetto all'obbligo di comunicazione dell'indirizzo PEC sancito dalla predetta norma, pur non precludendo radicalmente la notifica dell'atto processuale, vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore, rispetto ai quali la telematizzazione delle comunicazioni funge da fattore trainante». Inoltre, viene rilevato, l'inerzia del Comune non ha trovato giustificazione in ragioni di carattere organizzativo e ha inciso negativamente sulla generalità degli operatori del processo telematico.
Il Tribunale Amministrativo Regionale condivide le argomentazioni addotte dal CGARS nella sentenza n. 216 del 12 aprile 2018, ai sensi della quale «incombe su tutti gli operatori pubblici il dovere di comportarsi in maniera da renderne agevole l'esercizio e di rimuovere tutti gli ostacoli che, al contrario, lo rendono difficile. Ciò a maggior ragione deve avvenire quando il diritto di difesa viene esercitato nell'ambito di un rapporto, in cui una delle parti gode di un regime privilegiato, che si manifesta per il fatto che i suoi atti diventano inoppugnabili quando nei loro confronti non si reagisca in un tempo prestabilito, talvolta breve». In quella stessa occasione, il CGARS ha osservato come «la condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT». La stessa decisione poi ha chiarito che una simile omissione sortisce inoltre «un effetto di fatto “escludente” di quell'amministrazione dal processo, perché potrà ricevere le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo solo mediante deposito nella segreteria del giudice (sicché potrebbe non venirne mai a conoscenza) e perché non è consentito comunicare con il sistema della giustizia amministrativa, per ragioni di sicurezza, se non tramite indirizzi PEC contenuti nei registri tenuti dal Ministero della Giustizia».
Posto che, nel caso in esame, alla data di introduzione del ricorso il Comune versava in stato di inadempienza rispetto al sopradetto obbligo e che poi ha provveduto a trasmettere l'indirizzo PEC, il TAR Catania dichiara cessata la materia del contendere e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali.

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