Nell'esecuzione per il rilascio l'ufficiale giudiziario può decidere in modo temporaneo sui beni relitti all'interno dell'immobile

Nicola Frivoli
09 Luglio 2019

Il giudicante è stato chiamato ad accertare la richiesta di risarcimento di danni formulata da un conduttore, in un contratto di locazione ad uso commerciale, per l'avvenuta distruzione di beni...
Massima

In tema di rilascio di immobile ad uso commerciale, l'ufficiale giudiziario, ove l'esecutato non provveda all'asporto dei beni ed arredi, può disporne, oltre che con il trasporto in altro luogo, la custodia sul posto anche affidata ad un terzo. La richiesta immediata al giudice dell'esecuzione di decreto di distruzione dei beni che arredano un'unità immobiliare, ex art. 610 c.p.c., è da considerarsi indebita, vista la natura temporanea del provvedimento.

Il caso

Un conduttore, dopo il rilascio di un immobile tramite l'Ufficiale Giudiziario competente -in esecuzione di ordinanza di convalida, ex art. 663 c.p.c. - con atto di citazione (artt. 163 ss. c.c.), conveniva in giudizio il locatore per farlo condannare alla declaratoria di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti per l'indebita distruzione degli arredi e beni strumentali utilizzati per l'attività di impresa.

Si costituiva il convenuto-locatore, nei termini di legge, il quale eccepiva l'infondatezza dell'assunto di parte attrice in quanto gli arredi e beni erano privi di valore economico e spiegava domanda riconvenzionale chiedendo di essere riconosciuto il credito, in suo favore, costituito da canoni di locazione impagati come spese condominiali e spese processuali per la procedura di sfratto eseguita.

La causa veniva istruita con l'assunzione di prove orali, oltre che già presenti nel fascicolo delle parti copiosa documentazione; il magistrato riteneva la causa matura per la decisione e rinviava la stessa per la precisazione delle conclusioni, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Il Tribunale emiliano accoglieva parzialmente la domanda dell'attore, in via equitativa, ed accoglieva anche la spiegata domanda del convenuto e compensava in parte i due crediti, condannando l'attore a rifondere le spese del giudizio in favore del convenuto, nella misura del 50%.

La questione

Si trattava di accertare e verificare se fossero presenti, al caso posto all'attenzione del Tribunale competente, i motivi per la declaratoria di condanna nei confronti del locatore per danni patrimoniali e non patrimoniali causati al conduttore per la distruzione di bene ed arredi necessari per l'esercizio dell'impresa, dopo l'esecuzione della procedura di rilascio dell'unità immobiliare oggetto del contratto di locazione ad uso commerciale, nonché accertare e verificare la fondatezza della spiegata domanda riconvenzionale del proprietario per i mancati pagamenti di canoni, spese condominiali e le spese necessarie per l'esecuzione del rilascio.

Tali aspetti sono stati esaminati ed approfonditi dal giudicante, con l'espletamento delle prove orali, nonchè il medesimo ha rilevato e verificato in atti di causa la presenza della documentazione necessaria per la valutazione dell'esistenza dei presupposti della fondatezza delle domande formulate.

Accoglieva, in via equitativa ex art. 1126 c.c., la domanda attore, nella misura di euro 3000,00, oltre interessi legali, altresì accoglieva la spiegata domanda riconvenzionale del convenuto, nella misura di euro 21.269,89, oltre interessi, e compensando i due crediti ai sensi dell'art. 1241 e ss c.c.

Rifondeva le spese processuali in favore del convenuto in riconvenzione, nella misura del 50%, compensando per la metà le spese del procedimento.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale parmense, in sede monocratica, secondo cui è stato dichiarata la fondatezza parziale della domanda attorea e determinata in via equitativa, nonché accolta pienamente la spiegata domanda riconvenzionale del convenuto, con applicazione del principio di compensazione contenuto nell'art. 1241 c.c., con susseguente regolazione delle spese processuale in favore del convenuto.

Infatti, il giudice adìto, sulla scorta dell'espletata fase istruttoria (escussi testimoni) e da un attento esame della documentazione in atti, aveva determinato i contenuti della pronuncia in esame.

In primo luogo, è da considerarsi parzialmente fondata la domanda dell'attore il quale chiedeva la condanna per danni patrimoniali e non patrimoniali in ordine all'indebita distruzione dei beni mobili ed arredi presenti nel locale commerciale nel momento dell'esecuzione del rilascio eseguito dall'Ufficiale Giudiziario competente.

Per meglio dire, il danno patrimoniale (danno emergente) è da considerarsi tutti i costi addebitati al conduttore per l'illegittima distruzione degli arredi.

Invece, il danno non patrimoniale(lucro cessante) consiste nella perdita economica sofferta dal conduttore per l'impossibilità di proseguire nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, alla luce della indebita distruzione dei beni aziendali.

Precisato quanto innanzi, il giudice emiliano ha riconosciuto all'attore-conduttore l'importo, in via equitativa, di euro 3.000,00, afferente ai beni inventariati dall'ufficiale giudiziario nel momento dell'esecuzione del rilascio e le foto prodotte. La disposizione contenuta nell'art.1226 c.c., prevede che: “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare è liquidato dal giudice con valutazione equitativa(Cass.civ., sez.VI, 3 dicembre 2014, n. 25590; Cass.civ., sez.III, 8 luglio 2014, n.15478; Cass.civ., sez.III, 29 novembre 2012, n.21246).

Infatti, dalla documentazione prodotta in atti, è emerso da verbale di rilascio cheil detto ufficiale giudiziario aveva pignorato dei beni strumentali per un valore complessivo di euro 1.950,00, pignoramento eseguito per il titolo rinveniente dal decreto ingiuntivo, ex art. 664 c.p.c., emesso da Tribunale competente, contestualmente all'ordinanza di convalida.

Tale pignoramento rimaneva senza esito, posto che i beni esecutati non venivano venduti.

L'ufficiale giudiziario, comunque, inviava comunicazione all'esecutato di ritirare i beni a sé appartenenti.

Nonostante tale comunicazione, il conduttore-intimato non ritirava la merce restante nell'unità immobiliare del locatore e quest'ultimo formulava istanza al giudice dell'esecuzione del Tribunale competente circa l'autorizzazione della distruzione dei beni; il giudice adito, ritenendo sussistenti i presupposti di cui agli artt. 609 e 610 c.p.c., consentiva all'asporto delle cose mobili relitte e al loro conferimento alla discarica ed al loro smaltimento come rifiuto, con esonero di ogni responsabilità per il locatore-custode.

Punto determinante per la decisione presa dal magistrato è che il conduttore-esecutato al momento della procedura di rilascio eseguita risultava ricoverato presso una struttura sanitaria in Parma e di tale circostanza erano stati allertati i servizi sociali i quali avevano anche contattato l'ufficiale giudiziario, però non riteneva opportuno rinviare la procedura di rilascio intrapresa.

Il giudice adito ha ritenuto tale circostanza a fondamento della condanna in capo al locatore, posto che l'art. 610 c.p.c. contiene una disposizione ove i provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione sono di natura temporanea, invece il decreto ha inciso in modo definitivo su beni del conduttore, con una indebita distruzione (Cass.civ., sez.III, 23 luglio 1992, n. 8874).

Il conduttore non ha potuto spiegare opposizione al detto provvedimento del giudice competente, ex art. 2797 c.c., poiché in quel momento risultava ricoverato e quindi anche nell'impossibilità di procedere all'asporto dei beni richiesto dall'ufficiale giudiziario.

In sede di esecuzione per il rilascio di un immobile, qualora nello stesso vi siano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio, l'ufficiale giudiziario, ove l'esecutato non provvede all'asporto, può disporne, oltre che con il trasporto in altro luogo, la custodia sul posto anche affidata ad un terzo, con la conseguenza che quest'ultimo è tenuto, nei confronti dell'esecutato, alla restituzione dei mobili affidatagli con la correlativa responsabilità in caso di inadempimento, salvo l'obbligo dell'esecutato stesso di apprestare la necessaria collaborazione anticipandone le spese (Cass. civ., sez. III, 1 ottobre 1985, n. 4755).

Per il riconoscimento del danno da lucro cessante, va evidenziato che il magistrato ha il potere discrezionale di procedere ad una valutazione del danno vista l'impossibilità o la rilevante difficoltà di provare l'ammontare precisato del danno richiesto, da valutarsi con riguardo alla particolarità del caso e alle risultanze processuali, e non esonera affatto la parte istante dall'onere di fornire elementi probatori e i dati di fatto in suo possesso al fine di consentire al giudice la precisa determinazione danno stesso, né tantomeno può essere volta a supplire l'inerzia probatoria della parte interessata. Il mancato assolvimento di tale onere probatorio comporta il rigetto della richiesta di risarcimento dell'ulteriore danno in quanto la prova in ordine all'an debeatur non esime il danneggiato, ai fini del quantum, dell'onere di allegare gli specifici elementi necessari per la relativa liquidazione (Trib.Macerata 13 marzo 2018, n.300; Trib.Potenza 15 febbraio 2018, n.147).

Invece, di contro, la spiegata domanda riconvenzionale è giusta accoglierla in toto, sia perché non state sollevate contestazioni sull'ammontare richiesto a titolo di canoni e di spese condominiali non pagate e spese relative alla procedura di sfratto per morosità e dell'esecuzione ex art. 611 c.p.c, poiché già esistenti i titoli esecutivi. Dunque giusta la parziale compensazione, ex art. 1241 c.c., dei due crediti determinati dal magistrato, sussistendone i presupposti di legge.

Per completezza, la compensazione avviene quando due parti risultino legate l'una all'altra da due distinte obbligazioni, ovvero i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti. In tal modo la coesistenza, nei rispettivi patrimoni, delle due partite di dare ed avere elide le reciproche pretese, con estinzione di rapporti di debito e credito fino a concorrenza della corrispondente quota (Cass.civ., sez. un., 18 dicembre 2007, n. 26617).

Osservazioni

L'esecuzione per il rilascio dei beni immobili è inerente, ovviamente, alla fine traumatica di un rapporto locatizio. Si determina quando il conduttore, a qualsiasi titolo, non intenda spontaneamente dar corso alla restituzione dell'unità immobiliare a seguito di un titolo giudiziale che a ciò lo condanni. Nella pratica si tratta di una delle più tipiche azioni esecutive alle quali partecipa, con funzione principale, l'ufficiale giudiziario competente per la zona in cui l'immobile è ubicato.

Sulla base di un principio cardine del processo esecutivo come sancito dall'art. 474 c.p.c.: “L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile”. Sono titoli esecutivi: ovviamente le sentenze che contengono l'ordine di rilascio, le convalide di licenza o sfratto per finita locazione, le convalide di sfratto per morosità.

Una volta ottenuto il provvedimento di convalida, ex art.663 c.p.c., oppure l'ordinanza di rilascio, ex art.665 c.p.c., emessi dal Tribunale, in funzione di giudice monocratico, oppure la sentenza pronunciata dal medesimo giudice competente per il rilascio di un immobile avente ad oggetto un contratto di locazione, necessita passare alla fase esecutiva (rilascio). Per meglio dire, una volta notificato all'intimato-conduttore il provvedimento di rilascio (ordinanza o sentenza) per riottenere la restituzione immediato dell'immobile, libero e sgombro da persone e cose, necessita espletare alcuni passaggi per il tramite dell'ufficiale giudiziario competente per territorio.

L'atto prodromico all'inizio di ogni esecuzione, infatti, è l'atto di precetto previsto dall'art. 480 c.p.c. A tal proposito, l'art.605 c.p.c., prevede cheil precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'articolo 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi. Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l'intimazione va fatta con riferimento a tale termine”. Perciò, l'art.605 c.p.c. attribuisce al precetto - per i fini delle operazioni che dovranno essere compiute dall'ufficiale giudiziario - una particolare funzione: quella di fornire al predetto ufficiale notizie utili per la ricerca delle cose sottoposte all'esecuzione.

Per completezza, con l'art. 13, comma 1, lett. a), del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, è stato inserito l'obbligo di indicare, nel precetto, la possibilità di ricorrere a un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice per porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento. Successivamente al precetto e trascorsi, quindi, i termini di 10 giorni intimati per il rilascio e qualora ciò non sia avvenuto, l'ufficiale giudiziario notifica all'intimato altro atto, il così detto preavviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c.. L'attribuzione all'avviso della funzione di dare inizio al processo esecutivo, oltre a rafforzare fortemente le garanzie difensive a favore della parte esecutata, ha rilevanti conseguenze sul termine per proporre l'opposizione agli atti esecutivi, nonché sulle forme di proposizione dell'opposizione all'esecuzione. Ai sensi dell'art.608 c.p.c., “l'esecuzione inizia con l'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno l'ora in cui procederà”. Sicché in tema di procedura esecutiva per consegna o rilascio, il preavviso prescritto dall'art.608 c.p.c. esaurisce, con la notifica, il suo scopo di preavvertire l'esecutato del prossimo inizio dell'azione esecutiva, al fine di consentirgli l'adempimento spontaneo e di essere, comunque, presente all'immissione in possesso del creditore procedente, sicché non sussiste un obbligo di nuovo avviso in caso di sospensione dell'esecuzione già iniziata con un primo accesso e successivamente ripresa (Cass.civ., sez.III, 27 ottobre 2011, n.22441).

Pertanto, nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione, ed immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, alla quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. In tal senso l'art.513 c.p.c.prevede che “l'ufficiale giudiziario munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare le persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica. Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore ma delle quali egli può direttamente disporre. In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore gli consente di esibire”.

Alla luce ditale norma, emergono i poteri conferiti dalla legge all'ufficiale giudiziario, che va ad identificarsi come una longa manus del giudice dell'esecuzione, proprio nella fattispecie del rilascio dell'immobile. Pertanto, dovrà verificare già nel primo accesso la possibilità di un immediato rilascio dell'unità immobiliare di proprietà del locatore, e consegnargliela. Chiaramente in caso di difficoltà nella immissione del possesso, potrà, a sua discrezione, rinviare nuovamente il rilascio, con rinvio ad un'altra data, al fine di meglio organizzare l'uscita dell'intimato e la sua famiglia, evidenziando anche la possibilità di fare intervenire la forza pubblica. Dopo avere ottenuto il rilascio dell'appartamento, nelle modalità ut supra, consegnerà le chiavi dello stesso in favore del proprietario e redigerà apposito verbale nel quale evidenzierà in che modo si sono svolte le operazioni di rilascio ed evidenzierà le criticità che saranno sorte nel corso dell'attività esecutiva, in particolare se sia intervenuta la forza pubblica oppure i servizi sociali, o se il conduttore abbia prodotto dei danni nell'unità immobiliare rilasciata e descriverà di quale natura e cercherà anche di quantificarli e se vi siano stati lasciati beni ed arredi.

Guida all'approfondimento

Frivoli - Tarantino, Il recupero crediti: dal procedimento monitorio all'azione esecutiva, Molfetta, 2018, 457;

Kowalsky, Esecuzione per il rilascio, in Condominioelocazione.it;

Frivoli - Tarantino, Le invalidità delle locazioni ad uso abitativo, Milano, 2017, 217.

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