IVA: lo status di esportatore abituale sussiste anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione

Francesco Brandi
25 Luglio 2019

In tema di Iva, il contribuente che ha dimostrato la sussistenza dei requisiti sostanziali per ottenere lo status di esportatore abituale ha diritto all'applicazione del regime della sospensione d'imposta di cui all'art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 633/1972 nei limiti del plafond maturato con riferimento all'anno precedente, anche se ha omesso la dichiarazione IVA relativa a detto anno.
Massima

In tema di IVA, il contribuente che ha dimostrato la sussistenza dei requisiti sostanziali per ottenere lo status di esportatore abituale ha diritto all'applicazione del regime della sospensione d'imposta di cui all'art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 633/1972 nei limiti del plafond maturato con riferimento all'anno precedente, anche se ha omesso la dichiarazione IVA relativa a detto anno.

Il caso

La vicenda riguarda un avviso di accertamento Iva relativo all'anno 2002 emesso nei confronti di un contribuente esercente attività di commercio all'ingrosso di articoli sportivi. Il contribuente sosteneva di essere esportatore abituale e di aver diritto alla sospensione di imposta ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. n. 633/1972 nei limiti del plafond mobile maturato nell'anno precedente nonostante, per quell'anno, avesse omesso la presentazione della dichiarazione Iva.

Sia la CTP che la CTR accoglievano le ragioni del contribuente annullando l'atto impugnato.

Di qui il ricorso in Cassazione dell'Agenzia delle entrate che denunciava violazione del predetto art. 8 nonché dell'art. 1 del D.L. n. 746/1983 in quanto l'omissione della dichiarazione annuale Iva relativa all'anno precedente impediva al contribuente di effettuare acquisti in regime di sospensione di imposta Iva per un ammontare pari ai corrispettivi delle cessioni intracomunitarie (plafond).

Le questioni

La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento riguarda la possibilità per l'esportatore abituale di avvalersi della sospensione di imposta di cui all'art.8 del d.P.R. n. 633/1972, nei limiti del plafond mobile maturato nell'anno precedente, nonostante in quell'anno non abbia presentato la dichiarazione IVA.

Le soluzioni giuridiche

Per decidere il ricorso i giudici ricordano che per effettuare acquisti in regime di sospensione d'imposta è necessario possedere lo status di esportatore abituale, che, con riferimento al cd. plafond mobile, si acquisisce quando il rapporto tra le operazioni rilevanti ai fini della formazione del plafond (mobile) registrate nei dodici mesi precedenti (numeratore) e il volume di affari complessivo dello stesso periodo, al netto delle particolari operazioni indicate dalla legge sia superiore al 10% (cfr. Cass. Civ., n. 3788/2013).

Il ricorso è stato quindi rigettato alla luce della giurisprudenza formatasi in materia di detrazione Iva in quanto disciplina similare, sotto il profilo funzionale a quella riguardante il diritto di effettuare acquisti in regime di sospensione d'imposta sulla base del plafond maturato nell'anno precedente.

Da questo punto di vista si ricorda che il diritto di detrazione non può essere negato laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili; in altri termini la sostanza prevale sulla forma (cfr. Cass. Civ., n. 1627/2017, 19938/208 e 22340/2018, che riprendono SS.UU. n.17757/2016). In altri termini quindi la neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione o in casi di violazioni formali, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno o da fatture ancorché non annotate in contabilità, e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione.

A tal fine è necessario che sia rispettata la cornice biennale prevista dal predetto articolo 19 (cfr. in senso conforme Cass. Civ., n. 14767/2015 e da ultimo n. 5401/2017).

In altri termini quindi la neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione o in casi di violazioni formali, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno o da fatture ancorché non annotate in contabilità, e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione (cfr. da ultimo n. 4392/2018).

Per quanto riguarda i requisiti o le condizioni sostanziali della detrazione, dall'art. 168, lettera a), della Direttiva 2006/112 emerge che, per poter beneficiare di tale diritto, occorre, da un lato, che l'interessato sia un “soggetto passivo” e, dall'altro, che i beni o i servizi invocati a fondamento di detto diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni siano ceduti o che siffatti servizi siano forniti da un altro soggetto passivo.

Tale orientamento trova spunto nella giurisprudenza comunitaria secondo cui il principio fondamentale di neutralità dell'IVA esige che la detrazione a monte di quest'ultima sia concessa qualora i requisiti sostanziali siano soddisfatti, anche se taluni requisiti formali sono stati disattesi dai soggetti passivi (sentenze del 28 luglio 2016, Astone, C 332/15, EU:C:2016:614, punto 45; del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C 101/16, EU:C:2017:775, punto 41, e del 26 aprile 2018, Zabrus Siret, C 81/17, EU:C:2018:283, punto 44, da ultimo, Corte di giustizia, causa C-69/17, sentenza depositata il 12 settembre).

Nel caso di specie il contribuente aveva dimostrato di avere diritto al plafond per l'anno 2002 indipendentemente dal rispetto del requisito formale della presentazione della dichiarazione Iva; infatti dalla documentazione allegata al ricorso risultava che lo stesso avesse effettuato cessioni intracomunitarie corrispondenti ad oltre il 47% del volume d'affari conseguito nel 2001.

Osservazioni

La nuova disciplina delle dichiarazioni di intento

Con la conversione in legge del Decreto crescita n. 34/2019 è stata ulteriormente semplificata la procedura di emissione delle fatture nei confronti di esportatori abituali.

È stato infatti eliminato l'obbligo dell'esportatore abituale di consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d'intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate. La sanzione, in caso di effettuazione di operazioni senza addebito d'imposta prima di avere riscontrato per via telematica l'avvenuta presentazione all'Agenzia della dichiarazione d'intento, non sarà più fissa, ma proporzionale (dal 100 al 200 per cento dell'imposta).

Sul punto si ricorda che in base all'art. 20 del D.Lgs. n. 175/2014 (c.d. decreto “semplificazioni”), l'obbligo di comunicare all'Agenzia delle Entrate i dati delle lettere di intento era stato trasferito dal fornitore al cessionario esportatore abituale. La nuova procedura, applicabile alle operazioni effettuate a partire dall'1 gennaio 2015, prevede che l'interessato (ovvero l'esportatore abituale) deve preventivamente segnalare all'Amministrazione finanziaria i dati contenuti nella lettera d'intento, che poi consegna al proprio fornitore di beni (o prestatore di servizi), assieme alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia. Il fornitore, a sua volta, potrà effettuare l'operazione senza applicare l'Iva solo dopo aver riscontrato telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria dal 100 al 200% dell'imposta.

In sostanza, per effetto delle modifiche, viene posto in capo al c.d. “esportatore abituale” l'obbligo di informare l'Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nella lettera d'intento da consegnare, ai fini dell'agevolazione predetta, al proprio fornitore.

In primo luogo, l'esportatore abituale deve:

i) trasmettere telematicamente la dichiarazione d'intento all'Agenzia delle Entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica;

ii) consegnare al proprio fornitore, ovvero in dogana, la dichiarazione d'intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia.

È stato, tuttavia, precisato che i soggetti che si avvalgono della dichiarazione d'intento in dogana sono esonerati dalla presentazione della copia cartacea della dichiarazione stessa (nota n. 58510/D/2015).

In secondo luogo, il fornitore, che prima delle modifiche doveva trasmettere all'Agenzia delle Entrate i dati della dichiarazione d'intento ricevuta dall'esportatore abituale, è tenuto semplicemente a riepilogare nel quadro VI della dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nella dichiarazione d'intento.

A completamento del rinnovato quadro normativo è stato riformulato il comma 4-bis dell'art. 7, D.Lgs. n. 471/1997, prevedendo l'applicazione della sanzione dal 100 al 200% dell'imposta a carico del fornitore che effettua operazioni senza addebito dell'imposta “prima di aver ricevuto da parte del cessionario o committente la dichiarazione d'intento e riscontrato telematicamente l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle Entrate”. Con la riforma operata dal D.Lgs. n. 158/2015, la sanzione non era più proporzionale, ma fissa (da 250 a 2.000 euro).

A fronte, pertanto, del ribaltamento dell'obbligo informativo in capo all'esportatore abituale, al fornitore spetta l'onere di riscontrare per via telematica che la dichiarazione d'intento sia stata presentata all'Agenzia.

Con l'emendamento al D.L. n. 34/2019 viene ulteriormente semplificata, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la procedura prevista per l'emissione delle fatture in regime di non imponibilità nei confronti degli esportatori abituali, eliminando l'obbligo, attualmente previsto dall'art. 1, comma 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983:

  • in capo all'esportatore abituale, di consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d'intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia;
  • in capo al fornitore, di riepilogare nella dichiarazione IVA i dati contenuti nella dichiarazione d'intento.

In pratica, secondo la disposizione modificata:

  • l'esportatore dovrà trasmettere telematicamente la dichiarazione d'intento all'Agenzia delle Entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione;
  • il fornitore dovrà riportare in fattura gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d'intento, che saranno invece indicati nella bolletta doganale in caso di importazione. A quest'ultimo riguardo, per la verifica di tali indicazioni al momento dell'importazione, l'Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dell'Agenzia delle Dogane la banca dati delle dichiarazioni d'intento per dispensare l'operatore dalla consegna in dogana di copia cartacea delle dichiarazioni d'intento e delle ricevute di presentazione.

Correlativamente, l'emendamento riformula il comma 4-bis dell'art. 7 del D.Lgs. n. 471/1997, prevedendo l'applicazione, in capo al fornitore, della sanzione, non più fissa ma proporzionale (dal 100 al 200% dell'imposta), se le operazioni senza addebito d'imposta sono effettuate prima di avere riscontrato per via telematica l'avvenuta presentazione all'Agenzia della dichiarazione d'intento.

Come già attualmente previsto, il predetto riscontro può avvenire:

  • direttamente sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate, inserendo il codice fiscale del dichiarante, nonché il numero di protocollo della ricevuta telematica;
  • nel proprio cassetto fiscale.

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