Assegnazione della casa familiare e “traslazione” dell'IMU sull'ex convivente
16 Agosto 2019
Massima
Il convivente more uxorio, al quale, a seguito della cessazione del rapporto di convivenza sia assegnato l'immobile adibito a casa familiare di proprietà dell'altro convivente, è soggetto passivo dell'IMU ai sensi dell'art. 4, comma 12-quinquies, del D.L. n. 16/2012, conv. in L. n. 44/2012, disposizione che, non avendo natura agevolativa, può essere interpretata estensivamente in modo da includere nell'ambito di applicazione della stessa, per eadem ratio, anche i rapporti di convivenza.
Fonte: lfamiliarista.it Il caso
impugnava il silenzio-rifiuto del Comune in ordine all'istanza di rimborso dell'IMU afferente tale immobile, per assenza del presupposto soggettivo, in quanto, nell'anno di imposta di riferimento, detto bene era stato assegnato dal Tribunale all'ex convivente more uxorio quale genitore collocatario della figlia minore. La Commissione tributaria, sia in primo grado che in sede di gravame, rigettava il ricorso del contribuente, non ritenendo estensibile la disciplina dettata dall'art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, conv. in l. n. 44/2012, per l'ipotesi di assegnazione della casa familiare al coniuge non proprietario in sede di separazione o divorzio, anche a quella, non espressamente contemplata, di assegnazione avvenuta a seguito della cessazione del rapporto di convivenza more uxorio. Il contribuente proponeva ricorso per cassazione contestando, sotto tale profilo, la legittimità della decisione della Commissione tributaria regionale. La questione
La questione esaminata dalla decisione in commento riguarda, pertanto, la possibilità di un'interpretazione estensiva dell'art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, nella parte in cui assoggetta al pagamento dell'IMU, in luogo dell'ex coniuge proprietario, quello assegnatario della casa familiare a seguito del procedimento di separazione o di quello di divorzio, anche alle ipotesi nelle quali la relativa assegnazione avvenga, da parte del Tribunale, a seguito della cessazione del rapporto di convivenza di fatto, in favore dell'ex partner, in quanto collocatario dei figli minori. La soluzione giuridica
La S.C. – mediante una decisione della quale non constano precedenti - ha ritenuto che all'interrogativo così posto possa rispondersi in maniera affermativa. In particolare, la Corte di legittimità – premesso in via generale che il presupposto soggettivo dell'IMU è lo stesso dell'ICI, ossia la sussistenza tra il contribuente ed il bene di un rapporto “qualificato” riconducibile alla proprietà, all'usufrutto o ad altro reale di godimento o ad un'altra situazione giuridica specificatamente stabilita dalla legge – evidenzia che il più volte richiamato art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, ha traslato l'imposta sul coniuge, separato o divorziato, anche se diverso dal proprietario dell'immobile, ove quest'ultimo venga ad esso assegnato nell'ambito della procedura di attenuazione o scioglimento del vincolo coniugale. Tale disposizione normativa non disciplina espressamente, per converso, l'analoga fattispecie che si realizza ormai frequentemente a seguito della cessazione di rapporti di convivenza dai quali siano nati figli minori. Ciò posto, ai fini della risoluzione della questione sono essenzialmente due gli argomenti utilizzati dalla S.C., rivenienti, l'uno, il proprio fondamento nell'evoluzione dei rapporti familiari e, l'altro, nella natura non agevolativa dell'art. 14, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012. Sotto il primo profilo, la Corte di legittimità sottolinea, infatti, la tendenza normativa e giurisprudenziale ad una sempre maggiore equiparazione tra le famiglie cc.dd. di fatto e tradizionali, equiparazione che deve ritenersi piena con riguardo alla posizione dei figli. Con peculiare riguardo alla assegnazione della casa familiare, la stessa Corte Costituzionale, nel ritenere manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 30 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 155, comma 4, c.c., nella parte in cui non prevede, nell' ipotesi di cessazione della convivenza di fatto, la possibilità di assegnare in godimento la casa familiare al genitore naturale affidatario di minore, o convivente con prole maggiorenne non economicamente autosufficiente, anche se lo stesso genitore affidatario non sia titolare di diritti reali o di godimento sull'immobile, ha osservato – ormai da lungo tempo - che la mancanza di una specifica norma che regoli le conseguenze, riguardo ai figli, della cessazione del rapporto di convivenza di fatto dei genitori non impedisce di trarre dall'interpretazione sistematica delle norme in tema di filiazione, senza necessità di ricorrere all'analogia né ad una declaratoria di incostituzionalità, la regola da applicare in concreto, considerando che l'interesse del figlio all'abitazione, come al mantenimento, è correlato alla posizione di dovere facente capo al genitore (Corte Cost. 13 maggio 1998, n. 166, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, 678, con nota di FERRANDO). La giurisprudenza di legittimità si era quindi orientata, coerentemente, verso una interpretazione costituzionalmente orientata del dato normativo, sino a quando il legislatore ordinario ha disciplinato espressamente, mediante l'art. 337-sexies c.c., introdotto dal d.lgs. n. 153/2013, l'assegnazione della casa familiare per l'ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza di fatto dal quale siano nati figli minori. In ragione di tali premesse, la S.C. ritiene che l'ex partner assegnatario dell'immobile di proprietà dell'altro, in quanto collocatario della prole «in virtù dell'affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto ex art. 2 Cost. della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente». La Corte di cassazione ritiene, quindi, possa predicarsi, ai fini della risoluzione della specifica questione giuridica alla stessa prospettata, un'interpretazione estensiva dell'art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012. Tale risultato ermeneutico, sottolinea la decisione in esame, non collide con i principi generali che governano l'interpretazione delle disposizioni tributarie ed in particolare con il divieto di interpretazione estensiva delle previsioni che contemplano esenzioni ed agevolazioni, poiché nella specie – in concreto – non viene introdotta un'esenzione in favore del proprietario dell'immobile dal pagamento dell'IMU, bensì una “traslazione” dell'imposta a carico dell'assegnatario della casa familiare. Osservazioni
La soluzione alla quale è pervenuta la Corte di Cassazione mediante la pronuncia in esame è condivisibile sotto entrambi gli aspetti che la stessa ha dovuto esaminare per pervenire alla stessa. Invero, è in primo luogo innegabile il trend giurisprudenziale e più di recente anche normativo volto ad avvicinare, sotto molti aspetti, la disciplina giuridica delle famiglie fondate sul matrimonio e quelle basate su una convivenza more uxorio. Peraltro, quanto alla posizione dei figli della coppia non coniugata sin dalla riforma realizzata dal d.lgs. n. 154/2013 è ormai venuta meno ogni forma, anche nella sola definizione di figli naturali in luogo di “legittimi”, di discriminazione rispetto a quelli nati dal matrimonio, in una concezione più ampia della famiglia che tenga conto degli inderogabili doveri genitoriali nei confronti dei figli come sancito dall'art. 30 Cost. Non è casuale che il medesimo decreto abbia introdotto, con gli artt. 336 bis e ss. c.c., nel codice civile anche una serie di disposizioni volte a tutelare i figli dei conviventi nell'ipotesi di cessazione del rapporto e, quanto alla specifica questione che ne occupa, prevedendo espressamente, mediante l'art. 336 sexies c.c., l'assegnazione della casa familiare al partner collocatario della prole minore. Si potrebbe quindi ritenere che la mancata espressa previsione della traslazione dell'IMU (ed in precedenza dell'ICI) sull'ex convivente che abbia ottenuto, essendo affidatario o comunque collocatario dei figli, l'assegnazione dell'immobile, anche di proprietà dell'altro convivente, da parte dell'art. 4, comma 12 quinquies, d.l. n. 16/2012, dipenda da un difetto di coordinamento normativo, trattandosi di disciplina – pur posteriore ad una netta evoluzione giurisprudenziale, suggerita sin da Corte Cost. n. 166/1998, nel senso dell'equiparazione tra famiglie di fatto e famiglie cd. tradizionale – anteriore a quella dettata con il d.lgs. n. 154/2013 sul tema dell'assegnazione della casa familiare. La soluzione alla quale è pervenuta la S.C. è da approvare, inoltre, anche quanto alla coerenza della stessa con i principi generali in tema di interpretazione delle disposizioni tributarie in quanto la medesima implica la traslazione dell'imposta sul soggetto che effettivamente realizza, mediante una detenzione qualificata del bene, il presupposto impositivo, e quindi esula dal novero delle disposizioni che introducono agevolazioni ed esenzioni. |