La tabella monetaria per la liquidazione delle lesioni micropermanenti di cui all’art. 5 l. n.57/2001 non è retroattiva
23 Agosto 2019
Massima
La tabella monetaria di cui all'art. 5 della l. 5 marzo 2001 n. 57, ora trasfusa nell'art. 139 del d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209, introducendo un regime speciale per la liquidazione del danno biologico di lieve entità derivante dai sinistri stradali, in deroga al regime ordinario codificato dagli artt. 1226 e 2056 c.c. non ha effetto retroattivo applicandosi solo a fatti dannosi accaduti a far data dalla sua entrata in vigore. Il caso
La conducente di una vettura conveniva in giudizio il conducente-proprietario della vettura antagonista e la di lui compagnia di assicurazione per ottenere il risarcimento delle lesioni di lieve entità subite in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il 27 maggio 1995. Il Tribunale e la Corte d'Appello di Messina, per quanto qui di interesse, quantificavano il danno alla persona sulla base della tabella monetaria per la liquidazione delle lesioni micropermanenti di cui all'art. 5 della l. 5 marzo 2001 n. 57, divenuta vigente in corso di causa. Avverso la sentenza della Corte d'Appello, la danneggiata proponeva ricorso per cassazione. La questione
La liquidazione delle lesioni di lieve entità causate da sinistro stradale può essere effettuata sulla base della tabella di cui all'art. 5 della l. n. 57/2001, ora trasfusa nell'art. 139 cod. ass., qualora il fatto dannoso che le ha originate sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, a fronte della doglianza della danneggiata secondo cui, nella determinazione dei danni, l'applicazione della tabella di cui all'art. 5 della l. 5 marzo 2001 n. 57, anziché della Tabella milanese, costituirebbe un error in iudicando poichè in contrasto con il principio generale di irretroattività previsto dall'art. 11 delle preleggi al codice civile, accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza della Corte d'Appello. La S.C., richiamando il proprio precedente orientamento (Cass. civ., sez. III, sent. 13 maggio 2009, n. 11048) ribadisce il principio a mente del quale, nella liquidazione del danno alla persona causato da sinistri stradali, è inibito al giudice, per determinare il danno biologico di lieve entità, fare riferimento alla tabella medico-legale approvata con D.M. 3/7/2003, quando il sinistro si sia verificato in data anteriore all'entrata in vigore del suddetto decreto e, peraltro, senza effetto retroattivo. Ciò, in quanto, la nuova normativa, ponendosi in rapporto di specialità rispetto alla generale disciplina di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., non ha efficacia retroattiva sicché il giudice del merito è tenuto a liquidare il risarcimento sulla base della tabella milanese applicabile ratione temporis. Infatti, poiché la tabella medico-legale approvata con D.M. 3/7/2003 è entrata in vigore a seguito della sua pubblicazione sulla G.U. 11/9/2003, n. 211, solo a partire da tale data è stato introdotto un regime speciale per il danno biologico di lieve entità (sino a 9 punti di invalidità permanente) in deroga al regime ordinario codificato dagli artt. 1226 e 2056 c.c. Inoltre, precisa la S.C., con l. 12 dicembre 2002 n. 273, è stato, altresì, previsto, in conformità a quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione a SS.UU. nelle sentenze 11 novembre 2008 nn. 26973 e 26974, il potere equitativo del giudice di motivatamente aumentare la stima del danno risultante dall'applicazione della tabella di cui all'art. 5 della l. 5 marzo 2001 n. 57 in misura non superiore ad un quinto onde pervenire ad una valutazione personalizzata che tenga conto della tipologia delle lesioni e delle condizioni soggettive del danneggiato esponendo nella motivazione della sentenza i criteri a tal fine adottati. Infatti, ad avviso della S.C., a prescindere dalla esistenza di tabelle di liquidazione delle lesioni, alla parte danneggiata spetta, in ogni caso, il diritto ad una valutazione equitativa e personalizzata del danno sofferto, vale a dire una valutazione in grado di riparare tutti i danni subiti affinché la tutela dei diritti garantiti dall'ordinamento giuridico sia piena ed effettiva e non si traduca, invece, in un risarcimento frutto di mero automatismo. Il principio testè espresso dalla S.C. non fa altro che inserirsi nel solco tracciato dal giudice delle leggi che, già nel 1986, aveva avuto modo di precisare che nella liquidazione del danno alla salute occorre combinare l'uniformità pecuniaria di base, al fine di assicurare che lo stesso tipo di lesione non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto, con l'elasticità e la flessibilità, al fine di adeguare la liquidazione all'effettiva incidenza della menomazione sulle attività della vita quotidiana (Corte Cost., sent. 14 luglio 1986 n. 184). Tale principio, ad avviso della S.C., non è, comunque, leso laddove l'Ordinamento preveda un particolare sistema di risarcimento delle lesioni di lieve entità causate da sinistri stradali che limita il risarcimento di tali danni rispetto a quanto riconosciuto in materia di risarcimento di danni identici risultanti da cause diverse dai sinistri stradali dal momento che la l. n. 57/2001 non ha l'effetto di escludere d'ufficio o di limitare in maniera sproporzionata il diritto della vittima a beneficiare di un risarcimento. In tale particolare materia, difatti, la Corte di Giustizia ha ammesso che in un ordinamento nazionale possano coesistere diversi sistemi di risarcimento del danno alla persona, purché non venga leso il principio di effettività di tutela. In ogni caso, come evidenziato dalle S.C. a SS.UU. nelle sentenze 11 novembre 2008 nn. 26973 e 26974, «il giudice, qualora si avvalga delle nuove tabelle dovrà procedere ad adeguata personalizzazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza».L'affermazione del principio di personalizzazione del danno non contrasta con il principio di unitarietà del danno, ma anzi lo completa, poiché vale ad indicare che il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari comunemente in uso nei Tribunali, può procedere alla personalizzazione del danno, dando adeguatamente conto, con motivazione analitica e non stereotipata, della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente e, dunque, individualizzata considerazione in termini monetari (Cass. civ., sez. III, sent. 15 maggio 2018, n. 11754; Cass. civ., Sez. VI- 3, ord. 7 maggio 2018 n. 10912).In conclusione, ad avviso della S.C., l'errore compiuto dai giudici di merito è stato duplice.Da un lato, hanno applicato retroattivamente un regime di legge speciale intriso di automatismi e limitativo del risarcimento e, dall'altro, non hanno svolto “nel concreto” una valutazione equitativa del danno alla persona, così riducendo il quantum sia del danno biologico che del danno morale in violazione del principio di una valutazione che sempre tenga conto delle condizioni personali del soggetto leso, delle sue particolari attività e della tipologia delle lesioni, con conseguente adeguata motivazione delle decisioni del Giudice (Cass. civ., sez. III, sent. 13 maggio 2009, n. 11048; Cass. civ., sez. III, sent. 18 febbraio 2010, n. 3906).Si ribadisce, così, ancora una volta, che la liquidazione del solo danno biologico, come tabellato dall'art. 139 cod. ass., non è esaustiva della totalità del dovuto e che ogni ulteriore, peraltro doverosa, personalizzazione dovrà essere sempre motivata dal giudicante.
Osservazioni
Poiché il diritto al risarcimento del danno sorge nel patrimonio del danneggiato al momento del fatto dannoso, l'art. 5 della l. n. 57/2001 non può trovare applicazione in fattispecie il cui fatto generatore sia avvenuto in un momento antecedente la sua entrata in vigore. Ciò, in quanto, trattandosi di norma di diritto sostanziale - e non di diritto processuale per la quale vige il principio tempus regit actum - fatta salva una diversa indicazione nel testo di legge, non può disciplinare i diritti già sorti non avendo, di regola, effetto retroattivo secondo il principio generale di cui all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Ciò, a maggior ragione nel caso qui esaminato. Infatti, se la normativa sopravvenuta può astrattamente applicarsi ad eventi antecedenti alla sua entrata in vigore tutte le volte che essa non incida, modificandola, sulla disciplina giuridica del fatto generatore, deve tuttavia addivenirsi a conclusioni diverse per il caso in cui il procedimento relativo a quegli stessi accadimenti sia in tale data già stato instaurato, dal momento che, diversamente, si incorrerebbe nel rischio di applicare a fatti della stessa natura, già sottoposti al vaglio del giudice, differenti regimi giuridici (nel caso di specie, risarcitori) a seconda della data di definizione della controversia, per l'ipotesi che la decisione risulti essere antecedente ovvero successiva all'entrata in vigore della disposizione recante lo ius superveniens, con un'evidente compromissione non solo del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., ma anche di quello della certezza e prevedibilità della decisione. In sostanza, la retroattività determinerebbe conseguenze irragionevoli ed in contrasto con il principio di uguaglianza in quanto fatti dannosi della stessa natura e sorti nel medesimo momento verrebbero disciplinati con criteri liquidativi differenti solo perché differente è il momento nel quale interviene la decisione giudiziale. Pertanto, poiché il diritto al risarcimento del danno sorge in capo al danneggiato sin dal momento in cui si è verificato l'illecito e, in difetto di una diversa disciplina, lo scarto temporale tra il sorgere del diritto e la liquidazione del danno non può che avere carattere di neutralità, non è revocabile in dubbio che la fattispecie debba essere regolata dalla normativa applicabile ratione temporis. Del resto, la S.C. ha già avuto modo di precisare che, nella liquidazione del danno alla persona, è inibito al Giudice fare riferimento a tabelle medico-legali quando il sinistro si sia verificato in data anteriore alla loro entrata in vigore in quanto il decreto che le istituisce, che si pone in rapporto di specialità rispetto alla generale disciplina di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., non ha efficacia retroattiva, a meno che le parti non ne chiedano concordemente l'applicazione. Pertanto, in mancanza di accordo tra le parti, il Giudice del merito è tenuto a liquidare il risarcimento mediante una valutazione equitativa personalizzata che tenga conto della tipologia delle lesioni e delle condizioni soggettive della vittima, esponendo nella motivazione della sentenza i criteri a tal fine adottati. Conclusivamente, come correttamente osservato dalla S.C., il danno da lesioni micropermanenti, insorto prima della pubblicazione sulla G.U. della tabella monetaria di cui all'art. 5 della l. n. 57/2001, deve essere liquidato facendo applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale elaborate dal Tribunale di Milano che la S.C. ha ritenuto applicabili su tutto il territorio nazionale quando manchino criteri stabiliti dalla legge come nel caso di specie. Da ciò, consegue che, la tabella di liquidazione del danno di cui all'art. 5 della l. 5 marzo 2001 n. 57 non può applicarsi agli eventi verificatisi anteriormente la sua entrata in vigore. |