Il comproprietario di un cortile comune può porre nel sottosuolo le tubature necessarie alla propria unità immobiliare
13 Settembre 2019
Massima
Il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo le tubature a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all'art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l'analogo uso degli altri comunisti. Il caso
Gli attori avevano chiesto al giudice l'accertamento del proprio diritto ad attraversare uno spiazzo, in comune con i convenuti, con le condutture sotterranee fognarie, idriche, elettriche, telefoniche e di gasdotto necessarie alla propria abitazione. Inoltre, chiedevano la condanna dei convenuti al risarcimento dei conseguenti danni, derivanti dall'opposizione da questi ultimi, manifestata alla realizzazione di tali opere con pregiudizio al godimento del proprio immobile. Costituendosi in giudizio, i convenuti Tizio e Caia eccepivano che il piazzale in oggetto derivava da un originario atto notarile del 1937, laddove Mevio, ascendente dei convenuti, e Sempronio, ascendente degli attori, si erano resi donatari in conto di legittima delle proprietà del padre Filano, con assegnazione al solo Mevio del piazzale de quo in uso esclusivo. Infine, i convenuti contestavano la reale necessità di usufruire della servitù di passaggio. La questione
Le questioni in esame sono le seguenti: il comproprietario di un cortile, comune con altri edifici, può porre nel sottosuolo le tubature a vantaggio della propria unità immobiliare? Rientra nella funzione sussidiaria del sottosuolo del cortile il passaggio in esso di tubi e condutture? Le soluzioni giuridiche
Dalla lettura della consulenza tecnica d'ufficio, espletata nel corso del procedimento, era emersa la presenza di una corte comune rispetto agli immobili delle parti in causa; in particolare, dallo spiazzo costituito dalla particella X e Y, sulla destra vi era l'abitazione degli attori e sulla sinistra l'immobile in costruzione di proprietà dei convenuti preceduto e contiguo ad altro fabbricato. Dunque, secondo il consulente, la particella catastale contesa era senz'altro di proprietà comune nelle proporzioni indicate. Quanto agli eventi del giudizio, risultava provato che, a causa degli impedimenti frapposti dai convenuti, gli attori erano stati costretti a ricorrere ad apposita ditta per lo svuotamento della fossa ecologica; inoltre, gli stessi, non erano riusciti a locare il proprio immobile a causa della mancanza degli allacci alla fogna. Premesso ciò, dopo aver esaminato gli aspetti della vicenda, il Tribunale ha disatteso l'eccezione, di parte convenuta, secondo cui la domanda formulata implicherebbe il riconoscimento di un diritto di servitù in quanto la proprietà della zona contestata era anche degli attori. In relazione a tale aspetto, il giudice adìto, conformemente all'orientamento in materia, ha precisato che anche il comproprietario di un cortile può legittimamente scavare il sottosuolo per installarvi tubi onde allacciare un bene di sua proprietà esclusiva agli impianti idrico-fognario centrali perché da un lato, non ne viene alterata la destinazione ad illuminare ed arieggiare le unità immobiliari degli altri condomini; dall'altro, rientra nella funzione sussidiaria del sottosuolo del cortile il passaggio in esso di tubi e condutture (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1997, n. 9785). Di conseguenza, il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l'allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all'art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l'analogo uso degli altri comunisti (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2015, n. 18661). In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, è stato riconosciuto il diritto degli attori ad utilizzare lo spiazzo costituito dalla particella X e Y al fine di dotare i propri fabbricati dei servizi ad essi necessari; per l'effetto, è stata accolta la domanda di risarcimento del danno pari a 12 mila euro a carico dei convenuti per gli impedimenti frapposti agli attori. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alla costituzione della servitù e della sussidiarietà del sottosuolo del cortile comune. Preliminarmente,si osserva che“l'utilità” è il concetto fondamentale al fine di valutare se un determinato diritto possa essere o meno considerato alla stregua di una servitù. In argomento, l'art. 1027 c.c. descrive la servitù come il peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario. L'altruità del fondo, dunque, è il requisito indispensabile per il corretto esercizio della servitù visto e considerato che, tra due fondi appartenenti al medesimo proprietario, l'assoggettamento di uno all'altro resta un atto indifferente ai fini della configurabilità della servitù. La prima distinzione fondamentale tra le servitù è quella tra servitù volontarie e servitù coattive: quelle volontarie nascono per volontà dei proprietari del fondo dominante e del fondo servente (mediante contratto) o per usucapione; quelle coattive, invece, nascono perché è la legge stessa a prevedere e imporre la loro costituzione. Fatti questi brevissimi cenni, in merito al regime delle acque, il legislatore ha posto quattro diverse fattispecie: servitù di acquedotto coattivo (art. 1033 c.c.); servitù di scarico coattivo (art. 1043 c.c.); servitù di appoggio o di infissione coattiva di chiusa (art. 1047 c.c.); servitù di somministrazione coattiva di acque a un edificio o a un fondo (art. 1049 c.c.). Tra queste, la servitù coattiva di acquedotto ha come contenuto il diritto di far passare acque di ogni specie, anche tramite l'ausilio di opere stabili e per fondi intermedi, tra il fondo dominante e il fondo servente per utilizzarle per i bisogni della vita, o per usi agrari o industriali. Difatti, l'importanza dell'acqua, considerata come elemento essenziale e primario sia per la vita che per la produzione, giustifica la imposizione coattiva di questo tipo di servitù; in tale situazione, tuttavia, persiste l'obbligo generale per il beneficiato di trovare il passaggio più conveniente e meno pregiudizievole per il gravato. In tema, alcuni autori hanno osservato che anche se il codice prevede che da tale tipo di onere siano esentate le case, i cortili e i giardini, l'interpretazione della giurisprudenza, nel tempo, è stata più restrittiva: possano essere assoggettati al peso anche tali beni se vi sia una situazione di preclusione assoluta, ovvero non sia possibile fornire altrimenti il servizio al fondo che lo richiede (Trib. Roma 15 settembre 2010, n. 3564; Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2004, n. 9926). Dopo aver esaminato gli aspetti generali della servitù, occorre una breve riflessione sulla decisione del Tribunale di Salerno esposta nel caso in esame. Invero, in tal vicenda, il giudice adìto, disattendendo l'eccezione di parte convenuta del riconoscimento del diritto di servitù di una zona di proprietà comune, ha ulteriormente argomentato sul profilo di sussidiarietà del sottosuolo del cortile comune. Su tale aspetto, il Tribunale ha confermato che il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all'art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l'analogo uso degli altri comunisti. Difatti, in tema di comunione, ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un'utilità maggiore e più intensa di quella tratta eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso e senza che tale uso più intenso sconfini nell'esercizio di una vera e propria servitù (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2003, n. 8830: in tale fattispecie, è stato ritenuto che l'apertura di due porte sui muri comuni per mettere in comunicazione l'unità immobiliare in proprietà esclusiva di un condomino con il garage comune rientra pur sempre nell'ambito del concetto di uso, più intenso, del bene comune, e non esige, per l'effetto, l'approvazione dell'assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata, senza determinare, a più forte ragione, alcuna costituzione di servitù). In conclusione, anche senza costituzione della servitù, l'uso particolare che il condomino faccia del cortile comune, interrando nel sottosuolo una struttura destinata ad alimentare l'impianto del suo appartamento condominiale, è conforme alla destinazione normale del cortile, a condizione che si verifichi in concreto che, per le dimensioni del manufatto in rapporto a quelle del sottosuolo, o per altre eventuali ragioni di fatto, tale uso non alteri l'utilizzazione del cortile praticata dagli altri condomini, né escluda per gli stessi la possibilità di fare del cortile medesimo analogo uso particolare (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2002, n. 12262). |