Difettando la personalità giuridica del condominio, il singolo condomino può agire a tutela dei beni comuni

Patrizia Petrelli
16 Settembre 2019

La Cassazione, in una pronuncia resa a Sezioni Unite, ha ritenuto ammissibile l'intervento proposto, con ricorso incidentale tardivo, nel giudizio davanti alla Suprema Corte da parte di un condomino che non era stato parte nei precedenti gradi del giudizio di merito, ritenendo che, nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni, ciascun condomino, in mancanza di personalità giuridica del condominio, è titolare, in ragione della natura dei diritti in contestazione, di un autonomo potere individuale, concorrente con quello dell'amministratore, di agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota.
Massima

Nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condomino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale - concorrente, in mancanza di personalità giuridica del condominio, con quello dell'amministratore - di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota. E' ammissibile il ricorso incidentale tardivo del condomino che, pur non avendo svolto difese nei precedenti gradi di merito, intenda evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio senza risentire dell'analoga difesa già svolta dallo stesso.

Il caso

Un condominio aveva promosso, nei confronti di una condomina, proprietaria degli ultimi tre piani dello stabile condominiale, un giudizio avente ad oggetto la riduzione in pristino di opere dalla stessa eseguite in contrasto con una disposizione del regolamento di condominio che vietava l'esecuzione di opere che venivano a incidere sulle facciate, sui prospetti e sull'estetica del caseggiato, a prescindere dalla lesione del decoro architettonico. Veniva, inoltre, contestato alla condomina, in violazione di una servitù esistente a favore del condominio, di avere illecitamente rimosso una scala esterna di collegamento del quarto piano con il sovrastante terrazzo e con un vano tecnico dell'ascensore, posizionandola all'interno della sua proprietà, così rendendo più difficoltoso l'esercizio della servitù, dovendo i condomini accedere all'abitazione privata per raggiungere il terrazzo. Il condominio aveva, inoltre, chiesto accertarsi l'illegittimità del distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento operato sempre dalla condomina, in quanto contrario al preciso divieto, in tal senso, contenuto nel regolamento.

Il Tribunale accoglieva integralmente le domande proposte dal condominio.

La condomina impugnava la sentenza di primo grado e la Corte d'Appello confermava che la norma del regolamento di condominio, vietando “qualsiasi opera che modifichi le facciate, i prospetti e l'estetica degli edifici”, precludeva ogni modifica e negava, altresì, la legittimità del distacco della condomina dall'impianto centrale di riscaldamento, in forza delle disposizioni regolamentari.

In parziale modifica della sentenza di prime cure, i giudici di secondo grado, accoglievano l'appello della condomina in quanto non era stata raggiunta la prova di un aggravamento della servitù conseguente allo spostamento all'interno del proprio appartamento della scala di accesso al piano quinto e, quindi, di un effettivo pregiudizio per gli altri condomini e, di conseguenza, compensava le spese di gravame.

La condomina proponeva ricorso in cassazione affidato a due motivi; il condominio resisteva con controricorso, senza proporre ricorso in via incidentale, esperito, invece, da un'altra condomina, non intervenuta nei precedenti gradi del giudizio, affidato a due motivi: uno relativo alla domanda di riduzione in pristino della scala esterna e, l'altro, relativo alla compensazione delle spese del gravame.

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 27101 del 15 novembre 2017, trasmetteva gli atti al Primo Presidente, per l'assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando che era controversa la configurabilità del diritto della condomina, che non aveva svolto difese nei gradi di merito, di interporre ricorso incidentale tardivo.

La questione

La questione rimessa alle Sezioni Unite nella presente fattispecie era di verificare se fosse ammissibile l'intervento, nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione, proposto con ricorso incidentale tardivo da una condomina che non era stata parte nei due gradi del giudizio di merito.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite, nel risolvere la questione di diritto posta, colgono l'occasione, da un lato, di ritornare sull'annoso dibattito relativo alla natura giuridica del condominio e, dall'altro, di precisare l'ambito in cui sussiste il diritto dei singoli condomini di agire a difesa dei beni comuni inerenti l'edificio condominiale.

Con riguardo alla prima problematica, le Sezioni Unite precisano che le perplessità che hanno fatto dubitare la Sezione remittente dell'esistenza in capo al singolo di una legittimazione a proporre autonomo ricorso (anche incidentale tardivo, come nella presente fattispecie) derivano da altra pronuncia resa sempre a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663) con la quale, in una controversia in cui era stato parte il solo condominio, si è stabilito che la legittimazione ad agire per l'equa riparazione, ex l. n. 89/2001, spetta esclusivamente al condominio, in persona dell'amministratore, autorizzato dall'assemblea dei condomini.

Nella decisione del 2014, la Sezioni Unite si erano chieste se fosse possibile configurare in capo al condominio una "soggettività giuridica autonoma", soprattutto alla luce delle norme modificate o introdotte ex novo a seguito della legge n. 220/2012 (Riforma del Condominio), tale da escludere la concorrente legittimazione dei singoli che, per costante giurisprudenza, è ammessa. Se, da un lato, si era evidenziato che, anche con la riforma del condominio di cui alla l. n. 220/2012, era stato escluso il “riconoscimento della personalità giuridica” del condominio, dall'altro, erano stati rintracciati elementi nel senso di una possibile “configurazione in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica”.

Le Sezioni Unite del 2014, pur prendendo atto, da un lato, della giurisprudenza che fa salvo il diritto dei singoli condomini di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all'edificio condominiale e, dall'altro, della distinzione, operata dalla giurisprudenza, tra controversie aventi ad oggetto diritti su un bene comune e controversie aventi ad oggetto la gestione di un bene o servizio comune, per le quali ultime non trova applicazione la salvaguardia dei poteri processuali del singolo (di agire, intervenire, impugnare) in difesa dei diritti connessi alla sua partecipazione, hanno messo in luce come questa impostazione “entra in crisi” in relazione alla crescente configurabilità del condominio come “centro di imputazione di interessi, di diritti e doveri, cui corrisponde una piena capacità processuale”.

Le Sezioni Unite, nella decisione in commento, aderiscono all'orientamento tradizionale volto a valorizzare l'assenza di personalità giuridica del condominio e la sua limitata facoltà di agire e resistere in giudizio tramite l'amministratore nell'ambito dei poteri conferitigli dalla legge e dall'assemblea per arrivare a limitare la portata applicativa della decisione delle Sezioni Unite del 2014 alla peculiare situazione giuridica esaminata, cioè al diritto all'equa riparazione regolato dalle disposizioni sovranazionali prima ancora che da quelle nazionali.

Ed è proprio la negazione, in radice, di una personalità giuridica in capo al condominio, peraltro respinta in sede di riforma, che consente alle Sezioni Unite di affermare che, laddove sono in gioco diritti dei singoli sulle parti comuni o su propri beni facenti parte del condominio, costoro possono agire o resistere autonomamente per tutelare tali diritti, affiancandosi o surrogandosi all'amministratore in quanto è “il diritto dell'amministratore che si aggiunge a quello dei naturali e diretti interessati ad agire per il fine indicato a tutela dei beni dei quali sono comproprietari e insidiati da azioni illegittime di altri condomini o da terzi”.

Del resto - precisano le Sezioni Unite - non potrebbe essere diversamente in quanto “a) si discute di diritti reali; b) sussistono molteplici realtà condominiali in cui non è imposta obbligatoriamente la nomina di un amministratore; c) difetta una precisa scelta del legislatore che investa esplicitamente ed esclusivamente il condominio (e il suo amministratore) del potere di difendere le parti comuni”; anzi, in taluni casi, come in quello previsto dall'art. 1117-quater c.c., in tema di tutela sulla destinazione d'uso delle parti comuni, è contemplato esplicitamente un potere di iniziativa del singolo condomino, anche in via autonoma rispetto all'amministratore.

Se, poi, in alcune ipotesi è addirittura configurabile il litisconsorzio necessario, non può certo escludersi che sussista il diritto del singolo condomino di agire o resistere in giudizio - affiancandosi all'amministratore per far valere le ragioni del condominio - ogniqualvolta la vertenza abbia ad oggetto diritti su beni comuni. Ne consegue che la regola fissata all'art. 1131 c.c., evidenziano le Sezioni Unite, ha il solo fine di rendere più agevole l'instaurazione del contraddittorio, sia dal lato attivo che passivo, individuando nell'amministratore il soggetto legittimato, proprio per evitare di promuovere il litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini.

Sulla base di tali considerazioni, le Sezioni Unite hanno ritenuto ammissibile l'intervento proposto con ricorso incidentale tardivo da parte della condomina che non era stata parte nei due gradi del giudizio di merito, ferme naturalmente tutte le preclusioni processuali maturate nei suoi confronti e conseguenti alla sua mancata costituzione in entrambe le fasi di merito del giudizio.

Così impostata la questione, le Sezioni Unite ritengono superato il dubbio ulteriore posto dall'ordinanza di remissione circa il potere della condomina in relazione al principio della consumazione dell'impugnazione, rilevato che il condominio si era difeso con il deposito del mero controricorso, in quanto il dubbio presuppone che condominio e condomino siano “la stessa parte”, dovendo invece - evidenziano le Sezioni Unite - “più esattamente parlarsi di legittimazione concorrente”, anche se “il condomino che sopraggiunga in giudizio si giova e subisce i limiti delle difese spese fino a quel momento in giudizio dal condominio stesso”.

Osservazioni

La decisione che si commenta, da un lato, esclude che al condominio possa essere riconosciuta personalità giuridica e, dall'altro, finisce per accogliere quella distinzione, operata in giurisprudenza, tra controversie aventi ad oggetto diritti su un bene comune e controversie aventi ad oggetto la gestione di un bene o servizio comune per ritenere che, laddove la controversia abbia ad oggetto diritti dei singoli sulle parti comuni, ciascun condomino ha una legittimazione, concorrente con quella dell'amministratore, ad agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota.

Sotto il primo versante, la soluzione accolta viene giustificata, in assenza di una precisa presa di posizione del legislatore in occasione della riforma della normativa condominiale, in un panorama giurisprudenziale che ha qualificato il condominio quale ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, che le Sezioni Unite considerano “formula descrittiva di successo”.

In questa impostazione tradizionale - così si esprimono le Sezioni Unite - va ricondotta anche la posizione assunta da Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663, che deve ritenersi confinata alle sole controversie in materia di indennizzo da irragionevole durata del processo.

Tanto è vero che la giurisprudenza successiva a questa decisione ha continuato a ritenere che, nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, nè di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore (v., fra le tante, Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 2017, n. 29748; Cass. civ., sez. II, 9 novembre 2017, n. 26557; Cass. civ., sez. II,18 gennaio 2017,n. 1208; Cass. civ., sez. II, 6 agosto 2015,n. 16562).

Quindi, secondo la Corte, non può negarsi la legittimazione individuale al singolo condomino quando si sia in presenza di cause introdotte da un condominio o da un terzo che incidano sui diritti vantati dal singolo su di un bene comune e non già sulla mera “finalità di gestione di un servizio comune” perché, in tal caso, il contendere sarebbe finalizzato a soddisfare esigenze dell'intera collettività condominiale, e non già l'interesse esclusivo del singolo, che dunque resterebbe privo di legittimazione.

A parere di chi scrive, questa distinzione non convince perché non si vede perché in un caso (controversie aventi ad oggetto il “diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio”, o il “diritto esclusivo di proprietà sulla singola unità immobiliare”) deve ritenersi sussistente la legittimazione del singolo, concorrente con quella dell'amministratore, e nell'altro caso (controversie aventi ad oggetto la gestione di un servizio comune - esemplificando quelle relative alla nomina dell'amministratore, all'assicurazione del fabbricato, al riparto delle spese di pulizia, al servizio di ascensore) la legittimazione del singolo è esclusa.

Se il condominio non ha soggettività giuridica e l'amministratore è un mero organo rappresentativo i cui poteri previsti dalla norma di cui all'art. 1131 c.c. hanno la sola finalità di rendere più agevole l'instaurazione del contraddittorio, sia dal lato attivo che passivo, ciò dovrebbe valere per tutti i tipi di controversie.

Del resto, le stesse Sezioni Unite quando affermano che condominio e condomino non sono “la stessa parte”, riconoscono, sia pure implicitamente, che il condominio è soggetto diverso dai suoi partecipanti e laddove ammettono che in particolari situazioni (come quella decisa dalle Sezioni Unite nel 2014) la legittimazione spetta all'amministratore del condominio e non ai singoli, finiscono per configurare una soggettività giuridica al condominio.

Senza considerare che la stessa Cassazione in una decisione successiva (Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2019, n. 12715) ha affermato che il creditore del condominio può pignorare le quote che devono versare i singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a preventivi o rendiconti consuntivi approvati dall'assemblea, lasciando intendere che i singoli condòmini sono “terzi” rispetto al condominio con conseguente soggettività giuridica autonoma rispetto ai condomini.

E' evidente che in questo quadro diventa necessario un intervento del legislatore il quale, peraltro, con la riforma del condominio, aveva avuto l'occasione per dare al condominio una sua “identità” e farne un istituto nuovo e conforme alle normative vigenti negli altri Paesi dell'Unione europea, dotandolo di una soggettività in quanto titolare degli interessi facenti capo alla collettività dei condomini.

Guida all'approfondimento

Celeste, La personalità giuridica del condominio cacciata dalla porta rientra dalla finestra?: alle Sezioni Unite (si spera) l'ardua sentenza, in Immobili & proprietà, 2018, fasc. 2, 92

Chiesi, Uno, nessuno, centomila…il peculiare fenomeno della “rappresentanza processuale reciproca”, in Immobili & proprietà, 2019, fasc. 7, 428

Monegat, Il condominio non ha personalità giuridica e l'amministratore non ne ha la rappresentanza processuale esclusiva: le azioni concernenti i beni comuni competono anche al singolo condomino, in Immobili & proprietà, 2019, fasc. 6, 387

Tormen, La malleabilità delle categorie: soggettività del condominio e terzietà dei condomini, in Nuova giur. civ. comm., 2018, fasc. 5, 468

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