Anche se l'ascensore “sbarca” al mezzanino e non al piano abbatte le barriere architettoniche
18 Settembre 2019
Massima
L'ascensore che non conduce direttamente ai pianerottoli in corrispondenza dei singoli appartamenti e che, per giungere alle unità abitative, renda necessario percorrere un'ulteriore rampa di scala non viola il senso e lo spirito della legge in tema di barriere architettoniche, poiché, pur in presenza di talune difformità rispetto alle prescrizioni tecniche di cui al d.m. n. 236/1989 non pregiudica l'utilizzo dell'ascensore e la sua funzione di agevolare l'accesso alle porzioni esclusive. Il caso
Due condomini impugnavano una delibera assembleare avente ad oggetto l'installazione dell'ascensore nel cortile comune, assumendo che l'intervento rappresentava un'innovazione vietata, non giustificata ai fini dell'abbattimento delle barriere architettoniche ed effettuata in violazione del decoro architettonico e della statica dell'edificio. Nel giudizio interveniva altro condomino ed il condominio resisteva chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna delle attrici al risarcimento danni per responsabilità aggravata. La domanda veniva rigettata dal Tribunale e la sentenza veniva confermata dalla Corte d'Appello, ad avviso della quale l'installazione dell'impianto di risalita era giustificato per la presenza nello stabile di un portatore di handicap; l'ascensore era conforme alle prescrizioni di cui al d.m. n. 236/1989 e, infine, gli “sbarchi” conducevano ai mezzanini e non ai piani, pur rendendo necessario percorrere a piedi una ulteriore rampa di scala per accedere all'appartamento, non inficiavano la correttezza dell'intervento. Avverso tale decisione, i soccombenti, ai quali si univa l'intervenuta con ricorso incidentale, proponevano ricorso per cassazione per plurimi motivi alcuni dei quali meritano particolare attenzione: illegittimità della delibera per mancata soddisfazione delle esigenze dei portatori di handicap (fermata dell'impianto ai c.d. mezzanini collocati tra le rampe prive di servo scala); violazione della normativa antincendio (con conseguente rischio per la sicurezza dello stabile in assenza di un sistema di aerazione permanente del vano scala) e, infine violazione degli artt. 1117, 1118 e 1362 c.c. poiché l'ascensore era stato realizzato sul cortile sul quale, per regolamento, i ricorrenti avevano un diritto di godimento esclusivo e, dunque, la piena proprietà dell'area. La Suprema Corte accoglieva solo il motivo attinente al mancato rispetto della normativa antincendio, cassando la sentenza di appello per tale profilo e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d'Appello. La questione
La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere su questioni di diversa portata. In primo luogo, va evidenziato il carattere peculiare della fattispecie che, senza dubbio, caratterizza il provvedimento in esame dal quale emerge, di fatto, un ampliamento della nozione di intervento atto ad abbattere le barriere architettoniche. La problematica riguarda l'installazione nel condominio di un ascensore allorché l'intervento sia effettuato sulla base della l. n. 13/1989 e, per la particolare conformazione delle scale, non sia possibile che la cabina si fermi al piano dove sono situati gli appartamenti. Il fatto che la sosta dell'ascensore si verifichi al c.d. mezzanino, rendendo necessario al soggetto interessato effettuare, comunque, una rampa di scala (nella specie non dotata di “servoscala”) per raggiungere il proprio appartamento, comporta l'esclusione della delibera di assenso dal novero delle decisioni legittime ai sensi della normativa di settore? Le altre questioni oggetto del ricorso (violazione delle norme in materia di sicurezza e non sovrapponibilità tra godimento esclusivo di un bene comune in favore di uno o più condomini e comproprietà dello stesso) non sono nuove poiché definitivamente risolte dalla giurisprudenza corrente. Le soluzioni giuridiche
I giudici di legittimità hanno confermato la decisione assunta dalla Corte d'Appello che, per ritenere soddisfatte le finalità perseguite dalla l. n. 13/1989, ha affermato che è sufficiente che l'impianto di ascensore attenui i disagi determinati per i portatori di disabilità a prescindere dalla necessità di utilizzare le scale per raggiungere le abitazioni. Attenuazione che è stata messa in stretto rapporto con il principio, anch'esso più che consolidato nel tempo, della solidarietà condominiale, che altro non è se non il contemperamento degli interessi di tutti i soggetti che convivono in tale compagine e che rende l'intervento, mirato all'eliminazione delle barriere architettoniche, legittimo anche se non realizza in pieno l'obiettivo della normativa determinando, in tal modo, un'attenuazione delle condizioni di disagio nel godimento del bene primario dell'abitazione (v., per tutte, Cass. civ., sez. VI, 9 marzo 2017, n. 6129; Cass. civ., sez. VI, 26 luglio 2013, n. 18147). Nel caso in esame è stato, dunque, riconosciuto che l'installazione dell'impianto di risalita aveva risposto alle finalità di cui alla l. n. 13/1989 anche se non tutte le prescrizioni della normativa speciale potevano essere rispettate in ragione delle particolari caratteristiche dell'edificio. Tale circostanza non aveva comportato l'inapplicabilità delle disposizioni a favore del portatore di handicap neppure nel caso in cui non era stato installato il servoscala, che avrebbe consentito al soggetto di superare la rimanente percentuale minima di barriera, costituita dalla rampa che metteva in collegamento il mezzanino con il pianerottolo. Insuperabile, invece, ai fini della legittimità della delibera, la violazione delle norme in materia di antincendio che avrebbero messo a rischio la sicurezza dello stabile a causa della mancanza di un sistema di aerazione permanente del vano scala. Per questo profilo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado che, nonostante le chiare risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, aveva erroneamente ritenuto ininfluenti violazioni che sono espressamente menzionate come impeditive per la realizzazione di tutte le innovazioni previste dall'art. 1120, comma 3, c.c. Infondata, poi, la lamentata illegittimità dell'installazione dell'impianto di risalita, posizionato nel cortile condominiale, per violazione di una norma regolamentare che attribuiva alle attrici il godimento esclusivo del bene, poiché tale riserva non può intendersi come riconoscimento della piena proprietà del bene in favore di determinati soggetti in deroga al regime dell'art. 1117 c.c. Infatti, ad avviso dei giudici di legittimità, concedere una tale prerogativa in favore di unità immobiliari esclusive non incide sull'appartenenza di tali parti comuni alla collettività, ma solo sulla differenziazione dell'uso delle stesse da parte degli uni rispetto agli altri (Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24301). Osservazioni
L'installazione dell'ascensore in un edificio condominiale è un'innovazione (art. 1120, comma 1, c.c.) poiché costituisce un intervento diretto al miglioramento o all'uso più agevole del bene comune; ne modifica la forma o la struttura e ne altera la consistenza materiale o la destinazione originaria (Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2011, n. 1556). Quello che il legislatore ha previsto per le innovazioni ordinarie in tema di quorumdeliberativo (art. 1136, comma 5, c.c.), tuttavia, non vale per le innovazioni che potremmo definire speciali, i cui caratteri sono tali da renderle del tutto particolari. Queste, dunque, specificamente elencate nel novellato art. 1120, comma 2, c.c. sono state sottoposte ad un regime derogatorio, che prevede l'abbassamento di detto quorum alla maggioranza dei presenti in assemblea e ad un numero dei voti pari ad almeno la metà dei partecipanti al condominio. Tra di esse rientrano le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche negli edifici rispetto alle quali, tuttavia, la scelta del legislatore non è stata certamente felice, visto che ha ignorato lo spirito della legge del 1989 che è “normativa di settore” ed in quanto tale - come previsto nello stesso art.1120, comma 2, c.c. - doveva e deve essere rispettata senza prescindere dalla sua ratio ispiratrice. Espressione portante della sua finalità, infatti, era la decisa riduzione del quorum deliberativo che, in seconda convocazione, era stato fissato nella maggioranza dei presenti ed un terzo dei millesimi. Si è detto che dal provvedimento della Corte di Cassazione è emerso uno stretto collegamento tra il principio della solidarietà condominiale, inteso come contemperamento degli interessi delle parti, e l'attenuazione dei disagi del portatore di handicap. La combinazione di tali elementi, che non può prescindere dagli ulteriori elementi costituiti dalla regolarità formale della delibera assembleare e dalla rispondenza dell'impianto di ascensore alle norme vigenti in materia di sicurezza, fa sì che l'opera approvata rientri a pieno titolo nell'ambito di applicazione della l. n. 13/1989. Ma allora in cosa consiste effettivamente questo principio di solidarietà condominiale che da lungo tempo si è oramai affermato con riferimento all'impianto di ascensore installato ai sensi della l.n. 13/1989? La Corte di Cassazione ha evidenziato che il principio di solidarietà condominiale implica il contemperamento di vari interessi e che tra questi deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Cass. civ., n. 6129/2017 cit.; Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2015, n. 16486). Si tratta, pertanto, di porre in atto un'armonizzazione tra le posizioni delle varie anime del condominio, connaturale alla situazione di coesistenza in uno stesso edificio di più unità immobiliari, che deve essere realizzata tenendo conto delle esigenze dei condomini sotto il profilo utilitario ed estetico, da un lato, e l'imprescindibile interesse del soggetto portatore di handicap ad un'esistenza libera e dignitosa, mediante la possibilità di spostarsi con quel minimo di indipendenza che la sua situazione fisica gli consente, dall'altro, dando prevalenza al secondo rispetto a modeste compressioni delle prime, soprattutto alla luce delle preminenti ragioni di pubblico interesse e di solidarietà sociale rappresentate ed espresse dalla l. n. 13/1989. Per concludere, quindi, non resta che evidenziare che i vari termini utilizzati in materia di barriere architettoniche, siano essi eliminazione o abbattimento, devono comunque essere oggetto di libera interpretazione con riferimento alla specifica situazione di fatto che è l'unico elemento che può dimostrare se il portatore di handicap abbia raggiunto l'obiettivo connaturale alla normativa di riferimento. Celeste, Alzata irragionevolmente l'asticella per ... il superamento delle barriere architettoniche, in Immobili & proprietà, 2013, 421 Celeste, L'installazione del servoscala non implica rinuncia all'ascensore, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 5, 9 De Tilla, Installazione dell'ascensore e barriere architettoniche, in Arch. loc. e cond., 2016, 184 Meo, L'installazione dell'ascensore e l'abbattimento delle barriere architettoniche, in Immob. & proprietà, 2010, 759 Nuzzo, L'ascensore condominiale prevale sul servo scale del singolo condomino, 2016 |