Le somme di denaro anticipate dall'amministratore uscente, in nome e per conto del condominio, vanno richieste al condomino moroso
03 Ottobre 2019
Massima
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, va accolta l'eccezione di carenza di legittimazione passiva avanzata dal Condominio opponente e vanno estromessi gli acquirenti dell'immobile appartenente in origine al condomino moroso, nei confronti del quale va indirizzata la domanda di pagamento da parte dell'amministratore uscente per somme di denaro da questi anticipate, nell'esecuzione del proprio mandato, in nome e per conto del Condominio e debitamente documentate. Il caso
Un Condominio proponeva opposizione ad un decreto ingiuntivo, con il quale era stato ad esso intimato di pagare una certa somma di denaro in favore dell'amministratore uscente. Questi, che aveva anticipato somme di denaro emettendo propri assegni bancari in favore di creditori del Condominio opponente, aveva assolto l'onere di dimostrare gli esborsi sostenuti, che non gli erano stati rimborsati. Nell'opposizione proposta, il Condominio deduceva che il credito ingiunto - relativo alle spese sostenute dall'amministratore uscente - si basava soltanto su un passaggio di consegne tra l'amministratore uscente e quello subentrante e che, quindi, non costituiva titolo per ottenere l'ingiunzione. Il Condominio, oltre alla revoca del decreto opposto, chiedeva che fosse dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva e, dunque, che la somma richiesta dall'opposto fosse da addebitare a un condomino gravemente moroso. In subordine, chiedeva che fosse dichiarata l'insussistenza del credito vantato dall'opposto o, in via ancora più subordinata, l'insussistenza del credito nella misura reclamata. Si costituiva tempestivamente in giudizio l'opposto, eccependo la totale infondatezza, in fatto e in diritto, dei motivi di opposizione, nonchè di tutte le domande avanzate dal Condominio opponente e dichiarando di aver anticipato le suddette somme a causa della morosità incontestata di un condomino. Chiedeva, pertanto, di essere preliminarmente autorizzato a chiamare in giudizio il condomino moroso e i terzi ai quali era stata aggiudicata, in sede di esecuzione, l'appartamento di questi. La questione
Si trattava, quindi, di individuare su chi dovesse gravare il pagamento della suddetta somma e verificare se sussistesse una responsabilità solidale tra il Condominio opponente e il condomino gravemente moroso.
Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Catania accoglie l'eccezione di carenza di legittimazione passiva avanzata dall'opponente condominio e condanna il condomino moroso - terzo chiamato in giudizio - al pagamento, in favore dell'amministratore uscente, della somma da questi sborsata personalmente in favore del Condominio. Già prima dell'entrata in vigore della l. 11 dicembre 2012, n. 220, che ha apportato modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, la Suprema Corte di legittimità, a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148), avallando l'orientamento minoritario, aveva aderito alla tesi della natura “intrinsecamente parziaria” delle obbligazioni condominiali, caratterizzata dalla contribuzione pro-quota (art. 1123 c.c.), sia nei rapporti interni che, in assenza di espressa previsione legislativa di solidarietà, nei rapporti esterni. Anteriormente a tale pronuncia, l'opinione prevalente tendeva, invece, a riconoscere alle obbligazioni condominiali natura solidale, in ragione della sussistenza della presunzione di cui all'art. 1294 c.c. e della mancanza di qualsivoglia previsione atta ad escluderla. La solidarietà costituiva, però, un inconveniente per i condomini solventi, poiché essi potevano essere chiamati a rispondere dell'inadempimento di quelli morosi. La Suprema Corte, invertendo la tendenza, ha dunque stabilito che - poiché l'obbligazione alla quale sono tenuti i condomini, essendo in genere pecuniaria, è divisibile, e poiché manca un'espressa previsione normativa che stabilisca il regime della solidarietà - la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà. Conseguentemente, ciascun condomino risponde, nei confronti del creditore, in proporzione alla rispettiva quota. Principio ribadito anche dalla giurisprudenza successiva (Cass. civ., sez. VI/II,17 febbraio 2014, n. 3636; Cass. civ., sez. VI/II, 9 giugno 2017, n. 14530; Trib. Roma 29 gennaio 2010; Trib. Milano 8 ottobre 2013; Trib. Trieste 27 ottobre 2017; Trib. Prato 22 gennaio 2018). Ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., l'amministratore condominiale - senza che sia necessaria una autorizzazione rilasciata dall'assemblea - ha la possibilità di chiedere ed ottenere l'emissione di un decreto di ingiunzione, immediatamente esecutivo, il quale, di regola, viene concesso dal giudice subordinatamente alla produzione del verbale di delibera concernente lo stato di ripartizione dei contributi, che, pur non costituendo titolo esecutivo, possieda una qualità probatoria privilegiata che vincola il giudice in ordine alla concessione della clausola di immediata esecutività ove richiesta (Trib. Monza 9 giugno 2016). Accordata giudizialmente l'ingiunzione richiesta, l'amministratore sarà tenuto ad esperire l'azione esecutiva nei confronti dei condomini morosi al fine di riscuoterne i contributi. Qualora questa, poi, sia rimasta infruttuosa, i creditori potranno agire nei confronti degli altri condomini, in regola con i pagamenti, e pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto, essendo, l'escussione del patrimonio del condomino non moroso, sussidiaria, eventuale e successiva a quella del patrimonio del moroso. È necessario, però, l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di poter agire. Pertanto, per poter richiedere legittimamente il pagamento pro quota al condomino in regola con i pagamenti il creditore dovrà preventivamente intraprendere tutte le procedure, anche esecutive - mobiliari, immobiliari e presso terzi-, in danno del condomino moroso, nonché seguirle con la dovuta diligenza e buona fede. Prima di poter aggredire il patrimonio del condomino in regola con i pagamenti, il creditore dovrà fornire la rigorosa prova di aver fatto tutto il possibile per soddisfare il proprio credito nei confronti del condomino moroso (Trib. Monza 27 aprile 2016). Alla luce di tali considerazioni - ad avviso del giudice siciliano - l'amministratore opposto, considerata la natura parziaria dell'obbligazione condominiale, avrebbe dovuto rivolgere la propria ingiunzione in via prioritaria verso il condomino moroso, e soltanto in via subordinata, verso il Condominio stesso. Il Tribunale di Catania, inoltre, ritiene non ammissibile la chiamata in causa degli acquirenti dell'immobile originariamente appartenente al condomino moroso. Ciò in quanto, a differenza della chiamata in causa del moroso, che derivava da una specifica deduzione del Condominio opponente e trovava la propria giustificazione in base alle difese svolte da questo, la chiamata in giudizio degli altri terzi non era giustificata da nessuna difesa del Condominio. Pertanto, viene stabilita la loro estromissione dal processo. Osservazioni
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo - nonostante che l'opponente introduca la causa con un atto di citazione e sia colui che evoca in ius la controparte - è solamente il creditore opposto ad essere la reale parte attrice, in senso sostanziale, della controversia, essendo il solo soggetto che avanza l'originaria pretesa sulla quale il Tribunale è chiamato a pronunciarsi. La giurisprudenza, infatti, ha affermato in più occasioni che nel suddetto giudizio la chiamata in causa di un terzo, da parte dell'opposto (attore in senso sostanziale), è subordinata alla formulazione della relativa domanda entro la prima udienza di trattazione, fermo restando l'accertamento in ordine alla circostanza che l'esigenza di estensione del contraddittorio al terzo sia derivata dalle difese dell'opponente, convenuto in senso sostanziale. La chiamata del terzo resta, dunque, subordinata alla valutazione discrezionale del Giudice Istruttore, prevista dall'art. 183, comma 5, c.p.c. (Trib. Vicenza 16 marzo 2017; Trib. Larino 8 giugno 2011; Trib. Bari 26 marzo 2008). In merito, poi, alla questione di chi sia il “condomino moroso”, va innanzitutto evidenziato come il legislatore non abbia dato una sua definizione espressa, ma si sia semplicemente limitato a stabilire, in seno all'art. 63 disp. att. c.c., che, in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Non ha peraltro neppure precisato quale sia il termine di decorrenza del semestre stesso. Si ritiene che il dies a quo per il calcolo del semestre vada individuato dalla data di compimento dell'attività gestionale ordinaria da parte dell'amministratore, mentre nel caso di operazioni straordinarie il termine dovrebbe essere calcolato a decorrere dalla data di approvazione della relativa delibera da parte dell'assemblea. Buonanno, Obbligazioni parziarie dei condomini e ragioni creditorie dei terzi, in Nuova giur. civ. comm., 2018, fasc. 3, 299 Mascia, Riscossione dei contributi e sospensione del condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni, in Immob. & proprietà, 2019, fasc. 6, 379 Parini, La natura delle obbligazioni condominiali nella riforma del condominio e gli strumenti posti a tutela delle ragioni del creditore, in Nuova giur. civ. comm, 2014, fasc. 2, 115 |