Violazione del decoro e decisione ultra petita
21 Ottobre 2019
Massima
Se il capo di condanna oggetto di impugnazione non trova alcuna corrispondenza rispetto alla materia del contendere, si colloca ultra petita con conseguente nullità del capo medesimo.
Il caso
Con atto di citazione in riassunzione il proprietario di un appartamento posto al secondo piano di uno stabile citava dinanzi ad un Giudice di Pace il conduttore ed il proprietario dell'immobile sito al terzo piano, per chiedere la rimozione del montante in ferro con montacarichi e cesto azionato da un motore elettrico per il trasporto di legna da ardere realizzato dall'inquilino senza autorizzazione, sul presupposto che l'opera (abusiva) alterasse la destinazione del bene comune, arrecando inoltre pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato. Il conduttore si costituiva in giudizio, sostenendo di essere stato autorizzato dal proprietario, informando di essere portatore di handicap al 75%. Il Giudice di Pace, nell'ordinare la rimozione del montacarichi, disponeva che il costituendo condominio provvedesse, a proprie spese, al trasporto del legname a casa del conduttore portatore di handicap o fossero i singoli condomini mediante la contribuzione mensile di euro 5,00. Avverso tale sentenza, proponeva appello l'attore in primo grado chiedendo la nullità della statuizione, con riferimento al coinvolgimento del costituendo condominio e/o dei condomini all'accollo ordinato per il trasporto della legna, invocando la violazione dell'art. 112 c.p.c. per non esservi corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Il Tribunale di Salerno, quale giudice di secondo grado, dichiarava la nullità della sentenza, con conferma del resto. La questione
Il giudice è stato chiamato a decidere esclusivamente in ordine ad una questione processuale: se fosse o meno valido il capo della sentenza del Giudice di Pace, relativo ad una statuizione il cui contenuto non era stato fatto oggetto di apposita domanda. Sullo sfondo, però, vi è anche una questione che attiene ad un aspetto della comunione: l'installazione di un'opera ancorata alle parti comuni non autorizzata e soprattutto incidente sull'equilibrio statico del fabbricato, nonché verosimilmente sul decoro architettonico. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale, chiamato a decidere, afferma che l'appellante ha lamentato la violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione alla statuizione di condanna resa dal giudice di pace relativamente alle spese di trasporto di legname a casa dell'appellato ed alla contribuzione mensile posta a carico dei singoli proprietari, e, quindi, anche dell'appellante con la somma di euro 5,00. La predetta statuizione, sostiene il giudicante, “è effettivamente estranea alle domande e difese delle parti che riguardano esclusivamente il diritto dell'originario attore ad ottenere la rimozione del manufatto descritto in citazione”. In buona sostanza, il decidente censura con la nullità il ragionamento del giudice di pace perché in aperta violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. D'altra parte, non poteva fare altrimenti in quanto, secondo la Cassazione, il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nell'esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione. Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell'azione (petitum e causa petendi) ed emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato) (Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2006, n. 21745). Osservazioni
Si condivide appieno la decisione in appello del Tribunale di Salerno, sia nella parte in cui dichiara nullo il capo della sentenza contenente ultrapetita, sia nella parte in cui conferma l'ordine di rimozione del montacarichi sancito dal Giudice di Pace. Tralasciando la questione processuale, soffermiamoci invece su quanto deciso dal Giudice di Pace. Questi, a fronte della richiesta di rimozione del montacarichi montato dall'inquilino dell'appartamento al fine di servirsene per trasportare legna dai piani inferiori (si presume dal piano strada) fino al terzo piano del fabbricato, avanzata dal proprietario del secondo piano, accoglie la domanda evidentemente ritenendo che l'installazione violasse il decoro architettonico (non essendovi traccia di un pregiudizio statico del palazzo atteso che ad alcuna espletata CTU si fa cenno nella sentenza, così come di concrete alterazioni della destinazione del bene comune). E' noto che l'art. 1117-ter, comma 3, c.c., dettato in materia di modificazioni delle destinazioni d'uso, prescrive il divieto per quelle che ne alterano il decoro architettonico. Ed infatti, una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza dell'edificio od un'aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo normalmente sull'aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sull'estetica dell'edificio, e così sul decoro architettonico incorrendo nel divieto di cui all'art. 1120 c.c. (Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1987, n. 8861). Sta di fatto, però, che il giudice di prime cure, quasi attuando una sorta di risarcimento in forma specifica e per equivalente contemporaneamente - sappiamo bene che i due rimedi sono alternativi e non cumulativi - decide che a fronte della rimozione dell'ascensore montacarichi, il “costituendo condominio” - da quanto si comprende trattavasi di un complesso non ancora costituito in condominio - provvedesse, a proprie spese, al trasporto del legname a casa dell'inquilino invalido, oppure i singoli condomini provvedessero a tale incombenza (eventualmente “appaltando” il lavoro “in esterno”) mediante contribuzione mensile di euro 5,00. Tale statuizione - a parte la declaratoria di nullità pronunciata dal giudice di appello e mettendo da parte le disquisizioni processuali in ordine alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato - appare figlia di una concezione della giustizia fatta di rimedi semplici ed immediati, in questo caso disposti dal Giudice di Pace quale pater familiae, tesi ad attuare una condivisione umana tra i comunisti dell'inferiorità fisica di uno di loro. Barletta, Extra e ultra petizione - Studio sui limiti del dovere decisorio del giudice civile, Milano, 2012 Cenerini, Riflessioni e spunti in tema di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e poteri del difensore, in Giust. civ., 1989, I, 2779 De Tilla, Codice del nuovo condominio commentato, Milano, 2016, 230 Gallucci, Il decoro architettonico nel condominio negli edifici, in Il Civilista, 2012, fasc. 11, inserto Nicolini R., L'impatto prodotto dalle innovazioni sul decoro architettonico degli edifici, in Immobili & diritto, 2010, fasc. 5, 27 Piccinini, Principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e potere del giudice di qualificazione della domanda, in Giur. merito, 2012, 2378 Viola, Il principio di necessaria simmetria tra chiesto e pronunciato, in Nuova proc. civ., 2014, fasc. 5, 117 |