Memorie e richieste delle parti mezzo PEC (PPT)

Luigi Giordano
24 Ottobre 2019

Nel corso del procedimento penale sorge inevitabilmente per le parti la necessità di interloquire con il giudice. Quest'aspetto, essenziale tanto per la formulazione di istanze, quanto per lo svolgimento del contraddittorio, è disciplinato dall'art. 121 c.p.p., intitolato “Memorie e richieste delle parti”. Secondo questa disposizione, “in ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria”.
Inquadramento

Nel corso del procedimento penale sorge inevitabilmente per le parti la necessità di interloquire con il giudice. Quest'aspetto, essenziale tanto per la formulazione di istanze, quanto per lo svolgimento del contraddittorio, è disciplinato dall'art. 121 c.p.p., intitolato “Memorie e richieste delle parti”. Secondo questa disposizione, “in ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria”. Il codice di rito, pertanto, prevede che le memorie o le richieste debbano essere depositate nella cancelleria del giudice, evidentemente negli orari di apertura delle stesse al pubblico. Il personale addetto alla “ricezione degli atti” rilascia all'interessato una ricevuta, provvedendo a sottoporre quanto depositato al giudicante.

L'art. 121, comma 2, c.p.p., poi, stabilisce che il giudice debba provvedere sulla richiesta delle parti “senza ritardo, fissando comunque il termine di quindici giorni in mancanza di specifiche disposizioni di legge che regolino diversamente la materia. Ad esempio, nel procedimento di appello cautelare, il deposito delle memorie difensive è disciplinato, non già dalla norma generale di cui all'art. 121 c.p.p., bensì da quella speciale di cui al comma 2 dell'art. 127 c.p.p., espressamente richiamata dall'art. 310 c.p.p., con la conseguenza che deve essere rispettato, a pena di inammissibilità, il termine dilatorio di cinque giorni prima dell'udienza (Cass. pen., Sez. I, 20/11/2018, n. 33, secondo la quale, non essendo previsto l'onere della notificazione della memoria depositata alle parti contro-interessate, detto termine è finalizzato ad assicurare l'effettività e l'adeguatezza del contraddittorio scritto in vista dell'udienza, per la quale l'intervento non è obbligatorio ai sensi del comma 3 dell'art. 127 cit.).

Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità. Essa, però, può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (Cass. pen., Sez. II, 16/03/2018, n. 14975; Cass. pen., Sez. V, 21/09/2017, n. 51117), non potendo essere fatta valere in sede di gravame (Cass. pen., Sez. V, 23/11/2015, n. 4031). Un diverso indirizzo, invece, sostiene che l'omessa valutazione di una memoria difensiva determina la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p., in quanto impedisce all'imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice in ordine al fatto-reato, comportando la lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell'imputato stesso, oltre a configurare una violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie (Cass. pen., Sez. VI, 03/10/2013, n. 13085; Cass. pen., Sez. I, 7/07/2009, n. 31245).

In evidenza

Il giudice deve provvedere sulle richieste delle parti “senza ritardo” e comunque entro il termine di quindici giorni in mancanza di specifiche disposizioni di legge che regolino diversamente la materia. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale prevalente, l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, potendo tuttavia influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive.

L'uso del fax per l'inoltro di richieste e memorie

L'evoluzione tecnologica ha portato al frequente utilizzo del fax per la presentazione di richieste o di memorie al giudice. È appena il caso di segnalare che questo strumento non aveva una larga diffusione all'epoca dell'introduzione del nuovo codice di rito e che, invece, in breve tempo ha avuto un notevole successo, anche per la sua facilità di impiego, venendo poi soppiantato, con analoga rapidità, da altri mezzi più moderni di natura telematica.

Un indirizzo giurisprudenziale, facendo leva sul disposto dell'art. 121 c.p.p., ha reputato inammissibile la presentazione di istanze a mezzo fax. La norma citata, infatti, statuisce l'obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax, quale forma particolare di notificazione, è riservato dall'art. 150 del codice di rito ai funzionari di cancelleria (Cass. pen., Sez. II, 19/10/2018, n. 26100; Cass. pen., Sez. VI, 30/01/2013, n. 28244; Cass. pen., Sez. IV, 23/01/2013, n. 21602, tutte relative ad istanza di rinvio dell'udienza, giustificata da impedimento dell'imputato).

Un diverso indirizzo, invece, ha giudicato ammissibile l'inoltro a mezzo telefax di una richiesta del difensore, affermando che essa vincola il giudice a pronunciarsi su tale istanza, purché la comunicazione sia tempestiva e la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente (Cass. pen., Sez. V, 24/10/2016, n. 535; Cass. pen., Sez. III, 18/06/2015, n. 37859; Cass. pen., Sez. V, 16/01/2012, n. 21987).

Tra i due orientamenti illustrati si è posto l'indirizzo che appare prevalente, secondo cui l'uso del telefax per inviare al giudice procedente una richiesta o una memoria, seppur idoneo a dare certezza dell'intervenuta ricezione dell'atto da parte dell'ufficio giudiziario destinatario, deve reputarsi comunque irregolare, perché l'art. 121 c.p.p. prevede per le parti l'obbligo di presentare le memorie e le richieste indirizzate al giudice mediante deposito in cancelleria. Da questa disposizione, però, non si può ricavare l'inammissibilità o l'irricevibilità dell'istanza presentata in modo diverso dal deposito in cancelleria. Il giudice che abbia ricevuto l'istanza tempestivamente, pertanto, deve valutarla. In ragione della predetta irregolarità, tuttavia, incombe sulla parte il rischio della mancata tempestiva trasmissione dell'istanza al giudice. Avendo scelto volontariamente un mezzo irregolare di trasmissione della propria istanza, la parte interessata può proporre doglianze inerenti all'omessa valutazione della stessa solo se dimostra che l'atto è effettivamente pervenuto nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stato portato all'attenzione di quest'ultimo per tempo (cfr. Cass. pen., Sez. I, 16/11/2017, n. 1904; Cass. pen., Sez. II, 22/05/2015, n. 24515; Cass. pen., Sez. II, 05/11/2013, n. 9030; in senso contrario, per l'esclusione di un onere probatorio in capo alla parte, si veda, Cass. pen., Sez. V, 24/10/2016, n. 535, dep. 2017).

ISTANZE O RICHIESTA A MEZZO FAX: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

È inammissibile la presentazione di istanze o memorie a mezzo fax, perché l'art. 121 c.p.p. statuisce l'obbligo per le parti di presentare detti atti mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax, quale forma particolare di notificazione, è riservato dall'art. 150 del codice di rito ai funzionari di cancelleria

Cass. pen., Sez. II, 19/10/2018, n. 26100; Cass. pen., Sez. VI, 30/01/2013, n. 28244; Cass. pen., Sez. IV, 23/01/2013, n. 21602.

È ammissibile l'inoltro a mezzo telefax di una richiesta della parte al giudice, che è vincolato a pronunciarsi su di essa, purché la comunicazione sia tempestiva e la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente.

Cass. pen., Sez. V, 24/10/2016, n. 535; Cass. pen., Sez. III, 18/06/2015, n. 37859; Cass. pen., Sez. V, 16/01/2012, n. 21987.

È meramente irregolare e non inammissibile o irricevibile la presentazione di istanze o memorie al giudice a mezzo fax, perché l'art. 121 c.p.p. prevede per le parti l'obbligo di presentare tali atti mediante deposito in cancelleria, con la conseguenza che il giudice che abbia ricevuto l'istanza tempestivamente debba valutarla e che, in ragione della predetta irregolarità, incomba sulla parte il rischio della mancata tempestiva trasmissione dell'istanza al giudice.

Cass. pen., Sez. I, 16/11/2017, n. 1904; Cass. pen., Sez. II, 22/05/2015, n. 24515; Cass. pen., Sez. II, 05/11/2013, n. 9030.

L'uso della posta elettronica certificata per le memorie o le istanze: la tesi che propende per l'inammissibilità o per l'irricevibilità

L'evoluzione tecnologia, in particolare, ha condotto alla diffusione della posta elettronica certificata. Il suo impiego, invero, è stato previsto dalla legge per le sole notificazioni a cura della cancelleria e, per giunta, limitatamente a quelle rivolte a persone diverse dall'indagato o dall'imputato. Ciò peraltro, le parti hanno iniziato ad adoperare questo strumento anche per presentare istanze o memorie al giudice.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, nel processo penale, non è consentito alle parti private l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC). Ne consegue che è irricevibile un'istanza di rinvio per legittimo impedimento trasmessa dal difensore per mezzo dello strumento elettronico (cfr. Cass. pen. Sez. II, 07/11/2017, n. 51665; Cass. pen., Sez. III, 11/02/2014, n. 7058; Cass. pen., Sez. II, 16/05/2017, n. 31314; Cass. pen., Sez. III, 26/10/2016, n. 6883).

Questo orientamento trae fondamento proprio dall'art. 16, comma 4, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che, disciplinando le notificazioni, limita l'impiego della PEC agli adempimenti rivolti a persone diverse dall'imputato e ne circoscrive l'uso alla sola cancelleria. La parte finale della norma, del resto, statuendo che “La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”, chiarisce che l'utilizzo del mezzo elettronico è riservato al solo ufficio di cancelleria e non anche alle parti private. Non sono indicate, infatti, le forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private. Anche se la PEC fosse adoperata non per eseguire una notificazione, ma solo per trasmettere un'istanza, infatti, rimarrebbe la necessità di documentare l'attività compiuta e dovrebbe prendersi atto della sua mancata regolamentazione.

Dalla disposizione citata, quindi, si desume la volontà legislativa di consentire l'utilizzo della PEC, nel processo penale, alla sola cancelleria.

Segue: la tesi incline a ravvisare una mera irregolarità

Un diverso orientamento, invece, afferma che l'istanza inviata al giudicante per mezzo della posta elettronica certificata non è considerarsi irricevibile o inammissibile, ma deve essere ritenuta al più irregolare o irrituale, con la conseguenza che il giudice che ne prenda tempestivamente conoscenza è tenuto a valutarla (Cass. pen., Sez. II, 4/06/2019, n. 28844; Cass. pen., Sez. III, 21/11/2018, n. 58320; Cass. pen., Sez. II, 23/11/2017, n. 56392; Cass. pen., Sez. II, 07/11/2014, n. 47427).

Questo indirizzo estende all'impiego della posta elettronica certificata l'elaborazione giurisprudenziale dapprima illustrata che si è formata in tema di istanza inviata a mezzo telefax. L'uso di questo strumento per inviare al giudice procedente una richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato o del difensore, in particolare, è idonea a dare certezza dell'intervenuta ricezione dell'istanza da parte dell'ufficio giudiziario destinatario, ma è comunque irregolare, perché l'art. 121 c.p.p. prevede per le parti l'obbligo di presentare le memorie e le richieste indirizzate al giudice mediante deposito in cancelleria. L'irregolarità dell'istanza presentata in modo diverso dal deposito in cancelleria, tuttavia, è condizione diversa dalla sua inammissibilità o irricevibilità. Ciò comporta che il giudice che abbia ricevuto l'istanza tempestivamente debba valutarla.

Questa tesi, però, ravvisa una precisa conseguenza dalla predetta irregolarità. L'impiego dello strumento irregolare di presentazione dell'istanza pone sulla parte il rischio della mancata tempestiva sottoposizione della stessa al giudice.

Anzi, avendo scelto volontariamente un mezzo irregolare di trasmissione dell'istanza, per essere legittimata a proporre doglianze inerenti all'omessa valutazione dell'istanza, sulla parte interessata incombe l'onere di verificare che sia effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stata portata all'attenzione di quest'ultimo per tempo

Questo principio, affermato per la comunicazione a mezzo telefax, è applicato anche alla comunicazione per posta elettronica, rispetto alla quale è ancor più incerta l'effettiva possibilità che la comunicazione sia tempestivamente letta dal destinatario, che potrebbe non controllare la casella di posta elettronica in tempo utile per poter essere utilmente portata a conoscenza del giudice.

L'utilizzo di una modalità di trasmissione irregolare, dunque, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della e-mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente (Cass. pen., Sez. II, 07/11/2014, n. 47427; Cass. pen., Sez. III, 10/10/2017, n. 923, dep. 2018).

Si è fatto leva sull'espressa previsione dell'art. 420-ter cod. proc. pen., che impegna il giudice, anche d'ufficio, a prendere atto dell'esistenza di un legittimo impedimento dell'imputato o del difensore quando ne abbia in qualsiasi modo contezza e, quindi, anche se comunicato in modo irrituale (Cass. pen. Sez. VI, 2/07/2019, n. 36831; Cass. pen., Sez. VI, 16/10/2018, n. 54427; Cass. pen., sez. II, 16/05/2017, n. 31314).

ISTANZE A MEZZO PEC: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Non è consentito alle parti private l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC). Ne consegue che è irricevibile un'istanza di rinvio per legittimo impedimento trasmessa dal difensore per mezzo dello strumento elettronico

Cass. pen. Sez. II, 07/11/2017, n. 51665; Cass. pen., Sez. III, 11/02/2014, n. 7058; Cass. pen., Sez. II, 16/05/2017, n. 31314; Cass. pen., Sez. III, 26/10/2016, n. 6883.

L'istanza inviata al giudicante per mezzo della posta elettronica certificata non è irricevibile o inammissibile, ma meramente irregolare o irrituale, con la conseguenza che il giudice che ne prenda tempestivamente conoscenza è tenuto a valutarla.

Cass. pen., Sez. II, 4/06/2019, n. 28844; Cass. pen., Sez. III, 21/11/2018, n. 58320; Cass. pen., Sez. II, 23/11/2017, n. 56392; Cass. pen., Sez. II, 07/11/2014, n. 47427.

La produzione di memorie a mezzo PEC

Anche con riferimento alla produzione di memorie si ripropongono i medesimi indirizzi appena illustrati in relazione all'inoltro delle istanze delle parti.

L'indirizzo giurisprudenziale prevalente infatti, ritiene precluso l'impiego della PEC, facendo leva sulla prescrizione dell'art. 121 c.p.p. che contempla esclusivamente il deposito in cancelleria.

In relazione al giudizio di cassazione, in particolare, l'indirizzo assolutamente prevalente ritiene che è inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). Non è estesa al giudizio penale in cassazione la facoltà di deposito telematico – prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del d.l. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in legge 17 dicembre 2012, n. 221 - di istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. III, 20/09/2016, n. 48584; Cass. pen., Sez. II, 17/06/2019, n. 36511).

Secondo un diverso orientamento, invece, l'invio di memorie a mezzo PEC non determina l'irricevibilità o l'inammissibilità dell'atto. L'impiego di un mezzo irrituale, tuttavia, comporta un dovere di diligenza del mittente, che si assume il rischio della mancata sottoposizione al giudice dell'atto (Cass. pen., Sez. III, 26/01/2017, n. 46383).

Segue: produzione di memorie a mezzo pec nel procedimento per la convalida del divieto di accesso allo stadio

Una notevole apertura alla produzione di memorie a mezzo PEC, invece, si registra nella giurisprudenza di legittimità nel procedimento per la convalida della misura di prevenzione del divieto di accesso allo stadio con l'obbligo di presentazione agli uffici di polizia.

In questo specifico ambito, infatti, si è formato un indirizzo giurisprudenziale incline a ritenere legittima la trasmissione di memorie difensive a mezzo PEC (Cass. pen., Sez. III, 13/12/2017, n. 4764, dep. 2018; Cass. pen., Sez. III, 13/12/2017, n. 14832; Cass. pen. Sez. III, 17/12/2018, n. 11475, dep. 2019).

Pur dando atto della sussistenza del prevalente orientamento contrario all'impiego del mezzo telematico, in queste pronunce, il giudizio di ammissibilità è fondato sui seguenti argomenti:

  • l'art. 6, comma 2-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, non prescrive che la memoria difensiva debba essere necessariamente depositata in cancelleria, non essendo richiamato l'art. 121 c.p.p.;
  • nella procedura di convalida della misura di prevenzione occorre garantire le esigenze della difesa nella ristrettezza dei tempi stabiliti per il giudizio. Le peculiarità di questo giudizio, rappresentate dalla esigenza di celerità, legittimano l'impiego di strumenti come il fax o la PEC per la produzione di memorie difensive;
  • il termine per la produzione di scritti difensivi, legato a quello dilatorio di 48 ore dalla notifica del provvedimento nel corso del quale il provvedimento non può essere convalidato, non è soggetto ad alcuna proroga, neppure nel caso che lo stesso si consumi in un giorno festivo o, comunque, che in esso sia contenuto un giorno festivo. Tale rigidità non può andare a detrimento dell'interessato e del suo efficace esercizio del diritto di difesa.

Nell'ambito dell'indirizzo giurisprudenziale appena descritto, peraltro, possono essere colte alcune sfumature che appare utile segnalare.

Secondo un'impostazione, in particolare, perché possa ritenersi produttiva di effetti una memoria trasmessa a mezzo PEC, occorre che sia pervenuta alla cancelleria del giudice competente alla sua delibazione, non essendo sufficiente che la stessa giunga alla cancelleria centrale del tribunale (Cass. pen., 13/12/2017, n. 14832, dep. 2018).

Occorre, in altri termini, che siano garantite le condizioni perché la memoria sia sottoposta al giudice in tempo utile, perché dall'omissione di tale adempimento deriva la nullità del provvedimento che non avesse tenuto conto delle allegazioni difensive. In questo modo, come è evidente, si cerca di contemperare la funzionalità dell'ufficio giudiziario con il diritto di difesa.

Una recente sentenza, invece, si è posta su un diverso crinale, giacché sembra che intenda valorizzare al massimo l'efficace esercizio del diritto di difesa, anche a scapito delle regole di funzionamento degli uffici pubblici, affermando che è irrilevante il fatto che la memoria sia stata trasmessa di domenica (Cass. pen., sez. III, 12/12/2018, n. 17844, dep. 2019).

Il fatto che, nei giorni festivi, manchi negli uffici giudiziari personale di cancelleria addetto alla ricezione degli atti “esterni”, secondo questa decisione, costituisce «un disservizio imputabile allo stesso ufficio giudiziario». Gli effetti di tale disservizio non possono ricadere in modo pregiudizievole sul cittadino che chiede giustizia.
Questa conclusione, indubbiamente, appare forte, in un sistema “Giustizia” nel quale solo in rari uffici vi è un “presidio” di personale di cancelleria nei giorni festivi.

Essa, tuttavia, nella logica della sentenza in esame, appare sostenuta da due motivi, i quali, invero, valgono a circoscriverne la portata al caso specifico esaminato.

Sul piano giuridico, l'ammissibilità di una memoria inviata nel giorno festivo deriva dalla stessa affermazione dell'inammissibilità di una proroga del termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento per il deposito di memorie. La rigidità dei termini del procedimento, in altre parole, non può comportare solo vincoli per l'interessato, dovendo essere garantiti i suoi diritti.

Sul piano pratico, poi, nel caso di specie, il provvedimento di convalida è stato depositato di domenica, poco tempo dopo la scadenza delle 48 ore dalla notifica del provvedimento all'interessato durante le quali può pervenire una memoria difensiva. Nella giornata festiva, dunque, vi era negli uffici personale di cancelleria che ha ricevuto l'atto del giudice. Il fatto che il termine riservato alla difesa venisse a scadenza nella giornata festiva, tuttavia, avrebbe consigliato al giudicante di attendere almeno il lunedì successivo, quando, perfettamente in tempo, avrebbe potuto depositare il provvedimento di convalida.

È appena il caso di aggiungere che, nella vicenda esaminata dalla sentenza appena illustrata, nella giornata del lunedì, riaperta la cancelleria, la memoria dell'interessato è stata presentata al giudice, il quale, però, aveva già convalidato il “daspo” il giorno prima.

In evidenza

Nel procedimento per la convalida della misura di prevenzione del divieto di accesso allo stadio con l'obbligo di presentazione agli uffici di polizia è legittima la trasmissione di memorie difensive a mezzo PEC, perché l'art. 6, comma 2-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, non prescrive che la memoria difensiva debba essere necessariamente depositata in cancelleria, non essendo richiamato l'art. 121 c.p.p. e occorrendo garantire le esigenze della difesa nella ristrettezza dei tempi stabiliti per il giudizio.

La presentazione a mezzo PEC dell'atto di impugnazione

Per mera completezza, appare utile soffermarsi anche sulla presentazione a mezzo PEC dell'atto di impugnazione.

Al riguardo, l'indirizzo assolutamente consolidato esclude che la possibilità del ricorso alla PEC, sulla base di una serie di argomenti costituiti:

  • dalla tassatività delle modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p., che permettono soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, in alternativa alla presentazione in cancelleria ex art. 582 c.p.p.;
  • dal fatto che nessuna norma prevede la trasmissione mediante PEC dell'atto di impugnazione;
  • dal fatto che l'art. 16 del d.l. n. 179 del 2012 consente l'utilizzo della PEC alla sola cancelleria e per le sole notificazioni a persone diverse dall'imputato;
  • dalla considerazione che, non essendo stato istituito un fascicolo telematico, mancherebbe lo strumento di ricezione – il contenitore – dell'atto, che potrebbe ricevere l'atto e renderlo fruibile al giudice ed alle altre parti del processo.

È stato ritenuto inammissibile, pertanto, il ricorso per cassazione proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata (Cass. pen., Sez. VI, 5/12/2017, n. 55444; Cass. pen., Sez. IV, 30/03/2016, n. 18823); l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di posta elettronica certificata (Cass. pen., Sez. III, 11/07/2017, n. 50932); l'opposizione alla richiesta di archiviazione (Cass. pen., n. 12264 del 2018).

Inoltro a mezzo PEC della lista testimoni, periti e consulenti tecnici

Le medesime argomentazioni sono riproposte con riguardo al deposito a mezzo PEC della lista dei testimoni, periti e consulenti tecnici (Cass. pen. Sez. III, 26/10/2016, n. 6883). Anche in questo caso, l'art. 468 c.p.p. prevede una modalità tassativa per eseguire l'adempimento, che consiste nel deposito in cancelleria. Tale previsione preclude l'utilizzo della PEC.

L'invio di una PEC, in ogni caso, comporterebbe l'onere per la cancelleria ricevente di stampare il documento per metterlo a disposizione del giudice e delle altre parti. Tale impegno non è previsto da alcuna norma e comunque sarebbe impegnativo in un sistema che non prevede un fascicolo telematico penale nel quale possa confluire in automatico l'atto inviato dalla parte.

CASISTICA

Cass. pen., Sez. IV, 21/12/2018, n. 5923

Nel procedimento di riparazione per l'ingiusta detenzione, è inammissibile la trasmissione a mezzo PEC di una memoria difensiva da parte dell'l'Avvocatura dello Stato.

Cass. pen., Sez. III, 12/12/2018 n. 17844

Nel procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all'ufficio di p.s., è ammissibile la presentazione delle richieste e delle memorie delle parti al giudice competente tramite posta elettronica certificata (PEC).

Cass. pen., Sez. III, 26/10/2016, n. 6883, dep. 2017

È inammissibile il deposito della lista testimoniale, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). (In motivazione, la S.C. ha precisato che, in assenza di una espressa norma derogatoria - prevista invece per il giudizio civile dall'art. 16-bis D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche in legge n. 221 del 2012 - il deposito della lista testimoniale non può essere effettuato con modalità diverse da quelle prescritte dall'art. 468, comma 1, c.p.p. a pena di inammissibilità).

Cass. pen., Sez. II, 16/05/2017, n. 31336

Nel giudizio di cassazione non è consentita la presentazione di memorie mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC).

Cass. pen., Sez. V, 05/03/2015, n. 24332

È inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l'uso della posta elettronica certificata (c.d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p.- esplicitamente indicato dall'art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall'art. 310, comma secondo, c.p.p.- e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC.

Sommario