Diniego di rinnovo alla prima scadenza: serietà della motivazione e ambito del sindacato giudiziale
04 Novembre 2019
Massima
L'art. 28, l. 27 luglio 1978, n. 392 stabilisce che la facoltà di disdetta alla prima scadenza possa essere esercitata soltanto per i motivi tipizzati al successivo art. 29, comma 1, lett. da a) a d), tra i quali è previsto l'esercizio in proprio di una delle attività di cui all'art. 27 (ivi comprese quindi le attività industriali). Ai fini della validità della comunicazione della disdetta per diniego di rinnovo del contratto alla scadenza del primo sessennio, è sufficiente che la parte locatrice enunci la motivazione, indicando in concreto di quale delle ipotesi previste dall'art. 29 della legge citata si avvalga per esercitare il diniego di rinnovo: essendo sufficiente ai fini della legittimità della disdetta che, in caso di opposizione, la stessa risulti caratterizzata da serietà intesa quale concreta possibilità di utilizzo. La scelta del locatore di avvalersi di una delle facoltà consentite dall'art. 29 rientra nel novero delle scelte discrezionali del locatore, per cui il vaglio giudiziario non può investire l'opportunità della scelta (ad esempio, in presenza di altre possibili soluzioni o impieghi). Il caso
La fattispecie giunta al vaglio del Tribunale di Vicenza, riguardante un contratto di locazione ad uso diverso dall'abitativo, appare di particolare interesse perché consente di esaminare approfonditamente e nei suoi vari aspetti la tematica relativa al diniego di rinnovazione del contratto alla scadenza del primo sessennio. Il giudizio è stato introdotto dalla società locatrice per fare accertare la legittimità del diniego di rinnovo del contratto che aveva esercitato per mezzo di disdetta con la quale comunicava alla conduttrice la necessità di riottenere la disponibilità dell'immobile per destinarlo all'esercizio in proprio di attività industriale (ex art. 29, comma 1, lett. b), l. 27 luglio 1978, n. 392). La conduttrice - a prescindere da altre questioni - deduceva l'illegittimità della disdetta in quanto avrebbe fatto generico riferimento all'intento di adibire l'immobile locato all'esercizio in proprio di attività industriale, senza alcuna specifica indicazione al riguardo, precludendo così alla conduttrice stessa di verificare la serietà e realizzabilità dell'intento manifestato. La conduttrice ha, inoltre, evidenziato che la locatrice disponeva già di altri immobili adibiti alla propria attività aziendale e che, quindi, non avrebbe avuto necessità di utilizzare anche quello oggetto di locazione anche perché il suo fatturato, nell'ultimo anno si era ridotto. Incardinato il giudizio, la società intimante la finita locazione ha fornito una serie di elementi a sostegno della serietà della disdetta e segnatamente dell'intenzione di utilizzare direttamente l'immobile locato, unendolo ad altro di sua proprietà, per destinate l'immobile a magazzino - deposito grandi lamiere, realizzando una copertura tra i due immobili da destinare a magazzino. A conforto di tale intenzione la locatrice ha fornito una serie di elementi tra cui: a) un parere di un consulente della società il quale aveva evidenziato come l'attività aziendale richiedesse un magazzino per il deposito delle materie prime, b) una domanda di S.c.i.a., depositata presso l'ufficio tecnico del Comune per ottenere il parere positivo in ordine ai divisati interventi edilizi; c) un contratto di deposito transitorio, stipulato per far fronte alle esigenze immediate di stoccaggio delle materie prime, dato che il capannone attuale non era più di dimensioni sufficienti. Il Tribunale si è, dunque, trovato a decidere la controversia sulla base dei presupposti in fatto così definiti. La questione
Sulla base della situazione, in punto di fatto, così acclarata il giudice ha affrontato un rilevante aspetto del contratto di locazione ad uso diverso dall'abitativo ossia quello del diniego di rinnovo al termine del primo sessennio. La disciplina in esame prevede - come noto - la durata contrattuale minima di sei anni per gli immobili adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali, ecc. (categorie individuate dall'art. 27, l. 27 luglio 1978, n. 392); è inoltre stabilito il rinnovo tacito di sei anni in sei anni salvo disdetta, che deve indicare il motivo del diniego di rinnovo, da comunicarsi comunicati al conduttore almeno dodici mesi prima della scadenza contrattuale. Alla scadenza del primo sessennio, tuttavia, la disdetta può essere esercitata dal locatore solo per le ragioni tipizzate all'art. 29, comma 1, lett. da a) a d) della legge citata. La decisione in rassegna consente di soffermarsi ad esaminare come, in concreto, debba essere formulata la disdetta ed in quali casi il diniego di rinnovo del contratto possa considerarsi legittimo. Dati gli elementi di contrasto tra le parti come sopra sinteticamente evidenziati, il giudizio aveva, dunque, ad oggetto gli aspetti fondamentali del diniego di rinnovo, dovendosi stabilire quali fossero le condizioni di legittimità dello stesso, ed in particolare: 1) se fosse sufficiente indicare nella disdetta l'intenzione di utilizzare l'immobile per un'attività industriale in proprio per soddisfare la condizione di cui all'art. 29, comma 1, lett. b), l. cit.; 2) come dovesse essere valutata la serietà dell'intenzione di utilizzo dell'immobile dichiarata da parte del conduttore con la disdetta; e, infine, 3) se valutazioni di opportunità in ordine all'utilizzo del bene potessero avere ingresso nell'esame giudiziale delle ragioni dei motivi di diniego di rinnovo del contratto. Le soluzioni giuridiche
La sentenza in rassegna ha, in primo luogo, acclarato che la società locatrice ha comunicato tempestivamente, rispetto alla scadenza contrattuale, il diniego di rinnovo manifestando la necessità di ottenere la disponibilità dell'immobile per destinarlo all'esercizio in proprio di attività industriale. Ciò fatto, la sentenza si è soffermata sul contenuto della stessa disdetta che, secondo la tesi della conduttrice era generico e non avrebbe consentito una verifica della effettività dell'intensione di destinare l'immobile ad una propria attività industriale. Il Tribunale ha ritenuto che il contenuto della disdetta fosse certamente adeguato e sufficiente a rendere edotto il conduttore della sua intenzione di utilizzare l'immobile in proprio per un'attività industriale ala stregua di quanto previsto dagli artt. 28 e 29, l. cit. In particolare, il Tribunale ha sottolineato come, indicata nella disdetta l'intenzione dell'utilizzo in proprio dell'immobile per l'attività industriale, non fossero affatto necessarie, nel contesto del diniego di rinnovo, altre precisazioni o dettagli in ordine alla concreta attività che si ha intenzione di svolgere né in ordine a circostanze idonee a comprovare la serietà della intenzione stessa, intesa come giuridica e concreta possibilità di realizzare l'intento perseguito mediante il rilascio dell'immobile locato. La sentenza chiarisce come solo nell'eventuale e successiva fase giudiziale il locatore dovrà circostanziare la serietà della sua intenzione. Nel caso di specie, una serie di elementi deponeva in tal senso, a cominciare da un parere reso da un consulente dell'azienda in ordine all'utilità di ingrandire il magazzino per il deposito delle materie prime, il fatto che fossero state avviate in Comune le pratiche per le necessarie modifiche edilizie nonché il fatto che, in attesa del rilascio dell'immobile, la locatrice avesse stipulato un contratto di affitto per un deposito per stoccarvi il proprio magazzino. A fronte di tali rilievi, il Tribunale ha altresì chiarito che il giudizio sulla legittimità del diniego di rinnovo e della disdetta non poteva né doveva implicare valutazioni in ordine sull'opportunità della intenzione della società locatrice ovvero sulla convenienza economica. Trattandosi di una valutazione di legittimità il giudice è tenuto esclusivamente a valutare la regolarità e legittimità della disdetta non potendo quindi compiere valutazioni discrezionali sull'opportunità della scelta operata dal locatore. Per converso, la sentenza in commento si conclude facendo riferimento allo strumento che rende concreto il diritto del conduttore di verificare l'effettività delle ragioni poste dal locatore a fondamento del diniego di rinnovo. La sentenza sottolinea, infatti, che la parte conduttrice può richiedere di verificare l'effettività del dichiarato utilizzo del bene locato di tal che, se l'immobile non è adibito nel termine di sei mesi alla funzione posta a fondamento del recesso, si determinano conseguenze ripristinatorie dell'originario rapporto e sanzionatorie nei confronti del locatore. Osservazioni
La soluzione della controversia è di particolare interesse perché consente di chiarire vari aspetti della fattispecie del diniego di rinnovo del contratto alla scadenza del primo sessennio ed in particolare la disdetta, la sua motivazione e gli strumenti di controllo posti a tutela della parte conduttrice. Dall'esame della pronuncia in rassegna, emergono alcuni punti fermi. In primo luogo, va sottolineato come correttamente il decidente abbia ritenuto di chiarire come la fattispecie del diniego di rinnovo del contratto sia sottoposto al vaglio di legittimità del giudice che deve, quindi, accertare che il locatore abbia rispettato le condizioni fissate dalla norma per il legittimo esercizio della disdetta sia sul piano della sua tempestività (non meno di dodici mesi dalla scadenza del contratto) sia su quello dei motivi addotti a fondamento del recesso che sono tipizzati dall'art. 29, comma 1, lett. da a) a d), l. cit. La disciplina sul diniego di rinnovo, peraltro, non consente al giudice di valutare l'opportunità o convenienza dell'impiego dell'immobile indicato dal locatore né la concreta fattibilità del divisato progetto di utilizzo. E', invece, sufficiente che il giudice possa verificare la serietà del motivo indicato dal locatore a fondamento della disdetta: serietà intesa come giuridica e concreta possibilità di realizzare l'intento perseguito. Va aggiunto che la disdetta è adeguata e sufficiente se contiene l'indicazione del motivo, tra quelli di cui all'art. 29, comma 1, l. cit. per il quale il locatore intende rientrare nella disponibilità dell'immobile alla scadenza del primo sessennio. Nella disdetta non sono invece richiesti dettagli ulteriori in ordine alla concreta attività che il locatore intende svolgere o alla sua effettiva fattibilità: si tratta di verifiche che potranno essere fatte in sede giudiziale in caso di contrasto tra le parti. Peraltro, la decisone del magistrato veneto evidenzia come il diritto del conduttore di verificare questi aspetti e soprattutto la effettiva adibizione dell'immobile a quanto dichiarato dal locatore con la disdetta sia affidata ad un giudizio successivo a seguito del quale l'eventuale esito negativo della verifica della effettiva realizzazione, nel termine di sei mesi, dell'intento giustificativo del recesso determina il ripristino del rapporto locativo e ulteriori effetti risarcitori e sanzionatori a carico del locatore. D'Ascola, Riflessioni in tema di disdetta motivata delle locazioni non abitative, in Corr giu., 1992, fasc. 4, 433 Murgo, Le locazioni commerciali nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in Nuova giur. civ. comm., 2006, fasc. 2, 2095 Pizzimenti, Mancata attuazione del proposito indicato dal locatore quale motivo del diniego di rinnovazione e tutela del conduttore, in Nuova giur. civ. comm., 2014, fasc. 6, 507 Zuccaro, Serietà del proposito del locatore ai fini del legittimo diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, in Giur. it., 2000, fasc. 8-9 |