Recupero dei crediti condominiali: il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo non è sufficiente per l'ammissione al passivo del condomino fallito
25 Novembre 2019
Massima
L'opponibilità, alla procedura concorsuale, di un titolo ingiuntivo chiesto ed ottenuto, nei confronti del soggetto fallito, prima della declaratoria di fallimento presuppone che, ante apertura del procedimento, esso abbia acquisito definitività, con l'emanazione del decreto ex art. 647 c.p.c., a nulla rilevando l'eventuale sua provvisoria esecutività. Il caso
Un condominio proponeva opposizione avverso il decreto con il quale il giudice delegato della procedura fallimentare pendente nei confronti di una società, proprietaria di unità immobiliari in seno al condominio, aveva rigettato l'istanza volta all'ammissione al passivo del credito vantato nei confronti della fallita per oneri condominiali. A fondamento della decisione il giudice delegato poneva l'omesso riscontro, nella contabilità sociale, dell'iscrizione di tale debito. Con l'opposizione il condominio, tra l'altro, evidenziava: che l'importo in questione era stato oggetto di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, cui era seguita la notifica di atto di precetto; di essere intervenuto, in una procedura esecutiva immobiliare pendente nei confronti della debitrice, dichiarata, poi, improcedibile a seguito dell'intervenuto fallimento della stessa e di avere trasmesso alla curatela tutta la documentazione indispensabile per provare il proprio credito. Esaminati gli atti di causa, il Tribunale, in sede collegiale, rigettava l'opposizione. La questione
La questione che si vuole esaminare va individuata nell'osservazione preliminare formulata dal giudice circa un presupposto di carattere generale imprescindibile per ottenere l'ammissione al passivo fallimentare. Quando il titolo sia costituito da un decreto ingiuntivo, infatti, non è sufficiente che esso sia munito della clausola della provvisoria esecuzione, ma occorre che esso sia stato dichiarato esecutivo dal giudice. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale capitolino è partito da una premessa che attiene, da un lato, alla natura propter rem delle obbligazioni del condomino nei confronti dei debiti condominiali, che devono essere ripartiti secondo i parametri di proporzionalità ex art 68 disp.att.c.c. e, dall'altro, ai presupposti necessari per l'emissione del decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 63 disp.att.c.c., con particolare riferimento al verbale assembleare ed allo stato di riparto individuale, che costituiscono prova scritta per il conseguimento dell'ingiunzione di pagamento. Mentre nell'àmbito del rapporto tra stato passivo fallimentare ed ingiunzione di pagamento, quale presupposto per l'ammissione al primo, il giudicante, in sintonia con la giurisprudenza della Corte (Cass. civ., sez. VI, 3 settembre 2018, n. 21583), ha affermato che la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, non coincide con l'acquisto di definitività del decreto monitorio, che si ha solo con l'apposizione della formula di cui all'art. 647 c.p.c. Nel caso di specie, infatti, era emersa una carenza di prova circa l'irrevocabilità del titolo ingiuntivo emesso in periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguente impossibilità di accertare la definitività del credito stesso. Inoltre, la delibera assembleare, che per l'istanza di ammissione allo stato passivo da parte del condominio costituiva la prova del credito, non risultava essere stata trasmessa alla curatela che, a sua volta, aveva inutilmente sollecitato l'istante al deposito, con conseguente violazione da parte di questo del principio in materia di onere della prova. Osservazioni
L'art. 63, comma 1, disp.att.c.c. disciplina le modalità con le quali si deve procedere per recuperare le morosità condominiali e stabilisce che per il recupero forzoso dei contributi l'amministratore agisce in giudizio, senza necessità di ottenere l'autorizzazione dell'assemblea e depositando lo stato di ripartizione da questa approvato. Ciò significa che devono essere depositati agli atti del giudizio sia il verbale assembleare al quale è collegato lo stato di riparto definitivo (da intendersi quale distinzione delle spese nei vari capitoli e relativa suddivisione tra i condomini). La norma non fa differenza tra bilancio preventivo e consuntivo, visto che la ripartizione degli oneri condominiali - come richiamata dall'art. 63 citato - non può che trovare la sua ragione solo nella relativa delibera assembleare. Non è detto, però, che mancando la ripartizione degli oneri condominiali non possa essere chiesto dall'amministratore un decreto ingiuntivo verso i condomini inadempienti, poiché qualsivoglia documento proveniente dal debitore o dal terzo, che abbia intrinseca legalità e sia idoneo a dimostrare il diritto fatto valere costituisce prova scritta agli effetti dell'art. 633 c.p.c. Ne consegue che l'amministratore condominiale può chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo per i contributi dovuti dai condomini anche in base alle “ricevute” di pagamento mensili, ma in questo caso non può ottenere la clausola di immediata esecutività ex art. 63 disp.att.c.c. per la quale è necessaria l'allegazione dello stato di ripartizione della spesa approvata dall'assemblea (Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2001, n. 4638). Ai fini del riconoscimento del diritto del condominio di essere ammesso al passivo del fallito per debiti maturati dal condomino prima della dichiarazione di fallimento, il Tribunale ha, poi, richiamato un principio di carattere generale e valido anche in campo condominiale. Sussiste, infatti, una differenza tra esecutività provvisoria (ed immediata) del decreto ingiuntivo e definitività del decreto stesso, con la quale vi è un consolidamento immutabile del quantum. Nello specifico, la formula della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, espressamente prevista dall'art. 63 disp.att.c.c., è di essenziale importanza in materia condominiale, dal momento che solo il regolare afflusso del denaro nelle casse comuni consente la costante gestione amministrativa dell'Ente, preordinata a governare i rapporti interni e con i terzi. Dare la possibilità all'amministratore di procedere ad esecuzione immediata del decreto ingiuntivo tramite contestuale notifica del titolo (munito della formula di rito) e del pedissequo precetto può garantire una rapida acquisizione delle somme mancanti (anche immediatamente dopo la notifica) e costituire un deterrente per i futuri morosi. L'amministratore deve formulare nel ricorso monitorio l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione. E' stato, infatti, affermato (con risalente decisione, ma ancora oggi pienamente attuale) che il citato art. 63 disp. att. c.c. conferisce al verbale di delibera di un assemblea condominiale attinente allo stato di ripartizione dei contributi non già la forza di titolo esecutivo, bensì un valore probatorio privilegiato (corrispondente a quello dei documenti esemplificativamente elencati nell'art. 642 c.p.c.), il quale vincola, su domanda, il giudice dell'ingiunzione alla concessione della clausola di immediata esecutività (Cass. civ., sez. II, 23 maggio 1972, n. 1588). In mancanza di istanza specifica, pertanto, il decreto potrà essere emesso ma privo di clausola. La questione, comunque, sembra essere aperta, poiché secondo parte della dottrina in materia condominiale il decreto ingiuntivo nasce provvisoriamente esecutivo a prescindere dalla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 642, comma 1, c.p.c. Detto questo, va osservato che, ai fini dell'istanza di ammissibilità di un credito condominiale al passivo del fallimento, il Tribunale ha correttamente rilevato che la provvisoria esecuzione non corrisponde alla definitività del decreto stesso che, come nel caso concreto, doveva essere ottenuta ai sensi dell'art. 647 c.p.c. In effetti, dal richiamo di tale norma si deve dedurre che, da parte della società fallita, non sia stata promossa opposizione al decreto ingiuntivo o si sia verificata la mancata costituzione dell'opponente nel relativo giudizio. In questo caso, quindi, sarebbe stato onere dell'amministratore, decorso improduttivamente il termine di quaranta giorni per l'ingiunto per incardinare l'azione di opposizione, chiedere immediatamente l'esecutività definitiva del decreto. Da un esame più approfondito del provvedimento in esame - al di là delle violazioni rilevate in merito alla omissione di adempimenti essenziali da parte del condominio nel presentare la domanda di ammissione al passivo - vale la pena osservare che, essendo il debitore una società l'amministratore sia stato ben poco diligente per non aver accertato la situazione economica della condomina, tanto più che era stato lo stesso condominio ad affermare di essersi già inserito in una precedente procedura esecutiva immobiliare aperta contro l'attuale fallita. E sempre in merito alle omissioni perpetrate dall'amministratore va, infine, rilevato che qualora il provvedimento ex art. 647 c.p.c. non fosse pervenuto all'istante/condominio (per causa a questi non imputabile) in tempo utile per la domanda di ammissione al passivo del fallimento della condomina, l'amministratore avrebbe in ogni caso dovuto allegare agli atti l'stanza di esecutività corredata con la data di accettazione del deposito. Landolfi, Fallimento del condomino e pagamento delle spese, in Immobili & proprietà, 2004, 127 Montevecchi, Spese condominiali e fallimento del condomino, in Immobili & proprietà, 2003, 30 Pianezze, Insinuazione del credito recato da decreto ingiuntivo al passivo fallimentare, in Il Civilista, 2012, fasc. 10, 38 Sardu, Brevi note sull'inopponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non passato in giudicato, in Riv. giur. sarda, 2010, 5 |