La qualificazione extracontrattuale della responsabilità del sanitario non opera retroattivamente

28 Novembre 2019

Le norme della legge n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi) - nonché quelle successive della legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli) - relative alla qualificazione della responsabilità dell'esercente la professione sanitaria hanno efficacia retroattiva?
Massima

Le norme sostanziali, in punto di qualificazione della natura della responsabilità civile del medico, contenute nella l. n. 189/2012, al pari di quelle di cui alla l. n. 24/2017, non hanno portata retroattiva e non possono applicarsi ai fatti avvenuti in epoca precedente alla relativa entrata in vigore.

Il caso

La S.C. viene chiamata a pronunciarsi in un'ipotesi di responsabilità di un ginecologo, condannato in primo e secondo grado per le conseguenze patologiche subite dal neonato al momento del parto, avvenuto nel dicembre 1992, di una paziente da lui seguita: ciò in quanto, pur in presenza di una gravidanza a rischio, il medico non aveva sconsigliato alla gestante il ricovero presso la struttura sanitaria, della quale egli risultava collaboratore, non adeguatamente attrezzata per la terapia neonatale.

Il medico ha impugnato la decisione di merito, affermando che nel caso di specie la responsabilità dovesse essere disciplinata dall'art. 2043 c.c. - e non dalle regole della responsabilità contrattuale o da contatto sociale – secondo quanto stabilito dalla normativa introdotta, nel 2012, dalla legge Balduzzi.

La questione

Le norme della legge n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi) - nonché quelle successive della legge n.24/2017 (c.d. Legge Gelli) - relative alla qualificazione della responsabilità dell'esercente la professione sanitaria hanno efficacia retroattiva?

Le soluzioni giuridiche

La richiesta del ginecologo di applicazione, in ordine all'accertamento della propria responsabilità, delle regole di qualificazione introdotte dalla normativa sopravvenuta, viene respinta dai giudici di legittimità, i quali affermano l'irretroattività delle norme che al riguardo sono state introdotte dalla legge Balduzzi, nonché di quelle contenute nella successiva legge Gelli.

Le disposizioni prese in considerazione dalla S.C. sono l'art. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012 convertito con modificazioni nella l. n. 189 del 2012 e l'art. 7, comma 3, della l. n. 24 del 2017. Per quanto riguarda entrambe le norme, la Cassazione - rilevando l'assenza di specifiche disposizioni transitorie volte a sancirne l'efficacia retroattiva – riconosce che le stesse sono destinate, in base all'art. 11 delle disp. prel. c.c., a regolare unicamente fattispecie verificatesi successivamente alla loro entrata in vigore. Una conclusione del genere viene fondata, in termini generali, sul richiamo di un orientamento risalente della S.C.: il quale afferma che – in assenza di esplicita disposizione volta a sancire la retroattività – la stessa può essere dedotta implicitamente solo se il significato letterale non sia compatibile con la normale destinazione della legge a disporre esclusivamente per il futuro (Cass. civ., n. 15652/2004). La S.C. rammenta, inoltre, che un'applicazione specifica del principio generale di irretroattività è stata sancita, in materia di responsabilità civile, per quanto riguarda la responsabilità del produttore di prodotti difettosi (Cass. civ., n. 13158/2002).

Secondo la Cassazione, la questione dell'applicazione retroattiva delle due disposizioni non può essere esaminata unitariamente. Per quanto riguarda la prima delle due disposizioni – la cui applicazione appare oggetto specifico del ricorso – i giudici di legittimità sono propensi ad accogliere l'idea che “la norma non configura la responsabilità del sanitario quale extracontrattuale”: ciò in quanto il richiamo all'art. 2043 c.c. - operato dalla legge Balduzzi – avrebbe lo scopo non già di applicare al medico lo statuto della responsabilità civile aquiliana, bensì quello di definire in modo indiretto l'oggetto dell'obbligazione, di carattere risarcitorio, che rimane ferma in capo al medico anche quando abbia agito in colpa lieve.

Per quel che concerne l'art. 7 della legge Gelli, la S.C. sottolinea che tale norma provvede a qualificare la natura della responsabilità civile della struttura sanitaria e di coloro dei quali la struttura stessa si avvale nell'adempimento della propria obbligazione: e lo fa «per un verso, (quello concernente la struttura) recuperando l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo, per altro verso (quello del sanitario operante nell'ambito della struttura, salvo l'ipotesi residuale dell'obbligazione assunta contrattualmente da quest'ultimo), discostandosi nettamente dal ‘diritto vivente', che, a far data dal 1999 (Cass. civ., n. 589/1999), aveva qualificato come di natura contrattuale la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, facendo leva sulla teorica del c.d. ‘contatto sociale'». Tale operazione non determina, come afferma la S.C., alcuna successione di leggi nel tempo; non emerge, infatti, una successione di discipline normative diverse, fermo restando il riferimento alla medesima disciplina prevista dal codice civile in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Né un rapporto diacronico può instaurarsi, secondo i giudici di legittimità, tra diritto vivente e intervento legislativo; ciò in quanto “il valore e la forza del ‘diritto vivente' (…) è meramente dichiarativo e non si colloca sullo stesso piano della cogenza che esprime la fonte legale”, come confermato dal fatto che il mutamento di orientamento reso in sede di nomofilachia non soggiace al principio di irretroattività, né è assimilabile allo ius superveniens.

La Cassazione sottolinea che ad essere messa in atto - attraverso tale intervento normativo - è la «qualificazione, da parte del legislatore di una classe di fatti e la loro sussunzione in una fattispecie legale, già presente nell'ordinamento». Un'operazione del genere risulta praticabile – secondo quanto affermano i giudici di legittimità – soltanto se tale qualificazione non metta in discussione «nel suo nucleo essenziale ed irriducibile, la tutela costituzionale che il rapporto stesso riceva in ragione del suo carattere fenomenologico, ovvero dei beni che esso abbia ad oggetto». Nessun problema sorgerebbe, da questo punto di vista, in conseguenza all'inquadramento della responsabilità del sanitario in seno all'art. 2043 c.c., in quanto non verrebbe elusa la tutela del diritto fondamentale alla salute prevista dall'art. 32 Cost.

Passando poi alla questione dell'eventuale efficacia retroattiva del nuovo inquadramento, i giudici di legittimità rammentano come qualsiasi intervento legislativo destinato a regolare situazioni pregresse deve essere conforme ai principi costituzionali della ragionevolezza ed eguaglianza, della tutela dell'affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche e del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Da quest'ultimo punto di vista, la Cassazione si sofferma sul rapporto che si pone – sul piano temporale - tra la qualificazione del rapporto giuridico operata in sede legislativa e il potere qualificatorio che spetta al giudice: il quale comprende «il potere di interpretare autonomamente non già le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto giuridico». La S.C. afferma che un'applicazione retroattiva – quanto alla nuova qualificazione legislativa della responsabilità del sanitario - verrebbe a violare le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario: ciò in quanto «un siffatto intervento legislativo verrebbe a interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo così inamissibilmente ad incidere, seppure indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell'affidamento di chi ha intrapreso un'azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura ‘contrattuale' della responsabilità del sanitario (…) applicate in base al diritto vivente». Ulteriore indice contrario alla retroattività della nuova qualificazione andrebbe, altresì, ricavato dal fatto che altrimenti verrebbe a manifestarsi un'incidenza diversificata della stessa a seconda della fase e del grado in cui i singoli processi si trovano, in base alla formazione o meno di preclusioni allegatorie e del giudicato interno.

Sulla base di tali argomentazioni, la S.C perviene ad affermare che le norme sostanziali contenute nella l. n. 189/2012, al pari di quelle contenute nella successiva l. n. 24/2017, non hanno portata retroattiva, e non possono applicarsi ai fatti avvenuti in epoca precedente alla relativa entrata in vigore. Nell'enunciare tale principio di diritto, la Cassazione mette in evidenza la differenza rispetto a quanto accade per le norme – contenute nelle due leggi – le quali prevedono l'applicazione degli artt. 138 e 139 cod. ass. in punto di liquidazione del danno alla persona, considerato che le stesse risultano di immediata applicazione anche ai fatti pregressi.

Osservazioni

La questione affrontata dalla pronuncia in commento riguarda l'inquadramento della responsabilità del medico nelle ipotesi in cui non sia stato direttamente instaurato un legame di carattere contrattuale con il paziente. Il problema, com'è noto, è stato posto al centro di un vivace dibattito, scatenato dalle indicazioni normative contenute dalla legge Balduzzi. Oggetto di discussione appare il richiamo - operato dall'art. 3, comma 1, della l. 189/2012 - all'art. 2043 c.c.: che, secondo alcuni interpreti determinerebbe l'inquadramento della fattispecie in ambito extracontrattuale, comportando così il superamento del consolidato orientamento giurisprudenziale mirante a sostenere l'applicabilità delle regole riguardanti la responsabilità da inadempimento, attraverso il richiamo della teoria del contatto sociale. Nella pronuncia in commento la S.C. non appare propensa ad accogliere una simile lettura, in quanto afferma che il riferimento all'art. 2043 c.c. (essendo rivolto esclusivamente a definire in modo indiretto l'oggetto dell'obbligazione) non implica l'applicazione al medico dello statuto della responsabilità aquiliana. Un approdo di quest'ultimo tipo appare, invece, sancito dalle disposizioni contenute nella legge Gelli, che appaino esplicite a tale riguardo.

L'interrogativo che deve affrontare la Cassazione riguarda la determinazione del momento in cui trova applicazione la nuova qualificazione normativa della responsabilità medica, in vista degli importanti risvolti operativi - soprattutto per quel che concerne il riparto dell'onere della prova e la prescrizione - implicati dalla stessa. I giudici di legittimità appaiono chiaramente orientati – in maniera del tutto condivisibile - a escludere l'applicazione retroattiva dell'inquadramento extracontrattuale della responsabilità medica. Quest'ultimo sarebbe, quindi, destinato a operare solo per i fatti verificatisi successivamente all'entrata in vigore della legge Gelli. Quanto alla legge Balduzzi, la S.C. ritiene che la stessa non si sia pronunciata su tale aspetto, per cui non si porrebbe il problema del superamento, da parte della stessa, dell'inquadramento contrattuale della responsabilità. I giudici di legittimità segnalano, in ogni caso, che – a fronte dell'opinione contraria, mirante a ritenere che le disposizioni ivi contenute abbiano sancito il principio di extracontrattualità della responsabilità del sanitario – si tratterebbe comunque di applicare tale qualificazione solo ai fatti intervenuti successivamente all'entrata in vigore di tale provvedimento normativo: e ciò in base alle stesse argomentazioni messe in campo per fondare l'irretroattività dell'art. 7 della legge n. 24/2017.

Qualche contraddizione, nel ragionamento dei giudici di legittimità, va rilevata con riguardo al principio di diritto enunciato dalla pronuncia in esame: nella parte dove si afferma che l'indicazione in termini di irretroattività relativa alle norme sostanziali contenute nella l. 189/2012 e nella l. 24/2017 non riguarda quelle disposizioni le quali – in seno ai due provvedimenti – predicano l'applicazione, in punto di liquidazione del danno, degli artt. 138 e 139 cod. ass. Si tratta di un'affermazione che non trova alcun aggancio all'interno delle motivazioni della sentenza, la quale non fa altro che uniformarsi supinamente alle conclusioni di altra pronuncia appartenente alla decade di San Martino (Cass. civ., n. 28990/2019). Posto che esula da questo commento un'analisi di quest'ultima decisione, ci limitiamo a segnalare come – anche per le disposizioni dalla stessa considerate – non si pone una questione di successione di due diverse norme di legge, in quanto la regola normativa interviene a modificare una prassi giurisprudenziale consolidata, finalizzata all'esercizio uniforme della discrezionalità nel giudizio di equità. Sembrerebbe, allora, necessario concludere che le argomentazioni da utilizzare dovrebbero corrispondere a quelle messe in campo, dalla sentenza in commento, a sostengo dell'irretroattività.

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