Chi riceve le chiavi dell'appartamento locato senza obiettare non rinuncia al pagamento della somma per il mancato preavvisoFonte: Trib. Roma , 7 febbraio 2019
02 Dicembre 2019
Massima
In tema di recesso, la sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della fine della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell'immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto, tantomeno della rinuncia del locatore all'indennità di mancato preavviso. Pertanto, la mera accettazione in restituzione delle chiavi dell'immobile locato non significa di per sé che il locatore abbia rinunciato al pagamento del corrispettivo per l'intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge. Il caso
Tra le parti era stato stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo a canone agevolato. In tale contratto si dava atto della presenza di infiltrazioni delle pareti che avevano reso l'immobile inagibile, al punto che parte conduttrice era receduta anticipando il rilascio senza che le venisse restituito il deposito cauzionale a suo tempo versato. Ed ancora, secondo parte ricorrente, il canone applicato era risultato superiore a quello massino definito dagli Accordi Locali. Per le ragioni esposte, con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., Tizia (conduttrice) conveniva in giudizio Caio (locatore) per ivi sentire accertare e dichiarare la nullità del contratto di locazione per violazione dell'art. 13, comma 4, l. n. 431/1998 con condanna del locatore alla restituzione delle somme indebitamente percepite e alla restituzione del deposito cauzionale. Costituendosi in giudizio, in riconvenzionale, il locatore eccepiva il mancato preavviso e il mancato pagamento degli oneri condominiali. La questione
La questione in esame è la seguente: il silenzio del locatore, a seguito dell'accettazione in restituzione delle chiavi dell'appartamento, costituisce rinuncia al compenso per il periodo di mancato preavviso? Le soluzioni giuridiche
In tal vicenda, sono state pacificamente accolte le domande del conduttore. Tuttavia, quel che più interessa in questa sede sono gli aspetti afferenti la domanda riconvenzionale del locatore: l'indennità di mancato preavviso e il mancato pagamento degli oneri condominiali. In relazione al primo aspetto, secondo il conduttore, stante l'avvenuta riconsegna dell'immobile e la redazione del verbale, sottoscritto contestualmente da entrambe le parti, il locatore avrebbe accettato senza riserva alcuna il rilascio anticipato con rinuncia alla indennità. Diversamente da ciò, il locatore sosteneva di aver dato comunicazione via mail di non voler procedere ad una risoluzione consensuale del contratto d'affitto; in tale missiva, difatti, aveva puntualmente richiesto alla conduttrice di ufficializzare la propria volontà di recesso, nel rispetto del termine semestrale di preavviso. Premesso quanto innanzi esposto, conformemente all'orientamento giurisprudenziale in materia, il giudice adito ha evidenziato che la rinuncia al compenso per il periodo di preavviso non può desumersi dal mero silenzio del locatore - conformemente del resto ai principi generali in materia contrattuale, per cui il silenzio non è normalmente significativo, quale dichiarazione di volontà - ma avrebbe dovuto risultare da dichiarazioni, atti o comportamenti inequivocabili in tal senso. Tale non è la mera accettazione in restituzione delle chiavi dell'appartamento: comportamento in certa misura necessitato, a fronte dell'abbandono dei locali da parte del conduttore, e comunque inidoneo di per sé solo a dimostrare la rinuncia del locatore al pagamento del corrispettivo per l'intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge (Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2015, n. 15769). Difatti, il recesso esercitato dal conduttore produce effetti, determinando la cessazione della locazione, dalla scadenza del termine semestrale di preavviso previsto in contratto, e fino a tale termine il conduttore è tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento (eventualmente anteriore) di materiale rilascio dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2006, n. 25136; Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2011, n. 9415). Diversamente sarebbe stato, ma non è così, se il contratto fosse stato dichiarato risolto per inadempimento del locatore (a causa delle infiltrazioni). Tale iniziativa giudiziaria, tuttavia, non era stata proposta e in ogni caso sarebbe stata infondata: nella cucina era presente una macchia causata da una vecchia perdita ma non vi erano tracce di umidità attuale. Pertanto, a giudizio del giudicante, l'appartamento, rispetto alle attuali condizioni di utilizzo, era in buono stato di conservazione. Quanto all'altra questione (oneri condominiali), la domanda risultava infondata in quanto è pacifico che il condominio resta estraneo al contratto di locazione stipulato tra il singolo condomino ed il conduttore, di talché l'inadempimento del conduttore potrebbe far luogo alla pronunzia di risoluzione del contratto ma il credito che il condomino/locatore vanti in giudizio nei confronti del proprio inquilino si può atteggiare esclusivamente a diritto di rimborso delle spese anticipate per conto del conduttore. In altri termini, il locatore che non abbia anticipato gli oneri condominiali non può agire in giudizio, in nome proprio, per far valere un diritto altrui (art. 81 c.p.c.), e cioè per esigere, in vece del condominio, il pagamento di un credito maturato da quest'ultimo, nei riguardi di esso condomino (Trib. Roma n. 23755/2015). In conclusione, il Tribunale ha accolto il ricorso del conduttore con condanna del locatore alla restituzione del deposito cauzionale e della somma indebitamente percepita (canone superiore a quello massimo definito negli accordi conclusi in sede locale); inoltre, è stata accolta la domanda riconvenzionale con condanna del conduttore al pagamento dell'indennità di mancato preavviso. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito al recesso del conduttore. Ebbene, il recesso del conduttore dal contratto di locazione ad uso abitativo va comunicato al locatore con lettera raccomandata o con altro mezzo equipollente comunque idoneo allo scopo (come ad esempio il telegramma o la posta mail certificata), giacché l'onere formale della comunicazione a mezzo raccomandata non è previsto a pena di nullità del recesso (Trib. Cagliari, 22 novembre 2002: nella specie, era stato ritenuto valido il recesso comunicato oralmente per telefono). Secondo alcuni autori, nulla vieta di esercitare il recesso anche in forma orale: il problema si pone però, in caso di contestazione, in ordine alla prova, con particolare riferimento alla decorrenza del termine di preavviso e quindi di rilascio dell'immobile. Va, infatti, tenuto presente che, salvo diverso accordo intervenuto con il locatore, il canone di locazione deve essere corrisposto per i sei mesi successivi alla data della comunicazione di recesso, indipendentemente dal fatto che il materiale rilascio dell'immobile avvenga prima dello scadere del termine di preavviso. Diversamente da tale opinione, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che il contratto di locazione a uso abitativo, soggetto all'obbligo di forma scritta ai sensi dell'art. 1, l. n. 431/1998 deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme, che vale solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti e non per quelli per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2017, n. 22647). Secondo tale orientamento, nelle locazioni abitative è nullo il patto di recesso non scritto, non potendo trovare riconoscimento giurisdizionale l'accordo orale tra proprietario e inquilino in cui quest'ultimo al posto del preavviso di recesso abbia offerto il nominativo di un nuovo inquilino. La conseguenza è che locatore potrà comunque chiedere al conduttore i canoni non versati. Dunque, il recesso è un atto unilaterale recettizio che deve essere comunicato dal conduttore al locatore (con un preavviso di almeno sei mesi). Invece, la risoluzione consensuale (o amichevole) del contratto (c.d. mutuo dissenso) è un contratto che richiede il consenso di due persone e deve avere la forma scritta dovendo sciogliere un contratto (ormai formale) come la locazione. Premesso quanto esposto, come correttamente osservato dalla pronuncia in commento del Tribunale di Roma, possiamo affermare che il recesso esercitato dal conduttore produce effetti, determinando la cessazione della locazione, dalla scadenza del termine semestrale di preavviso previsto in contratto. Quindi, qualora il recesso anticipato non sia stato esercitato per gravi motivi, né sia stato comunicato a mezzo lettera raccomandata, né tanto meno sia stato rispettato il previsto anticipo di sei mesi dalla data di rilascio, il momento della riconsegna delle chiavi coincide con il termine iniziale di decorrenza dei sei mesi di preavviso, con riferimento ai quali il conduttore continua ad essere tenuto al pagamento del canone di locazione, indipendentemente dal fatto che il rilascio sia avvenuto in data anteriore (App. Torino, 14 marzo 2018, n. 477; Cass. civ., sez. VI, 24 maggio 2017, n.13092). In conclusione, anche se il pagamento del canone residuo può essere oggetto di rinunzia o transazione, la sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della scadenza della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell'immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto o della rinuncia del locatore all'indennità di mancato preavviso. La transazione relativa al pagamento rateizzata (o alla rinunzia al pagamento) dei canoni di locazioni dovuti dopo il recesso o all'indennità di locazione richiede la forma scritta ai fini probatori ex art. 1967 c.c. (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2016, n. 19429). |