Accertamento medico legale delle micropermanenti e responsabilità sanitaria: esame obiettivo, esame clinico ed esami strumentali sono alternativi o cumulativi?

Michele Liguori
06 Dicembre 2019

La questione giuridica riguarda l'accertamento medico legale del danno biologico in caso di lesioni di lieve entità che rientrano nella previsione di cui all'art. 139, comma 2, secondo periodo, cod. ass. oggi vigente (ed in precedenza nella previsione di cui all'art. 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1) che è applicabile sia ai sinistri stradali che alle ipotesi di responsabilità medica e sanitaria (a queste ultime, attualmente, in virtù dell'art. 7, comma 4, l. 8 marzo 2017 n. 24, c.d. Legge Gelli-Bianco).
Massima

Le norme di cui agli artt. 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l. 24/1/2012 n. 1 (conv. in l. 24 marzo 2012 n. 27) - che escludono il risarcimento per danno biologico permanente se le lesioni di lieve entità cagionate da sinistri stradali (e responsabilità medica e sanitaria) non sono suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo - e 139, comma 2, secondo periodo, cod. ass. (che le ha recepite) vanno interpretate nel senso che l'accertamento del danno alla persona deve avvenire con i criteri medico legali fissati da una secolare tradizione quali l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico e gli esami strumentali che sono fungibili ed alternativi tra loro e non già cumulativi.

Il caso

In un incidente stradale avvenuto tra due veicoli il 27 ottobre 2012 il conducente non responsabile subisce lesioni personali di lieve entità.

Il danneggiato conviene in giudizio innanzi al Giudice di pace di Bologna il responsabile e l'impresa di assicurazione del veicolo danneggiante, ex art. 144 cod. ass., per essere risarcito di tutti i danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali.

Radicatasi così la lite si costituisce in giudizio la sola impresa di assicurazione del veicolo danneggiato che spiega intervento volontario, eccepisce che il danno permanente alla salute derivato dal sinistro non è risarcibile, in virtù della previsione di cui all'art. 139, comma 2, secondo periodo, perché non suscettibile di accertamento strumentale e chiede il rigetto della domanda.

Nel corso della fase istruttoria il Giudice di pace estromette dal giudizio l'impresa di assicurazione del veicolo danneggiato per carenza di interesse a contraddire e viene disposta ed espletata CTU medico legale sul danneggiato.

L'ausiliario designato accerta che:

  • il leso ha riportato nell'evento dannoso un trauma contusivo-distorsivo del rachide cervicale e del ginocchio sinistro nonché un trauma contusivo del torace;
  • a dette lesioni sono residuati postumi di natura permanente quantificati nella misura dello 2,5% e consistenti in lieve contrattura antalgica da ipertono doloroso dei muscoli paravertebrali e, soprattutto, dei muscoli cervico-nucali e trapezi, mialgia e spinalgia pressoria elettiva al passaggio cervico-dorsale e in regione laterocervicale destra, mialgia al pinzettamento dei trapezi, limitazione funzionale antalgica di circa 1/4 dei movimenti di flesso-estensione e roto-inclinazione cervicale con dolore ai limiti funzionali concessi;
  • appaiono soddisfatti tutti i criteri di accertamento del nesso causale quali quello cronologico, topografico, efficienza lesiva e continuità fenomenologica.

L'ausiliario designato precisa, per quello che qui rileva, che le lesioni sono state accertate clinicamente ed obiettivamente, ma non sono state accertate, né sono accertabili, strumentalmente.

Il Giudice di pace di Bologna con sentenza 25 agosto 2015 n. 2439:

  • dichiara la responsabilità esclusiva del conducente antagonista;
  • ribadisce l'inammissibilità dell'intervento volontario spiegato dall'impresa di assicurazione del veicolo danneggiato;
  • condanna le parti convenute al risarcimento in favore del danneggiato del danno biologico da invalidità temporanea, del danno morale da invalidità temporanea e delle spese mediche;
  • nega il risarcimento del danno biologico da invalidità permanente accertato dal CTU - per la previsione normativa di cui all'art. 32, comma 3 ter, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 - in quanto trattasi di menomazioni permanenti “non strumentalmente accertate”;
  • compensa parzialmente le spese di lite nella misura del 10%.

Il danneggiato propone appello avverso tale pronuncia affidato a tre motivi:

  1. lamenta il mancato risarcimento del danno biologico permanente in quanto trattavasi di danno, seppur non accertato dal CTU strumentalmente, quantomeno clinicamente e obiettivamente certo;
  2. lamenta l'incongrua liquidazione del danno morale in quanto parametrato sulla sola invalidità temporanea;
  3. lamenta l'erronea compensazione parziale delle spese di lite.

Radicatasi così nuovamente la lite si costituisce in giudizio la sola impresa di assicurazione del veicolo danneggiante che resiste e chiede il rigetto dell'appello.

Il Tribunale di Bologna con sentenza del 22 luglio 2016 n. 20773 rigetta l'appello e condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite del secondo grado di giudizio.

Il Tribunale di Bologna, per quello che qui rileva, ritiene che:

  • l'art. 139 cod. ass. deve interpretarsi nel senso che il danno biologico permanente di lieve entità non sia risarcibile se non dimostrato strumentalmente;
  • tale interpretazione della norma è imposta dalla giurisprudenza costituzionale;
  • non può, perciò, condividersi il diverso orientamento espresso dalla Suprema Corte (Cass. civ., 26 settembre 2016 n. 18773), in quanto «del tutto incoerente ed avulso» dalla giurisprudenza costituzionale.

Il danneggiato propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia affidato a quattro motivi. Con il primo ed il secondo lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 139 cod. ass. e 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1; sostiene che le indicate norme non hanno subordinato il risarcimento del danno alla persona con esiti micro-permanenti alla sussistenza di un accertamento strumentale, bensì soltanto alla possibilità di un accertamento di natura obiettiva e, poiché nel caso di specie i postumi permanenti erano obiettivabili pure in assenza di un riscontro diagnostico strumentale, il giudice di merito avrebbe dovuto accogliere la domanda. Con il terzo lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 c.c. ed infine con il quarto lamenta la violazione dell'art. 9 d.P.R. 254/2006.

Radicatasi così nuovamente la lite l'impresa di assicurazione del veicolo danneggiante resiste con controricorso.

Il Sostituto Procuratore Generale, nella sua requisitoria, ha ritenuto infondati i quattro motivi ed ha concluso per il rigetto del ricorso.

La Suprema Corte (Cass. civ., 28 novembre 2019 n. 31072) accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara inammissibili i restanti motivi e cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Bologna, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

La questione

La questione giuridica riguarda l'accertamento medico legale del danno biologico in caso di lesioni di lieve entità che rientrano nella previsione di cui all'art. 139, comma 2, secondo periodo, cod. ass. oggi vigente (ed in precedenza nella previsione di cui all'art. 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1) che è applicabile sia ai sinistri stradali che alle ipotesi di responsabilità medica e sanitaria (a queste ultime, attualmente, in virtù dell'art. 7, comma 4, l. 8 marzo 2017 n. 24, c.d. Legge Gelli-Bianco).

In particolare, pone il problema se i criteri medico legali per l'accertamento del danno alla salute previsti dalle su indicate norme quali l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico e gli esami strumentali sono fungibili ed alternativi tra loro o sono cumulativi.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha ritenuto, confermando sul punto il suo orientamento (per tutte Cass. civ., 26 settembre 2016 n. 18773, che è il leading case), che i criteri medico legali per l'accertamento del danno alla salute quali l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico e gli esami strumentali sono fungibili ed alternativi tra loro e non cumulativi.

La Suprema Corte, nella sua dotta decisione, ha ribadito che l'art. 32, comma 3-ter e (fino all'abrogazione con l'art. 1, comma 30 della l. n. 124/2017, c.d. “Legge Concorrenza”) comma 3-quater, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1:

  • da un lato non è né una norma che pone limiti ai mezzi di prova e, quindi, non impedisce di dimostrare l'esistenza d'un danno alla salute con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, né una norma che pone limiti alla risarcibilità del danno e, quindi, non impone di lasciare senza ristoro i danni che non raggiungano una soglia minima di gravità;
  • dall'altro lato, invece, è una norma che ribadisce un principio già insito nel sistema e, cioè, che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l'esistenza “al di là di ogni ragionevole dubbio”; del resto non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili ma non probabili.

La Suprema Corte ha ritenuto che questa conclusione è imposta sia dall'interpretazione letterale della norma che da quella finalistica.

Dal punto di vista letterale, infatti, gli artt. 138 e 139 cod. ass. (nonché l'art. 13 d.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 e, in precedenza, l'abrogato art. 5 l. 5 marzo 2001 n. 57) definiscono come “danno biologico” quello suscettibile di accertamento medico legale.

Etimologicamente accertare significa certificare e, cioè, rendere sicuro, riconoscere per vero, verificare.

Questo comporta che per predicarsi l'esistenza stessa (e non la mera risarcibilità) del danno biologico, che secondo la definizione del legislatore è solo quello suscettibile di accertamento medico legale:

  • da un lato è necessario che esso sia dimostrabile sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico legale;
  • dall'altro lato non è sufficiente che esso sia dimostrabile sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni.

La corretta criteriologia accertativa medico legale non si limita a considerare solo la storia clinica documentata della vittima ma si fonda correttamente su diversi fattori quali:

- l'analisi della vis lesiva;

- l'analisi della sintomatologia;

- l'esame obiettivo;

- la statistica clinica.

Dal punto di vista finalistico, poi, il d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, secondo la sua relazione illustrativa, è stato adottato al dichiarato di scopo di rilanciare l'economia, favorire la concorrenza, incentivare sia i consumi che il risparmio.

Il legislatore, pertanto, ha ritenuto imprescindibile il contrasto delle truffe assicurative e, in particolare, quelle legate alla sinistrosità stradale al fine di ridurre i costi degli indennizzi e, di conseguenza, favorire l'abbassamento dei premi com'è dato desumere anche dall'inasprimento delle sanzioni per le false attestazioni dì invalidità derivanti dai sinistri stradali, previsto dall'art. 33 d.l. 24 gennaio 2012 n. 1.

Se dunque scopo del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 è stato (anche) quello di favorire l'abbassamento dei premi assicurativi nel settore dell'assicurazione RC auto, è coerente con tale fine interpretare l'art. 32 d.l. cit. nel senso che esso abbia inteso contrastare non solo le truffe assicurative, ma anche la semplice negligenza colposa, la benevola tolleranza o il superficiale lassismo nell'accertamento dei microdanni in quanto anche tali condotte, a livello macroeconomico, non sono meno perniciose delle truffe assicurative dal momento che identico ne è l'effetto, e fors'anche maggiore, dovendosi ritenere che il numero degli inetti eccede quello dei disonesti.

La Suprema Corte, pertanto, ha ribadito che:

«(a) l'art. 32 d.l. cit. non è una norma di tipo precettivo, ma una di quelle norme che la dottrina definisce "norme in senso lato" (cioè prive di comandi o divieti, ma funzionalmente connesse a comandi o divieti contenuti in altre norme);

(b) tale norma va intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona non può che avvenire coi criteri medico legali fissati da una secolare tradizione: e dunque l'esame obiettivo (criterio visivo); l'esame clinico; gli esami strumentali;

(c) tali criteri sono fungibili ed alternativi tra loro, e non già cumulativi.

L'art. 32, commi 3-ter e 3-quater d.l. 1/2012, in definitiva, non fa altro che ribadire un principio immanente nell'ordinamento: quello secondo cui l'accertamento dei microdanni alla salute causati da sinistri stradali debba avvenire con l'applicazione rigorosa dei criteri insegnati dalla medicina legale».

La Suprema Corte, ancora, ha ritenuto irrilevanti, ai fini che qui interessano, tre decisioni della Corte costituzionale che, a vario titolo, hanno esaminato le (e si sono pronunciate sulle) norme in esame.

La prima decisone (Corte cost., 16 ottobre 2014 n. 235) è stata ritenuta irrilevante in quanto in quel caso la Consulta è stata chiamata a stabilire se fosse conforme a Costituzione l'art. 139 cod. ass. nella parte in cui fissa un tetto massimo al risarcimento del danno alla salute e, quindi, ad esaminare una questione del tutto diversa.

La seconda decisone (Corte cost., 26 novembre 2015 n. 242) - su cui il Tribunale felsineo aveva fondato il suo personalissimo (ma errato) convincimento secondo cui il diverso orientamento espresso dalla Suprema Corte fosse «del tutto incoerente ed avulso» dalla giurisprudenza costituzionale- è stata ritenuta anch'essa irrilevante in quanto in quel caso la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 3-ter, del d.l.n. 1/2012, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e 22 Cost.

La Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione sul presupposto che non fosse irragionevole «la limitazione imposta al(l)'accertamento»del danno alla salute con postumi permanenti.

La Corte costituzionale con tale decisione:

- ha dato per implicito che la norma ponesse limiti all'accertamento del danno, non alla sua risarcibilità, il che è l'esatto contrario di quanto ritenuto dal Tribunale felsineo;

- ha ravvisato la ratio della norma oggetto del giudizio nell'esigenza di evitare il «rischio di estensione (del risarcimento) a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati»; rischio che resta scongiurato dal principio generale per cui nessun fatto dannoso potrà mai ritenersi accertato in giudizio se la sua esistenza sia rimasta allo stato di ipotesi.

In ogni caso, e per quello che più rileva, il giudice rimettente, nel caso deciso dalla Consulta, aveva dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 139 cod. ass. (come modificato dal d.l. 24 gennaio 2012 n. 1), con riferimento agli artt. 3, 24 e 32 Cost., sul presupposto che tale norma, ammettendo la vittima a provare l'esistenza del danno solo ed unicamenteattraverso esami diagnostici strumentali, “vanificasse di fatto” il diritto al risarcimento del danno alla salute.

La Consulta, pertanto, in tale caso doveva soltanto stabilire se fosse conforme a Costituzione quella interpretazione della norma adottata dal giudice rimettente.

La Consulta ha escluso che quella rigorosa interpretazione contrastasse col dettato costituzionale e poiché tale decisione non è stata né cassatoria, né interpretativa di rigetto, né additiva, essa non ha in alcun modo introdotto nell'ordinamento una norma per l'avanti inesistente, ponendosi quale fonte di diritto, né ha escluso interpretazioni dell'art. 139 cod. ass. diverse da quelle adottate dal giudice rimettente.

Questo comporta che resta tutt'oggi salva la libertà dei giudici di applicare la norma sulla base di interpretazioni diverse ritenute compatibili con la Costituzione.

La terza decisone (Corte cost., 18 aprile 2019 n. 98) è stata ritenuta anch'essa irrilevante per due ordini di motivi:

  • in primis in quanto tale decisione non aveva ad oggetto la norma oggi in esame bensì il diverso art. 283, comma 2, cod. ass., in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost.;
  • in secundis in quanto la distinzione ivi operata, che tra l'altro è un mero obiter dictum, tra danni alla persona di «incerta accertabilità» e danni alla persona di obiettiva accertabilità è errata (la Suprema Corte molto diplomaticamente afferma che «non è affatto una prerogativa dei danni alla persona») in quanto «in universo iure civili» non esiste alcun danno suscettibile di essere risarcito nonostante la sua «incerta accertabilità».

Osservazioni

Le disposizioni di cui agli artt. 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 (conv. in l. 24 marzo 2012 n. 27) e 139, comma 2, secondo periodo, cod. ass. (che le ha recepite) hanno formato oggetto di contrastanti interpretazioni sia in dottrina che nella giurisprudenza di merito.

Tre sostanzialmente sono gli orientamenti contrapposti.

In base ad un primo orientamento restrittivo:

- le norme avrebbero posto un limite legale ai mezzi con cui provare il danno alla persona quando questo derivi da sinistri stradali (e da responsabilità medica e sanitaria) ed abbia provocato esiti micro-permanenti e, cioè, lesioni di lieve entità che sono quelle con postumi non superiori al 9% di invalidità permanente;

- in tali casi la prova del danno potrebbe essere rilevata soltanto da un accertamento strumentale (ad esempio radiografia, risonanza magnetica, TAC, ecc.).

In base ad un secondo orientamento sempre restrittivo:

- le norme avrebbero introdotto una “soglia di risarcibilità” ovvero una franchigia sempre nel caso di danno alla persona derivante da sinistri stradali (e da responsabilità medica e sanitaria) con esiti micro-permanenti;

- in tali casi non ogni danno alla persona sarebbe risarcibile, ma soltanto quello che possa essere accertato strumentalmente.

In base ad un terzo orientamento liberale ed estensivo:

- le norme nulla avrebbero cambiato in tema di accertamento medico legale del danno alla salute in quanto non fanno altro che ribadire il principio già enunciato sia dal diritto vivente, sia dal legislatore (che lo ha recepito), secondo cui il danno biologico è solo quello suscettibile di accertamento medico legale;

- le norme vanno dunque intese nel senso che l'accertamento del danno non può che avvenire con i consueti criteri medico legali e, cioè, l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico e gli esami strumentali;

- tali criteri non sono gerarchicamente ordinati tra loro, né vanno unitariamente intesi, ma vanno utilizzati secondo le leges artis in quanto conducono ad una obiettività dell'accertamento stesso che riguarda sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).

La Suprema Corte ha sempre ritenuto non condivisibili i primi due orientamenti restrittivi:

- il primo in quanto limita il principio del libero convincimento del giudice sancito dall'art. 116 c.p.c. atteso che lo obbligherebbe ad escludere dal novero delle prove utilizzabili quelle diverse dalla documentazione clinica;

- il secondo in quanto, come rilevato anche dalla Consulta (Corte cost. 16 ottobre 2014 n. 235) sia pure in un obiter dictum, le disposizioni in esame non attengono «alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni(...), bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto» e, pertanto, non hanno introdotto alcuna franchigia o soglia di risarcibilità del danno biologico, ma hanno soltanto dettato norme più rigorose per quanto riguarda l'accertamento dell'esistenza di esiti micro-permanenti.

La Suprema Corte, invece, ha sempre ritenuto condivisibile il terzo orientamento liberale ed estensivo.

La decisione in commento, in particolare, è la nona ed ultima (che numericamente riporta alla mente l'Inno alla gioia, che è la nona ed ultima sinfonia di Beethowen) che si è pronunciata sulle disposizioni di cui agli artt. 32, comma 3-ter e 3-quater, d.l.24 gennaio 2012 n. 1 (conv. in l. 24 marzo 2012 n. 27) e/o 139, comma 2, secondo periodo, cod. ass. (che le ha recepite) in tema di accertamento medico legale delle micropermanenti causate da sinistri stradali e responsabilità medica e sanitaria (le precedenti decisioni sono: Cass. civ., 16 ottobre 2019 n. 26249; Cass. civ., 24 aprile 2019 n. 11218; Cass. civ., 18 aprile 2019 n. 10819; Cass. civ., 18 aprile 2019 n. 10816; Cass. civ., 28 febbraio 2019 n. 5820; Cass. civ., 11 settembre 2018 n. 22066; Cass. civ., 19 gennaio 2018 n. 1272; Cass. civ., 26 settembre 2016 n. 18773, che è il leading case).

La Suprema Corte con la decisione in commento ha confermato in toto il suo consolidato orientamento in materia che oggi può essere così sinteticamente riassunto:

- le su indicate disposizioni da un lato richiedono un rigoroso accertamento medico del danno alla persona circa l'effettiva esistenza delle patologie di lieve entità e dall'altro non esigono che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l'accertamento clinico strumentale;

- le su indicate disposizioni, infatti, esaltano (ma al tempo stesso gravano di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendo a quest'ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona;

- l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica, pertanto, deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico legali;

- il danno alla salute, quindi, va accertato e valutato dal medico legale (e, poi, dal giudice) secondo criteri di assoluta e rigorosa scientificità, senza che sia possibile in alcun modo fondare l'affermazione dell'esistenza del danno sulle sole dichiarazioni della vittima, ovvero su supposizioni, illazioni, suggestioni e ipotesi;

- l'accertamento del danno alla persona, in definitiva, deve avvenire con i criteri medico legali fissati da una secolare tradizione e, cioè, l'esame obiettivo (criterio visivo), l'esame clinico e gli esami strumentali;

- tali criteri sono fungibili ed alternativi tra loro e non già cumulativi.

La particolarità della decisione in commento, rispetto ai precedenti, è che la Suprema Corte per la prima volta ha preso in esame contemporaneamente e funditus le tre decisioni della Consulta (Corte cost.,16 ottobre 2014 n. 235, Corte cost.,26 novembre 2015 n. 242 e Corte cost., 18 aprile 2019 n. 98) - che, come su esposto, a vario titolo hanno esaminato le (e si sono pronunciate sulle) norme in esame - per rilevarne nel caso esaminato l'irrilevanza (ed in un caso anche l'erroneità) che, quindi, non giustificava un cambio del suo consolidato orientamento.

Eppure l'ultima decisione della Consulta (Corte cost. 18.4.2019 n. 98) ha sollevato non pochi dubbi agli intrepreti tanto che in base al suo decisum l'Osservatorio del Tribunale di Milano, sempre attento alle novità legislative e giurisprudenziali, ha sentito la necessità di rivedere il quesito medico legale ed ha ritenuto che «potrebbe essere…prudente richiedere comunque al CTU, nelle ipotesi di cogente applicazione dell'art. 139 cod. ass., se l'accertamento sia anche rispondente al tenore letterale del criterio legislativo “clinico strumentale obiettivo” e, soprattutto, se sia stato anche “strumentalmente o visivamente” accertato» (D. SPERA, Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano, in Ridare.it, 16 Luglio 2019).

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