Fiscalità indiretta dell'atto istitutivo e dell'atto di dotazione del trust

Giancarlo Marzo
06 Dicembre 2019

Per l'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, così come dell'imposta di registro proporzionale ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Nel trust un siffatto trasferimento non è rinvenibile né nell'atto istitutivo né nell'atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di costituzione del vincolo di destinazione. Solo l'attribuzione finale del bene al beneficiario, dunque, integra il presupposto applicativo delle imposte proporzionali.
Massima

Per l'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, così come dell'imposta di registro proporzionale ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Nel trust, un tale trasferimento non è rinvenibile né nell'atto istitutivo né nell'atto di dotazione. In entrambi, infatti, difetta la capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. sia in capo al disponente, la cui utilità, rappresentata dall'effetto di segregazione dei beni, non si sostanzia in un incremento della forza economica, sia in capo al trustee, stante il carattere solo formale, transitorio, vincolato e strumentale del suo acquisto.

L'unico trasferimento di ricchezza che rileva quale indice di capacità contributiva ed in relazione al quale sono pretendibili le imposte proporzionali, si verifica al momento del passaggio finale del bene ai beneficiari. È questo il principio statuito dalla Corte di Cassazione nelle sentenze dello scorso 12 settembre 2019, nn. 22754, 22755, 22756, 22757 e 22758.

Il caso

Nel dettaglio, le fattispecie esaminate dalle sentenze in commento riguardavano:

  • l'istituzione da parte di una coppia di coniugi di un trust autodichiarato, avente quali beneficiari finali i coniugi medesimi ovvero i loro figli;
  • conferimenti da parte di coniugi di beni immobili in trust, aventi quali beneficiari finali i medesimi coniugi o i loro figli nati e nascituri entro il termine di durata dei trust;
  • un trust autodichiarato di garanzia, istituito da una s.p.a. a favore dei propri creditori in vista dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • un conferimento di denaro, attraverso assegni circolari, in un trust istituito per scopi caritatevoli e filantropici.

Comune denominatore: il recupero, da parte dell'Agenzia delle Entrate, delle imposte di donazione, di registro ed ipo-catastali in misura proporzionale.

Le questioni

Nonostante le diversità delle fattispecie vagliate, la questione sottoposta alla Corte di Cassazione concerneva la corretta individuazione del presupposto impositivo, ai fini delle imposte indirette, tra i tre differenti momenti negoziali in cui il trust si articola, quali:

(i) l'atto istitutivo del trust,avente natura meramente preparatoria e programmatica, non traslativa di beni o diritti;

(ii) l'atto di dotazione (o “provvista”) del trust, con cui il settlor cede temporaneamente uno o più beni al trustee a favore di un terzo beneficiario o di un determinato scopo;

(iii) l'atto di trasferimento finale del bene o del diritto al beneficiario.

Presupposto impositivo, da sempre, individuato dall'Amministrazione finanziaria nel momento della segregazione dei beni nel trust (cfr. Circolari n. 48/E/2007 e n. 3/E/2008).

Le soluzioni giuridiche

(inquadramento de)

Il trust

Il trust è un istituto giuridico di derivazione anglosassone, entrato a far parte del nostro ordinamento grazie alla Legge n. 364/1989 mediante la quale l'Italia ha ratificato la Convenzione de l'Aja del 1° luglio 1985. Dal punto di vista della struttura soggettiva, il costituente (detto “disponente” o “settlor”) investe il “trustee” del potere/dovere di amministrare, gestire e disporre di determinati beni o diritti, fuoriusciti dal patrimonio del disponente e formalmente intestati al trustee, nell'interesse di uno o più beneficiari o per un fine specifico. In merito a quest'ultimo punto, difatti, il trust può rispondere a finalità eterogenee:

di famiglia; di garanzia; di liquidazione e pagamento; di realizzazione di un'opera pubblica; di solidarietà sociale; di realizzazione di interessi meritevoli di tutela a favore di persone disabili pubbliche amministrazioni o altri soggetti.

Ulteriori diversificazioni si riscontrano, poi, a seconda delle modalità di individuazione del beneficiario (con l'atto istitutivo o in un secondo momento, da parte del settlor o del trustee, con possibilità di revoca o meno); a seconda che trustee e beneficiario vengano individuati in terzi soggetti o nello stesso disponente (c.d. “trust autodichiarato”).

L'imposta sulle successioni e donazioni

Il ragionamento della Corte, in tutte le controversie esaminate, ha preso le mosse dall'esame dell'imposta sulle successioni e donazioni e, in particolare, dall'estensione del presupposto impositivo di tale imposta ai vincoli di destinazione. Come noto, gli artt. 2, comma 47, del D.L. n. 262/2006 e 1, commi 77, 78, 79, della Legge n. 296/2006 (c.d. Legge finanziaria 2007), hanno reintrodotto nel nostro ordinamento l'imposta sulle successioni e donazioni, estendendo, ai sensi del citato art. 2, il presupposto impositivo ai trasferimenti a titolo gratuito e agli atti volti alla “costituzione di vincoli di destinazione”.

Dottrina e giurisprudenza attribuiscono una portata molto ampia alla nozione di “vincolo di destinazione”, tale da ricomprendere tutte le fattispecie in cui si verifica un effetto segregativo rispetto al patrimonio del disponente volto a realizzare un interesse meritevole di tutela. Senza alcun dubbio, in tale perimetro normativo rientra anche la “specie” del trust. La Corte di Cassazione aveva, infatti, già avuto occasione di precisare in diverse precedenti pronunce che nell'ambito concettuale dei vincoli di destinazione devono essere ricondotti non solo gli atti di destinazione di cui all'art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall'ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo (cfr. Cass. Civ., nn. 1131/2019 e 2043/2017).

Sulla stessa scia si era espressa anche l'Amministrazione finanziaria che, non solo aveva ricondotto nell'ambito degli atti volti alla costituzione di vincoli di destinazione tutti “i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi” (cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare 3/E/2008), ma aveva anche ravvisato nell'art. 2 del D.L. n. 262/2006 il fondamento normativo di un'imposta autonoma, volta a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione.

Orbene, nelle sentenze in commento la Suprema Corte, riallacciandosi alla posizione espressa negli ultimi mesi, ha chiarito che dal disposto di cui all'art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006, non può trarsi il fondamento normativo di un'autonoma imposta volta a colpire la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti. Una tale soluzione, prosegue la Corte, sarebbe tacciabile di incostituzionalità per violazione del principio della capacità contributiva, posto che la capacità contributiva, in ragione della quale i contribuenti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche, esige un oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza (cfr. Cassazione nn. 15453, 15455, 15456 e 16701 del 2019).

Indice che, nel caso del trust, non potrebbe manifestarsi che il trust abbia attuato la propria funzione. Difatti, il trasferimento dei beni dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi in quanto non determina l'attribuzione definitiva allo stesso, il quale è tenuto ad amministrare e a custodirli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista di un loro trasferimento ai beneficiari del trust. In pratica, l'apposizione del vincolo determina semplicemente:

(i) per il settlor un'utilità consistente nella segregazione dei beni in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale;

(ii) per il trustee un'attribuzione patrimoniale meramente formale, vincolata, transitoria e strumentale allo scopo del trust.

Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, pertanto, la menzione legislativa del vincolo di destinazione, sarebbe funzionale alla ricomprensione nel perimetro applicativo dell'imposta anche delle disposizioni liberali realizzate, indirettamente, attraverso un “vincolo di destinazione”

Tali conclusioni, come affermato nella sentenza n. 22758/2019, non risultano tuttavia mutuabili nell'ipotesi in cui le finalità del trust siano caritatevoli e filantropiche. In tali ipotesi, infatti, la circostanza per la quale il trustee “possa operare direttamente con il denaro ricevuto per finalità liberali, costituisce di per sé trasferimento e arricchimento” in favore del trustee, integrando pertanto di per sé il presupposto dell'imposta sulle successioni e donazioni.

L'imposta di registro

In materia di imposta di registro, gli Ermellini, richiamando la sentenza n. 25478/2015, hanno precisato che l'imposta in misura proporzionale deve essere applicata, ai sensi del d.P.R. n. 131/1986, art. 9 della Tariffa allegata, ai soli atti aventi contenuto patrimoniale. Requisito, questo, assente nell'atto istitutivo e di dotazione del trust. Nel dettaglio, tali considerazioni si ergono su un'equiparazione tra il trust e l'atto costitutivo del fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. e sull'assunto che quest'ultimo “non è un atto traslativo a titolo oneroso, né un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, né, infine, un atto avente natura meramente ricognitiva, bensì una convenzione istitutiva di un nuovo regime giuridico, diverso da quello precedente, costitutivo di beni in patrimonio avente un vincolo di destinazione a carattere reale, in quanto vincola l'utilizzazione dei beni e dei frutti solo per assicurare il soddisfacimento dei bisogni della famiglia”.

Con la conseguenza che il regime di tassazione di tale atto - e del trust - non è quello dell'imposta di registro proporzionale, avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, ma va individuato nella categoria residuale di cui all'art. 11 della Tariffa stessa, con applicazione dell'imposta in misura fissa.

L'imposta ipotecaria e catastale

Stesso discorso per l'imposta ipotecaria e catastale. Sia la costituzione che la dotazione del trust devono considerarsi estranee ad imposizione proporzionale, essendo quest'ultima prevista per la trascrizione di atti “che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi”.

Osservazioni

Con le sentenze in commento la Suprema Corte pare aver finalmente assolto alla propria funzione nomofilattica mettendo fine agli ondivaghi orientamenti susseguitesi negli ultimi anni in ordine alla fiscalità indiretta dei trust. In effetti, la soluzione prospettata dagli Ermellini rappresenta un revirement rispetto al precedenti ricostruzioni interpretative che subordinavano l'operatività dell'imposta proporzionale alla designazione del beneficiario in sede istitutiva.

Segnando un deciso cambio di rotta rispetto al passato, i Giudici di Piazza Cavour hanno ormai escluso che l'individuazione del beneficiario determini una deviazione dal tipo negoziale e, in particolare, giustifichi l'immediata tassazione proporzionale. Ciò in quanto la sola designazione non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene che si realizza soltanto al momento del passaggio finale del bene ai beneficiari, fatta salvo, coma sopra detto, il caso in cui il trust sia animato da finalità filantropiche.

Accogliendo con favore il suddetto intervento chiarificatore, è dunque auspicabile un rapido adeguamento sia ad opera dell'Amministrazione finanziaria che del Legislatore.

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