Attestazione dello stato dei pagamenti e delle liti in corso e consegna dell'elenco dei condomini morosi al creditore
09 Dicembre 2019
Massima
Il condominio, in persona del suo amministratore pro tempore, ha l'obbligo di comunicare al proprio creditore insoddisfatto i dati dei condomini morosi nel pagamento dei contribuiti condominiali relativi al credito stesso, mentre l'amministratore in proprio, e non nella qualità, è tenuto a comunicare al condomino, che ne faccia richiesta, l'attestazione dello stato dei pagamenti e delle liti in corso. Il caso
Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e pedissequo decreto ritualmente notificati Tizio, premettendo di essere creditore del Condominio Alfa in Napoli, in forza dell'atto di transazione del 27 aprile 2016, e che vano era rimasto l'invito rivolto a quest'ultimo, in persona dell'amministratore, di consegnare l'elenco nominativo dei condomini morosi nel pagamento delle somme portate dal succitato titolo in favore dell'istante, nonché quello rivolto all'amministratore di fornirgli uno stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti giudiziarie in corso ex art. 1130, comma 9, c.c., ha adìto il Tribunale di Napoli, affinché fosse ordinato al resistente quanto richiesto, con vittoria di competenze e spese di lite. Incardinato ritualmente il contradditorio, il Condominio Alfa è rimasto contumace. Il Tribunale di Napoli, ritenendo di poter decidere la causa secondo lo schema procedimentale sommario di cui all'art. 702-bis c.p.c., non postulando la prospettazione della ricorrente un approfondimento istruttorio incompatibile con la struttura del procedimento de quo, ha definito la vertenza con ordinanza.
La questione
Chi è legittimato passivo nell'azione del condomino che voglia ottenere coattivamente l'attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso, prevista dall'art. 1130, comma 1, n. 9, c.c.? Chi è, invece, legittimato passivo nella diversa azione del creditore del condominio, non ancora soddisfatto, per ottenere in via giudiziaria la comunicazione dei dati dei condomini morosi, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., nel caso di inerzia dell'amministratore? Le soluzioni giuridiche
Secondo il Tribunale di Napoli in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (v., per tutte, Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533). Nella specie, il ricorrente ha documentato la titolarità del credito vantato con la produzione dell'accordo transattivo, con il quale il condominio si obbligava a corrispondere a Tizio, condomino dello stesso, la somma di euro 15.269,75, da corrispondersi in n. 26 rate mensili a far data dal 30 aprile 2006, con decadenza dal beneficio del termine nel caso di morosità per più di tre rate. Di conseguenza, spettava all'istante il diritto, dipendente dalla suddetta titolarità, di ottenere dall'amministrazione del condominio i dati dei condomini morosi, con l'indicazione delle loro generalità e delle quote millesimali, in applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c., come riformulato a seguito dell'intervento di riforma attuato con la l.n. 220/2012, sul presupposto della riconosciuta parziarietà dell'obbligazione contratta dal condominio nei confronti dei terzi. A fronte di tale diritto, alcuna prova dell'adempimento del corrispondente obbligo gravante sull'ente di gestione è stata fornita dal condominio resistente, rimasto contumace. Parimenti fondata è la domanda di condanna dell'amministratore Caia alla consegna, in favore dell'istante Tizio, condomino del Condominio Alfa, della attestazione dello stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti giudiziarie in corso, cui l'amministratore è obbligato, nei rapporti con ciascun condomino, ex art. 1130, comma 9, c.c. ed alle cui richieste, documentate in atti, non risulta essere stato dato alcun riscontro da parte dell'organo gestorio. Stante la natura infungibile degli obblighi di fare rimasti inadempiuti, il Tribunale di Napoli ha accolto anche la richiesta di condanna del condominio Alfa e dell'amministratore Caia, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., al pagamento di una somma di danaro per il ritardo nell'esecuzione del provvedimento di condanna, che, tenuto conto del valore della controversia e della natura della prestazione, è stata fissata in euro 50,00 per ogni giorno di protratto ritardo fino all'attuazione degli ordini giudiziali. Per tutte le predette ragioni, in accoglimento della domanda attorea, il Tribunale di Napoli ha condannato il condominio Alfa, in persona dell'amministratore pro tempore, all'immediata comunicazione al ricorrente dell'elenco dei condomini morosi nel pagamento delle quote relative al credito portato, in favore dell'istante, dall'accordo transattivo stipulato in data 27 aprile 2016, con l'indicazione delle loro generalità, residenze e rispettive quote millesimali, ed ha, altresì, condannato Caia, amministratore dello stabile condominiale, alla immediata consegna al ricorrente della attestazione dello stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti giudiziarie in corso.
Osservazioni
Dall'entrata in vigore della riforma introdotta dalla l. n. 220/2012, ci sono state numerose pronunce dei Tribunali sull'azione ex art. 702-bis c.p.c. dei creditori del condominio non ancora soddisfatti, i quali - dopo aver vanamente interpellato l'amministratore e previo l'esperimento negativo della mediazione civile, ai sensi dell'art. 5, d.lgs. n. 28/2010 - hanno agito in via giudiziaria per ottenere i dati dei condomini morosi per proseguire le azioni di recupero come stabilite dall'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. L'ordinanza in commento è singolare nel suo genere, in quanto offre l'occasione di mettere a confronto gli obblighi dell'amministratore verso i condomini, derivanti dalle sue attribuzioni, con gli obblighi che, pur gravando su di lui, tuttavia sono l'espressione del suo potere di rappresentanza del condominio verso i terzi e, quindi, in caso di inadempimento non comportano una sua responsabilità diretta e personale verso costoro, ma piuttosto una immediata responsabilità dell'ente di gestione che egli rappresenta. Infatti, nel caso che ci occupa, il condomino Tizio, che in virtù di un contratto di transazione aveva assunto anche la veste di terzo creditore del condominio Alfa, richiedeva all'amministratore Caia - senza tuttavia ottenere alcun riscontro - dapprima l'attestazione dello stato dei pagamenti e delle liti in corso, ex art. 1130, comma 1, n. 9, c.c., e, successivamente, interpellava nuovamente il medesimo amministratore onde ottenere i dati dei condomini morosi, ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'art. 63 disp. att. c.c. A questo punto, il condomino Tizio si rivolgeva al Tribunale di Napoli, citando in giudizio il Condominio Alfa in persona del suo amministratore pro tempore. Le due richieste traggono la loro origine da diversi rapporti giuridici. L'obbligo di fornire al condomino che ne faccia richiesta l'attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso - come si è detto - è previsto dall'art. 1130, comma 1,n. 9), c.c., che lo fa rientrare tra i doveri propri dell'amministratore o meglio nel contenuto tipico del contratto di mandato ad amministrare un condominio. Per questa ragione, in caso di inadempimento, il condomino dovrà convenire in giudizio l'amministratore in proprio e non nella sua qualità di legale rappresentante del condominio, affinché ottemperi al suo obbligo verso il mandante, o il condomino istante, come previsto dalla citata norma (v. Trib. Milano, 4 novembre 2013; conformi: Giud. Pace Milano 3 maggio 2017; v. pure Cass. civ.,sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5151). Pertanto, il condomino che abbia domandato all'amministratore l'attestato - decorso il termine di quindici giorni dalla richiesta (art. 1454, comma 2, c.c.), formulata sempre con correttezza e non come un atto d'intralcio all'attività dell'amministratore - ha il diritto di adire l'Autorità giudiziaria per ottenere sia la condanna all'adempimento dell'amministratore, con la fissazione di una pena accessoria, se richiesta, per ogni giorno di ritardo ex art. 614-bis c.p.c., sia per la revoca dello stesso ex art. 64 disp. att. c.c., poiché questo tipo di inadempimento rappresenta una “grave irregolarità”, legittimante la richiesta di risoluzione giudiziaria del mandato ad amministrare, come stabilito dall'art. 1129, comma 12, n. 7, c.c. L'attestazione rilasciata dall'amministratore deve contenere l'elenco dei debiti e dei crediti del condominio sia verso i condomini sia verso i terzi ed una esposizione sintetica delle controversie sia giudiziali, come cause civili, penali, amministrative o tributarie, sia stragiudiziali, come nel caso di mediazioni civili, negoziazioni assistite, trattative precontenziose e richieste di risarcimento, in cui il condominio è parte. L'esposizione dell'elenco dei debiti e dei crediti condominiali, inteso quale possibile stato dei pagamenti del condominio, non può prescindere dalla redazione di un bilancio o rendiconto condominiale secondo il criterio di competenza e non di cassa, come erroneamente più volte ritenuto da certa giurisprudenza di merito, evidentemente priva di specifiche competenze sui criteri contabili (v. Trib. Roma, 2 ottobre 2017). Infatti, l'amministratore per poter dare un'esposizione dei debiti e dei crediti del condominio deve necessariamente annotare nella contabilità condominiale anche le spese non ancora pagate, come appunto prevede il bilancio per competenza e non quello per cassa. Secondo parte della giurisprudenza di merito, nonostante l'infelice formulazione della norma, la stessa va interpretata nel senso che il condomino possa chiedere unicamente l'attestazione dello stato dei pagamenti delle spese condominiali a sé afferenti e non attestazioni relative a terzi, essendo una norma volta evidentemente a facilitare chi deve vendere il proprio appartamento affinché possa dimostrare, ad un potenziale acquirente, il regolare pagamento dei contributi condominiali e lo stato di eventuali liti in corso, il cui esito negativo potrebbe portare conseguenze sfavorevoli anche per l'acquirente (v. Trib. Napoli, 16 dicembre 2016). Completamente diversa è la genesi della richiesta che il terzo creditore (od il condomino in qualità di terzo creditore del condominio, come nel caso in questione) faccia all'amministratore ai sensi del comma 1 dell'art. 63 disp. att. c.c. Infatti, in tal caso l'obbligo sulla base del quale “l'amministratore […] è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi” deriva proprio dalla sua qualità di legale rappresentante del condominio. Anche se il legislatore nel formulare la norma imputa quest'obbligo all'amministratore, appare evidente che questi può e deve comunicare i nomi dei morosi nella qualità e non in proprio, perché il rapporto giuridico posto alla base della formula imperativa è quello tra il condominio ed i suoi creditori, ad esempio in virtù di un contratto d'appalto o di un'obbligazione risarcitoria, e non, come nel caso dell'obbligo di cui al n. 9) del comma 1 dell'art. 1130 c.c., quello tra i singoli condomini e l'amministratore, derivante dal mandato ad amministrare. Pertanto, l'amministratore di condominio, nella qualità di legale rappresentante dell'ente di gestione, è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti i dati dei condòmini morosi e il suo immotivato rifiuto risulta essere contrario al canone di buona fede, dovendosi a tale riguardo intendersi “un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica” (così Trib. Avezzano, 1° marzo 2016; v., altresì, Trib. Pescara, 27 ottobre 2014). Quindi, nel giudizio di ottemperanza all'obbligo di comunicare i dati dei condomini morosi ricorre il difetto di legittimazione passiva dell'amministratore convenuto in proprio e non nella qualità, dato che, se è vero che è illegittimo il comportamento omissivo dell'amministratore il quale, rifiutandosi di fornire i dati o producendoli in maniera incompleta, ostacola l'esecuzione di un provvedimento giudiziale, nondimeno, alla luce del principio di rappresentanza del condominio in capo allo stesso, tale comportamento omissivo finisce per riverberarsi solo sul condominio medesimo, il quale ne è responsabile nei confronti dei terzi (v. Trib. Napoli 23 settembre 2016; Trib. Torino, 18 maggio 2016). Di conseguenza, è il condominio e non l'amministratore in proprio a rispondere nei confronti del creditore procedente e, anzi, è lo stesso condominio, proprio in virtù del rapporto di mandato, che potrebbe rivalersi sull'amministratore per eventuali danni causati dalla mancata comunicazione dei dati, da intendersi come cattiva gestione della cosa condominiale. Raramente la giurisprudenza ha ritenuto possibile anche la sussistenza di una responsabilità solidale tra il condominio e l'amministratore in proprio, essendo egli l'unico che può soddisfare la richiesta del creditore istante, quale custode dell'anagrafe e della contabilità condominiale (v. Trib. Cassino, 9 dicembre 2016). Per quanto concerne il contenuto della comunicazione, l'art. 63 disp. att. c.c. parla genericamente di “dati”, dovendo in tale nozione includersi il nome, il cognome, il codice fiscale e l'indirizzo di ciascuno dei condomini morosi (come risultanti dall'anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, n. 6, c.c.), nonché gli importi dovuti da ciascuno di essi e non pagati al condominio con i rispettivi millesimi di competenza, qualora invece il condominio non abbia ancora deliberato in merito alle ragioni di credito di parte ricorrente o l'amministratore non abbia provveduto alla ripartizione e riscossione dei relativi oneri, questi è tenuto a comunicare l'anagrafe completa di tutti i condomini con indicazione delle quote millesimali (v. Trib. Catania, 23 ottobre 2018). È stato evidenziato che la mancata indicazione dei millesimi di proprietà non consentirebbe al creditore alcun riscontro in merito alla correttezza della quota dovuta dai singoli condomini, evenienza che comporterebbe estenuanti richieste di chiarimenti all'amministratore ed anche un'eventuale opposizione in giudizio da parte del condomino moroso, qualora lo stesso asserisca di dover pagare meno in relazione alle effettive carature millesimali di proprietà. Da quanto finora esposto, deriva che nelle cause civili in cui i singoli condomini chiedono l'adempimento dell'obbligo di cui al n. 9) del comma 1 dell'art. 1130 c.c. è legittimato passivo l'amministratore del condominio in proprio e non nella qualità, mentre nei processi intrapresi dai creditori al fine di ottenere la comunicazione dei dati dei condomini morosi è legittimato passivo il condominio, legalmente rappresentato dall'amministratore pro tempore ai sensi dell'art. 1131 c.c. (sulla legittimazione in base al rapporto giuridico dedotto in giudizio, v. Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2016, n. 2951). Tuttavia, parte della dottrina (Scarpa) ed una giurisprudenza minoritaria (ut supra cit.) ritengono che l'ultima parte dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. delinei un obbligo legale di cooperazione con il terzo creditore direttamente in capo all'amministratore, non rientrante nel programma obbligatorio del contratto di amministrazione, perché la consegna dei dati dei morosi al terzo creditore non è menzionata tra le attribuzioni dell'amministratore. Per questa ragione, dall'omessa o intempestiva esecuzione di essa “non può ridondare alcuna responsabilità ricadente nella sfera giuridica del condominio, e la conseguente condanna deve essere emessa in danno dell'amministratore in proprio”. In tal caso, ad avviso di questa dottrina, la responsabilità civile dell'amministratore non sarebbe neanche coperta dalla polizza assicurativa di cui al comma 3 dell'art. 1129 c.c., non rientrando un tale inadempimento tra “gli atti compiuti nell'esercizio del mandato”. Questa tesi presenta varie criticità sia dal punto di vista di diritto sostanziale e processuale sia sotto il profilo pratico. In particolare, non considera che nel corso del giudizio l'amministratore citato “in proprio” potrebbe essere destituito dal proprio mandato e di conseguenza non possedere più i dati dei condomini morosi, che deteneva quale custode del registro dell'anagrafe dei condomini e del registro di contabilità, ed ancora che l'amministratore potrebbe essere il soggetto passivo di una delibera che gli vieta la comunicazione dei dati in questione al terzo creditore. Infine, con la stessa ordinanza in commento, il Tribunale di Napoli ha accolto anche l'istanza promossa dal ricorrente ex art. 614-bis c.p.c. per la condanna del condominio al pagamento di una penale da ritardo nell'esecuzione, nel caso di specie di euro 50,00 per ogni giorno di ritardo, come nella maggior parte delle ordinanze similari emesse da altri Tribunali (raramente si sono registrate ordinanze con penalità di 10 o 20 euro). Questa norma, introdotta nel nostro ordinamento con la l. n. 69/2009, prevede la c.d. astreinte o penalità di mora, consentendo al giudice di applicare, su istanza del creditore, una misura accessoria al provvedimento di condanna principale che obbliga il resistente a pagare una somma di denaro per ogni unità di tempo di ritardato adempimento, perseguendo lo scopo di incentivare il resistente all'adempimento di obblighi non facilmente coercibili. |