Quando nasce l'obbligo contributivo del condomino?

Fabio Fuser
16 Dicembre 2019

Da oltre trent'anni, giurisprudenza e dottrina si interrogano su quale sia il momento in cui sorge per il condomino l'obbligo di provvedere al pagamento delle spese condominiali (ordinarie e straordinarie). La problematica si è quasi sempre presentata nelle ipotesi di subentro nei diritti di un condomino per effetto di una compravendita. Ad oggi, grazie ad un'attenta pronuncia della Cassazione del 2010, che ha esaminato i due filoni giurisprudenziali che, fino a quel momento, hanno tentato di risolvere la questione, non si è reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite e la strada per dare una definitiva soluzione al problema sembra essere stata tracciata.
Massima

Al fine di stabilire il momento in cui sorge l'obbligo contributivo, rileva la diversa origine della spesa condominiale. Occorre, infatti, distingue i costi necessari alla manutenzione ordinaria da quelli attinenti ad interventi comportanti innovazioni o di straordinaria amministrazione. Nella prima ipotesi, l'insorgenza dell'obbligazione deve essere individuata con il compimento effettivo dell'attività gestionale di manutenzione e conservazione delle parti comuni o di prestazione dei servizi, sul presupposto che l'erogazione delle spese non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea condominiale, trattandosi di esborsi prevedibili e rientranti nei poteri dell'amministratore; nella seconda, ipotesi, invece, l'obbligo in capo ai condomini è conseguenza diretta della delibera assembleare avente natura costitutiva.

Il caso

Un condomino aveva opposto il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal condominio per il pagamento degli oneri condominiali risultanti da bilanci regolarmente approvati dall'assemblea condominiale in data 6 aprile 2016, eccependo - tra le varie contestazioni - che gli oneri contributivi dovevano essere posti a carico del precedente proprietario, poiché i crediti del condominio si riferivano a lavori straordinari deliberati in data antecedente al suo acquisto dell'unità immobiliare, precisando che solo con riferimento alle spese ordinarie si applica il principio di solidarietà passiva di cui all'art. 63 disp. att. c.c.

La questione

Ai fini di dare corretta attuazione dell'art. 63, comma 4, disp. att. c.c. - che regolamenta la solidarietà passiva tra chi cede i diritti su un'unità immobiliare e l'avente causa - occorre individuare il momento in cui sorge l'obbligo di partecipare alle spese condominiali.

Le soluzioni giuridiche

Sul punto, il Tribunale cagliaritano, aderendo ai principi espressi dalla Cassazione del 2010, ha affermato che per determinare il momento in cui sorge l'obbligo contributivo occorre indagare ed accertare la natura delle spese: se ordinaria, l'obbligo sorge nel momento in cui vi è l'effettivo compimento dell'attività gestionale, se straordinaria, l'obbligo sorge con la delibera condominiale - avente natura costitutiva - che ha approvato i lavori e, quindi, la spesa.

Osservazioni

La questione esaminata dal Tribunale di Cagliari è stata al centro di un vasto dibattito giurisprudenziale e dottrinale avente ad oggetto il seguente quesito di diritto: “l'individuazione del momento di insorgenza dell'obbligo di contribuzione alle spese condominiali nell'ipotesi di trasferimento di proprietà di immobile sito in edificio condominiale e, quindi, del soggetto sul quale, nei rapporti interni tra venditore e compratore, ricade tale onere”.

In assenza di pattuizione tra l'alienante e l'acquirente, sulla questione su quale delle due parti debba ricadere il suddetto onere, fino al 2010 in giurisprudenza si riscontravano due orientamenti: secondo un primo orientamento, l'obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell'edificio derivava, non dalla preventiva approvazione della spesa, ma dalla concreta attuazione dell'attività di manutenzione, e sorgeva, quindi, per effetto dell'attività gestionale concretamente compiuta, senza che rilevasse la data della delibera di approvazione dell'opera, avente una funzione meramente autorizzativa del compimento di una determinata attività di gestione da parte dell'amministratore (Cass. civ.,sez. II, 7 luglio 1988, n. 4467; Cass. civ.,sez. II, 17 maggio 1997, n. 4393; Cass. civ.,sez. II, 26 gennaio 2000, n. 857; Cass. civ.,sez. II, 9 settembre 2008, n. 23345). Pertanto, nel caso di vendita di un appartamento sito in un edificio soggetto al regime del condominio, obbligato al pagamento delle spese era il proprietario nel momento in cui venivano eseguiti i lavori (Cass. civ.,sez. II, 18 aprile 2003, n. 6323).

Secondo un altro indirizzo, invece, il momento di insorgenza dell'obbligo si identificava con la delibera della spesa da parte dell'assemblea condominiale: il condomino che vendeva l'immobile di sua esclusiva proprietà era, pertanto, tenuto a contribuire alle spese condominiali deliberate quando era ancora proprietario (Cass. civ.,sez. II, 26 ottobre 1996, n. 9366; Cass. civ.,sez. II, 2 febbraio 1998, n. 981), precisando che l'obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorgeva per effetto della delibera dell'assemblea che approvava le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente, e che può anche mancare.

Tali orientamenti avevano, però, il difetto di non porre l'attenzione sulla diversa natura delle spese condominiali.

A considerare la diversa natura delle spese condominiali al fine di dare soluzione al suddetto quesito di diritto, vi pensa un'importante pronuncia (Cass.civ., sez. II, 3 dicembre 2010, n. 24654), la quale, innanzitutto, ricorda che la spesa condominiale può essere: i) necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune; ii) attinente a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell'edificio.

Ne consegue che, nella prima ipotesi la nascita dell'obbligazione coincide con il compimento effettivo dell'attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune. L'obbligo, quindi, insorge, ex lege, non appena si compia l'intervento nel nome di un'esigenza collettiva apprezzata dall'amministratore al quale spetta erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni.

Nella seconda ipotesi, per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall'assemblea nella loro quantità e qualità e nell'importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l'esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino, con la conseguenza che tale obbligo, non discende dall'esercizio della funzione amministrativa rimessa all'amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera dell'assemblea.

Non si può non rilevare che il percorso che ha portato la giurisprudenza di legittimità nel 2010 ad affrontare e risolvere la questione di diritto sulla base della natura delle spese condominiali, era già in atto ed era iniziato qualche anno prima con altra pronuncia della magistratura di vertice (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2003, n. 6323).

Ed, infatti, partendo dalla medesima questione di diritto - imputabilità, in caso di compravendita di una unità immobiliare sita in un edificio condominiale, delle obbligazioni per le spese per la conservazione delle parti comuni: in particolare, la determinazione del criterio, in base al quale le spese si addebitano al venditore o all'acquirente - la Corte nel 2003 è ben consapevole che la soluzione può essere fornita solo esaminando ulteriori tre questioni, quali: i) la definizione della natura delle obbligazioni dei condomini; ii) la determinazione della rilevanza del momento in cui vengono eseguiti i lavori che giustificano le spese; iii) la precisazione della diversa funzione della deliberazione dell'assemblea di approvazione e di ripartizione delle spese.

In tale occasione, quanto alla prima questione e, quindi, alla natura delle obbligazioni dei condomini, con riferimento alle spese per la conservazione delle parti comuni, ne viene ribadita la qualificazione di obbligazioni propter rem derivanti, cioè, dalla contitolarità del diritto reale sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni, con la conseguenza che l'insorgenza dell'obbligo di ciascun condomino deve essere ricondotta al momento dell'esecuzione dei lavori che causano l'esborso, ossia alla concreta attuazione dell'attività di manutenzione e non alle delibere di approvazione o di ripartizione.

Tale qualificazione ha richiesto, però, alcuni chiarimenti in quanto l'art. 1123 c.c. stabilisce due criteri contrapposti di riparto delle spese, correlati alle caratteristiche ed alla destinazione delle res: il primo criterio (comma primo), è legalo al valore della quota e, quindi, all'appartenenza della cosa, il secondo criterio (commi secondo e terzo) è più attento all'uso potenziale del bene ed ha, quindi, causa nell'interesse della cosa.

In sostanza, l'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie alla conservazione ed al godimento della parti comuni dell'edificio, alla prestazione dei servizi nell'interesse comune, ha origine nella comproprietà delle parti comuni dell'edificio e delle cose che servono per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà immobiliari, mentre quando si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, il criterio di ripartizione delle spese è quello legalo alla proporzionalità tra spese ed uso.

Si è, quindi, rilevato che tra le spese indicate dall'art. 1104 c.c., solo quelle destinate alla conservazione della cosa comune costituiscono obbligationes propter rem ed impediscono al condomino di sottrarsi all'obbligo del loro pagamento ex art. 1118, comma 2, c.c., norma che, invece, nulla dispone con riferimento alle spese relative al godimento delle cose comuni.

Su tali presupposti, si è evidenziato che le sole spese per la conservazione delle parti comuni dell'edificio condominiali, in quanto dirette alla tutela ed alla integrità del valore capitale di esse, sembrano caratterizzarsi per il nesso immediato tra l'obbligo e la res, mentre le spese inerenti il godimento della parti comuni scaturiscono dall'uso, quindi, da un mero fatto soggettivo, personale e mutevole, e dunque indipendente da qualsivoglia proporzionalità rispetto al valore della quota millesimale di proprietà.

Il rischio che tali spese rimanessero escluse dalla qualificazione di obbligazioni propter rem, è venuto meno grazie ad un'attenta interpretazione dell'art. 1123, comma 2, c.c. che ha ad oggetto non il godimento effettivo della cosa, ma il godimento potenziale ricavabile dalla cosa comune, tant'è che il condomino, pur potendo godere della cosa comune di fatto non la utilizzi, non è esonerato dall'obbligo di pagamento delle spese. Tale considerazione fa sì che anche con riferimento alle spese d'uso, vi sia la connessione tra obbligazione del condomino e situazione di contitolarità del diritto di proprietà che i partecipanti hanno sulle parti comuni e, quindi, che trattasi anch'esse di obbligazioni propter rem, seppur non in senso stretto.

Non si dimentichi, comunque, che non tutte le spese dovute dai condomini sono propriamente obbligazioni propter rem, poiché vi sono degli esborsi per l'amministrazione della proprietà condominiale che non sorgono ex lege in forza della titolarità della quota condominiale: tali sono, ad esempio, le spese condominiali utili o voluttuarie, concernenti innovazioni o esigenze di miglior godimento, che discendono dalla delibera assembleare, come pure le spese cagionate dall'illecito del singolo condomino o dalla pretesa risarcitoria di un terzo danneggiato.

Principi ribaditi, di recente, dai giudici di Piazza Cavour (Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2019, n. 25839), i quali hanno affermato che, per ormai consolidata interpretazione giurisprudenziale, con riferimento alle spese attinenti a lavori condominiali di manutenzione straordinaria o che consistano in un'innovazione, la deliberazione dell'assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione di contribuzione in capo a ciascun condomino. In sostanza, l'obbligo dei singoli partecipanti di contribuire alle spese straordinarie necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni, postula la preventiva approvazione assembleare, la quale a sua volta suppone essenzialmente la determinazione completa dell'oggetto delle opere, non avendo rilievo ai fini dell'insorgenza del debito, e quindi dell'esigibilità del credito vantato dalla gestione condominiale, l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria.

Guida all'approfondimento

De Tilla, Sull'obbligazione dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali, in Arch. loc. e cond., 2006, 656

Izzo, La ripartizione delle spese tra il condomino precedente e quello subentrante: una questione ancora aperta, in Giust. civ., 2011, I, 2874

Nucera, Compravendita immobiliare e spese condominiali, dalla cassazione una sentenza laconica e imprecisa, in Arch. loc. e cond., 2010, 503

Scarpa, L'obbligazione propter rem dei condomini per le spese di conservazione delle parti comuni, in Riv. giur. edil., 2004, I, 102

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario