Alle Sezioni Unite le questioni relative al vizio delle delibere assembleari che ripartiscono le spese in ambito condominiale
31 Dicembre 2019
QUESTIONI CONTROVERSE
La prima questione, attinente alla distinzione tra l'ambito delle delibere condominiali nulle e quello delle delibere meramente annullabili, risale alla fondamentale summa divisio operata da Cass. civ., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806, secondo cui sono da «qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto». Si è, in sintesi, argomentato che sia inficiata da nullità la delibera che esorbiti dai confini dell'ambito del metodo collegiale e del principio maggioritario – vizio relativo alla sostanza ovvero all'oggetto dell'atto – e configuri, invece, una ragione di annullabilità il vizio attinente al procedimento di formazione della delibera condominiale. Sulla base di tali parametri si è, tuttavia, concluso, con riguardo alla ripartizione di spese per lavori straordinari concernente beni comuni, che laddove l'assemblea non abbia fissato nuovi criteri di riparto, rispetto a quelli legali o convenzionali vigenti, ma si sia limitata a ripartire “in concreto” una determinata spesa, pur in violazione dei criteri vigenti, si integri una mera ragione di annullabilità, come tale deducibile solo nel rispetto del termine di impugnazione e dai soli condòmini legittimati ai sensi dell'art.1137, comma 2, c.c.. L'assunto dirimente è, infatti, che in tal caso l'assemblea non abbia comunque esorbitato dall'ambito delle sue attribuzioni, ai sensi dell'art.1135, n. 2 e 3, c.c., attinenti alla suddivisione tra i condòmini degli oneri di gestione. Ulteriore questione è quella se ed entro quali limiti la delibera assembleare di riparto delle spese sia contestabile nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo che si fondi proprio su tale delibera. Al riguardo le Sezioni Unite hanno da tempo affermato il principio secondo cui «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate» (Cass. civ.,Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26629). Si è, poi, successivamente precisato che l'efficacia della deliberazione presupposta viene meno già per effetto della sospensione disposta in via cautelare nel giudizio di impugnazione ai sensi dell'art.1137 c.c. o dell'annullamento della deliberazione con sentenza anche non passata in giudicato (Cass. civ., sent., 14 novembre 2012, n. 19938; Cass. civ., ord., 24 marzo 2017, n. 7741). Tuttavia è rimasto incerto se in sede di opposizione a decreto ingiuntivo possa essere eccepita, da parte dell'opponente o del giudice, la radicale nullità della deliberazione assembleare presupposta, pur non investita in precedenza da un giudizio di impugnazione e, quindi, almeno apparentemente ancora efficace ai sensi dell'art.1137, comma 1, c.c. E', invece, in via generale non controverso che il giudice possa rilevare di ufficio una ragione di nullità della delibera assembleare ove la rispettiva validità o invalidità rientri tra gli elementi costitutivi della domanda (Cass. civ., sent., 17 giugno 2015, n. 12582; Cass. civ., ord., 15 marzo 2017, n. 6652), così come la possibilità di agire in via autonoma per l'accertamento della nullità di una delibera assembleare a prescindere dalle modalità previste dall'art.1137 c.c. per il giudizio di impugnazione. Qualora si ammetta anche il rilievo di ufficio, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di una ragione di nullità della delibera condominiale presupposta, si apre l'ulteriore (terza) questione relativa alla configurabilità di un giudicato negativo, sull'assenza di (qualsiasi) ragione di nullità, in caso di rigetto nel merito della opposizione all'ingiunzione di pagamento. In tal senso potrebbe trovare applicazione il principio formulato da Cass. civ.,Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242 in ordine alla obbligatorietà del rilievo di ufficio della nullità negoziale – sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresì per le ipotesi di nullità speciali o "di protezione" – in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, ivi compresa la domanda di adempimento. Anche nell'ambito della riscossione dei contributi condominiali, infatti, la delibera assembleare si pone come “prova” privilegiata per l'ingiunzione immediatamente esecutiva ai sensi dell'art.63, disp.att., c.p.c. oltre che fonte stessa sul piano sostanziale, almeno per le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni, dell'obbligo contributivo di ciascun condòmino (Cass. civ., sent., 3 dicembre 2010, n. 24654; Cass. civ., ord., 22 giugno 2017, n. 15547). Una volta, quindi, definitivamente accertato il credito contributivo del condominio all'esito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, potrebbe ritenersi preclusa dal giudicato la deduzione di qualsiasi nullità afferente la deliberazione posta a fondamento dell'ingiunzione. ORIENTAMENTI CONTRAPPOSTI
In ordine alla prima questione, relativa all'incidenza della violazione dei criteri legali o convenzionali di riparto delle spese condominiali, l'orientamento richiamato da Cass. sez. un. n. 4806/05 – nel senso cioè che ogni episodica ripartizione in concreto di una spesa fosse annullabile e, invece, fosse nulla solo la sostituzione del criterio di riparto vigente – è stata seguita solo in parte dalla giurisprudenza successiva: in tal senso, a titolo esemplificativo, da ultimo Cass. civ.,sent.,16 aprile 2019, n. 10586; Cass. civ., sent.,10 maggio 2018, n. 11289; Cass. civ., ord., 15 dicembre 2011, n. 27016. Si è, infatti, nel tempo formato un diverso indirizzo nella stessa giurisprudenza di legittimità – pur senza un esplicito confronto con l'autorevole precedente delle Sezioni Unite del 2005 – imperniato sull'assunto che, essendo indispensabile una fonte convenzionale per poter derogare ai criteri legali di cui all'art. 1123 c.c. e non potendo, quindi, l'assemblea modificare tali criteri con un'eventuale delibera maggioritaria, sono da considerare radicalmente nulle per impossibilità dell'oggetto tutte le deliberazioni dell'assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, seppur limitate ad uno specifico atto gestione,in quanto è sottratto alla maggioranza dei partecipanti il potere di incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto: in tal senso, da ultimo, Cass. civ. sent. 23 luglio 2019, n. 19832; Cass. civ., sent., 10 gennaio 2019, n. 470; Cass. civ., ord., 13 novembre 2018, n. 29220; Cass. civ., sent., 4 agosto 2017, n. 19651; Cass. civ., ord., 9 marzo 2017, n. 6128. A sostegno di tale divaricazione della giurisprudenza si è, in particolare, argomentato che le attribuzioni dell'assemblea attengono alla sola “gestione” dei beni e servizi comuni e consentono, quindi, la ripartizione dei relativi oneri solo sulla base dei criteri normativi vigenti; la violazione di tali criteri, quindi, comporta sempre la lesione del diritto di ciascun condòmino a contribuire nella misura determinata ex lege, con conseguente radicale nullità della deliberazione assembleare. Si è, pure, osservato in senso critico che la distinzione tra ripartizione “in concreto” di una spesa e ripartizione fissata come nuovo criterio “normativo” non è sempre agevole da operare alla stregua della formulazione della deliberazione dell'assemblea e che, in particolare, la reiterazione di ripartizioni “in concreto” potrebbe anche essere sintomatico proprio di un nuovo criterio imposto per facta concludentia; tali incertezze sono, invece, superate ove si ravvisi senz'altro foriera di nullità ogni violazione, da parte dell'assemblea, dei criteri vigenti di suddivisione delle spese comuni. In ordine, poi, alla seconda questione, relativa ai limiti entro i quali è contestabile, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, la ripartizione delle spese approvata con la delibera assembleare posta a base dell'ingiunzione, l'indirizzo nomofilattico avviato dalle Sezioni Unite (Cass. civ.,Sez. Un., 27 febbraio 2007, n. 4421; Cass. civ.,Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26629), volto ad escludere che il giudice dell'opposizione possa sindacare qualsiasi ragione di invalidità della delibera assembleare presupposta, è stata seguita, ancora una volta, solo da una parte della giurisprudenza di legittimità (in tal senso, da ultimo, Cass. civ.,sent.,9 agosto 2019, n. 21240; Cass.civ., ord., 28 marzo 2019, n. 8685; Cass. civ.,sent., 23 febbraio 2017, n. 4672). A partire dal 2016 si è, infatti, contrapposto altro orientamento secondo cui una ragione di radicale nullità della delibera condominiale presupposta è non solo deducibile per la prima volta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo ma anche rilevabile di ufficio, venendo in questione l'applicazione di un atto (la delibera) la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda proposta dal condominio in via monitoria (così Cass. civ., sent., 23 luglio 2019 n. 19832; Cass. civ., sent., 10 gennaio 2019 n. 470; Cass. civ., ord., 20 dicembre 2018 n. 33039; Cass. civ., ord., 12 settembre 2018 n. 22157; Cass. civ., sent., 12 gennaio 2016, n. 305). Mentre l'indirizzo risalente alle Sezioni Unite del 2007 e 2009 privilegia l'esigenza di una efficiente riscossione dei contributi condominiali, riconoscendo una condizione di “specialità” al relativo regime normativo, l'orientamento divergente argomenta che una ragione di nullità è deducibile senza limiti temporali (art.1422 c.c.), esclude in radice che la delibera presupposta sia “efficace” e possa, quindi, costituire il fondamento del credito azionato dal condominio. La terza questione, relativa alla configurabilità, in caso di rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo, di un giudicato (negativo) preclusivo di qualsiasi nullità della delibera condominiale presupposta, è invece da ritenersi nuova e non registra un contrasto in atto nella giurisprudenza di legittimità. È, tuttavia, da evidenziare che lo “speciale” regime di riscossione dei contributi condominiali, così come nel passato disegnato dalle Sezioni Unite, in particolare da Cass. civ., Sez. Un., n. 4421/07, da un lato esclude che il pendente giudizio sulla nullità della delibera approvativa del riparto di spese sia pregiudiziale in senso tecnico rispetto a quello di opposizione al decreto ingiuntivo che pur su tale delibera sia fondato – con conseguente esclusione della sospensione ex artt. 295 o 337 c.p.c. - dall'altro ammette che la medesima ragione di nullità possa condurre, ove ritenuta sussistente, alla formazione di un giudicato concretamente azionabile nei confronti del condomino - pur nelle more uscito vincitore nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo – attraverso i rimedi dell'opposizione all'esecuzione o, dopo l'adempimento, della ripetizione dell'indebito. Si tratta allora di valutare se le esigenze di pronta ed incisiva riscossione dei contributi condominiali, poste a giustificazione del regime di “specialità” riservato al credito contributivo, siano da ritenersi prevalenti o recessive rispetto a quelle di economia processuale e di non contraddittorietà dei giudicati, chiaramente sacrificati dall'autonomo svolgimento delle cause sulla delibera assembleare e sull'ingiunzione di pagamento. RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE
La Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 1 ottobre 2019, n. 24476, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite, relativamente alle seguenti (tre) questioni sui vizi delle delibere dell'assembleari con le quali si ripartiscono le spese di gestione dei beni e servizi condominiali: 1) se la delibera che viola i criteri legali o convenzionali sia comunque nulla o, invece, sia tale solo quella che modifichi stabilmente tali criteri essendo, poi, meramente annullabile ai sensi dell'art. 1137 c.c. la delibera che disattenda solo episodicamente i criteri vigenti di riparto delle spese; 2) se nel procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali il giudice possa sindacare o rilevare le ragioni di nullità della delibera assembleare di riparto delle spese su cui è fondata l'ingiunzione di pagamento o se, invece, tali ragioni possano essere delibate solo nel giudizio di impugnazione della delibera condominiale presupposta ai sensi dell'art. 1137 c.c.; 3) se la statuizione di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali sia idonea a formare il giudicato anche in ordine all'assenza di ragioni di nullità della presupposta delibera assembleare, così come già riconosciuto in via generale per l'accoglimento delle domande di adempimento di un negozio alla stregua dei principi affermati da Cass. civ.,Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242. |