“Contribuenti minimi”, superamento del limite dei ricavi: la cessazione del regime decorre dallo stesso anno dell'accertamento

Ignazio Gennaro
09 Gennaio 2020

Nel regime dei c.d. “contribuenti minimi”, qualora vengano accertati ricavi che superano di oltre il 50% il limite massimo di 30mila euro per la sua applicazione, la cessazione decorre dall'anno di imposta al quale l'accertamento si riferisce.
Massima

Nel regime dei c.d. “contribuenti minimi”, qualora vengano accertati ricavi che superano di oltre il 50% il limite massimo di 30mila euro per la sua applicazione, la cessazione decorre dall'anno di imposta al quale l'accertamento si riferisce.

Il caso

Il titolare di una impresa commerciale, aderente al regime dei c.d. “contribuenti minimi”, impugnava dinnanzi alla Commissione tributaria regionale per la Sicilia una sentenza pronunciata dalla Commissione di prima istanza di Agrigento, con la quale era stato rigettato un suo ricorso avverso un Avviso di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA per l'anno di imposta 2011.

Eccepiva la violazione dell'art. 1 comma 114, terzo periodo, della Legge n. 244/2007 a mente del quale per i c.d. “contribuenti minimi” nell'ipotesi in cui i ricavi o i compensi accertati in via definitiva superino del 50% il limite di legge, il relativo regime cessa di avere applicazione “…dall'anno in cui l'accertamento è divenuto definitivo…”.

A parere dell'appellante l'Avviso di accertamento sarebbe quindi stato illegittimo in quanto la cessazione del regime avrebbe dovuto avere decorrenza non dall'anno di imposta 2011 (al quale si riferiva l'avviso di accertamento con cui era stato contestato il superamento del predetto limite), ma dall'anno “…cui l'accertamento fosse divenuto definitivo…”.

La Commissione tributaria regionale per la Sicilia, con la sentenza in commento, ha invece ritenuto che la cessazione del regime si verifichi ed abbia efficacia “…con decorrenza dallo stesso anno in cui l'accertamento definitivo si riferisce…”.

La questione

La res dubbia sottoposta all'esame del Collegio tributario dell'Isola - in conseguenza dell'incertezza interpretativa da attribuire all'espressione “…dall'anno stesso in cui l'accertamento è divenuto definitivo…” contenuta nell' art. 1, comma 114, terzo periodo della Legge n. 244/2007 – ha riguardato, nella sostanza, la decorrenza della cessazione del regime in parola.

A parere dell'appellante, infatti, l'accertamento con la contestuale dichiarazione di cessazione di applicazione del regime dei “contribuenti minimi” avrebbe dovuto avere decorrenza non dal 2011 (anno al quale l'accertamento si riferiva) bensì “…dall'anno in cui l'accertamento fosse divenuto definitivo…”: con conseguente “slittamento” cronologico in avanti della data di cessazione conseguente ai tempi processuali del giudizio di impugnazione del provvedimento.

Secondo il Collegio del gravame, invece, “…la cessazione del regime si verifica a seguito di accertamento definitivo, ma con decorrenza dallo stesso anno cui l'accertamento definitivo si riferisce…”: quindi, nel caso concreto, dal 2011 anno al quale era riferito l'accertamento in contestazione.

Le soluzioni giuridiche

La Commissione tributaria regionale per la Sicilia nell'argomentare la propria decisione ha preliminarmente osservato che “…in effetti un'interpretazione strettamente letterale del testo normativo avrebbe portato proprio alla conclusione prospettata dall'appellante…”.

Tuttavia, secondo i Giudici palermitani, si sarebbe trattata di “...un'interpretazione inammissibile, perché renderebbe la norma inapplicabile e, quindi, priva di ogni significato, in contrasto con un elementare canone ermeneutico che impone di interpretare le norme nel senso in cui possano produrre effetti e non nel senso di escluderne ogni possibile applicazione…”.

Pertanto, il Collegio ha ritenuto che “…l'unica opzione ermeneutica possibile al di la della infelice formulazione testuale è quella derivante da un'interpretazione logico – sistematica che tenga conto della diversa formulazione della norma contenuta nel periodo precedente secondo la quale la cessazione del regime decorre a seguito di accertamento definitivo' dall'anno successivo a quello in cui sono venute meno le condizioni di legge…” e quindi non dall'anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

Il Collegio ha inoltre rigettato l'eccezione con la quale il Contribuente aveva contestato che a fronte dell'accertamento di ricavi l'Amministrazione non aveva proceduto alla quantificazione dei relativi costi.

I Giudici trinacrini, hanno argomentato che nella fattispecie in esame l'Amministrazione non aveva accertato un “maggior reddito” d'impresa con procedimento induttivo puro ex art. 39 c. 2 lettera d) del d.P.R. n. 600/1973, ma aveva proceduto ad una rettifica dei redditi dichiarati con accertamento analitico induttivo ai sensi dell'art. 39 c. 1 lettera d) del d.P.R. n. 600/1973, nel qual caso è il contribuente che ha l'onere di provare l'esistenza di costi deducibili afferenti a maggiori ricavi o compensi senza che l'Amministrazione possa procedere ad un loro riconoscimento anche in forma forfettaria.

Osservazioni

La Commissione è pervenuta alla determinazione riguardante la decorrenza da dare allacessazione del regime dei “contribuenti minimi” attraverso una interpretazione in “combinato” del terzo e quarto periodo dell' art. 1 comma 114 della Legge n. 244/2007 (Legge finanziaria del 2008) i quali dispongono (in sintesi): “Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui l'accertamento e' divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50%”.

Sulla base di tale interpretazione hanno quindi concluso che trattandosi pur sempre di disposizioni che riguardano la cessazione del regime dei “contribuenti minimi” in conseguenza del venir meno delle condizioni di legge “l'unica differenza rispetto all'ipotesi, rilevante nel caso concreto prevista dal periodo successivo, consiste nel fatto che in quest'ultimo caso la cessazione è determinata dal superamento oltre un certo limite (50%) dell'ammontare dei ricavi accertati” .

Quindi, di fonte alla sostanziale identità delle cause di cessazione del regime dei contribuenti minimi nei casi previsti sia nel secondo che nel terzo periodo della citata disposizione (ovvero il venir meno, in entrambi i casi, delle condizioni di legge per l'applicazione) e “all'impossibilità di una interpretazione strettamente letterale della disposizione contenuta nel terzo periodo…” il Collegio di appello ha ritenuto che nella fattispecie in esame “…la cessazione del regime si verifichi a seguito di accertamento definitivo, ma con decorrenza dallo stesso anno in cui l'accertamento definitivo si riferisce e non secondo la letterale formulazione, dall'anno in cui l'accertamento è divenuto definitivo…”.

Riferimenti giurisprudenziali

La Legge n. 244/2007 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge finanziaria 2008 – entrata in vigore il 1° gennaio 2008) all'art. 1, comma 96, ha puntualmente disciplinato i requisiti che devono essere posseduti per potere accedere al regime fiscale dei i c.d. “Contribuenti minimi” prevedendo espressamente che: “Ai fini dell'applicazione del regime previsto dai commi da 96 a 117, si considerano contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:

  • nell'anno solare precedente:

1) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;

2) non hanno effettuato cessioni all'esportazione;

3) non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli artt. 61 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, nè erogato somme sottoforma di utili da partecipazione agli associati di cui all'art. 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

  • nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro”.

Il successivo comma 114 ha invece disciplinato le cause di cessazione dal predetto regime prevedendo che: “Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive. In caso di infedele indicazione da parte dei contribuenti minimi dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 96 e 99 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 96 a 117, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui l'accertamento è divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50%. In tale ultimo caso operano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 111”.

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