L'operatività della proroga biennale nella locazione a canone concordato e modalità della disdetta
13 Gennaio 2020
Massima
Il conduttore, dopo la prima scadenza contrattuale, può non avvalersi della proroga biennale di cui all'art. 2, comma 5, l. n. 431/1998, del contratto di locazione, stabilita esclusivamente in suo favore, laddove non abbia interesse al rinnovo, non manifestando la volontà di rimanere dell'immobile, senza necessità di dare comunicazione del proprio recesso al locatore, il quale, a sua volta, per impedire l'operatività della proroga, può inviare disdetta motivata ex art. 3, l. n. 431/1998, fermo restando che sussiste il potere del giudice di accertare la cessazione del contratto di locazione ad una data diversa e successiva rispetto a quella indicata nell'intimazione di sfratto per finita locazione. Il caso
Il locatore intima sfratto per finita locazione ai conduttori di un'immobile deducendo che il contratto non era stato rinnovato alla scadenza, né prorogato, ai sensi dell'art. 2, comma 5, l. n. 431/1998, in quanto nessuna delle parti aveva proposto all'altra la stipulazione di un nuovo contratto di locazione. I conduttori si oppongono alla convalida dello sfratto, eccependo la rinnovazione biennale del contratto in mancanza di diniego da parte del locatore. La questione
La quaestio juris esaminata dal magistrato romano con la pronuncia in commento ha per oggetto l'operatività della proroga biennale della locazione nella fattispecie scrutinata, al fine di decidere se il contratto a canone concordato abbia avuto termine alla prima scadenza quinquennale, e, quindi, se sia intervenuta disdetta motivata del locatore, ovvero, se i conduttori non abbiano inteso avvalersi della proroga biennale. Nella stessa pronuncia, si esamina anche l'ulteriore questione se l'errore nell'indicazione della data di scadenza della locazione, in cui sia incorso il locatore, comporti o meno la reiezione della domanda, ed in particolare, se possa configurarsi un caso di extra od ultra petizione allorchè la determinazione di termini e date del rapporto risulti essere prevista ex lege. La soluzione giuridica
Il Tribunale dichiara cessato il contratto di locazione ad una data diversa e successiva rispetto a quella indicata nell'intimazione di sfrato per finita locazione, atteso che quest'ultima può valere come disdetta relativa al contratto di locazione, che costituisce un atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di un diritto potestativo attribuito ex lege, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locatizio. In particolare, da un lato, il locatore non si è avvalso del diniego motivato di cui all'art. 3, l. n. 431/1998 - non avendo provveduto ad inviare alcuna disdetta, atteso il necessario rispetto del dettato normativo che sancisce inderogabilmente per il locatore la necessità di disdettare, con specificazione dei motivi, alla prima scadenza, ovvero, al termine del biennio di proroga, con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima, e, dall'altro, i conduttori hanno manifestato la loro intenzione di avvalersi della proroga biennale del rapporto, costituendosi in giudizio ed opponendosi alla convalida dello sfratto. Nell'addivenire a tale conclusione, il Tribunale rileva che nel caso di specie, il locatore aveva manifestato chiaramente la volontà di non dare prosecuzione al rapporto locatizio con i conduttori, intimando lo sfratto per finita locazione, e, chiedendo il rilascio dell'immobile anche ad una data successiva a quella di prima scadenza, di talché va escluso il rinnovo contrattuale al termine della proroga biennale. Infatti, l'errata indicazione della data di scadenza della locazione in cui era incorso il locatore nell'intimare la licenza di finita locazione, non comporta la reiezione della relativa domanda giudiziale, non configurandosi un caso di extra od ultra petizione allorchè la determinazione di termini e date del rapporto è prevista ex lege, essendo onere del giudice procedere al relativo accertamento. Osservazioni
Il giudice capitolino, nella pronuncia in commento osserva, che, alla scadenza del primo triennio o, comunque, del primo periodo negoziale, le parti possono concordare un rinnovo contrattuale per la stessa durata, salva la facoltà del locatore di esercitare il diniego di rinnovo del contratto, operando in tale contesto normativo la proroga biennale qualora le parti non concordino sull'anzidetto rinnovo, ovvero, qualora il locatore non eserciti il diniego motivato di rinnovo del contratto. Il Tribunale rileva, quindi, come nel sistema ideato dal legislatore, la salvezza della sola facoltà di disdetta del locatore ed il silenzio del legislatore sulla posizione del conduttore, comporta che la situazione di mancata conclusione del rinnovo, giustificativa della proroga biennale, sia solo quella in cui il conduttore avrebbe voluto rinnovare il rapporto locatizio, come in effetti acclarato dal giudice romano. La proroga di cui si discute si presta così a configurare un meccanismo di tutela a favore del conduttore, il quale, da un lato, è avvisato del fatto che il locatore presumibilmente non intenderà rinnovare il contratto alla scadenza biennale, e, dall'altro, ha a disposizione un congruo periodo di tempo per ricercare sul mercato delle locazioni una nuova soluzione abitativa (in base ad un orientamento giurisprudenziale di merito - v. App. L'Aquila 20 ottobre 2012 - il conduttore può comunque rinunciare alla proroga legale biennale ex art. 2, comma 5, l. n. 431/1998). Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, n.16279) non ha mancato di osservare - muovendo dall'esegesi dell'art. 2, comma 5, l. n. 431/1998 - che quando il legislatore allude alla conclusione di un procedimento di rinnovo, suppone che la trattativa abbia luogo perchè il conduttore vuole rimanere nell'immobile. La salvezza della sola facoltà di disdetta motivata del locatore, ed il silenzio del legislatore sulla posizione del conduttore, implicano allora che la situazione di mancata conclusione del rinnovo, giustificativa della proroga biennale, sia solo quella in cui il conduttore avrebbe voluto rinnovare, ed il locatore invece non lo ha voluto, e non anche quella in cui sia lo stesso conduttore a non essere interessato a rinnovare, e, lo sia al contrario il locatore, oppure non lo sia anche lui. La disciplina di quest'ultima ipotesi, può rinvenirsi nell'art. 1596, comma 1, c.c., nel senso che, se il conduttore non ha intenzione di rimanere nell'immobile, e, quindi, non proponga la conclusione di un rinnovo, così come se una simile proposta la faccia il locatore ed il conduttore la rifiuti, la locazione si intende automaticamente cessata alla prima scadenza senza necessità di disdetta da parte dello stesso conduttore. Ciò, sulla base del principio di diritto che il secondo inciso dell'art. 2, comma 5, l. n. 431/1998 deve interpretarsi nel senso che la locazione si intende prorogata di un biennio alla scadenza del triennio di durata previsto dalla legge, sempre che il locatore non abbia in relazione ad essa dato la prevista disdetta motivata, e soltanto qualora il conduttore abbia anteriormente manifestato l'intenzione di rimanere nell'immobile e, quindi, se egli abbia proposto la conclusione di un rinnovo ed essa sia stata rifiutata dal locatore, oppure se una simile proposta l'abbia fatta il locatore al conduttore sempre anteriormente, e, questi l'abbia rifiutata, ritenendola non conveniente (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, n.16279). In mancanza di una di tali eventualità - cioè, sostanzialmente se non sia intervenuta una trattativa per il rinnovo non perfezionatasi - la locazione si deve, invece, intendere automaticamente cessata alla scadenza del triennio senza necessità di disdetta da parte dello stesso conduttore, trovando applicazione la disciplina dell'art. 1596, comma 1, c.c., ricorrendo la quale, ne deriverà anche l'eventuale operare dell'art. 1597, commi 1 e 2, c.c., e correlativamente dell'art. 1574, nn. 1 e 2, c.c. Sul piano temporale, dovendo la mancanza di una trattativa poi sfociata nella conclusione del rinnovo, dare certezza alla situazione contrattuale, nel senso del non verificarsi della sua scadenza al decorso del triennio e, quindi, della proroga biennale, si deve ritenere che l'iniziativa della proposta del rinnovo contrattuale si debba collocare necessariamente prima della scadenza del triennio (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, n.16279). In ordine alla possibilità che la disdetta sia contenuta in un atto processuale come l'intimazione di sfratto per finita locazione, non sembra sussistere alcun divieto in tale senso, a condizione che il medesimo atto processuale esprima chiaramente, e, senza possibilità di equivoci, la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza, ovvero, che tale volontà presupponga logicamente e giuridicamente. Anche sotto tale aspetto specificamente considerato, la pronuncia in esame è conforme all'orientamento di legittimità formatosi su tale questione (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2006, n. 409; Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2000, n. 12496; Cass. civ., sez. III, 2 agosto 1995, n. 8443, in cui si precisa che anche dall'intimazione di sfratto per finita locazione può evincersi l'univoca volontà del locatore di non rinnovare il contratto di locazione). In tale contesto, risulta quindi rispettato anche l'ulteriore principio di diritto formatosi nella stessa giurisprudenza di legittimità, secondo cui, il giudice, ove accerti che per erronea indicazione ovvero, per avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva scadenza dello stesso sia posteriore a quella indicata nell'intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto, può dichiarare la cessazione del contratto per una data successiva, e, quindi, diversa, senza per questo incorrere nel vizio di extra od ultra petizione (Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2010, n. 684; Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7927). Conseguentemente, nella fattispecie scrutinata, l'eventuale errore nell'indicazione della data di scadenza del contratto, non comporta la reiezione della domanda di finita locazione proposta dal locatore (Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2000, n.12028; Cass. civ., sez. III, 11 settembre 1996, n. 8223), in quanto, la causa petendi è costituita dalla risoluzione del rapporto negoziale alla sua scadenza naturale, che è onere del giudice accertare, potendo soltanto ammettersi che ove la scadenza accertata giudizialmente risulti essere posteriore rispetto a quella indicata dal locatore, si realizza un accoglimento parziale della relativa domanda, in quanto, a fronte di un'anticipata richiesta di cessazione del contratto finalizzata alla restituzione dell'immobile viene statuita una maggiore durata del rapporto, e, quindi, del diritto al godimento da parte del conduttore a cui corrisponde un minore diritto del locatore (Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1998, n.10030). In ordine alla restituzione del deposito cauzionale, la cui funzione è di garantire al locatore il risarcimento del danno eventualmente arrecato alla res locata, ragione per cui, nel rapporto locatizio, l'obbligazione del locatore alla sua restituzione sorge al termine del contratto, non appena sia avvenuto il rilascio dell'immobile, atteso che laddove il locatore lo trattenga senza proporre domanda giudiziale per l'attribuzione in tutto od in parte dello stesso a copertura di specifici danni subiti od importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione (Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2010, n.9442; Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2002, n. 14655). Di Marzio -Salari, Temi controversi in materia di locazioni abitative, in Giur. merito, 2011, 2131 Kowalsky, Durata locazione (uso abitativo), in Condominioelocazione.it Redivo, Durata delle locazioni in corso nei contratti tipo, in Condominioelocazione.it Id., Disdetta motivi e sanzioni nelle locazioni abitative, in Condominioelocazione.it |