Garanzia per i vizi nella compravendita e interruzione della prescrizione

Massimo Ginesi
17 Gennaio 2020

Il Giudice di Pace di Taranto e poi il Tribunale della stessa città, in sede di appello, hanno ritenuto che le missive inviate da un compratore al proprio venditore con le quali - in diverse e successive occasioni - il primo aveva denunziato la sussistenza di vizi nel bene venduto, chiedendo una riduzione del prezzo e minacciando azione giudiziale in tal senso, fossero idonee ad interrompere la prescrizione della relativa azione. Le Sezioni Unite confermano l'interpretazione dei giudici di merito, risolvendo un contrasto fra due diversi orientamenti, l'uno che legittimava l'interruzione conseguente a qualsiasi atto di diffida o mossa in mora e l'altro che, invece, riteneva che unico atto idoneo a preservare le ragioni del compratore, dinanzi al decorso del tempo, fosse l'iniziativa giudiziale. Il tema è stato oggetto di ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, posto che si evidenziava da più parti come l'art. 1495, comma 3, c.c. si riferisca alla prescrizione dell'azione, mentre l'art. 2934 c.c. attiene alla prescrizione del diritto. La Cassazione, tuttavia, non si ferma a tale mera distinzione letterale, che ritiene non dirimente, e giunge ad una conclusione che ha significative connotazioni anche sotto il profilo pratico e deflattivo, cui il supremo collegio di legittimità mostra di non essere indifferente: il non imporre necessariamente la via giudiziale, riconoscendo efficacia interruttiva anche agli atti stragiudiziali consente alle parti un margine assai più ampio per trovare un assetto di interessi soddisfacente anche in sede non contenziosa.
Massima

In tema di compravendita, le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore, compiute nelle forme di cui all'art. 1219, comma 1, c.c., costituiscono, ai sensi dell'art. 2943, comma 4, c.c., atti idonei ad interrompere la prescrizione dell'azione di garanzia per vizi, di cui all'art. 1495, comma 3 c.c., con l'effetto di determinare l'inizio di un nuovo periodo di prescrizione, ai sensi dell'art. 2945, comma 1, c.c.

Il caso

Un soggetto acquistava da un vivaio una partita di piante che, successivamente, si sono rivelate affette da virosi. Il compratore inviava numerose lettere al vivaio, con cui denunziava il vizio e chiedeva una riduzione del prezzo, rimaste senza concreti effetti, di talchè si decideva a citare in giudizio il venditore, lamentando il vizio già denunziato e chiedendo che il giudice statuisse su una riduzione del prezzo dovuto.

L'acquirente aveva restituito, in quanto difettose, parte delle piante nel marzo del 2004, aveva poi inviato ben quattro raccomandate al venditore, rimaste senza riscontro, all'esito delle quali, nel gennaio 2006 aveva agito in giudizio dinanzi la Giudice di Pace di Taranto.

Il venditore si costituiva eccependo la tardività della denunzia e l'intervenuta prescrizione della garanzia, ma giudice di prime cure accoglieva la domanda di riduzione del prezzo; la pronuncia ha trovato conferma in appello, ove il Tribunale di Taranto ribadiva che il venditore aveva avuto tempestiva contezza dei vizi e che, quanto alla prescrizione, l'azione di garanzia poteva ritenersi ancora utilmente esercitabile, poichè alle diverse comunicazioni, con le quali l'acquirente aveva manifestato per iscritto alla venditrice l'inidoneità delle piante all'innesto e minacciato azione giudiziaria, doveva riconoscersi valenza interruttiva.

La questione

La questione di diritto di cui sono state investite le Sezioni Unite, dopo che la Sezione II della Corte aveva ritenuto di tramettere gli atti al Primo Presidente, valutando di primaria importanza l'affermazione di un principio univoco su argomento assai delicato, è nella sua essenzialità, estremamente semplice (anche se assai meno lo è il percorso interpretativo cui si è attenuto il giudice di legittimità).

Ritenuto insussistente il primo motivo di ricorso, relativo alla tardività della denunzia - richiamando a tal proposito un consolidato orientamento, in forza del quale il termine di decadenza dalla garanzia per vizi occulti si deve ritenere decorrente solo dal momento in cui il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell'esistenza e della consistenza del vizio lamentato, non essendo sufficiente il semplice sospetto, Cass.civ., sez. II, 6 giugno 2002, n. 8183; Cass.civ., sez. II, 10 marzo 2011, n. 5732 - il giudice di legittimità affronta la questione di diritto rimessa al vaglio del più alto collegio, ovvero se le comunicazioni con cui l'acquirente aveva manifestato alla venditrice l'esistenza di vizi dei beni venduti, prospettando in tali diffide il ricorso alla tutela giudiziaria, debbano ritenersi atti idonei ad interrompere la prescrizione del diritto alla garanzia cui è tenuto il venditore, prevista dall'art. 1490 c.c., nonché delle azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo che da essa derivano a mente dell'art. 1492 c.c.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, per pervenire all'enunciazione del principio di diritto risolutivo, affronta un lungo e complesso percorso ermeneutico, che vede contrapposti due filoni interpretativi, l'uno che riconosce la validità degli atti stragiudiziali a fini interruttivi, muovendo dal presupposto che debba necessariamente differenziarsi fra la garanzia, quale situazione giuridica suscettibile di reiterati interventi interruttivi, e le azioni di tutela che da quella posizione derivano a mente dell'art. 1492 c.c.; l'altro orientamento risolve negativamente la questione, ritenendo che le azioni a tutela del compratore (risoluzione e riduzione del prezzo) rappresentino invece un mero diritto potestativo, sì che il termine di prescrizione di dette azioni potrebbe interrompersi solo mediante l'introduzione concreta delle stesse, senza che abbia alcun rilievo la messa in mora ex art 1219 comma 1 c.c., che vede applicazione ai diritti di credito ma non a quelli potestativi.

Le Sezioni Unite affrontano, preliminarmente, una disamina dei principi sottesi alla tutela per i vizi nella vendita, rilevando come a tutt'oggi non sia possibile inquadrare in univoco contesto la tipologia dei vizi, delle azioni di tutela del compratore (garanzia per evizione, per i vizi, per la mancanza di qualità, e per il buon funzionamento), e delle due modalità apprestate dal legislatore con l'azione redibitoria (risoluzione) o estimatoria (riduzione del prezzo), circoscritte dall'art. 1495 c.c. al duplice termine di decadenza (brevissimo, otto giorni, per la denunzia dei vizi) e annuale per la conseguente azione.

Determinante nell'esegesi del supremo collegio - che circoscrive l'analisi alla garanzia ordinaria nella vendita, essendo la tutela del consumatore prevista da apposite e diverse norme - appare tuttavia una netta scelta di campo in favore della natura contrattuale della suddetta responsabilità, richiamati in proposito gli iter argomentativi di Cass.civ., sez. un., 3 maggio 2019, n. 11748.

Appare di particolare lucidità ed interesse la sintesi cui perviene la pronuncia in commento, laddove afferma che solo l'inesistenza di vizi nel bene compravenduto consente di ritenere realizzata la fattispecie contrattuale e il relativo sinallagma - sia sotto il profilo genetico che funzionale - sì che la sussistenza di vizi deve, invece, individuarsi come presupposto per una assunzione di responsabilità contrattuale del venditore, responsabilità che prescinde da alcun elemento soggettivo colposo e che espone alle azioni c.d. edilizie ex art. 1492 c.c. il venditore che non dimostri di averne ignorato l'esistenza per fatto a lui non imputabile.

La qualificazione come responsabilità contrattuale e la riconduzione delle azioni del compratore di bene viziato ai profili di tutela sostanziali consente di ritenere non determinante il dato letterale espresso dall'art. 1495 c.c., che fa riferimento alla prescrizione dell'azione, posto che in altre ipotesi il legislatore ha mostrato di usare in senso sostanzialmente equipollente il concetto di prescrizione dell'azione e del relativo diritto (ad esempio nell'art. 2947, comma 3, c.c.).

Osserva allora la Corte che se si deve ricondurre il potere del compratore di far valere la garanzia per i vizi all'esercizio di un diritto derivante dal contratto, non sussistono ostacoli interpretativi a che tale diritto di applichi la disciplina generale della prescrizione, e che - conseguentemente - si debba ammettere che ciò possa avvenire tramite una manifestazione di volontà stragiudiziale, che prescinda in quella sede dalla indicazione della successiva azione che si intenderà esercitare, tanto più che l'alternativa fra la comunicazione e la scelta processuale pare consentita dall'art. 1492 c.c. quando individua - con formula condizionale - il percorso giudiziale come una delle possibili opzioni, la cui scelta preclude la possibilità di altre.

Osservazioni

La pronuncia del Supremo Collegio è assai interessante e si segnala, oltre che per il notevole excursus interpretativo e sistematico, per l'esigenza - espressa nella pronuncia - di avvicinare l'afflato interpretativo alla vita comune delle transazioni commerciali, ove un'interpretazione giuridicamente sostenibile finisce per rivelarsi anche costruttiva sotto il profilo di deflazione del contenzioso e volta a favorire un componimento bonario fra i contraenti.

Le conseguenze pratiche ed applicative della pronuncia sono assai ampie: la Corte precisa che il fenomeno interruttivo comporta solo che - ad ogni verificarsi - faccia decorrere un nuovo periodo nella misura prevista dall'art. 1495 c.c., senza che muti in alcun modo la qualificazione giuridica dell'obbligo del venditore che vede solo protratto, per un ulteriore anno (ed altri successivi ove siano tempestivamente esercitati altri atti interruttivi da parte del venditore, ex art. 2945, comma 1, c.c.) l'onere contrattuale di attivarsi per eliminare le inidoneità della cosa venduta.

In analogia a quanto statuito da Cass. civ.,sez. II, 25 luglio 2019, n. 29191 in tema di appalto, tale garanzia rimane quella originariamente nascente dal contratto e la comunicazione interruttiva non vale a mutarne il titolo, posto che solo l'espresso impegno del venditore di eliminare i vizi può dar luogo ad altra e diversa obbligazione, che si affianca (con termini di prescrizione ordinari) ma non sostituisce quella originaria.

La Corte sottolinea come il lasciare alle parti il ventaglio ampio di opzioni circa la tutela del compratore, che dunque potrà interrompere il decorso della prescrizione con “qualsiasi dichiarazione formale che, in generale, esprima univocamente la pretesa del creditore all'adempimento”, possa certamente favorire un proficuo confronto fra le parti, consentendo al venditore di attivarsi per l'eliminazione dei vizi, realizzando così la ratio effettiva della norma di garantire le ragioni dell'acquirente.

Se si può apprezzare lo spirito sistematico che anima l'interpretazione della Corte, che legge in maniera rigorosa, ma non accademicamente astratta, disposizioni normative che devono avere risvolti applicativi razionali, non può non rilevarsi come il supremo interprete manifesti forse un eccesso di ottimismo nel considerare la probabilità che il venditore si attivi spontaneamente ove non sia posto dinanzi alla immediata azione giudiziaria, che la stretta forca caudina annuale prevista dall'art. 1495 c.c. imporrebbe a fronte di diversi criteri interpretativi: la vita delle aule di merito - e i risultati statistici del procedimento di mediazione, anche laddove obbligatorio ex d.lgs. n. 28/2010 - suggeriscono che, a fronte di contraenti recalcitranti, difficilmente metodi blandi consentono alla controparte di ottenere risultati.

Va tuttavia osservato che la soluzione delle Sezioni Unite unisce il pregio di consentire alle parti di concedersi un più ampio spatium deliberandi rispetto allo stretto termine annuale di cui all'art. 1495 c.c., mantenendo intatti gli strumenti di tutela del compratore che - in ogni momento - potrà comunque decidere di dar corso ad azione, laddove ritenga che non vi sia altro strumento per vedere attuate le proprie garanzie.

Guida all'approfondimento

Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato a cura di Vassalli, Torino, 1993

Ferri, La vendita, in Trattato a cura di Rescigno, Milano, 1984

Rubino, La vendita, in Trattato a cura di Cicu e Messineo, Milano, 1971

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