Autotutela sostitutiva: l'A.F. può emettere nuovo atto modificativo in aumento della pretesa di un precedente atto
20 Gennaio 2020
Massima
L'autotutela sostitutiva è un potere riconosciuto all'Amministrazione Finanziaria che si renda conto che il provvedimento emesso è viziato sotto il profilo procedimentale o sostanziale, potendo quest'ultima rimuovere un precedente atto ed emettere uno nuovo, anche modificativo di precedenti statuizioni più favorevoli al contribuente. In ragione dell'assenza di una specificazione legislativa circa l'ammissibilità di modifiche in bonam partem o in malam partem, nulla esclude che l'Amministrazione Finanziaria possa emettere un nuovo atto modificativo in aumento della pretesa contenuta in un precedente atto.
Il caso
Con sentenza n. 59/15/2012 del 12 marzo 2012 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, Sezione distaccata di Verona, rigettava l'appello proposto dalla Società in nome collettivo Alfa., esercente attività edilizia, e dai soci Tizio e Caio contro la sentenza n. 163/4/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Verona che aveva respinto il ricorso presentato dagli stessi soggetti contro gli avvisi di accertamento parziale D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 41 bis, per l'anno di imposta 2005, relativi ad IRAP e IVA nei confronti della società di persone e ad IRPEF nei confronti dei soci, con cui, a seguito di annullamento in autotutela per errore di calcolo di altro precedente accertamento, erano stati determinati in aumento componenti positivi di reddito per Euro ___________, derivanti dalla differenza fra le maggiori somme indicate nei preliminari di vendita a terzi di immobili della s.n.c. rispetto a quelle inferiori indicate nei contratti pubblici definitivi e dichiarate dalla contribuente come ricavi, a fronte di maggiori redditi per Euro____________ accertati nell'avviso autoannullato.
La questione giuridica
L'esaminanda sentenza affronta la tematica relativa all'ammissibilità di una determinazione in aumento di componenti positivi a seguito di un annullamento in via di autotutela di un atto precedentemente emesso. In particolare, occorre capire se sussiste in capo all'Amministrazione Finanziaria il potere di emettere un atto modificativo di un precedente atto contenente statuizioni piu' favorevoli al contribuente in conseguenza dell'esercizio del potere di autotutela e in assenza di nuovi elementi. Le soluzioni giuridiche
L'ordinamento giuridico riconosce all'Amministrazione Finanziaria il potere di farsi giustizia da sé, rimuovendo un atto cd. illegittimo. L'autotutela (Sul concetto di autotutela ved. si B. Patrizi – G. Marini – G. Patrizi, Accertamento con adesione, conciliazione ed autotutela, Milano, Giuffrè, ed. 1999), pertanto, si presenta come il potere di secondo grado di cui è titolare l'Amministrazione Finanziaria che determina l'instaurazione di un procedimento di secondo grado volto a rimuovere un atto che sia viziato sotto il profilo procedimentale o sostanziale, si tratta, altresì, della possibilità per il titolare di realizzare fattivamente i propri diritti o interessi giuridicamente rilevanti, laddove siano stati oggetto di lesione (V. Ficari, Autotutela e riesame nell'accertamento del tributo, Milano, Giuffre, ed. 1992). L'istituto risponde all'esigenza di garantire l'imparzialità della Pubblica Amministrazione che esige che la stessa amministrazione operi nell'ambito di criteri prefissati dalla singola amministrazione: una sorta di autodisciplina o di autolimite (P. M. Vipiana, L'autolimite della pubblica amministrazione, Milano, 1990) che orienta i contenuti delle decisioni. La fonte legislativa del suddetto istituto deve essere ravvisata nell'art. 21-octies, comma 1, della L. n. 241/90 a tenore del quale “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'art. 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”. L'autorità amministrativa, pertanto, allorché voglia eliminare i propri atti invalidi, inopportuni o comunque non più rispondenti all' interesse pubblico, non ha bisogno di rivolgersi all'autorità giurisdizionale, ma può provvedervi direttamente e autonomamente con un proprio provvedimento esecutivo (P. Virga, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi 2, 4 ed. Milano, 1997).
L'operatività del procedimento di autotutela è, dunque, vincolato al ricorrere di determinati presupposti:
Legittimato attivo all'esercizio del potere di autotutela è l'organo che ha emanato l'atto o altro organo previsto dalla legge. L' autotutela si distingue in eliminatoria e sostitutiva: nella prima ipotesi l'atto originario viene rimosso senza che ne consegua l'emanazione di un altro atto; nell'ipotesi di autotutela sostitutiva, invece, si rimuove l'atto originario che viene sostituito da un altro atto privo del vizio. In caso di autotutela sostitutiva qualora l'ufficio ritenga di dover procedere all'annullamento di un provvedimento ed emetterne un altro deve rispettare i limiti della decadenza dall'esercizio della potestà impositiva e del giudicato sostanziale (E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2017). L'autotutela può operare ex officio quando è la stessa Amministrazione a rendersi conto di aver commesso un errore e ritorna sui suoi passi. In particolare, l'Amministrazione Finanziaria deve procedere, senza necessità di un'istanza di parte, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, in caso di errore di persona, errore logico o di calcolo, errore sul presupposto d'imposta, doppia imposizione, mancata considerazione di pagamento di imposta, regolarmente eseguito; mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza; sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione. Tali ipotesi hanno valore meramente esemplificativo del potere dell'Amministrazione Finanziaria di intervenire su un provvedimento già emesso (S. Capolupo, Manuale dell'accertamento delle imposte, 2001).
Ma il procedimento può essere attivato anche ad istanza di parte e in tal caso l'ufficio dovrà valutare la richiesta della parte ed annullare l'atto in presenza di vizi. Qualora il contribuente, titolare di un diritto a non subire un sacrificio eccessivo rispetto alla effettiva consistenza del fatto imponibile indice di capacità contributiva, ritenga più opportuno procedere ad una richiesta di riesame in autotutela l'amministrazione non può esimersi dal provvedervi (K. Scarpa, L'autotutela tributaria in Riv. Dir. Trib,2001, 03, 441). Qualora, nell'ipotesi di autotutela decisoria, l'Amministrazione non abbia provveduto alla rimozione dell'atto ritenuto illegittimo in ossequio ai principi di buona fede e leale collaborazione e il giudice accolga il ricorso del contribuente, quest' ultimo potrà esperire nei suoi confronti un'azione di responsabilità per risarcimento dei danni. La condotta dell'Amministrazione finanziaria deve avvenire non solo secondo i principi di imparzialità, trasparenza e buona fede (art. 97 Cost.), ma anche secondo il principio di economicità che esprime l'esigenza dei cittadini di avere delle risposte in tempi brevi. Qualora l'Amministrazione decida di rimuovere l'atto, il provvedimento di autotutela (T.A.R. Bari, Puglia, sez. I 07 luglio 2016 n. 878 in www.dejure.it “anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, il rapporto di incidenza fra autotutela amministrativa e giudicato non deve essere risolto aprioristicamente, con l'affermazione assoluta della prevalenza del secondo sulla prima; al contrario, deve essere affidato in concreto al riscontro dell'esatta portata del medesimo giudicato e del bene della vita riconosciuto. Sicché, ove il giudicato non inibisca l'esercizio dei tratti liberi dell'azione amministrativa (secondo la regola generale sancita adesso dall'art. 34, co. 2, c.p.a.), ovvero ne consenta espressamente la riedizione, è inconfigurabile una situazione di inottemperanza”) deve essere ampiamente motivato, in altre parole, i provvedimenti di autotutela sono legittimi nella misura in cui sussistano attuali ragioni di interesse pubblico puntualmente esternate in motivazione; tale motivazione si impone ancora di più nel caso in cui si sia creata in capo ai privati un'aspettativa qualificata (T.A.R. Roma (Lazio) sez. II 21 luglio 2016 n. 8380 in www.dejure.it.). Tramite il riesame l'Amministrazione opera in attuazione del principio della “ultrattività del potere amministrativo” che risponde all'esigenza di una continua ricerca dell'interesse pubblico concreto (G. Clemente di San Luca, La persistente rilevanza del ruolo dell'interesse pubblico dopo la L. n. 15/2005 e La sua effettiva consistenza, in G. Clemente di San Luca (a cura di) La nuova disciplina dell' attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, Torino, Giappichelli ed., 2005,120). Il potere di autotutela trova fondamento giuridico nella cd. presunzione di legittimità di cui godono gli atti emanati dalla Pubblica Amministrazione tenuta, pertanto, a rimuovere un atto che presenti dei vizi tali da inficiare la validità (art. 97 Cost.).
L'autotutela si discosta dall'istituto della revoca atteso che quest'ultima opera per ragioni di opportunità e convenienza e gli effetti vengono rimossi con efficacia ex nunc. L'autotutela, invece, determina l'eliminazione degli effetti con efficacia ex tunc. L'Amministrazione deve procedere ad un bilanciamento degli interessi in gioco, valutando l'interesse pubblico all'annullamento e gli interessi di cui sono portatori i soggetti sui quali incide direttamente il provvedimento originario (M. D'Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2017). L'obiettivo che intende perseguire l'Amministrazione non si esaurisce all'accertamento della legittimità del provvedimento emesso, ma si concretizza nel soddisfacimento del pubblico interesse all'adozione del provvedimento di secondo grado (M. Villani, Autotutela tributaria: potere d'ufficio dell'Amministrazione Finanziaria e non strumento di protezione del contribuente in Diritto.it). Si vuole riconoscere al cittadino la possibilità di ottenere in sede extragiudiziale la correzione della illegittimità posta in essere dall'Amministrazione Finanziaria (M. Allena, L'annullamento d'ufficio. Dell'autotutela alla tutela, Napoli, 2018). La domanda di autotutela determina il dovere di esaminare e rispondere. Il rifiuto espresso è atto autonomamente impugnabile, in quanto atto impositivo (F. Tesauro, Riesame degli atti impositivo e tutela del contribuente in Profili autoritativo e consensuali). In tema di applicabilità ratione temporis dell'art. 21-nonies della Legge n. 241/1990, che prevede (nella versione risultante dalle indicate modifiche apportate dall'art. 6, comma 1, della Legge n. 124/2015) il termine massimo di diciotto mesi per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio diretto a rimuovere provvedimenti di autorizzazione o, come nella specie, un piano di attuazione, non può applicarsi in via retroattiva computando anche il tempo decorso anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 124/2015. Una diversa interpretazione, oltre a porsi in contrasto con il generale principio di irretroattività della legge (art. 11 preleggi), finirebbe infatti per limitare in maniera eccessiva ed irragionevole l'esercizio del potere di autotutela amministrativa. (Conferma T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 24 agosto 2018, n. 459).
Osservazioni
Secondo l'esaminanda sentenza l'Amministrazione Finanziaria può modificare precedenti statuizioni più favorevoli al contribuente in via di autotutela anche se non sopraggiungono nuovi elementi su cui si fonda la pretesa. Quanto detto in ragione della preminenza dell'interesse fiscale sul legittimo affidamento che il contribuente ha riposto nell'atto precedente. Rileva, infatti, l'interesse dell'Amministrazione Finanziaria al rispetto dell'art. 53 Cost. laddove si prevede che la capacità contributiva è il presupposto per l'adempimento dell'obbligazione tributaria e, pertanto, la rideterminazione erariale deve essere il piu' vicino possibile ad un recupero equo e giusto. Prevale, pertanto, l'interesse alla giusta imposizione che rappresenta il fine ultimo dell'azione amministrativa. È a dirsi che il potere di autotutela sostitutiva va tenuto distinto da quello dell'Amministrazione Finanziaria di “integrare” un precedente atto di accertamento che presuppone la “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” e che non comporta la sostituzione dell'atto precedente con un nuovo provvedimento. L'accertamento integrativo, infatti, come da prescrizione normativa di cui all'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 richiede quale presupposto per l'operatività il sopraggiungere di nuovi elementi non conosciuti o conoscibili dall'Amministrazione Finanziaria. Il suddetto accertamento opera in deroga al principio di globalità del provvedimento di accertamento che vieta all'amministrazione di emettere una pluralità di accertamenti per un medesimo periodo d'imposta, salvo le ipotesi tassativamente previste dalla legge. Mediante l'autotutela l'Amministrazione Finanziaria può correggere un vizio che inficia la legittimità di un provvedimento emesso. L'emanazione di un provvedimento di accertamento, infatti, non comporta di per sé una consumazione del potere impositivo, ben potendo l'Amministrazione finanziaria procedere alla correzione degli errori mediante l'emissione di un nuovo avviso di accertamento, purché non siano scaduti i termini per l' emissione del provvedimento di accertamento. Essa può riguardare tutti gli elementi strutturali dell'atto come l'oggetto, i destinatari ed il contenuto. Come detto, l'istituto dell'autotutela va tenuto distinto dall'accertamento cd. integrativo di cui all'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 che ravvisa quali presupposti per l'operatività il sopraggiungere di nuovi elementi. L'autotutela, di converso, opera in presenza di un errore commesso dall'Amministrazione Finanziaria che inficia l'avviso di accertamento. La Corte ribadisce (v., per tutte, ord. n. 25023 del 06/12/2016 Rv. 642029 - 01) che il d.P.R. n. 600/1973, art. 43, nella parte in cui consente modificazioni dell'avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell'ufficio, non opera con riguardo ad un avviso annullato in sede di autotutela, alla cui rinnovazione l'Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo che l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale giudicato formatosi sull'atto nullo. Il rimedio dell' “autotutela sostitutiva” differisce dal potere di integrazione dell'atto impositivo in quanto quest'ultimo presuppone la esistenza di un precedente valido atto di imposizione, mentre il primo richiede quale condizione necessaria la eliminazione (anche implicita nel caso in cui l'atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell'atto sostituito: Corte Cass. V sez. 3 agosto 2007 n. 17119) del precedente atto impositivo illegittimo od infondato. In più è a dirsi che in caso di integrazione sussiste un precedente atto che viene integrato da un atto successivo; in caso di autotutela sostitutiva l'atto precedente viene rimosso e sostituito da altro atto. La Suprema Corte nella pronuncia in commento evidenzia che i presupposti per l'esercizio del potere di autotutela sono:
Nel silenzio della legge, pertanto, è ammissibile anche la modifica di precedenti statuizioni più favorevoli al contribuente. Invero, proprio il D.L. n. 564/1994, art. 2-quater, comma 1, conv. nella L. n. 546/1994, legittima la possibilità di agire in autotutela riferendosi semplicemente all'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca degli atti illegittimi o infondati, senza dunque operare alcuna distinzione fra atti in bonam partem o in malam partem ai fini del riconoscimento del potere di annullamento e revoca.
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