Nulla la cartella al liquidatore di società di capitali estinta se il debito tributario è sociale e non attiene all'attività liquidatoria
27 Gennaio 2020
Massima
La cartella di pagamento emessa per debiti fiscali di una società di capitali estinta e notificata al liquidatore in proprio è nulla se non riguarda un debito relativo alla carica rivestita dal liquidatore. Il caso
Il caso oggetto di analisi da parte della Suprema Corte riguarda l'impugnazione eseguita in proprio, da parte di un liquidatore di una società di capitali estinta per cancellazione dal registro delle imprese, di una cartella di pagamento a lui notificata ma emessa per debiti fiscali della società. Si trattava di due avvisi di accertamento Invim originariamente emessi nell'anno 1977 a carico della società; successivamente, nell'anno 2006, veniva emessa e notificata la relativa cartella di pagamento, notificata al liquidatore non quale legale rappresentante o liquidatore dell'ente estinto, bensì in proprio. La CTP accoglieva il ricorso per mancanza di notifica dell'atto presupposto ma la CTR, in riforma della decisione di primo grado, riteneva correttamente notificati gli atti pregressi. Nel giudizio di legittimità è stato ribadito quanto emerso nelle corti di merito, cioè l'inammissibilità del ricorso proposto dall'ex liquidatore di una società di capitali per mancanza di potere di rappresentanza dell'ente e, per quanto qui interessa, la mancanza di legittimazione passiva del liquidatore medesimo, visto che era stato destinatario della pretesa in proprio, cioè come se il debito della società estinta fosse a lui ascrivibile. La Corte di Cassazione ha accolto la tesi della parte privata ed ha annullato la cartella di pagamento. Le questioni
Le questioni esaminate dalla Suprema Corte sono le seguenti:
La prima questione concerne il non semplice rapporto tra formale mancanza del potere di rappresentanza dell'ente estinto ed il diritto di difesa giudiziale, diritto da azionare a fronte della ricezione di un provvedimento autoritativo e pregiudizievole (lo si ripete, la cartella era stata notificata al liquidatore “in proprio”, cioè come “erede” sic et simpliciter del pregresso debito sociale): cosa può fare il destinatario di un provvedimento di tale natura? La sua eventuale mancanza di legittimazione passiva alla pretesa è rilevabile d'ufficio? È consentita l'azione giudiziale nonostante la mancanza di un soggetto da rappresentare? La seconda questione, più complessa, riguarda il titolo della responsabilità del liquidatore, prima e dopo l'estinzione della società tramite cancellazione dal registro delle imprese: quali sono le norme che trovano applicazione e quale natura di pretesa viene azionata in capo al liquidatore, una volta estinta la società di capitali, civilistica o meramente finanziaria? Le soluzioni giuridiche
La questione relativa alla procedibilità del ricorso del liquidatore è stata risolta positivamente dalla Corte di Cassazione: è sempre ammissibile il ricorso del liquidatore in proprio se volto a far rilevare d'ufficio la nullità della cartella emessa nei confronti di un soggetto diverso dalla società estinta, perché il liquidatore non è un successore dell'ente. La soluzione merita di essere analizzata nel dettaglio: in termini astratti e generali, per la S.C. sarebbe “improponibile la domanda giudiziale introdotta dal liquidatore di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, poiché l'effetto estintivo che ne deriva determina il venir meno del potere di rappresentanza dell'ente estinto in capo al liquidatore”; sul punto vengono richiamati i precedenti nn. 28263/2011, 7676/2012, 23916/2016, n. 1100/2017 e 17020/2019. Nonostante ciò, cioè nonostante i termini astratti e generali, la Cassazione ha ritenuto che, “in virtù del principio costituzionale del diritto alla difesa, posto che un soggetto venga attinto da un provvedimento in astratto pregiudizievole, in proprio o nella qualità di legale rappresentante di un ente ormai inesistente … qualunque atto che costituisca opposizione nell'ambito dell'esercizio del diritto medesimo non può essergli denegato, con la conseguenza … che il ricorso introduttivo doveva ritenersi ammissibile esclusivamente ai fini della rilevabilità "ex officio" della nullità della cartella di pagamento in quanto emessa nei confronti di un soggetto diverso dall'ente ormai non più esistente, che non poteva qualificarsi neppure come successore dell'ente”; sul punto, vengono richiamati i precedenti nn. 22863/2011, 28187/2013, 8596/2013, 21188/2014 e 14880/2014. Come si nota, una volta che la società di capitali è estinta per cancellazione dal registro delle imprese, per la S.C. il liquidatore non può essere attinto da un provvedimento relativo al debito societario, né in proprio, né in qualità di legale rappresentante di un ente oramai inesistente, e la cartella di pagamento deve essere dichiarata nulla d'ufficio dal giudice che può, all'uopo, essere adito, solo per far rilevare tale nullità. Quanto alla questione relativa alla responsabilità del liquidatore, la Cassazione, in primis, ricorda la differenza tra la responsabilità ex artt. 2495, c.c. e 36, d.P.R. n. 602/1973: “l'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore verso i creditori ex art. 2495 c.c., si fonda sulla inosservanza degli obblighi suoi propri attinenti alla fase della liquidazione (ad esempio, rispettando i gradi di privilegio), mentre quella del d.P.R. n. 602/1973 … è riconducibile agli artt. 1176 e 1218 c.c., ed integra una ipotesi di responsabilità propria ex lege … in funzione del prioritario soddisfacimento dei crediti tributari …”. La conseguenza di ciò, per la Cassazione, è questa: “estinta la società contribuente non si realizza alcuna forma di successione nei confronti del liquidatore, ma sorgono ipotesi di responsabilità nuove e fondate su differenti presupposti, ancorché implichino l'esistenza della obbligazione tributaria”. Del resto, aggiunge il giudice di legittimità, “quello verso l'amministratore o liquidatore è credito dell'amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all'obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa (S.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall'Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del d.P.R. n. 600/1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso …”. Ed allora, la cartella di pagamento era da dichiarare illegittima perché non si fondava sulla responsabilità “ex art. 36 cit., bensì sui medesimi avvisi di accertamento (richiamati in essa) notificati alla società per il pagamento del registro Invim …”. Osservazioni
L'oggetto di questa breve nota si è concentrato sulle due questioni dove maggiormente si è posto l'accento della Corte di Cassazione, ma v'è da dire che le problematiche legate all'estinzione di una società di capitali sono molteplici e tutte meriterebbero un commento: uno su tutti, l'inciso contenuto nella sentenza in analisi, per il quale la responsabilità ex art. 36, d.P.R. n. 602/1973, sarebbe “esercitabile solo se i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e se sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione”. In ogni caso, per quanto qui interessa, la pronuncia in commento esprime dei principi che risultano, nel mare magnum delle sorti dei debiti fiscali delle società di capitali estinte, più che condivisibili: quanto meno a parere di chi scrive, bene ha fatto la S.C. a garantire il diritto di difesa al liquidatore chiamato a rispondere in proprio di un debito altrui, così come si ritiene condivisibile l'intento chiarificatore circa la natura della responsabilità del liquidatore di società di capitali, perché il procedimento di liquidazione- ad opinione dello scrivente- non può essere guidato da esigenze terze rispetto a quelle che le sono proprie ed il liquidatore ha diritto di sapere, prima dell'inizio della liquidazione a quali responsabilità può andare incontro e, soprattutto, al ricorrere di quali presupposti. |