Clausole limitative dei diritti del singolo condomino non chiare: da valutare la finalità perseguita

Adriana Nicoletti
28 Febbraio 2020

La formulazione, nei regolamenti di condominio di natura contrattuale, di clausole aventi ad oggetto il mutamento di destinazione d'uso delle proprietà esclusive è sempre oggetto di confutazioni, soprattutto quando la loro enunciazione richieda un'attività interpretativa. Il Tribunale di Torino, sull'onda della costante giurisprudenza, ha ribadito principi consolidati che, a quanto pare, non sono stati ancora del tutto assimilati.
Massima

La circostanza che un regolamento di condominio di natura contrattuale non abbia elencato divieti, ma abbia invece esplicitato gli usi consentiti a cui l'immobile può essere adibito, costituisce una tecnica redazionale, che non sconta alcuna censura poiché non lascia dubbi sulla volontà risultante dall'atto, cioè quella di escludere utilizzi non indicati, ritenuti dai redattori del regolamento non adeguati oppure tali - come nel caso di specie, in cui si era destinato a supermercato un immobile adibito ad autorimessa - da compromettere l'igiene degli stabili. La limitazione, quindi, può esprimersi mediante l'indicazione di usi vietati, ovvero attraverso l'indicazione in positivo di utilizzazioni consentite: in entrambe le ipotesi occorre che le espressioni siano chiare ed inequivocabili circa l'intento perseguito.

Il caso

Una società, proprietaria di un immobile adibito ad autorimessa, citava in giudizio il condominio lamentando che questi, tramite atto di diffida, aveva negato alla stessa attrice il consenso di destinare detto immobile a supermercato.

Nell'atto di citazione, veniva evidenziato che l'unità immobiliare di cui trattasi, pur non facendo parte del condominio convenuto, per effetto di quanto contenuto nell'atto di acquisto era soggetta al rispetto del regolamento condominiale, che stabiliva che l'uso del locale poteva essere solo quello di “pubblica autorimessa, magazzino, laboratorio o di industria non contraria ai regolamenti igienici e comunque tale da non danneggiare gli stabili fronteggianti”. Secondo parte attrice il regolamento non poneva limiti all'uso della sua proprietà, dal momento che gli specifici divieti in esso contenuti (che si riferivano solo ad utilizzazioni contrarie ai regolamenti igienici tali da recare danno agli stabili prospicienti) non vietavano altre e diverse destinazioni. La prescrizione regolamentare, da ritenersi illegittima, era nulla e comunque non impegnativa per la società attrice, in quanto non riportata espressamente nella nota di trascrizione.

Il Condominio contestava gli assunti avversari evidenziando che l'articolo del regolamento condominiale, indicando precisamente le attività che potevano essere svolte nel locale oggetto di giudizio aveva sostanzialmente individuato tipologie di attività che non comportavano un contatto diretto con il pubblico, mentre l'apertura di un supermercato avrebbe creato evidenti disagi (quelli che il regolamento aveva voluto evitare) tali da creare grave pregiudizio per la tranquillità e la stabilità dei condominii interessati.

Il Tribunale respingeva la domanda di nullità della norma regolamentare proposta dalla proprietaria dell'autorimessa, con conseguente rigetto di quella connessa all'apertura del supermercato negli stessi locali.

La questione

Dall'esame della motivazione, risulta che i temi principali trattati sono due. Il primo, ancorché più volte affrontato, concerne la validità ed applicabilità delle clausole contrattuali del regolamento che hanno per oggetto le limitazioni in ordine alle modalità di utilizzo delle proprietà esclusive. Il secondo si riferisce alla presunta nullità di una clausola che, riferita a divieti in questo senso, non sia stata trasferita nella nota di trascrizione.

Le soluzioni giuridiche

Quanto al primo aspetto, il Tribunale, nel respingere la domanda, si è uniformato all'orientamento espresso dalla giurisprudenza che, con riferimento ai regolamenti condominiali, in passato si era già espressa in merito alla dicotomia tra elencazione di attività esplicitamente vietate ed enumerazione di usi consentiti.

Nel caso di specie, va detto che la clausola oggetto di contestazione conteneva entrambe le indicazioni: da un lato e nella prima parte erano state precisate le attività che potevano essere esercitate nell'immobile che, pur estraneo al condominio, era soggetto al relativo regolamento (pubblica autorimessa, magazzino, laboratorio industria non contraria ai regolamenti igienici) e, dall'altro, era stato sancito il divieto di utilizzare lo stesso in modo da non danneggiare “comunque gli stabili fronteggianti”.

Il Tribunale ha, quindi, correttamente evidenziato che la disposizione regolamentare, per come formulata, aveva voluto escludere altri usi che non fossero riconducibili a quelle specifiche categorie in essa fissate, fra cui una diversa destinazione commerciale. In effetti, come rilevato dal giudicante, l'interpretazione della norma (che non poteva essere considerata estensiva - come voluto dalla società attrice - ma logica, perché derivabile dalle espressioni utilizzate) non poteva che portare ad una valorizzazione dell'intenzione delle parti desumibile dal complesso del regolamento medesimo.

Infatti - come osservato - gli usi consentiti dal regolamento condominiale, pur essendo di natura commerciale, non potevano essere estesi al settore della grande distribuzione (nella fattispecie: supermercato) che, come noto, crea gravi pregiudizi ai condomini non solo per il profilo igienico/sanitario ma anche per quello concernente la tranquillità degli stessi. Basti a tale fine pensare all'impatto che un supermercato può creare non solo rispetto al condominio nel quale i locali sono situati, ma anche rispetto alla zona limitrofa. Circostanza, questa, che era stata evidenziata dal condominio, il quale aveva posto in rilievo le notevoli ricadute provocate dall'apertura e dal funzionamento di tale esercizio commerciale (operazioni di carico e scarico merci; raccolta rifiuti; installazione di macchinari per la climatizzazione e così via).

Per quanto concerne, invece, l'asserita nullità della clausola regolamentare per mancata trasposizione nella nota di trascrizione e conseguente inopponibilità della stessa alla parte attrice, il Tribunale non poteva fare altro che respingere la domanda. In via di fatto era stato provato che nell'atto di acquisto si dava atto che l'immobile in discussione, benché non facente parte del condominio era sottoposto al suo regolamento le cui norme, quindi, non potevano che essere note ed accettate dall'acquirente (Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2009, n. 17886; Cass. civ., sez. II, 3 luglio 2003, n. 10523). Solo questo era sufficiente per rigettare la domanda, essendosi il Tribunale nuovamente conformato ai principi pronunciati in materia dalla Corte di Cassazione (vedi sent. citate), la quale ha affermato che le clausole limitative dei poteri e facoltà spettanti ai condomini sulle parti di proprietà esclusiva sono vincolanti per gli stessi e per i loro aventi causa, indipendentemente dalla trascrizione allorché nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.

Osservazioni

Per quanto la prima questione portata all'attenzione del giudice torinese - come già rilevato - non rappresenti una novità, la stessa stimola una riflessione sul punto concernente lo spazio di discrezionalità interpretativa riservato al giudice quando una clausola regolamentare sia di dubbia chiarezza.

In via generale, per l'interpretazione del regolamento anche in ambito condominiale si devono seguire le regole dettate per l'interpretazione dei contratti previste dagli artt. 1362 ss. c.c. Il giudice, infatti, nell'interpretare l'atto (il regolamento allegato agli atti di compravendita, infatti, assume valore contrattuale) deve indagare quale sia la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Questo esclude, sempre in via generale, una dilatazione del contenuto negoziale mediante l'individuazione di diritti ed obblighi diversi da quelli contemplati nel contratto o mediante l'eterointegrazione dell'assetto negoziale previsto dai contraenti, neppure se tale adeguamento si presenti, in astratto, idoneo a ben contemperare il loro interessi (Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 2012, n. 925). Trattasi di un principio applicabile, in via analogica, anche al regolamento contrattuale di condominio rispetto al quale l'individuazione della regola dettata da tale atto nella parte in cui impone limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l'ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2016, n. 21307: fattispecie relativa a clausola del regolamento di condominio espressamente limitativa della destinazione d'uso dei soli locali cantinati e terranei a specifiche attività non abitative, rispetto alla quale era stata tratta l'esistenza di un vincolo implicito di destinazione, a carattere esclusivamente abitativo, per gli appartamenti sovrastanti, uno dei quali era stato invece adibito a ristorante-pizzeria, mediante scala di collegamento interna ad un vano ubicato al piano terra).

Va, altresì, rilevato che sempre la Suprema Corte ha ritenuto rientrare nell'attività interpretativa del giudicante il principio stabilito dall'art. 1367 c.c. secondo il quale le clausole devono essere interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1987, n. 2888).

Ora, dalla motivazione di cui alla sentenza in oggetto, risulta che il Tribunale ha fatto buon uso di tali principi poiché, nell'interpretare la clausola regolamentare richiamata, ha seguito un principio di logica finalizzata a decodificare l'effettiva volontà delle parti che era quella, più che condivisibile, di impedire che altri tipi di attività commerciali provocassero pregiudizi ai condomini e, più in generale, anche agli altri stabili.

Guida all'approfondimento

Ceolin, Regolamenti di condominio e vincoli di destinazione, anche alla luce del nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. notar., 2009, 873

Ginesi, Limiti posti dal regolamento contrattuale alle proprietà individuali: natura, opponibilità e rilevabilità in giudizio, in Immob. & proprietà, 2018, 296

Iannone, Regolamento di condominio e limiti alla proprietà esclusiva: opponibilità ai terzi acquirenti, in Riv. nel diritto, 2016, 1469

Masullo, Trascrivibilità ed opponibilità del regolamento di condominio, in Amministrare immobili, 2015, fasc. 197, 15

Monegat, Divieti del regolamento: la diversa destinazione d'uso di singole unità immobiliari prescinde dalle autorizzazioni amministrative, in Immob. & proprietà, 2017, 186

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