Distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato: regolamento di condominio e leggi regionali possono essere più limitative delle norme statali?

Adriana Nicoletti
11 Marzo 2020

La questione concernente il distacco dall'impianto centralizzato è, malgrado l'intervento del legislatore del 2012, sempre al centro di decisioni giurisprudenziali che ripropongono all'attenzione questioni non ancora definite. La sentenza in commento rappresenta, in questo quadro, un ulteriore tassello che invita a riconsiderare una problematica che presenta ancora zone d'ombra.
Massima

L'art. 1138, comma 4, c.c. prevede l'inderogabilità dell'art. 1118, comma 2, c.c. il quale prevede che “il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni” con ciò rendendo invalide quelle previsioni dei regolamenti di condominio tese a “menomare” in qualche modo tale diritto. Mentre la previsione dell'art. 1118, comma 4, c.c., nell'ambito del più ampio diritto a rinunciare ad un diritto sulle parti comuni, prevede le condizioni in base alle quali è rinunciabile il diritto all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento e pertanto è solo limitatamente alla diversa modulazione di questi aspetti che la norma regolamentare (se esistente) sarebbe inderogabile.

Il caso

Un condomino, proprietario di più locali situati al piano seminterrato dello stabile, si rivolgeva al Tribunale del luogo chiedendo, una volta accertato e dichiarato il proprio diritto di rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato ai sensi dell'art. 1118, comma 4, c.c., di essere autorizzato al distacco delle diramazioni e, conseguentemente, di essere sollevato dal pagamento di tutte le spese di riscaldamento relative a dette unità immobiliari, quanto meno dalla prima diffida inviata al condominio. Contestualmente l'attore chiedeva che venisse dichiarata la nullità della/e delibere assembleari assunte e che gli avevano impedito l'esercizio di detto diritto.

Si costituiva il condominio che chiedeva il rigetto delle domande di parte attrice, assumendo - aldilà di qualsivoglia considerazione tecnica - che tale rinuncia era vietata sia dal regolamento condominiale, sia da una normativa energetica regionale. Questa, infatti, prevedeva l'applicazione di rilevanti sanzioni amministrative qualora, negli edifici costituiti da più di quattro unità abitative, al distacco dall'impianto centralizzato fosse seguita l'installazione di un impianto autonomo.

Esperita la CTU il Tribunale accoglieva la domanda di accertamento del diritto dell'attore ai sensi dell'art. 1118, comma 4, c.c. ed autorizzava lo stesso al distacco secondo le modalità indicate nella relazione tecnica.

La questione

La sentenza del Tribunale piemontese ha affrontato tanto il rapporto tra gli artt. 1138, comma 4, 1118, comma 2 e 4, c.c., quanto la questione concernente la sussistenza di un regolamento del condominio, che vieti la rinuncia all'uso del riscaldamento centralizzato. Una terza questione deriva dall'eccezione sollevata dal condominio in merito all'esistenza di una normativa regionale che precluda il distacco in determinate condizioni.

Le soluzioni giuridiche

Per la decisione, in via di fatto, il Tribunale si è basato sulle risultanze della CTU tutte favorevoli all'attore (distacco dei locali dall'impianto comune in atto da anni, poiché la quasi totalità degli elementi radianti era già scollegata; assenza, nel corso degli anni e da parte dei condomini, di qualsivoglia denunzia in relazione ad uno scompenso nel funzionamento dell'impianto centralizzato; impossibilità, per il futuro, del verificarsi di uno squilibrio proprio per l'ubicazione dei locali e per la struttura dell'impianto stesso; la chiusura delle valvole degli elementi scaldanti posti al piano interrato, inoltre, aveva messo a disposizione dell'impianto comune una maggiore portata d'acqua, ecc.). Le uniche obiezioni sollevate dall'ausiliario riguardavano il divieto di distacco imposto dalla normativa regionale richiamata dal condominio.

In punto di diritto, il Tribunale ha affermato il principio di cui alla massima estratta ma ha anche evidenziato, in relazione all'invocata applicazione della norma regolamentare che avrebbe vietato il distacco, che la clausola aveva previsto solo l'obbligatorietà del servizio centralizzato per tutte le unità servite dall'impianto, ponendosi in contrasto con l'art. 1118, comma 2, c.c. “….laddove non consentisse tout court la rinuncia ad esso” e, vista l'inderogabilità di tale diritto, tale previsione sarebbe comunque invalida. Peraltro, ad avviso del giudice di prime cure, il tenore della clausola in oggetto era tale da escludere un divieto tassativo alla rinuncia al servizio di riscaldamento dal momento che la stessa (che aveva previsto la salvezza di differenti accordi con la ditta appaltatrice del riscaldamento e di norme delle competenti autorità a questo riguardo) aveva aperto alla possibilità di integrare la normativa codicistica con il regolamento medesimo.

Quanto al divieto sancito dalla normativa energetica regionale il Tribunale, ne ha sostanzialmente riconosciuta la validità obiettiva, pur dovendo considerare il caso concreto (dichiarazione dell'attore di non intendere dotarsi di impianto autonomo e preclusiva, per il futuro, di una differente decisione che avrebbe comportato - come sostenuto dal CTU - solo l'obbligo di riallacciare l'impianto preesistente a quello comune).

Osservazioni

La sentenza in esame offre alcuni spunti di riflessione, in primo luogo, sul contenuto dell'art. 1118 c.c. che ha definito il rapporto tra la proprietà esclusiva e quella condominiale dal quale derivano, nelle norme a seguire (artt. 1123, 1124 e 1126 c.c.), i criteri per la ripartizione delle spese condominiali. In questo ambito il comma 4 (rinuncia all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento) si pone come un'eccezione al principio in tema di irrinunciabilità, da parte di ciascun partecipante, ai propri diritti sui beni comuni come sancito dal precedente comma 2.

Il titolo dell'art. 1118 c.c., “diritti dei partecipanti sulle parti comuni”, delinea un quadro applicativo omnicomprensivo dei diritti di proprietà (insito nel fatto che nessun condomino può rinunziare al proprio diritto sui beni comuni, così come deve contribuire alle spese di conservazione degli stessi in proporzione al valore della propria unità immobiliare di appartenenza) e di uso. Ed in questo ambito va rilevato che il diritto-dovere di ciascun condomino, ai sensi dell'art. 1118 c.c., di provvedere alla manutenzione delle cose comuni comporta certamente non solo l'obbligo di sostenere le spese, ma anche tutti gli obblighi di facere e di pati connessi alle modalità esecutive dell'attività manutentiva (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2018, n. 29220). Da ciò si deduce che il legislatore ha voluto assicurare che la contitolarità obbligatoria sui beni comuni implica il divieto di una rinuncia finalizzata all'esonero dalle relative spese.

Il comma 4 dell'art. 1118 c.c., introdotto ex novo dalla l. n. 220/2012, è caratterizzato dall'aver introdotto, per la prima volta e nella sussistenza dei due presupposti vincolanti ivi previsti (assenza di notevoli squilibri di funzionamento nell'impianto centralizzato ed aggravi di spesa per gli altri condomini), la rinuncia dell'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento lasciando, tuttavia, sostanzialmente impregiudicato il divieto di abdicare alla proprietà dello stesso. Tale divieto emerge chiaramente da quella parte della norma che obbliga i condomini, che abbiano effettuato il distacco, a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria, di conservazione e messa a norma dell'impianto stesso.

Poiché la nuova disposizione è il frutto di un lento adeguamento del legislatore all'evoluzione della giurisprudenza, è interessante evidenziare come, secondo l'orientamento precedente alla modifica delle norme condominiali, si sia sempre fatto riferimento ad un generico “squilibrio termico” dell'intero edificio pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio (v., tra tutte, Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2006, n. 15079; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5974), sotto il duplice profilo di scompenso tecnico ed economico (Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2004, n. 1558). Con l'entrata in vigore del novellato art. 1118, comma 4, c.c., invece, l'aggiunta di un semplice aggettivo è stata sufficiente a circoscrivere l'entità dello squilibrio (si parla, infatti, di “notevoli squilibri di funzionamento”).

Appare, quindi, evidente che con riferimento al solo profilo tecnico l'intento del legislatore è stato quello di limitare il divieto del distacco in ragione di uno sbilanciamento evidente e rilevante, talché in caso di minimo squilibrio il condominio non potrà che sopportare la defezione del condomino (Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11857; Trib. Torino 29 marzo 2018). Mentre il testo dell'art. 1118, comma 4, c.c. non può che essere interpretato letteralmente, nel senso che gli aggravi di spesa prescindono dalla loro entità.

Per quanto concerne il carattere derogabile dell'art. 1118, comma 4, c.c. in quanto non espressamente richiamato dall'art. 1138, comma 4, c.c. si è posto il problema della validità ed applicabilità della norma regolamentare che vieti, tout court, il distacco del singolo dall'impianto centralizzato di riscaldamento.

Sul punto la dottrina è ancora oscillante tra coloro che ritengono valida una siffatta clausola proprio in ragione della derogabilità dell'art. 1118, comma 4, c.c. ed altri interpreti che si sono espressi in modo opposto, mentre altra parte della dottrina ritiene la questione non risolta.

Con un'interessante decisione, la Suprema Corte è tornata sulla questione (Cass. civ., sez. II, 2 novembre 2018, n. 28051) affermando la nullità, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, della clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti.

Detto questo e volendo interpretare correttamente il pensiero del Tribunale si può affermare che vista la peculiarità dell'art. 1118, comma 4, c.c. la sua inderogabilità si dovrebbe riferire solo ad una differente definizione, nel regolamento di condominio, dei due presupposti ivi previsti per la legittimità del distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento (ad esempio: clausola regolamentare che, in contrasto con la norma in questione, dovesse porre un divieto al distacco anche nel caso di una non ragguardevole disfunzione all'impianto, ovvero aggravio di spesa non rilevante).

Da ultimo, va evidenziato come dall'eccezione sollevata dal convenuto sia emerso un ulteriore problema: ovvero il rapporto tra una legge regionale (nella specie della regione Piemonte), che sancisca precisi limiti per il distacco, e l'art. 1118, comma 4, c.c.

Come emerge dalla sentenza il Tribunale, preso atto che l'attore aveva dichiarato di non voler installare nei locali alcun servizio autonomo di riscaldamento alternativo, nel momento in cui ha affermato che un futuro proprietario (ma perché escludere anche l'attuale ove volesse cambiare idea?) che intendesse dotare i locali di riscaldamento autonomo, non avrebbe altra scelta se non quella di riallacciare l'impianto preesistente a quello centralizzato comune. Manifestando, così, la prevalenza della norma regionale su quella di rango statale.

Per completezza, va ricordato che il convenuto aveva richiamato la l.r. n. 13/2007 che, pur richiamando integralmente il disposto dell'art. 1118, comma 4, c.c. come norma nazionale di riferimento ha introdotto al medesimo un correttivo molto più rigoroso, nel senso di avere vietato il distacco negli edifici con unità abitative superiori a quattro. Limite che, invece, non vale per altre fonti di calore che non rientrino strettamente nella nozione di impianto termico (quali stufe, caminetti, radiatori individuali, purchénon fissi e con somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare non sia maggiore o uguale a 5 kW).

Il quadro interpretativo qui disegnato appare indubbiamente ancora incerto e la questione, nel suo complesso, potrà essere risolta solo con un deciso e conforme intervento della massima giurisprudenza.

Guida all'approfondimento

Gomitoni, Il “diritto” del condomino al distacco dall'impianto di riscaldamento dopo la riforma, in Immob. & proprietà, 2013, 4, 224

Ribaldone, Il regolamento condominiale di natura contrattuale ed il distacco dall'impianto centralizzato, in Immob. & proprietà, 2017, 493

Scalettaris, La corte di cassazione considera nuovamente il distacco dall'impianto di riscaldamento nel condominio, in Riv. giur. edil., 2017, II, 279

Sommario