Giurisdizione contabile nel conflitto fra Ente locale ed Agente della riscossione

12 Marzo 2020

La recente Cass. Civ. Sez. Unite, 28 febbraio 2020, n. 5595 ritorna sul tema della giurisdizione della Corte dei Conti nel conflitto fra Agente della riscossione ed Ente locale titolare del potere impositivo. La Suprema Corte esamina il caso concreto del Comune di Ciampino, ente locale che con ricorso proposto ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58 innanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, aveva chiesto la condanna di Equitalia Sud S.p.A. al risarcimento del danno per l'importo di euro 11.898.890,12, per avere omesso, parzialmente, di procedere alla riscossione di tributi, non adempiendo ad una convenzione che risultava stipulata il 10 luglio 2008.
Il caso

La recente Cass. Civ. Sez. Unite, 28 febbraio 2020, n. 5595 ritorna sul tema della giurisdizione della Corte dei Conti nel conflitto fra Agente della riscossione ed Ente locale titolare del potere impositivo.

La Suprema Corte esamina il caso concreto del Comune di Ciampino, ente locale che con ricorso proposto ai sensi del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58 innanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, aveva chiesto la condanna di Equitalia Sud S.p.A. al risarcimento del danno per l'importo di euro 11.898.890,12, per avere omesso, parzialmente, di procedere alla riscossione di tributi, non adempiendo ad una convenzione che risultava stipulata il 10 luglio 2008.

La Corte dei conti adìta accolse la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 12.091.238,46.

Avverso detta sentenza propose appello Equitalia Sud S.p.A., e con sentenza 1° febbraio 2018 n. 34/2018 la Corte dei Conti III Sezione Giurisdizionale d'appello in Roma, in parziale accoglimento dell'impugnazione, rideterminò nella misura onnicomprensiva di euro 9.793.475,64 l'importo dovuto da Equitalia Sud S.p.A.

La decisione è stata impugnata in Cassazione dal soggetto succeduto ex lege ad Equitalia.

Profilo della giurisdizione

Quanto al profilo della giurisdizione, che è quello che tratta la sentenza della Cassazione, già la sezione centrale di appello della Corte dei conti definì infondato il motivo di gravame relativo al difetto di giurisdizione, in primo luogo per la qualità di agenti dell'amministrazione, soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti, degli incaricati della riscossione delle entrate dell'ente e del relativo versamento all'ente medesimo, in secondo luogo per la qualificazione di contabile della società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte.

Aggiungeva la Corte contabile che la controversia aveva ad oggetto non l'accertamento di un inadempimento contrattuale, ma l'esatto esercizio della funzione di interesse pubblico della riscossione dei crediti erariali e che i giudizi ad istanza di parte, disciplinati solo per il profilo procedurale dal capo III del regolamento di procedura approvato con R.D. n. 1038 del 1933, costituivano categoria "aperta", senza vincolare sul piano sostanziale l'interprete, dipendendo la cognizione del giudice contabile dalla materia in questione, nella specie rimessa alla giurisdizione contabile per la qualità di agente contabile del concessionario dei servizi di esattoria del Comune. Osservava inoltre la Corte dei Conti che infondato era il motivo di appello relativo alla violazione del D.Lgs. n. 112/1999 in tema di comunicazioni di inesigibilità e procedura di discarico delle quote iscritte a ruolo, non comportando la previsione del termine per la comunicazione da parte del concessionario dell'inesigibilità del credito l'obbligo per l'amministrazione di attendere la scadenza del detto termine per chiedere conto al concessionario medesimo della gestione.

Secondo la Corte di Cassazione in primo luogo nella fattispecie non ricorre alcun difetto assoluto di giurisdizione per violazione o falsa applicazione del R.D. n. 1038 del 1933, art. 58.

Infatti, non vi è alcuna “creazione” da parte della giustizia contabile di una inesistente e quasi “pretoria” azione di responsabilità contabile, né vi è esercizio indebito innanzi al Giudice contabile di una azione ordinaria di responsabilità, derivante dall'inadempimento di natura civilistica agli obblighi contratti con la convenzione di servizio.

Eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al Legislatore

Secondo la Corte, alla luce della sentenza n. 6/2018 della Corte Costituzionale - che viene definita a carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8 - il sindacato della Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per "invasione" o "sconfinamento" nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per "arretramento" rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, negando la giurisdizione sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione.

Il difetto assoluto di giurisdizione, sotto il profilo dell'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, posto che gli errores in iudicando o in procedendo non investono la sussistenza ed i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, ma solo la legittimità dell'esercizio del potere medesimo (si citano anche ex plurimis le recenti Cass. Sez. UU. 20 marzo 2019, n. 7926 e 25 marzo 2019, n. 8311, nonché Cass. Sez. UU. 11 settembre 2019, n. 22711).

Anche un altro profilo segnalato, e cioè la proposizione del giudizio senza il previo esperimento del procedimento amministrativo di cui al D.Lgs. n. 112/1999, artt. 19 e 20 integra a parere della Suprema Corte un error in procedendo, ed è dunque inidoneo a fondare la censura di difetto assoluto di giurisdizione, attenendo ad una modalità procedimentale strumentale al giudizio ad istanza di parte, ed in particolare la controversia tra agente della riscossione ed ente impositore in dipendenza del rapporto di affidamento del servizio di riscossione di tributi, e dunque trattasi di censura relativa ai limiti interni della giurisdizione contabile, il cui controllo è sottratto al sindacato della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 14 gennaio 2005, n. 476).

In conclusione

Rammenta inoltre la sentenza in commento che, con riferimento al giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore generale per i danni derivati all'erario dalla mancata esazione dei ruoli consegnati per la riscossione al concessionario anche prima ed indipendentemente dallo svolgimento del procedimento amministrativo di accertamento del diritto al rimborso o al discarico delle quote d'imposta anticipate e dichiarate inesigibili - d.P.R. n. 43/1988, ex art. 85 e, successivamente, D. Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20 -, è stato affermato che non sussiste violazione dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti, ma vengono piuttosto in rilievo le modalità ed il tempo del suo esercizio (Cass. Sez. UU. 11 maggio 2009, n. 10667; 23 febbraio 2010, n. 4312; 6 aprile 2018, n. 8568).

Peraltro, aggiunge la Cassazione, la Corte dei Conti ha riconosciuto la propria giurisdizione non sulla base dell'art. 58, ma della materia implicata dalla controversia, peraltro in conformità a quanto già affermato dalla medesima Cassazione, e cioè che l'art. 58, mediante la previsione di "altri giudizi ad istanza di parte", introduce una categoria residuale, aperta, di giudizi che possono essere instaurati avanti il giudice contabile ad iniziativa di soggetti diversi dal pubblico ministero, con l'unico limite che si verta in materia assegnata alla giurisdizione della Corte dei conti (Cass. Sez. U. 10 febbraio 2009, n. 5463).

La Cassazione ha ritenuto infondate nella specie anche le eccezioni miranti ad inquadrare il caso come ricompreso nella giurisdizione amministrativa ex art. 133, comma 1, lett. c) C.P.A, trattandosi asseritamente di controversia in materia di pubblici servizi relativa a concessioni di pubblici servizi, come quella di specie relativa alla riscossione delle entrate di un Comune o residualmente come ricompreso ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c., nella giurisdizione ordinaria trattandosi di controversia avente ad oggetto l'adempimento della convenzione stipulata il 10 luglio 2008.

Argomenta infatti la Corte che la società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione-contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, riveste la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia tra essa e l'ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un "giudizio di conto" (si citano anche Cass. Sez. UU. 18 giugno 2018, n. 16014; 16 novembre 2016, n. 23302).

Pertanto, i giudizi tra Comune e Agente della riscossione che riguardino la responsabilità di detto agente nel caso in cui abbia cagionato per colpa un danno patrimoniale al Comune rientrano nella giurisdizione della Corte dei Conti (Cass. Sez. U. 18 settembre 2017, n. 21546; 24 marzo 2017, n. 7663; 16 dicembre 2009, n. 26280).

Infatti, l'agente esercita una funzione pubblica e in forza di uno specifico rapporto di servizio assumendo una veste ed un rilievo di soggetto passivo possibile dell'azione contabile.

La giurisdizione della Corte dei conti sussiste, prosegue la sentenza, tutte le volte in cui fra l'autore del danno e l'amministrazione o l'ente pubblico danneggiati sia ravvisabile un rapporto, non solo di impiego in senso proprio, ma di servizio, intendendosi per tale una relazione funzionale, caratterizzata dall'inserimento del soggetto nell'apparato organico e nell'attività dell'ente, suscettibile di rendere il primo compartecipe dell'operato del secondo (Cass., Sezioni Unite, n. 24671/2009, n. 16240 del 2014, n. 10324 del 2016).

La giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilità pubblica (così fra le tante si cita Cass. Sez. UU. 18 settembre 2017, n. 21546) e dunque anche quanto alla verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione ed ente locale titolare del credito da riscuotere e quanto al risultato contabile finale di detti rapporti.

La sentenza applica principi consolidati e si pone nel solco di altre precedenti pronunce; resta da approfondire una qualche contraddizione, proprio alla luce della sentenza 6/2018 della Corte Costituzionale, fra l'esistenza di un difetto di giurisdizione assoluto quando il giudice speciale “si faccia legislatore”, introducendo una categoria di tutela non prevista nell'ordinamento e le fattispecie in cui per contro si riconosce all'ordinamento contabile ed alla sua facies giurisdizionale una vis expansiva non basata su specifiche previsioni di legge, ma su una norma che viene dichiaratamente letta come “aperta”, cioè come riferimento generale ad un'ampia tutela contabile non esattamente e non specificamente regolata dalla norma speciale e che peraltro comporta altra rilevante eccezione al principio generale che l'azione contabile è espressione di uno ius publicum di cui è interprete e motore usuale l'organo inquirente contabile.

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