Contratto di locazione: uso della clausola risolutiva espressa e osservanza reciproca della buona fede

Vito Amendolagine
13 Marzo 2020

Il Tribunale di Modena esamina un'interessante questione concernente l'uso corretto della clausola risolutiva espressa contenuta in un contratto di locazione, al fine di stabilire la sua possibile incidenza sul rapporto contrattuale in corso, nel rispetto della buona fede contrattuale, per quanto attiene all'esistenza o meno di una concreta lesione del diritto del locatore nel percepire tardivamente il singolo canone di locazione rispetto alla scadenza indicata nel contratto.
Massima

Il mancato o tardivo pagamento di una rata del canone locatizio, ove manchi la prova di un inadempimento concretamente lesivo dell'assetto degli interessi definito dalle stesse parti in sede di stipula del contratto di locazione, non comporta la risoluzione di quest'ultimo, in tale ottica, dovendo essere valutato ex art. 1375 c.c. anche il corretto utilizzo della clausola risolutiva espressa.

Il caso

La locatrice intima sfratto per morosità nei confronti della conduttrice, con cui ha in corso un contratto di locazione, avvalendosi della clausola risolutiva espressa dal momento che la medesima conduttrice ha pagato in ritardo la rata di canone già scaduta, per l'effetto, chiedendo la risoluzione del contratto con condanna al rilascio dell'immobile ed al risarcimento del danno (la pronuncia che si annota ripropone le stesse argomentazioni di Trib. Modena 15 giugno 2006, in cui si è affermato che, nell'ambito del procedimento di sfratto, sono ammissibili le azioni relative all'avvenuta risoluzione della locazione per effetto della clausola risolutiva espressa, di cui il locatore dichiari di avvalersi).

La conduttrice si difende eccependo che era prassi tra le parti quella di attendere l'emissione della fattura, nel caso di specie non avvenuta, prima del pagamento, adducendo di avere comunque provveduto - a seguito della contestazione - al pagamento del canone di locazione scaduto, eccependo al riguardo, la violazione dell'obbligo di tolleranza nel ritardo, non eccedente i limiti dell'apprezzabile sacrificio, e la mancata specifica approvazione della clausola risolutiva espressa, stante il corretto adempimento delle previsioni contrattuali.

La questione

La quaestio juris esaminata dal Tribunale di Modena ha per oggetto gli effetti concretamente promananti dalla clausola risolutiva espressa inserita nel contratto di locazione, concernente le conseguenze derivanti dal mancato o tardivo pagamento anche di una sola rata del canone di locazione.

La soluzione giuridica

Il Tribunale rigetta la domanda attorea, giudicandola infondata, perché anche in presenza di clausola risolutiva espressa, i contraenti sono tenuti a rispettare il principio generale della buona fede ed il divieto di abuso del diritto, preservando l'uno gli interessi dell'altro. Nel caso di specie, secondo il Tribunale, non è possibile inferire che l'omesso pagamento di un singolo canone per ventuno giorni dalla scadenza, senza che sia stata inviata fattura da parte intimata come da prassi consolidata tra le parti, in relazione ai pregressi rapporti contrattuali, non potendo ritenersi che in assenza di allegazioni specifiche sul punto, tale evento abbia integrato un inadempimento effettivo, cioè concretamente lesivo dell'assetto degli interessi definito dalle parti con il contratto, in relazione al quale, come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, deve essere valutato anche l'utilizzo della clausola risolutiva espressa.

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 1456 c.c., i contraenti possono convenire espressamente che il contratto di locazione si risolva qualora l'obbligazione di pagamento del canone non sia adempiuta secondo le modalità stabilite, integrando detto patto accessorio il conferimento del potere al locatore di fare valere la risoluzione del contratto al verificarsi dell'inadempimento, considerato convenzionalmente dai medesimi contraenti, quale condizione risolutiva, la cui operatività postula la dichiarazione della parte locatrice e l'accertamento giudiziale del fatto costitutivo dell'inadempimento.

La clausola risolutiva prevista dall'art. 1456 c.c. - che secondo l'orientamento della giurisprudenza non richiede la preventiva sottoscrizione specifica ai sensi dell'art. 1341 c.c. in quanto non particolarmente onerosa (Cass. civ., sez.III, 28 giugno 2010, n.15365), non rientrando tra quelle che stabiliscono limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, con aggravamento della condizione di uno dei contraenti (Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2000, n.369), perché la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto spetta in base all'art. 1453 c.c., per cui la suddetta clausola, ove inserita in un contratto di locazione, non fà altro che rafforzare tale facoltà, accelerando la risoluzione del rapporto - consente di rimettere alle parti contraenti la preventiva valutazione della gravità dell'inadempimento concernente le obbligazioni contrattuali (Cass. civ., sez. VI, 12 novembre 2019, n.29301; Cass. civ., sez. I, 17 marzo 2000, n.3102), ma ciò non toglie che il giudice, nel tenerne conto, non possa esimersi dal valutarne l'uso, governato dal necessario rispetto delle norme a tutela della buona fede operanti nell'esecuzione del contratto.

In linea generale, la clausola risolutiva espressa non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto a seguito del previsto inadempimento, essendo sempre necessario per l'art. 1218 c.c. l'accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento al debitore almeno a titolo di colpa (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2002, n.11717, in cui si è ribadito il principio di diritto che ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, in presenza di una clausola risolutiva espressa, anche se la colpa del contraente inadempiente si presume, ai sensi dell'art. 1218 c.c. il giudice non è tenuto soltanto a constatare che l'evento previsto dalla suddetta disposizione pattizia si sia verificato, dovendo altresì esaminare il comportamento dell'obbligato in riferimento al principio di buona fede. Infatti, l'operatività della clausola risolutiva espressa è subordinata alla valutazione del comportamento del debitore secondo buona fede, dovendo preservare l'uno gli interessi dell'altro, ponendosi il principio di buona fede nell'ambito della fattispecie risolutiva ex art. 1456 c.c. come canone di valutazione non soltanto dell'esistenza dell'inadempimento di una parte ma anche del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale dell'altra parte di risolvere il contratto (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2019, n.3969).

Tale accertamento, deve essere condotto con riferimento al momento dell'inadempimento e non con riferimento a comportamenti delle parti successivi al suo verificarsi, potendo tali comportamenti successivi all'inadempimento tutelato dalla clausola risolutiva espressa, ove si verifichino prima della dichiarazione di volersene avvalere, assumere semmai solo l'eventuale significato di evidenziare per facta concludentia, ex latere della parte che può dichiarare di volersi avvalere della clausola ed ancora non l'abbia fatto, il valore di rinuncia ad esercitare il diritto di avvalersene (Cass. civ., sez. III, 27 agosto 2013, n.19602).

In effetti, la ratio della clausola risolutiva espressa è quella di tutelare il locatore dal comportamento del conduttore nell'ipotesi in cui quest'ultimo non sia conforme alla buona fede contrattuale andando ad incidere negativamente in modo significativo sul sinallagma, in relazione al concreto interesse della parte locatrice all'esatto e tempestivo adempimento della prestazione esistente a suo carico, tra cui in primis figura il reiterato ritardo nel pagamento del canone alla singola scadenza convenuta (Trib. Milano, 15 settembre 2017).

In ogni caso, per aversi grave inadempimento tale da legittimare la risoluzione del contratto di locazione la valutazione non può essere settoriale e fatta per compartimenti stagni, ma va attuata avendo presente non solo la scadenza dei canoni, od il loro importo, ma anche il comportamento della parte inadempiente, al fine di verificare se sia o meno esente da qualsiasi condotta colposa tale da determinare la risoluzione del contratto, dovendo operarsi un equilibrato bilanciamento tra il legittimo diritto del locatore alla puntuale prestazione del conduttore ed il legittimo diritto di quest'ultimo a non vedersi risolto il contratto in mancanza di una sua colpa generatrice di un grave inadempimento contrattuale (Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2011, n.26709).

Ciò premesso, il Tribunale di Modena, con la pronuncia in epigrafe, mostra di condividere il principio di diritto formatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità secondo cui Il principio di buona fede si pone come canone di valutazione sia dell'esistenza dell'inadempimento, sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto, al fine di evitarne l'abuso, ed impedendone l'esercizio in presenza di comportamenti puramente pretestuosi, ragione per cui, ove risulti che la condotta del debitore - pur realizzando sotto il profilo materiale, il fatto contemplato dalla clausola risolutiva espressa inserita nel contratto di locazione - è conforme al principio della buona fede, ciò esclude la sussistenza dell'inadempimento tout court, e, quindi, dei presupposti per dichiarare la risoluzione del contratto (Cass. civ., sez.I, 23 novembre 2015, n.23868).

In tale ottica, si è quindi affermato che la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito rende inoperante la clausola risolutiva espressa inserita in un contratto di locazione, la quale, riprende la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione di volontà a richiamare il debitore all'esatto adempimento delle sue obbligazioni (nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Roma 21 marzo 2019, e Trib. Livorno 18 gennaio 2019, e, per quella di legittimità, v. Cass. civ., sez. VI, 6 giugno 2018, n.14508, e Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n.18991).

Al riguardo, per togliere vigore alla clausola risolutiva espressa e renderla così inoperante, è dunque necessario che la tolleranza del creditore, nel ricevere il pagamento del canone oltre il termine stabilito nel contratto di locazione, non sia sporadica ma si sia radicata attraverso una condotta abituale (Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 1998, n.1316; Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 1991, n.90).

Tuttavia, è bene precisare che la tolleranza del creditore, la quale, può estrinsecarsi tanto in un comportamento negativo, quanto in uno positivo, non determina l'eliminazione della clausola risolutiva espressa per modificazione tacita della disciplina contrattuale, né è di per sé idonea ad integrare una tacita rinuncia ad avvalersene ove la stessa parte creditrice, contestualmente o successivamente all'atto di tolleranza, manifesti l'intenzione di avvalersi della suddetta clausola in caso di ulteriore inadempimento, o del protrarsi di quest'ultimo (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2013, n.24564).

Al riguardo, è altresì opportuno puntualizzare che non può esigersi dal locatore che in applicazione del generale principio di buona fede nell'esecuzione del contratto e del correlato divieto di abuso del diritto, il medesimo debba agire giudizialmente avverso ciascuno di singoli inadempimenti, al fine di escludere una sua tolleranza avverso i sistematici ritardi nell'adempimento periodico dell'obbligazione di pagamento del canone locatizio da parte del conduttore (Cass. civ., sez. VI, 6 giugno 2018, n.14508; Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2012, n.2111; App. Salerno 28 luglio 2017).

Guida all'approfondimento

Chirico, Clausola risolutiva espressa, ritardo nell'adempimento e pagamento del canone di locazione a mezzo assegno bancario, in Riv. notar., 1998, 507

De Tilla, Locazioni e clausola risolutiva espressa, in Arch. loc. e cond., 2011, 320

Id., Locazione e clausola risolutiva espressa, in Riv. giur. edil., 1998, 615

Ferrara, Tolleranza del creditore e clausola risolutiva espressa, in Foro pad., 2010, 665

Giove, Pagamento del canone a mezzo assegno bancario e clausola risolutiva espressa, in Contratti (I), 2000, 708

Putignano, Clausola risolutiva espressa e risoluzione del contratto di locazione immobiliare, in Contratti (I), 2016, 117

Scarpa, Lo scioglimento della locazione per effetto di clausola risolutiva espressa nell'ambito del procedimento per convalida di sfratto, in Giur. merito, 2007, 978

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