Azione revocatoria nei confronti del condomino moroso

Massimo Ginesi
25 Marzo 2020

Il Tribunale di Verona riconosce la revocabilità, ai sensi dell'art. 2901 c.c., dell'atto di disposizione compiuto da un condomino moroso che, nella fattispecie concreta, aveva trasferito alla società di persone, cui era socio accomandatario, l'unico bene immobile di cui era proprietario. La cessione avveniva mediante conferi-mento del bene al patrimonio della società, con lo scopo di aumentare il capitale sociale in adempimento di delibera dei soci: tale atto è stato ritenuto a titolo oneroso dal giudice, a fronte del fatto che la società aveva acquisito il bene, si era accollata i debiti del cedente, garantiti dalle ipoteche iscritte sul bene oggetto di trasferimento, e la quota di partecipazione del cedente era aumentata di 15 punti percentuali. Il Tribunale sottolinea come rilevi, ai fini della sussistenza del consilium fraudis, la circostanza che il condomino, nei cui confronti il condominio aveva già ottenuto decreto ingiuntivo, con la cessione di tale bene, si sia spogliato dell'unico cespite idoneo a garantire il soddisfacimento del creditore, non sussistendo ex art. 2740 c.c. altri beni rilevanti a tal fine, mentre la circostanza che il condomino fosse anche socio illimitatamente responsabile della società cessionaria era elemento sufficiente a dedurre anche la sussistenza della scientia damni in capo all'acquirente, posto che quel requisito - per i soggetti collettivi - deve sussistere in capo alla persona che li rappresenta. La pronuncia si pone in linea con orientamenti non particolarmente diffusi, ma pacifici, di legittimità.
Massima

Il condominio è legittimato a proporre azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c. nei confronti del condomino moroso che alieni l'unico bene di cui sia titolare, a società di cui lo stesso condomino è legale rappresentante o socio illimitatamente responsabile (accomandatario). In tal caso consilium fraudis e scientia damni possono ritenersi in re ipsa; l'azione è consentita ove il credito sia già stato oggetto di accertamento giudiziale, anche se non definitivo.

Il caso

Un condomino, nei cui confronti il condominio ha già ottenuto decreto ingiuntivo e sentenza favorevole nella successiva causa di opposizione, aliena l'unico bene di cui è rimasto titolare (ovvero quello a cui si riferisce l'obbligazione condominiale) conferendolo al patrimonio sociale della società in accomandita semplice di cui è socio accomandatario.

L'operazione avviene per aumento del patrimonio sociale, già deliberata dai soci, e comporta che la società si accolli i debiti del cedente, garantiti nei confronti di terzi da ipoteche iscritte su tale immobile; al contempo la quota sociale in capo al venditore aumenta dal 60 al 75%.

Il Condominio agisce con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., domanda che viene ritenuta fondata e accolta dal giudice scaligero, che ritiene sussistenti sia i requisiti oggettivi che soggettivi dell'azione pauliana.

Quanto al dato oggettivo su cui la domanda si fonda, la pronuncia osserva che - pur non sussistendo un prezzo nel senso tradizionale del termine - può comunque ravvisarsi un corrispettivo vantaggio patrimoniale in capo al cedente e conseguente alla cessione ravvisabile nell'aumento della sua quota societaria, nonchè nell'accollo dei mutui e dei debiti gravanti sull'immobile.

Quanto ai presupposti soggettivi dell'azione, la coincidenza fra cedente, in qualità di condomino, e cessionario, in qualità di legale rappresentante della società, valgono, da un lato, a configurare la sussistenza in capo a costui - quale cedente - della condotta volontariamente destinata ad aggirare e vanificare le ragioni del creditore e, dall'altro, quale cessionario, della consapevolezza circa l'attitudine di tale iniziativa a sottrarre ai creditori del condomino gli unici elementi di rilievo ex art. 2740 c.c.

La questione

La pronuncia riconosce l'esperibilità dell'actio pauliana nei confronti del condomino che - già moroso - si spogli dei propri beni, richiamando orientamenti di legittimità e merito che paiono sufficientemente pacifici (anche se non particolarmente numerosi) e che declinano, nel peculiare ambito condominiale, principi ormai consolidati in tema di azione revocatoria.

E' invece interessante rilevare come il giudice risolva taluni profili non secondari (quali l'inidoneità del patrimonio residuo del cedente a soddisfare le ragioni dei suoi creditori e la sussistenza di concreto pregiudizio nella cessione, nonostante il significativo peso delle garanzie reali sullo stesso iscritte) unicamente sotto il profilo della inidoneità (o assenza) della prova fornita dalle parti che della stessa erano onerate ex art. 2697, comma 2, c.c.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Verona affronta in maniera gradata e assai chiara la disamina circa la sussistenza dei presupposti dell'azione introdotta dal condominio.

Quanto alla sussistenza e definitività del credito in forza del quale è esercitata l'azione volta alla dichiarazione di inefficacia del trasferimento immobiliare, sono richiamati consolidati orientamenti di legittimità che la ritengono ammissibile anche a fronte di crediti non ancora accertati in via definitiva: la circostanza che le ragioni di credito siano ancora sub iudice può, al più, influire sulla eseguibilità della pronuncia resa in ordine alla revocatoria.

Si è, infatti, affermato da parte della Suprema Corte che il creditore che vanti una semplice ragione di credito, anche eventuale, o una aspettativa e non necessariamente un credito certo, liquido ed esigibile accertato dal giudice è legittimato a cautelare la sua posizione mediante l'esercizio dell'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c.; fermo restando che l'eventuale sentenza dichiarativa dell'inefficacia non potrà essere portata ad esecuzione finché l'esistenza del credito non sia concretamente accertata (Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2014, n. 9855, Cass. civ., sez. II, 6 giugno 2011, n. 12235).

Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che l'atto dispositivo è successivo al sorgere del credito, essendo rilevante a tal fine la nascita dell'obbligazione condominiale (con l'approvazione del relativo rendiconto e riparto, Cass. civ.,sez. II, 14 ottobre 2019, n. 25839), e non il successivo momento in cui la stessa è stata accertata con sentenza, che peraltro - al momento della statuizione sulla domanda revocatoria - era ormai passata in giudicato.

Sotto il profilo della sussistenza degli elementi soggettivi, la pronuncia applica un sillogismo difficilmente contestabile: quanto al consilium fraudis che deve improntare la condotta del cedente, il giudice rileva che al momento dell'atto di trasferimento era già pendente la causa di opposizione a decreto ingiuntivo, di talchè il condomino era perfettamente edotto del credito reclamato nei suoi confronti dal condominio; il Tribunale sottolinea, inoltre, come nell'arco di pochissimo tempo il debitore si era spogliato di tutti i beni immobili posseduti (avendone ceduto anche altri anteriormente a quello oggetto di causa) tanto da far ritenere che non solo vi fosse consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori ma che, anzi, l'intera condotta del convenuto fosse dolosamente preordinata a sottrarre a costoro ogni possibilità di soddisfacimento.

Quanto all'elemento soggettivo in capo al terzo acquirente, la sua sussistenza - trattandosi di società - va valutata con riferimento al legale rappresentante (Cass. civ., sez. trib., 1° ottobre 2018, n. 23685): la circostanza che il condomino cedente fosse socio accomandatario della stessa è dato più che sufficiente a ritenere verificato anche tale presupposto che, in via ordinaria, va ricondotto non già alla compartecipazione del terzo all'intento illecito, quanto alla mera consapevolezza che l'atto posto in essere sia potenzialmente idoneo a ledere le ragioni dei creditori del venditore (Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2019, n. 6384).

Avuto riguardo alla oggettiva sussistenza di danno per il creditore, il giudice veneto osserva che il condomino aveva in precedenza alienato tutti i beni immobili di cui era proprietario e che, con il conferimento alla società, atto oggetto di revocatoria, si era spogliato dell'ultimo cespite di cui era titolare, con ciò pregiudicando totalmente le ragioni dei creditori che intendevano far valere le proprie ragioni sul patrimonio del debitore; è infatti onere che incombe al convenuto in revocatoria fornire prova della sussistenza di altri beni idonei a garantire le proprie obbligazioni (Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2018, n. 19207, Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 2015, n. 1902); in tal senso, costui era onerato, da un canto, di provare che i residui beni di cui era rimasto titolare, fra cui le quote sociali già possedute e le ulteriori derivanti dalla cessione, fossero sufficienti per soddisfare le ragioni dei creditori, così come di dimostrare che - per la sussistenza di significativi pesi reali (ipoteche) - i beni immobili ceduti non fossero, per converso, utili a tal fine. .

Tale ultimo aspetto appare significativo nella valutazione circa la sussistenza di eventus damni, poichè in forza di un reiterato orientamento di legittimità, la semplice sussistenza di ipoteche, anche di significativo valore, non è di per sé prova della inidoneità del bene a garantire i terzi non privilegiati, dovendosi piuttosto aver riguardo ad una valutazione prognostica che tenga conto del possibile venir meno - o del ridimensionamento - delle ragioni di credito garantite dalla iscrizione (Cass. civ., sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892; Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2018, n. 20671); osserva allora il giudice che parte convenuta - senza limitarsi ad allegare la sussistenza di titoli di privilegio - avrebbe dovuto dimostrare che l'attuale entità del credito garantito da ipoteca in favore della banca supera (o quantomeno equipara) l'attuale valore di mercato degli immobili ceduti, con la conseguenza che non vi sarebbe capienza residua per la soddisfazione del credito condominiale.

A tale onere il convenuto in revocatoria non risulta aver assolto e, pertanto, non può che essere accolta la richiesta di dichiarare inefficace il trasferimento dei beni nei confronti del condominio creditore.

Osservazioni

La pronuncia conferma un orientamento condivisibile, sia di merito che di legittimità, che accorda anche al condominio la tutela prevista dall'art. 2901 c.c., a fronte di atti di disposizione del patrimonio che il condomino debitore ponga in essere al fine di sottrarsi all'adempimento coattivo. Analoga tutela è stata riconosciuta al condominio nei confronti dell'amministratore verso il quale sia stata promossa azione di responsabilità (Cass. n. 9855/2014 cit.).

Appare interessante e condivisibile, nello specifico caso, la valutazione negativa e sintetica - sotto il profilo di apprezzamento della prova - della condotta di un convenuto particolarmente poco accorto, così come deve ancora una volta rilevarsi il ricorso (in questo caso assai maldestro) da parte dei privati alla disciplina delle società nel tentativo di utilizzare soggetti giuridicamente terzi a fini non pienamente leciti.

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