Notifiche di atti processuali a mezzo di poste private: sono nulle (e quindi sanabili) ma non inesistenti

30 Marzo 2020

In tema di notificazione degli atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE dell'Unione è prevista la possibilità, per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non dimostri una giustificazione oggettiva ostativa, è nulla (e come tale sanabile) - e non inesistente – la notificazione dell'atto giudiziario eseguita dall'operatore di posta privata senza il relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l'entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124/2017.
Massima

In tema di notificazione degli atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE dell'Unione è prevista la possibilità, per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non dimostri una giustificazione oggettiva ostativa, è nulla (e come tale sanabile) - e non inesistente – la notificazione dell'atto giudiziario eseguita dall'operatore di posta privata senza il relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l'entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124/2017.

La sanatoria della nullità della notificazione dell'atto giudiziario, eseguita dall'operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso introduttivo in materia tributaria, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna dell'atto stesso all'operatore, privo di poteri certificativi perché sprovvisto di titolo abilitativo.

Il caso

In entrambi i casi decisi dalle sentenze in commento si trattava di ricorsi in materia tributaria notificati dai contribuenti a mezzo di operatori postali privati.

Nella vicenda trattata dalla prima sentenza di legittimità (Cass. civ., sezioni unite, n. 299/2020), una società aveva notificato, nel 2008, tramite servizi privati un ricorso giurisdizionale avverso un sollecito di pagamento relativo a cartelle esattoriali, di cui aveva lamentato la mancata notifica. L'esito di primo grado favorevole al contribuente, con annullamento dell'atto impugnato, veniva confermato dalla C.T.R., che aveva giudicato tardiva l'eccezione d'inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata (soltanto) in appello dall'Agente della riscossione.

La Cassazione, a sezioni unite, premessa la rilevabilità d'ufficio, ai sensi dell'art. 2969 c.c., della questione, ha ritenuto nulla (e non inesistente) la notifica del ricorso introduttivo, con conseguente sua sanabilità per effetto della costituzione dell'Agenzia sin dal primo grado. Ma la Corte regolatrice ha escluso che detta sanatoria, dovuta a motivi soggettivi, possa incidere sulla fidefacienza dell'atto ricevuto dall'operatore privato notificante (che non aveva, nel 2008, in base alla normativa interna, il potere di certificare la tempestività della consegna). Di qui l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso agenziale, con declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente per mancanza di data certa della sua proposizione.

Anche nella seconda, coeva decisione (Cass. civ., sezioni unite, n. 300/2020) i fatti di causa vertevano su analoghe doglianze notificatorie, portate al cospetto dei Supremi giudici su ricorso di Equitalia, secondo cui la notificazione, nel 2010, dell'originario ricorso del contribuente, pure in questo caso doveva considerarsi insanabilmente nulla, in quanto effettuata tramite servizio postale privato, anziché attraverso il fornitore universale (cioè Poste Italiane), come prevede l'art. 137 c.p.c., richiamato dall'art. 16, comma 2, del D.Lgs n. 546/1992.

Il massimo Consesso di legittimità, con le medesime motivazioni di cui sopra, ha nella specie rigettato il ricorso per cassazione proposto dall'Agente della riscossione.

La questione

La questione di massima di particolare importanza risolta dal giudice nomofilattico con le sentenze “gemelle” qui annotate riguarda il problema della sorte della notifica di atti giudiziari e sostanziali tributari eseguita a mezzo di agenzie private di recapito nel regime antecedente all'emanazione del D.Lgs n. 58/2011.

Nei due casi di specie – ove era stato il contribuente a fruire del servizio postale privato – proprio la ricostruzione di quella sorte in termini di nullità (anziché di inesistenza) ha inciso sulla rilevanza sanante della costituzione in giudizio dell'agente della riscossione, che aveva eccepito l'inammissibilità dei ricorsi introduttivi; è assai più frequente però – laddove sia l'Agenzia ad aver utilizzato le agenzie private – che sia il contribuente ad eccepire in sede contenziosa l'inesistenza delle notifiche di cartelle esattoriali (o di raccomandate informative) effettuate da agenzie private, facendo valere il vizio dell'atto consequenziale allo scopo di ottenere la declaratoria di nullità anche dell'atto presupposto. Donde la notevole rilevanza pratica della questione oggi risolta dal plenum di legittimità che – seppure affronti un regime ad esaurimento (a fronte di notifiche, nei casi di specie, risalenti al 2008 e 2010) – interessa una grandissima mole di controversie tributarie tuttora pendenti. Anzi, a ben vedere, la tematica eccede i confini stessi del processo tributario ed anche quelli del diritto nazionale, coinvolgendo i temi unionali della libertà di concorrenza e della graduale eliminazione degli ostacoli frapposti al mercato unico.

Il vertice allargato di legittimità - in entrambe le decisioni, con identica motivazione - ha dipanato la complessa matassa normativa che intreccia la legislazione domestica in materia di servizi postali (a partire dall'art. 4 del D.Lgs n. 261/1999) e quella euro-unitaria (direttiva n. 2008/6/CE, modificativa della precedente n. 97/67/Ce), evidenziando, tra i due livelli, un persistente contrasto protrattosi fino al 10 settembre 2017 (data di entrata in vigore della L. n. 127/2017) quando Poste Italiane ha infine perso l'esclusiva della notificazione degli atti giudiziari.

Le norme di riferimento

Il D.Lgs n. 261/1999, attuativo della direttiva n. 97/67/Ce sulla liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali comunitari, ha affidato il servizio universale alla società Poste italiane per un periodo comunque non superiore a quindici anni (art. 23, comma 2), comprendendo nella riserva «gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie» (art. 4, comma 5). La riserva era espressamente volta alfinanziamento del fornitore del servizio universale, tanto che il fondo di compensazione degli oneri era «alimentato nel caso e nella misura in cui i servizi riservati non procurano al fornitore del predetto servizio entrate sufficienti a garantire l'adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso» (art. 10 D.Lgs n. 261/1999).

Per effetto delle modifiche apportate dall'art. 1 del D.Lgs n. 58/2011, in (parziale) attuazione della direttiva 2008/6/Ce (modificativa della direttiva n. 97/67/Ce), l'art. 4 del D.Lgs n. 261/1999 prevedeva espressamente che:

«Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale:

a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. n. 890/1982;

b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta previste dall'art. 201 del D.Lgs n. 285/1992» (in materia di violazione al CdS).

L'esclusiva in favore del fornitore universale - Poste Italiane spa - è venuta meno soltanto con l'art. 1, comma 57, della L. n. 124/2017, che ha infine abrogato (a decorrere dal 10 settembre 2017) il citato art. 4 del D.Lgs n. 261/1999.

Con D.M. 18 luglio 2018 il Ministero dello Sviluppo economico ha adottato il disciplinare contenente i tempi, le procedure e i requisiti necessari per ottenere il rilascio delle licenze individuali speciali per l'offerta al pubblico dei servizi di notificazione a mezzo posta.

Il novellato art. 18 D.Lgs n. 261/1999 (modificato dall'art. 1, comma 461, L. n. 205/2017) attribuisce all'operatore postale la qualifica di incaricato di pubblico servizio.

In questo quadro normativo, gli odierni dicta affrontano i seguenti quesiti, da esaminare per step successivi:

1) se sia invalida la notifica dell'atto processuale compiuta dall'operatore privato nel regime ante D.Lgs n. 58/2011 (anni 2008 e 2010) e, in caso positivo, se si tratti di nullità o di inesistenza;

2) in caso di ritenuta nullità, se sia sanabile con la costituzione della controparte intimata;

3) in caso di ritenuta sanabilità, se essa incida anche sulla certezza legale della data di notifica.

Le soluzioni giuridiche

Per rispondere ai primi due quesiti, le sentenze in commento “fotografano” nitidamente la discrasia tra la normativa interna – che, nel regime ante D.Lgs n. 58/2011 (di recepimento della direttiva n. 2008/6/Ce), recava una riserva in favore del fornitore universale – e normativa sovranazionale – peraltro non (ancora) direttamente applicabile e non ancora recepita nel nostro ordinamento negli anni 2008 e 2010 – che ha posto fine al ricorso «al settore riservato e ai diritti speciali come modo per garantire il finanziamento del servizio universale» (vedi considerando 25). Discrasia, peraltro, protrattasi anche nel regime post novella del 2011 e fino alla L. n. 127/2017, quando finalmente il legislatore italiano ha dato compiuta attuazione alla normativa unionale.

Invero, mentre la direttiva n. 97/67/Ce, pur avviando la graduale liberalizzazione del mercato dei servizi postali, riconosceva ancora agli Stati membri la possibilità di riservare gli invii relativi alle procedure giudiziarie in favore del fornitore universale del servizio, con la citata direttiva n. 2008/6/Ce (in parte anticipata dalla direttiva n. 2002/39/Ce) il legislatore unionale ha cambiato decisamente rotta, escludendo a far data dal 31 dicembre 2010 diritti esclusivi o speciali per l'esercizio e la fornitura di servizi postali.

Quindi la citata direttiva del 2008 imponeva al legislatore italiano l'abolizione di qualsiasi riserva in favore di taluni operatori del servizio postale, salvo il ricorrere di determinate, restrittive e rigorose condizioni, individuabili – secondo la Corte di giustizia (sentenza 27marzo 2019, causa C-545/2017, Pawlak, punto 74) – in presenza di un interesse pubblico espressivo di una giustificazione oggettiva della deroga. È quindi scomparsa dal novero delle opzioni esplicitamente autorizzate la possibilità di concedere diritti esclusivi per il finanziamento del settore universale (Corte di giustizia 2maggio 2019, causa C-259/18, Sociedad Estatal Correos y Telégrafos SA, punto 34).

Pertanto – ammonisce il giudice nomofilattico – «l'obbligo di adeguamento al diritto unionale così imposto era già incluso, per conseguenza, tra i principi del diritto nazionale e, con esso, la generale potenziale idoneità dell'operatore di poste private a compiere l'attività di notificazione di atti processuali, indipendentemente dal fatto che ancora pendesse per lo Stato italiano il termine, fissato al 31 dicembre 2010, per adeguarsi alla direttiva». E proprio valorizzando questa sorta di compatibilità in fieri dell'attività notificatoria “privatistica” col complessivo sistema “multilivello” il Supremo consesso giunge ad escludere il vizio dell'inesistenza, non potendo ritenere le notifiche in questione compiute da soggetto radicalmente non titolato a compierle: in altre parole, la loro non conformità rispetto alla (sola) disciplina domestica (contrastante, alla scadenza della direttiva, col diritto sovranazionale), consente alla Corte regolatrice di qualificare la ravvisata invalidità in termini di mera nullità, come tale sanabile per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità: così già Cass. civ., sezioni unite, n. 14916/2006).

Per rispondere, poi, al terzo quesito di cui sopra, sul “tassello” della certezza legale della data di consegna del plico all'operatore di posta privata, le Sezioni unite affrontano il problema della fidefacienza dell'atto e statuiscono che la sanatoria della nullità dovuta a motivi soggettivi non incide sulla tempestività o meno degli originari ricorsi introduttivi.

Su questo specifico aspetto – scandisce il giudice nomofilattico – non può soccorrere il ricorso alla normativa sovranazionale, perché vengono in rilievo le prerogative inerenti ai pubblici poteri certificatori di cui è investito l'operatore postale abilitato (vedi Corte di giustizia, sentenza 16 ottobre 2019, cause C-4/18 e C-5/18, Winterhoff e altro, punto 58, secondo cui tali servizi mirano «non già a rispondere a particolari esigenze di operatori economici o di taluni altri utenti particolari, bensì a garantire una buona amministrazione della giustizia, nella misura in cui essi permettono la notifica formale di documenti nel quadro di procedimenti giurisdizionali o amministrativi»).

Sotto questo profilo, dunque, torna a rilevare la difformità dell'attività notificatoria compiuta dall'operatore di posta privata con la disciplina interna inerente ai necessari titoli abilitativi: se ad una certa data – come nei casi di specie – detto operatore non rivestiva, a differenza del fornitore del servizio postale universale, la qualità di pubblico ufficiale, gli atti dallo stesso compiuti non godevano di alcuna presunzione di certezza e di veridicità fino a querela di falso. In definitiva, la licenza comporta la soggezione ad un particolare regime giuridico pubblicistico, fonte di conferimento di diritti e di assunzione di obblighi specifici, determinando l'acquisizione dello status legittimamente fondante la distinzione tra operatori postali.

Osservazioni

Le decisioni annotate ridimensionano la categoria giuridica dell'inesistenza della notificazione (su cui vedi giù Cass. civ., sezioni unite, n. 14916/2016 e n. 14917/2016) optando per una soluzione di mera nullità notificatoria orientata - condivisibilmente - all'interpretazione conforme al diritto unionale.

La riferibilità temporale dei fatti di causa ad un'epoca in cui ancora non era “scaduto” il termine per il (pieno) recepimento della direttiva del 2008 ha consentito al giudice nomofilattico di “relegare” il tema del contrasto tra la normativa nazionale e quella unionale nello specifico spettro patologico dell'attività notificatoria, “calmierandone” le conseguenze.

Occorrerà invece attendere i prossimi arresti di legittimità, verosimilmente in composizione allargata, per conoscere la sorte - assai problematica - delle notifiche di atti giudiziari compiute da operatori privati dopo il 31 dicembre 2010 (cioè a termine ormai decorso per dare compiuta attuazione alla direttiva n. 2008/6/Ce)e fino al 10 settembre 2017 (data in cui, come detto, è infine caduto il “monopolio” di Poste Italiane per effetto dell'art. 1, comma 57, della legge 124/2017: norma abrogativa priva di efficacia retroattiva, come oggi ribadito dalle Sezioni unite, in conformità a Cass. civ., sez. 6-5, n. 23887/2017; Id., n. 8089/2018; Id., n. 13855/2018; Id., n. 21884/2018).

Per le attività notificatorie effettuate da servizi postali privati durante questo considerevole arco di tempo, si porrà il delicato tema dell'eventuale riconoscimento degli effetti diretti (non solo verticali, cioè rivolti agli Stati ma anche) orizzontali della suddetta direttiva n. 2008/6/Ce in tema di liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali comunitari, ovvero dell'immediata precettività (e quindi azionabilità da parte dei privati-contribuenti) dei principi di libera concorrenza sanciti dalla Carta di Nizza, con conseguenti possibili effetti disapplicativi della norma interna contrastante (id est: l'art. 4 del D.Lgs n. 261/1999, applicabile ratione temporis).

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