Le tabelle millesimali non possono più essere approvate per facta concludentia

Alberto Celeste
20 Aprile 2020

Rimeditando il suo precedente indirizzo, il Supremo Collegio ha statuito che, anche in caso di approvazione delle sole tabelle millesimali, vanno rispettate le norme in tema di forma del regolamento sia in ordine a quelle in senso stretto sia in ordine al loro atto approvativo costituito dalla delibera dell'assemblea, sicché le medesime tabelle devono rivestire la forma scritta ad substantiam; tali approdi ermeneutici in termini di forma non sono indifferenti alla “diversa convenzione” di cui all'art. 1123 c.c., pur dando atto della diversa funzione - generale normativa e programmatica, da un lato, e per una singola gestione o spesa, dall'altro - che la stessa può assumere, nonché in relazione alla sua efficacia (reale o personale, con quanto ne consegue in tema di trascrivibilità ed estensibilità agli aventi causa a titolo particolare degli originari stipulanti, in difetto di specifico consenso) e alla sua possibile revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c.
Massima

In tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale - la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti - nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione (o di revisione) delle medesime tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per facta concludentia.

Il caso

La causa originava da un'impugnativa, proposta da un condomino, avverso la delibera assembleare con cui erano stati approvati alcuni lavori di ristrutturazione, sostenendo - per quel che qui rileva - che tale delibera fosse invalida per l'essere state utilizzate tabelle millesimali non debitamente approvate dalla totalità dei condomini, con la conseguente errata ripartizione delle spese.

Il Tribunale aveva ritenuto tardiva l'opposizione alla delibera, così disattendendola, ma la Corte d'Appello era stata di diverso avviso, negando l'avvenuto decorso del termine, e poi annullando la delibera impugnata nella parte in cui aveva previsto la ripartizione delle spese prescindendo dalle tabelle millesimali vigenti e utilizzandone altre, mai approvate, non potendo darsi “attuazione a criteri per quanto assistiti da un'eventuale prassi formatasi negli anni”.

Per la cassazione di quest'ultima sentenza, aveva proposto ricorso per cassazione il condominio.

La questione

Si trattava di dare continuità, o meno, all'indirizzo di legittimità che, per lungo tempo, aveva affermato che le tabelle millesimali potessero esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale - la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non mutava la natura di entrambi gli atti - poiché i condomini, anche in mancanza di tale regolamento, erano “liberi di accordarsi” tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni, purché fosse rispettata, a norma dell'art. 1123 c.c., la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva.

I comportamenti concludenti cui si ricollegava - secondo le esperienze giurisprudenziali di merito - il riconoscimento di possibili modifiche in forma libera delle tabelle millesimali erano tradizionalmente: il pagamento dei contributi per diversi anni da parte dei condomini in base alla tabella di fatto applicata, la prolungata accettazione dei bilanci, la partecipazione con voto favorevole a reiterate delibere di ripartizione delle spese condominiali straordinarie, l'acquiescenza alla concreta attuazione di tali delibere, e quant'altro.

In effetti, quanto alla forma delle tabelle millesimali, traendo spunto dalla distinzione tra le tabelle allegate ad un regolamento contrattuale e quelle non allegate, la magistratura di vertice era orientata verso l'affermazione che - limitatamente a queste ultime, almeno - la creazione e la modificazione non richiedesse la forma scritta ad substantiam, essendo esse desumibili anche da facta concludentia.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che il supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 30 dicembre 1999, n. 943), senza occuparsi della forma delle tabelle millesimali originarie o modificate, era pervenuto - trattando del diverso aspetto della forma del regolamento condominiale - ad affermare che la formazione del regolamento (anche non contrattuale), è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, desumendosi la prescrizione di tale requisito formale, sia dalla circostanza che l'art. 1138, ultimo comma,c.c. prevedeva (nel vigore dell'ordinamento corporativo) la trascrizione del regolamento nel registro già prescritto dall'art. 71 disp. att. c.c., sia dalla circostanza che, quanto alle clausole del regolamento che avessero natura soltanto regolamentare (e fossero perciò adottabili a maggioranza), trovava applicazione il comma 7 dell'art. 1136 c.c., che prescriveva la trascrizione delle deliberazioni in apposito registro tenuto dall'amministratore - onde anche la deliberazione di approvazione di tale regolamento per poter essere trascritta doveva essere redatta per iscritto - mentre, quanto alle clausole del regolamento che avessero natura contrattuale, l'esigenza della forma scritta era imposta poiché esse incidevano, costituendo oneri reali o servitù, sui diritti immobiliari dei condomini sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni oppure attribuivano a taluni condomini diritti di quella natura maggiori di quelli degli altri condomini.

Tale autorevole pronuncia era stata ribadita dalla giurisprudenza successiva (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2002, n. 5626; Cass. civ., sez. II, 16 settembre 2004, n. 18665; Cass. civ., sez. II, 14 agosto 2007, n. 17694; Cass. civ., sez. II, 5 febbraio 2013, n. 2668).

Le Sezioni Unite erano tornate a occuparsi dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali (Cass. civ., sez. un., 9 agosto 2010, n. 18477), affermando che tale atto, al pari di quello di revisione delle tabelle, non aveva natura negoziale, sicché il medesimo non doveva essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente l'approvazione da parte dell'assemblea dei condomini - di cui veniva affermata la competenza a tal fine - con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.; tale arresto nomofilattico aveva escluso, al fine di parimenti escludere la necessità dell'unanime approvazione, che l'atto in questione fosse un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni.

Pur condividendo l'avviso che la tabella millesimale serva solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini, senza incidere in alcun modo su tali diritti, si è chiarito che ciò è coerente con un “margine di discrezionalità”, per cui l'atto di approvazione è atto di mera natura valutativa del patrimonio ai limitati effetti della distribuzione del carico delle spese condominiali, nonché della misura del diritto di partecipazione alla formazione della volontà assembleare del condominio, mentre non è idoneo ad incidere sulla consistenza dei diritti reali a ciascuno spettanti.

In tal senso, la deliberazione assembleare che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base ad una valutazione tecnica; se caratteristica propria del negozio giuridico è la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti - secondo le Sezioni Unite - tale caratteristica non ricorreva nel caso di specie.

Osservazioni

La sentenza nomofilattica di cui sopra - ad avviso del Collegio decidente - contiene importanti affermazioni: per un verso, “l'atto di approvazione della tabella fa capo ad una documentazione ricognitiva” del rapporto tra valori delle proprietà esclusive, e, per altro verso, le tabelle, in base all'art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base all'art. 1138 c.c., viene approvato dall'assemblea a maggioranza, per cui è “logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio”, non potendosi sostenere, in contrario, che l'allegazione delle tabelle al regolamento è puramente formale; ciò significa anche identità di disciplina in ordine all'approvazione, atteso che, “in linea di principio, un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti espressamente”.

E' su tale ultima affermazione - che viene condivisa - che i magistrati di Piazza Cavour hanno posto attenzione: essa, in via di principio, comporta anche che la “stessa disciplina” in tema dì forma, scritta ad substantiam, come predicata dalle Sezioni Unite del 1999, sia imposta al regolamento e alle tabelle; è ben vero che la sentenza delle Sezioni Unite del 2010 si riferisce (anche) ampiamente alla precedente giurisprudenza in tema di approvazione per facta concludentia delle tabelle millesimali, ma, a ben vedere, i richiami sono operati - non al fine di condividere un'impostazione di favore per la validità di tale approvazione in ogni caso, bensì - nella limitata prospettiva di considerazione dei comportamenti concludenti dei condomini assenti o dissenzienti rispetto ad una delibera approvativa, per verificare la tesi, poi accolta, della possibilità di creazione o modificazione delle tabelle per delibera non totalitaria o non unanime.

Ciò posto, e atteso dunque che la pronuncia nomofilattica del 2010 non tratta (se non mediante i meri incisi anzidetti) la questione della forma delle tabelle, la stessa deve affrontarsi - ad avviso delle toghe del Palazzaccio - proprio estendendo l'àmbito dei predetti riferimenti normativi.

In tal senso, oltre ad affermarsi con le Sezioni Unite del 2010 che, per la formazione o la modificazione delle tabelle, è necessaria una “documentazione ricognitiva”, e che essa deve essere allegata al regolamento di condominio, il quale, secondo la pronuncia delle Sezioni Unite del 1999, deve avere forma scritta ad substantiam, per cui, anche ai fini della forma, un “atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti espressamente”, deve ampliarsi la prospettiva, considerando che altro è la tabella - quale “documentazione ricognitiva” dei valori proporzionali - altro è l'atto approvativo.

Se, poi, in base all'argomento fondato sull'art. 68 disp. att. c.c., può già affermarsi che le tabelle in quanto tali - siccome allegate al regolamento di condominio - debbano avere, come quest'ultimo, forma scritta ad substantiam, ulteriori argomentazioni sono necessarie quanto alla forma dell'atto approvativo.

Prescindendo da approvazioni mediante scrittura privata non assembleare, qualora l'atto di approvazione (o di revisione) sia di scaturigine condominiale, deve ritenersi che esso debba avere veste di deliberazione assembleare - come affermato dalle Sezioni Unite del 2010 - avente forma scritta ad substantiam, escluse approvazioni per facta concludentia.

Del resto, delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore (art. 1136, comma 7, c.c.), sicché ammettere la diversa forma libera per l'atto approvativo, così limitandosi indebitamente il requisito formale della scrittura alle mere tabelle di natura computistica - normalmente non recanti elementi testuali circa il procedimento di approvazione né i dati relativi a presenti, votanti e sottoscrittori - equivarrebbe a vanificare il combinato disposto delle norme già citate, per cui (in base all'art. 68 disp. att. c.c.) le tabelle sono allegate al regolamento di condominio, il quale (in base all'art. 1138 c.c.) viene approvato dall'assemblea a maggioranza: deve, quindi, constare dal documento allegato anche l'approvazione con la prescritta maggioranza delle tabelle, con la conseguenza che la delibera approvativa va adottata in forma necessariamente scritta ad substantiam.

Resta inteso, tuttavia, che il procedimento assembleare - concepito in funzione di un risultato del tutto diverso, qual è la deliberazione a semplice maggioranza - non rappresenta l'unico passaggio obbligato: invero, può ugualmente pervenirsi ad una valida approvazione dell'elaborato tabellare anche attraverso la raccolta di tali consensi per le vie ordinarie, senza procedere alla convocazione dell'assemblea, vale a dire, uno per uno, in momenti anche differiti, come è pacificamente ammesso con riferimento alla formazione progressiva del contratto; d'altronde, nonostante le tabelle millesimali siano previste come “allegate” al regolamento di condominio, nulla vieta che i condomini procedano alla sola approvazione di queste, svincolate dal testo regolamentare.

Ad ogni buon conto, la conclusione di cui sopra, limitata alle deliberazioni assembleari approvative di tabelle millesimali (originarie o modificate), non incide sulla soluzione del diverso problema relativo alla forma che debbono rivestire le altre delibere condominiali non aventi il predetto oggetto, a fronte di remota giurisprudenza che ammetteva la forma orale, di altra giurisprudenza che riconosceva il sussistere di una forma ad probationem tanto da essere inammissibile la prova per testi in argomento (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 1997, n. 2101), nonché di altra giurisprudenza ancora che ammetteva l'impugnabilità per carenza di forma scritta (così Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1999, n. 5014 e, implicitamente, secondo alcune letture, Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806, per cui la mancanza di forma determinerebbe la nullità della decisione assembleare per “carenza dei requisiti minimi essenziali” previsti dalla legge).

Guida all'approfondimento

Balzani, Quando un elaborato millesimale non può essere considerato approvato per facta concludentia, in Arch. loc. e cond., 1993, 437

Bellante, L'approvazione delle tabelle millesimali, in Giust. civ., 2011, I, 1799

Cimatti, La modifica delle tabelle millesimali ammissibile per facta concludentia, in Immob. & diritto, 2005, fasc. 3, 21

De Tilla, Solo apparente il contrasto giurisprudenziale sull'approvazione tacita delle tabelle millesimali?, in Corr. giur., 1994, 1235

Presutti, La natura giuridica dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali, in Giust. civ., 2013, II, 223

Scarpa, Natura e forma dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali, in Immob. & proprietà, 2014, 420

Triola, Modifica di tabelle millesimali per facta concludentia, in Giust. civ., 1995, I, 531

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