Concorso fra cause umane e naturali: la differente valutazione della predisposizione e della vulnerabilità fra scienza medico legale ed accertamento giuridico

Ludovico Berti
21 Aprile 2020

Può dirsi sufficiente, per rivedere al ribasso il quantum debeatur, la mera presenza di uno stato di vulnerabilità o di predisposizione del danneggiato o, invece, si deve con certezza accertarsi che, a prescindere dal comportamento imputabile del danneggiante, detto stato si sarebbe comunque evoluto in senso patologico invalidante.
Massima

In tema di responsabilità civile, laddove il danneggiato, prima dell'evento, versi in pregresso stato di vulnerabilità (o di mera predisposizione) ma l'evidenza probatoria del processo, sotto il profilo eziologico, non consente di dimostrare con certezza che, a prescindere dal comportamento imputabile al danneggiante, detto stato si sarebbe comunque evoluto, anche in assenza dell'evento di danno, in senso patologico-invalidante, il giudice in sede di quantificazione del danno non deve procedere ad alcuna diminuzione del “quantum debeatur”, posto che, diversamente, darebbe applicazione all'intollerabile principio secondo cui persone che, per loro disgrazia (e non già per colpa imputabile ex art 1227 c.c. o per fatto addebitabile a terzi), siano più vulnerabili di altre, dovrebbero irragionevolmente appagarsi di una tutela risarcitoria minore rispetto agli altri consociati affetti da cosiddetta “normalità” (Cass. civ., sez. III, ord. 21 agosto 2018 n. 20836).

Il caso

A seguito di un sinistro stradale Tizia, oltre al danno da perdita di congiunto per aver perso la sorella gemella con la quale si trovava trasportata all'interno di una delle vetture coinvolte, riportava un danno psichico rappresentato da un «disturbo da lutto complicato...tale da configurare un danno permanente alla salute psichica» il cui valore percentuale veniva dal CTU abbattuto, secondo il “coefficiente di taratura” della cd. “Scala di rilevanza degli eventi psico-traumatici” pubblicata nel recente volume “Linee Guida per la Valutazione medico legale del danno alla persona in ambito civilistico” della SMILA, in ragione di un «profilo di personalità contenente tratti disfunzionali» che, solo ipoteticamente, poteva ritenersi in parte preesistente ed i cui effetti eranocomunque impossibili «da distinguere dalle conseguenze cognitive ed emotive della patologizzazione del lutto». Il Tribunale ha accolto la domanda attrice senza operare alcun abbattimento ritenendo che la condizione pregressa fosse risultata, all'esito dell'istruttoria, giuridicamente indimostrata.

La questione

La questione in esame è la seguente: è sufficiente, per rivedere al ribasso il quantum debeatur, la mera presenza di uno stato di vulnerabilità o di predisposizione del danneggiato o , invece, si deve con certezza accertarsi che, a prescindere dal comportamento imputabile del danneggiante, detto stato si sarebbe comunque evoluto in senso patologico invalidante.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale, in ragione dell'assenza di prova che Tizia soffrisse di alcunché di patologico prima del sinistro e di elementi per ritenere che avrebbe comunque sviluppato un disturbo psichico in assenza dell'evento di danno, ha ritenuto che l'ipotizzata condizione pregressa rappresentasse, al più, uno stato di vulnerabilità o di predisposizione e, sulla base del principio affermato nella massima sopra riportata, ha escluso la rilevanza di tale aspetto nella causazione dell'evento di danno e, di conseguenza, nella liquidazione del danno.

Nonostante le convenute sostenessero l'equivalente rilevanza della pregressa condizione rispetto alla causa imputabile, l'evidenza istruttoria aveva invece concluso che il fattore umano era stato certamente preponderante e che lo stato pregresso non era soltanto meramente ipotetico ma i suoi teorici effetti erano sostanzialmente assorbiti da quelli conseguenti al tragico sinistro.

La decisione ha, inoltre, criticato l'attendibilità del “coefficiente di taratura” richiamato dal CTU per determinare l'abbattimento, rilevandone l'inadeguatezza, quale parametro standard, nel rispecchiare le specificità del caso concreto, visto che, in quella particolare situazione, non aveva tenuto conto né dell'intensità del rapporto affettivo che legava la due gemelle né il diretto coinvolgimento di Tizia nel tragico evento traumatico che aveva prestato i primi soccorsi alla sorella e, quindi, di elementi giuridicamente rilevanti ai fini della personalizzazione del danno.

Il Tribunale ha screditato la “Scala di rilevanza degli eventi psico-traumatici”, secondo la quale «più grave è lo stress, più è probabile che tale stress sia la causa esclusiva del danno psichico», spiegando che tale semplicistica e generica premessa, sulla quale si poggia il ragionamento medico legale, ancorché comprensibile sul piano scientifico nell'ottica di fornire un criterio presuntivamente proporzionato alle caratteristiche della personalità sulla quale si va ad innestare l'evento traumatico, si scontra, sul piano della valutazione giuridica del danno e con la necessità di personalizzare la valutazione con riferimento al caso concreto.

A prescindere dalle giuridicamente ineccepibili considerazioni sul criterio utilizzato dal medico legale, la decisione si fonda sull'assenza di prova dell'esistenza stessa della pregressità e sull'impossibilità di accertare, neppure in teoria, i possibili effetti pregiudizievoli e, quindi, nella totale assenza di presupposti per poter ragionare in termini di concausa e di danno differenziale.

Osservazioni

La decisione in commento è un esempio di corretta applicazione dei principi giuridici dalla giurisprudenza sanciti in tema di accertamento del nesso causale e, più in particolare, di concorso fra cause umane e cause naturali, oltre che di corretto governo, da parte del Giudice, delle informazioni e dei dati tecnici forniti dal suo ausiliario.

È dal 2009 che la Terza Sezione della Cassazione (Cass. civ., n. 975/2009 seguita poi da Cass. civ., n. 15991/2011) ha abbandonato il principio dell'all or nothing, - secondo il quale la causa naturale rileva solo qualora sia da sola idonea a determinare l'evento di danno relegando la causa umana a mera occasione del tutto irrilevante per il diritto mentre qualora l'evento sia anche solo in parte ricollegabile alla causa umana, quella naturale perde di rilevanza, dovendosi imputare l'evento, in via esclusiva, alla condotta colposa che dovrà sopportare l'interno carico del danno - per abbracciare la contrapposta tesi del frazionamento che, nel rispetto della policy of law dell'equa e corretta ripartizione del carico del danno fra le parti, prevede abbattimenti risarcitori in ragione dell'effettivo peso della condotta imputabile, con riduzione proporzionale del quantum.

Con la pronuncia del 2011 la Terza Sezione ha precisato che, mentre nell'accertamento della causalità materiale è indispensabile riferirsi al principio dell'all or nothing, perché il legame naturale o c'è o non c'è e non ammette frazionamenti soprattutto su base equitativa, diverso è il discorso nella successiva fase della causalità giuridica, nel cui accertamento il ricorso all'equità è giustificato quale criterio di liquidazione del danno laddove si accerti l'esistenza di conseguenze mediate ed indirette, di difficile quantificazione, il cui peso risarcitorio non può essere caricato su colui che non le ha generate.

Una volta quindi che la causa umana ha avuto un minimo contributo causale nella determinazione dell'evento, l'accertamento materiale è esaurito e la valutazione circa la rilevanza della condotta colposa rileva nella successiva quantificazione del danno il cui importo finale verrà decurtato della quota non imputabile.

Tale ultima impostazione è stata richiamata e confermata dalle recenti sentenze di “San Martino 2” della Terza Sezione della Cassazione pubblicate l'11.11.2019 e, più in particolare dalla n. 28986, con la quale la Suprema Corte, trattando la questione delle pregressità e del calcolo del danno differenziale, ha precisato, fra le varie, che la divisione logica e sostanziale fra l'accertamento della causalità materiale e quello della causalità giuridica è giustificata, proprio, per essere l'unico modello che possa fornire un'adeguata soluzione nel caso di concorso fra causa umana e causa naturale, posto che se è imprescindibile riferirsi ad un modello esclusivo nel primo accertamento, diverso è il discoro nel successivo accertamento causale finalizzato alla determinazione del quantum in cui trovano ingresso meccanismi di frazionamento al fine di addivenire ad un'equa allocazione del danno, così che il danneggiante risponda solo delle conseguenze immediate e dirette della sua condotta.

È tuttavia vero che per causa naturale idonea ad incidere sul quantum, precisa la Corte, si intenda solo un'accertata patologia preesistente alla quale si sovrapponga il pregiudizio causato dalla condotta umana per la cui liquidazione, trattandosi di danno differenziale, si procede attraverso un giudizio controfattuale che si esplica tramite il raffronto fra lo stato di fatto preesistente al fatto illecito e quello successivo così da verificare, in concreto, il danno conseguenza immediata e diretta dell'evento imputabile.

Ne consegue che la mera predisposizione, o lo stato di vulnerabilità, non rappresentando patologie accertabili i cui effetti possono concretamente “misurarsi” nel giudizio controfattuale, non rilevano né nella fase dell'imputazione come concause della lesione, né in quella successiva di determinazione delle conseguenze lesive come concause di menomazioni. Si consideri, infatti, che la causalità giuridica è regolata, anche, dall'art. 1227 c.c. che esclude dal risarcimento la quota di danno imputabile allo stesso danneggiato solamente qualora sia determinata da una sua condotta colposa, non essendo tollerabile, per il diritto, un principio che sostenga abbattimenti in ragione di mere disgrazie (cd. stati di vulnerabilità o predisposizione) che si tradurrebbero in inaccettabili disparità di trattamento rispetto agli altri consociati affetti da cosiddetta “normalità”.

Il principio non è nuovo e viene, ad esempio, richiamato dalla Cassazione Lavoro, in casi di decessi dovuti a carcinomi conseguenti all'esposizione all'amianto in soggetti fumatori, per sostenere l'irrilevanza della predisposizione rappresentata dall'abitudine tabagica nella quantificazione del risarcimento in un momento storico in cui si fumava liberamente e gli effetti nocivi non erano notori come oggi (cfr. ad esempio Cass. civ., sez. lav., 16 marzo 2015. n. 5174; Cass.civ., sez. lav., 30 luglio 2013, n. 18267; Cass. civ., sez. lav., 3 agosto 2012 n. 13956; Cass. civ., sez. lav., 19 gennaio 2011 n. 1135; Cass. civ., sez. lav., 09 settembre 2005 n. 17959).

La sentenza in commento ha dunque correttamente applicato principi ormai pacifici nella giurisprudenza civile dell'ultimo decennio che si fondano su concetti di equa allocazione del carico del danno fra le parti e volti a garantire al danneggiato un giusto risarcimento ed al danneggiante di rispondere dell'effettivo danno provocato, ma non oltre.

È anche vero che, troppo spesso, l'applicazione di tali principi viene di fatto frustrata da pigre adesioni alle conclusioni del consulente tecnico nonostante si reggano, come nel presente caso, su principi tecnici del tutto avulsi dalla logica giuridica.

Non sempre infatti le teorie medico legali si fondano su concetti coincidenti con quelli giuridici ai quali il giudice si deve attenere nel decidere le controversie ed infatti compito del giudice è quello di recepire i dati tecnici e di vagliarne gli elementi fondanti sulla base dei diversi principi giuridici che regolano l'accertamento del nesso causale e, più in particolare, il concorso di cause.

Certamente meritevole di apprezzamento è quindi il fatto che il Giudice non si sia limitato a recepire acriticamente le conclusioni del suo consulente ma abbia concretamente valutato la rilevanza delle valutazioni tecniche rispetto ai principi giuridici da applicare nell'accertamento del concorso di colpa.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.