Il principio di integralità e le voci del danno non patrimoniale

19 Giugno 2020

Cosa si intende per lesione del diritto alla salute? È risarcibile il danno non patrimoniale subito dalla dipendente per effetto delle molestie sessuali subite dai suoi superiori gerarchici? Nel caso di specie, il principio di integralità del risarcimento comporta la valutazione di peculiari voci di danno da parte del giudice?
Massima

La congiunta attribuzione del danno biologico e del danno cd. esistenziale costituisce una duplicazione risarcitoria, appartenendo tali categorie o voci di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (art. 32 Cost.). Andrà compiuta una differente e autonoma valutazione con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute alla luce della nuova formulazione dell'art. 138, lett. e), c.d.a. Pertanto, nella valutazione a fini risarcitori del danno alla persona, conseguente alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto, occorre considerare congiuntamente, ma in modo distinto, tanto l'aspetto interiore del danno sofferto, ovvero il danno definito morale, da identificarsi con il dolore, la lesione intima come componente indefettibile del danno non patrimoniale, quanto quello dinamico-relazionale, atto a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto.

Il caso

Alfa, a seguito delle molestie sessuali subite sul luogo di lavoro da parte di due superiori gerarchici e dello stupro perpetrato nei suoi confronti da uno dei due, esperiva un giudizio anche a fini risarcitori. Insoddisfatta della decisione del giudice di prime cure, impugnava in appello la pronuncia, ottenendo un aumento del 50% dell'importo riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale.

Ritenendo carente la quantificazione del danno da parte del giudice di seconde cure, proponeva ricorso per la cassazione della sentenza.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la decisione e rinvia la causa alla Corte d'appello, in diversa composizione, per l'applicazione dei principi fissati e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

La questione

Cosa si intende per lesione del diritto alla salute? È risarcibile il danno non patrimoniale subito dalla dipendente per effetto delle molestie sessuali subite dai suoi superiori gerarchici? Nel caso di specie, il principio di integralità del risarcimento comporta la valutazione di peculiari voci di danno da parte del giudice?

Le soluzioni giuridiche

La configurazione della responsabilità

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, ovvero l'omessa pronuncia sull'eccepito difetto di valutazione e motivazione in ordine alla CTU medico legale prodotta nel giudizio di primo grado, secondo la quale dovevano riconoscersi nel caso di specie due voci di danno.

Invero, il giudice di secondo grado aveva confermato la responsabilità indiretta o per fatto altrui del datore di lavoro ex art. 2049 c.c. per il fatto dannoso del dipendente, ravvisando un nesso di occasionalità necessaria tra le mansioni dell'autore dell'illecito e l'evento, sufficiente a integrare la fattispecie. Difatti, tale nesso si ravvisa nelle ipotesi in cui l'azione del preposto realizza una condotta agevolata e consentita dalle mansioni assegnatigli.

Il concetto di lesione

La Suprema Corte prende atto che la consulenza tecnica d'ufficio disposta dal giudice di prime cure con riguardo alla vittima dello stupro e delle molestie sessuali ha rilevato una lesione con esiti di carattere permanente, rappresentati da disturbo post traumatico da stress con stato depressivo. Nel caso di specie, si ravvisa una lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto, ovvero una lesione del diritto alla salute, dell'integrità psico–fisica, ex art. 32 Cost. come garanzia dell'inviolabilità fisica della persona, oggetto di tutela civile con una forma di protezione successiva volta a risarcire l'effetto pregiudizievole.

Le categorie di danno

La Cassazione ricostruisce le fattispecie di danno riconosciute e disciplinate dall'ordinamento, distinguendo «il danno patrimoniale, nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante ex art. 1223 c.c., e del danno non patrimoniale ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.

Il danno non patrimoniale

Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 233/2003) e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 26972/2008), la categoria del danno non patrimoniale, quale danno conseguenza, ha natura unitaria e omnicomprensiva, con riguardo sia a tutte le lesioni di interessi di rango costituzionale non valutabili economicamente, sia all'obbligo in capo al giudice di merito di valutare tutti gli effetti pregiudizievoli della lesione del diritto alla salute peggiorativi della vita del danneggiato, nonché all'obbligo di non incorrere in duplicazioni di pregiudizi identici.

I profili risarcitori

La Suprema Corte evidenzia che nella valutazione del danno alla vittima dello stupro e delle molestie sessuali il giudice dovrà valutare sia «le conseguenze subite nella sua sfera morale, sia quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita». Il predetto dovrà intanto applicare il criterio del sistema del punto variabile, aumentando la misura del risarcimento a fronte di «conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e del tutto peculiari, quali quelle ritenute sussistenti nel caso di specie». Dovrà ancora effettuare un'autonoma valutazione con riguardo alla sofferenza interiore patita dal danneggiato a causa della lesione del diritto alla salute ex art. 138, lett. e), c.d.a.

Ordunque, dovranno essere risarciti sia il danno biologico, sia quello morale soggettivo, quale componente indefettibile del danno non patrimoniale e voce autonoma dello stesso.

Osservazioni

Il recente dibattito giurisprudenziale ha tratteggiato il nuovo statuto del danno alla persona, che privilegia un sistema di integrale riparazione. Si è delineata, così, una categoria di pregiudizio non patrimoniale, quale danno conseguenza, nell'ambito della quale rientrano il danno biologico, ovvero il pregiudizio alla salute del danneggiato e il danno morale, ovvero la lesione alla situazione psichica dello stesso, quali voci a sé stanti, suscettibili di autonoma valorizzazione da parte del giudice, al fine di assicurare una tutela piena ed effettiva alla vittima.

Due sono le tesi che hanno animato il dibattito giurisprudenziale in materia di liquidazione del danno: quella pluralista, secondo la quale occorre procedere a una liquidazione separata delle singole voci e quella unitaria, secondo la quale la valutazione del danno deve essere sintetica.

Tuttavia, dall'analisi delle posizioni suddette, non si ravvisa una netta contrapposizione, poiché entrambe propendono per il mantenimento di un giusto equilibrio tra le voci di danno, sia ove si effettui una valutazione complessiva delle stesse, sia ove si proceda a una valutazione puntuale, con l'obiettivo comune di non incorrere in alcuna duplicazione del pregiudizio (R. Garofoli, Diritto civile, Nel diritto Editore, 2019 - 2020).

Il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia e onnicomprensiva, strutturalmente unitaria, che pur sempre richiama una suddivisione nelle componenti del danno biologico e del danno morale. Invero, il giudice, pur dovendo evitare duplicazioni risarcitorie, deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, provvedendo alla loro integrale riparazione e garantendo autonomo risarcimento alle due fondamentali tipologie di danno alla persona: la sofferenza interiore e le dinamiche relazionali sul presupposto che «il valore della vita umana merita la tutela più ampia possibile (M.A. Astone, Il danno non patrimoniale nel diritto interno e sovranazionale tra antiche e nuove questioni, in Europa e Diritto Privato, fasc. 4/2018)».

«Ogni vulnus arrecato a un interesse tutelato dalla Carta Costituzionale si caratterizza per la sua doppia dimensione del danno relazione/proiezione esterna dell'essere e del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza» (Cass. civ., sez. III, sent. 20 aprile 2016, n. 7766 e, più recentemente, Cass. civ., ord. n. 7513/2018, c.d. “ordinanza decalogo”).

Il Codice delle Assicurazioni, con il novellato art. 138 ha introdotto un regime risarcitorio pieno e integrale, riconoscendo la valorizzazione autonoma della componente morale da lesione all'integrità fisica per la rilevanza e la peculiarità dell'interesse leso (per una valutazione critica di questa tesi si rinvia a SPERA, Le novità normative e la Cassazione suggeriscono un ritocco Tabella milanese danno da lesione bene salute).

Pertanto, il danno alla salute dovrà essere valutato sulla base della predetta norma, ovvero dando rilievo al danno morale con la personalizzazione diretta a riparare il danno dinamico - relazionale, ove ricorrano circostanze eccezionali e straordinarie e al danno biologico, quali voci autonome e distinte (G. Ponzanelli, Certezze e incertezze nel risarcimento del danno alla persona, in Danno e responsabilità n. 1/2020).

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