Trasferimenti di immobili compresi in piani particolareggiati: sì alle agevolazioni se il contribuente non ha edificato per forza maggiore o factum principis

17 Luglio 2020

In tema di agevolazioni tributarie sui trasferimenti di immobili compresi in piani particolareggiati, i benefici accordati dall'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000 (nel testo applicabile ratione temporis) sulle imposte di registro (aliquota dell'1%) ipotecaria e catastale (in misura fissa), si applicano anche se l'edificazione non sia realizzata entro cinque anni dal trasferimento, sempreché ciò non derivi da un comportamento ascrivibile (direttamente o indirettamente) all'acquirente, tempestivamente attivatosi, ma da una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare situazioni di forza maggiore ovvero di factum principis, ciò rendendo inesigibile, secondo un principio generale immanente nell'ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma agevolativa nel termine ivi previsto.
Massima

In tema di agevolazioni tributarie sui trasferimenti di immobili compresi in piani particolareggiati, i benefici accordati dall'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000 (nel testo applicabile ratione temporis) sulle imposte di registro (aliquota dell'1%) ipotecaria e catastale (in misura fissa), si applicano anche se l'edificazione non sia realizzata entro cinque anni dal trasferimento, sempreché ciò non derivi da un comportamento ascrivibile (direttamente o indirettamente) all'acquirente, tempestivamente attivatosi, ma da una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare situazioni di forza maggiore ovvero di factum principis, ciò rendendo inesigibile, secondo un principio generale immanente nell'ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma agevolativa nel termine ivi previsto.

Il caso

Una società acquistava, nel 2004, un'area edificabile inclusa in un piano di lottizzazione convenzionata richiedendo l'applicazione dei benefici fiscali sui trasferimenti immobiliari previsti dall'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000 (nel testo applicabile ratione temporis); corrispondeva perciò l'imposta di registro secondo l'aliquota dell'1 per cento e le imposte ipotecarie e catastale in misura fissa.

Trascorsi oltre cinque anni dal trasferimento - termine perentorio ex lege - senza che l'area fosse edificata, l'Agenzia delle entrate notificava alla contribuente avviso di liquidazione delle suddette imposte in misura ordinaria.

La società impugnava l'atto dinanzi alla competente CTP adducendo la mancata edificazione per cause di forza maggiore ovvero per impossibilità sopravvenuta dovuta al rifiuto della nuova amministrazione comunale di dare seguito alla convenzione di lottizzazione stipulata nella precedente consiliatura.

La CTP respingeva il ricorso, come pure la CTR, nell'assunto che la norma agevolativa - di stretta interpretazione, quindi non estensibile analogicamente - non contempla le ipotesi di forza maggiore.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ricorreva per cassazione.

La Sez. tributaria della Corte, ravvisando nella giurisprudenza sezionale opposti indirizzi in ordine alla rilevanza o meno da attribuire alla forza maggiore riguardo alla perdita dell'agevolazione in questione, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite civili.

Con la decisione in commento la Cassazione, nella sua più autorevole composizione, dopo aver ricomposto il contrasto nel senso di cui in massima, ha accolto il ricorso della società, annullando la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR per verificare, in fatto, l'addotta inesigibilità dell'edificazione a causa delle modifiche agli strumenti urbanistici, sopravvenute rispetto all'atto di acquisto.

Le questioni

La decisione in commento affronta la questione della rilevanza della forza maggiore quale causa impeditiva della decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, comma 3, della L. n. 388/2000 (Finanziaria 2001), secondo cui «i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all'imposta di registro dell'1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga entro cinque anni dal trasferimento».

La norma, a differenza del precedente art. 20 L. n. 408/1949 (c.d. “Legge Tupini”), non reca alcun riferimento specifico alla forza maggiore, esimente neppure contemplata dalla disciplina agevolativa sull'acquisto della “prima casa” (art. 1, nota II bis della Tariffa, Parte I, Allegata al d.P.R. n. 131/1986. Eppure, mentre rispetto a quest'ultima fattispecie impositiva l'indirizzo largamente consolidato della Cassazione è favorevole ad affermare l'operatività della forza maggiore come esimente dalla decadenza delle aliquota agevolate sul registro, rispetto ai benefici di cui all'art. 33, comma 3, L. n. 388/2000 (nel testo vigente pro temporis, essendo stato più volte modificato: vedi box sotto) - si sono formati due contrapposti indirizzi giurisprudenziali: l'uno favorevole al rilievo in subiecta materia della vis maior, l'altro contrario.

La norma di riferimento e la sua applicazione

L'agevolazione in questione ha creato dubbi interpretativi circa la sua latitudine ed è stata più volte rimodulata dal legislatore.

L'Agenzia delle Entrate inizialmente l'ha circoscritta ai soli immobili funzionali ad uno sfruttamento edificatorio di un'area già in possesso dell'acquirente (vedi circolare n. 1/E del 2001). Tuttavia tale interpretazione restrittiva è stata oggetto di vivaci critiche che hanno indotto il Parlamento ad ampliarne l'applicabilità ex art. 76 della L. n. 448/2001 anche ai trasferimenti in favore di quanti, al momento dell'acquisto, non dispongano già di altro immobile compreso nello stesso piano urbanistico.

L'art. 36, comma 15, D.L. n. 223/2006 (conv., con modif., in L. n. 248/2006) ha poi abrogato l'art. 33 cit. pur mantenendo il regime fiscale di favore che, poi, l'art. 1, comma 306, L. n. 296/2007 (Finanziaria 2007) ha esteso ai trasferimenti immobiliari realizzati nell'ambito di tutti i programmi prevalentemente di edilizia abitativa convenzionata, comunque denominata.

Infine, l'art. 1, commi 25, 26, 27, 28, L. n. 244/2007 (Finanziaria 2008) ha integralmente riformato la disciplina reintroducendo l'agevolazione per l'acquisto di fabbricati ed aree edificabili comprese in piani particolareggiati ove il venditore non sia un soggetto passivo IVA.

La gran parte degli arresti di legittimità attribuisce sicura rilevanza alla forza maggiore così giungendo, il più delle volte, a ritenere il contribuente non decaduto dal beneficio in disamina, anche in conformità alla sua ratio, identificata nella necessità di diminuire il costo di prima edificazione quale “contropartita” per l'adempimento delle prescrizioni derivanti dagli oneri contemplati dalla pianificazione urbanistica. Secondo questo divisamento, pur gravando sul contribuente un obbligo di facere riguardo all'utilizzazione edificatoria dell'area entro il quinquennio dall'acquisto, si esclude la doverosità del comportamento richiesto dalla norma in caso di forza maggiore, da intendersi come «una causa esterna, imprevedibile e sopravvenuta» tale da sovrastare la volontà dell'acquirente (così Cass. civ., sez. trib., n. 9851/2017; vedi altresì Cass. civ., sez. trib., n. 18040/2016 che, tuttavia, nel caso di specie ha escluso che l'esecuzione dei lavori di bonifica, addotti a giustificazione dell'inedificazione nei termini, costituisse forza maggiore, mancando il requisito dell'imprevedibilità).

In quest'ottica, non vi sarebbe contrasto col principio di stretta interpretazione delle norme agevolative (ricavabile dagli artt. 23 Cost. e 14 preleggi), atteso che non si tratta di riconoscere in via analogica un beneficio fiscale non previsto dalla legge, bensì di escluderne la decadenza sulla base di un principio generale (Cass. civ., sez. trib., n. 14892/2016; Cass. civ., sez. trib., n. 3535/2016), non potendo esigersi un comportamento doveroso quando esso sia divenuto impossibile incolpevolmente (Cass. civ., sez. trib., n. 9851/2017).

Viceversa, il più recente opposto indirizzo ermeneutico nega in radice ogni possibile rilievo alla vis maior come causa impeditiva della decadenza, nell'assunto - civilistico - che l'agevolazione de qua risulterebbe priva di causa ove all'acquisto dell'area non consegua la sua utilizzazione edificatoria nel termine perentorio di legge, a nulla rilevando le ragioni, quand'anche non imputabili all'acquirente. Inoltre - a supporto di questa tesi negazionista - si adduce che la mancata edificazione implica il ripristino del regime fiscale generale e non anche l'applicazione di sanzioni, rispetto alle quali soltanto può operare l'esimente ai sensi dell'art. 6, comma 5, D.Lgs n. 472/1997 (vedi Cass. civ., sez. trib., n. 3198/2018; vedi altresì Cass. civ., sez. trib., n. 2383/2018 che nondimeno esclude che la destinazione a verde pubblico dell'area costituisca fatto imprevedibile).

La gran parte degli arresti di legittimità attribuisce sicura rilevanza alla forza maggiore così giungendo, il più delle volte, a ritenere il contribuente non decaduto dal beneficio in disamina, anche in conformità alla sua ratio, identificata nella necessità di diminuire il costo di prima edificazione quale “contropartita” per l'adempimento delle prescrizioni derivanti dagli oneri contemplati dalla pianificazione urbanistica. Secondo questo divisamento, pur gravando sul contribuente un obbligo di facere riguardo all'utilizzazione edificatoria dell'area entro il quinquennio dall'acquisto, si esclude la doverosità del comportamento richiesto dalla norma in caso di forza maggiore, da intendersi come «una causa esterna, imprevedibile e sopravvenuta» tale da sovrastare la volontà dell'acquirente (così Cass. civ., sez. trib., n. 9851/2017; vedi altresì Cass. civ., sez. trib., n. 18040/2016 che, tuttavia, nel caso di specie ha escluso che l'esecuzione dei lavori di bonifica, addotti a giustificazione dell'inedificazione nei termini, costituisse forza maggiore, mancando il requisito dell'imprevedibilità).

In quest'ottica, non vi sarebbe contrasto col principio di stretta interpretazione delle norme agevolative (ricavabile dagli artt. 23 Cost. e 14 preleggi), atteso che non si tratta di riconoscere in via analogica un beneficio fiscale non previsto dalla legge, bensì di escluderne la decadenza sulla base di un principio generale (Cass. civ., sez. trib., n. 14892/2016; Cass. civ., sez. trib., n. 3535/2016), non potendo esigersi un comportamento doveroso quando esso sia divenuto impossibile incolpevolmente (Cass. civ., sez. trib., n. 9851/2017).

Viceversa, il più recente opposto indirizzo ermeneutico nega in radice ogni possibile rilievo alla vis maior come causa impeditiva della decadenza, nell'assunto - civilistico - che l'agevolazione de qua risulterebbe priva di causa ove all'acquisto dell'area non consegua la sua utilizzazione edificatoria nel termine perentorio di legge, a nulla rilevando le ragioni, quand'anche non imputabili all'acquirente. Inoltre - a supporto di questa tesi negazionista - si adduce che la mancata edificazione implica il ripristino del regime fiscale generale e non anche l'applicazione di sanzioni, rispetto alle quali soltanto può operare l'esimente ai sensi dell'art. 6, comma 5, D.Lgs n. 472/1997 (vedi Cass. civ., sez. trib., n. 3198/2018; vedi altresì Cass. civ., sez. trib., n. 2383/2018 che nondimeno esclude che la destinazione a verde pubblico dell'area costituisca fatto imprevedibile).

Le soluzioni giuriche

La Suprema Corte in composizione allargata ha “pacificato” il contrasto sezionale confermando il tradizionale filone favorevole all'operatività della forza maggiore in termini di esimente: indirizzo largamente consolidato (almeno fino a Cass. civ., sez. trib., n. 2626/2016) non solo rispetto ai benefici fiscali in disamina, ma anche rispetto a quelli sulla “prima casa” (ex plurimis vedi Cass. civ., sez. trib., n. 14399/2013; Cass. civ., sez. trib., n. 7067/2014; Cass. civ., sez. 6-5, n. 5015/2015; Cass. civ., sez. trib., n. 25880/2015; Cass. civ., sez. 6-5, n. 864/2016).

Il giudice nomofilattico, dopo aver “allargato” la finalità dell'agevolazione in esame a quella più lata d'incentivazione dell'acquisto di aree comprese in piani urbanistici particolareggiati, per le quali il beneficio è concesso al momento dell'acquisto in presenza dei requisiti di legge, reputa del tutto coerente con questa ratio (anche) la mancata edificazione ove dipesa da una causa esterna sopravvenuta non imputabile al contribuente. Anche in questo caso - statuisce il plenum di Piazza Cavour - si resta pur sempre nel perimetro delimitato dalla norma agevolativa, come integrata alla stregua di una regola generale immanente nell'ordinamento: ossia l'inesigibilità, oggi qualificata dalla Corte regolatrice - nel solco di autorevole dottrina - come «un limite dell'obbligazione distinto da quello previsto dagli artt. 1218 e 1256 c.c., e derivante dal divieto di abuso del diritto implicito della direttiva di correttezza». Deve anzi rilevarsi come proprio il principio costituzionale di buona amministrazione (art. 97 Cost.) «comporti l'apertura verso la forza maggiore come clausola generale», con specifico riferimento ai casi in cui, come nella fattispecie in esame, l'evento impeditivo, sia dedotto con riferimento al c.d. factum principis».

È dunque demandato al giudice tributario di merito l'accertamento - di fatto - riguardo alla sussistenza della forza maggiore o del factum principis, quale evento impeditivo, non imputabile, dell'attuazione della volontà dell'onerato di portare a compimento l'edificazione dell'area nel termine prescritto, e, dunque, dell'integrazione della situazione fattuale alla quale l'ordinamento ricollega l'agevolazione.

Osservazioni

Nel riconoscere l'idoneità delle situazioni di vis maior ovvero factum principis ad impedire la decadenza dal beneficio fiscale de quo, la Corte regolatrice esclude il rischio - come sembrava profilare l'indirizzo negazionista oggi definitivamente “affossato” - di attribuire rilievo a cause d'interruzione o di sospensione della decadenza: queste, infatti, riflettono una concezione tipicamente civilistica dell'istituto, laddove invece, nell'ambito del diritto pubblico - genus rispetto al quale il diritto tributario si pone in termini di species - la decadenza arresta l'espansione della posizione soggettiva del privato, facendola rifluire nella posizione iniziale.

L'odierno approdo di legittimità merita condivisione perché, seguendo un approccio pubblicistico, è coerente con la stessa giurisprudenza amministrativa che, nel rapporto tra privato e Amministrazione, non ha mai dubitato che la decadenza possa essere impedita dal verificarsi di situazioni di forza maggiore o di factum principis (cfr. ad esempio Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2546/2019, che riconosce la forza maggiore come causa di giustificazione della sospensione del termine d'inizio e di ultimazione dei lavori previsto per l'efficacia del permesso a costruire; in precedenza vedi Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1414/1996; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 256/1996).

In secondo luogo la sentenza in commento - pur vertendo su controversia in tema di tributi non armonizzati - si allinea ad una nozione “unionalmente orientata” di forza maggiore, come elaborata dalla giurisprudenza sovranazionale, secondo cui essa non si limita all'impossibilità assoluta, ma abbraccia anche le circostanze normali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso (così Corte di giustizia UE, sentenza 18 dicembre 2007, causa C-314-06, punto 25).

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