Installare le inferriate sul balcone lede il decoro architettonico dell'edificio?
20 Luglio 2020
Massima
In tema di condominio, è legittimo installare inferriate sul balcone e sulle finestre purchè le esigenze di un condomino non danneggino gli altri vicini, ma, a prevalere, deve essere sempre la sicurezza e la proprietà privata dei condomini. Il caso
Un condominio, con atto di citazione, conveniva in giudizio un condomino al fine di accertare l'illegittimità delle opere realizzate, in particolare delle grate metalliche poste lungo il perimetro esterno dei balconi di pertinenza dell'immobile di proprietà, in violazione del regolamento di condominio e del decoro architettonico. Si costituiva il convenuto-condomino, nei termini di legge, il quale eccepiva l'infondatezza dell'assunto di parte attrice in virtù dell'inesistenza di qualsivoglia violazione del regolamento condominiale e del decoro architettonico, ponendo a fondamento della sua difesa l'aspetto afferente la realizzazione delle inferriate a scopo protettivo, poiché aveva subito furti e tentativi di intrusione. La causa di natura documentale, senza necessità di alcun approfondimento istruttorio, il magistrato adito la riteneva matura per la decisione e la rinviava per la precisazione delle conclusioni. A tale udienza, il giudicante introitava la causa per la decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Il Tribunale lombardo rigettava la domanda dell'attore e lo condannava a rifondere le spese in favore del convenuto. La questione
Si trattava di accertare e verificare se fossero presenti, al caso posto all'attenzione del Tribunale competente, i presupposti dell'istallazione di grate metalliche poste lungo il perimetro del balcone di proprietà del convenuto. Tale punto è stato esaminato dal giudicante, il quale ha rilevato e verificato la sussistenza dei presupposti di legge per la detta installazione da parte del condomino, non contraria al decoro architettonico dell'edificio e del regolamento condominiale, in virtù della presenza dell'esigenza di sicurezza del convenuto alla luce dei molteplici furti e tentativi di intrusione subiti. Dunque, la pronuncia risultava sfavorevole all'istante-condominio per le ragioni ut supra e lo stesso veniva condannato a rifondere le spese processuali in favore del convenuto. Le soluzioni giuridiche
In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale meneghino, in sede monocratica, secondo cui è stata rigettata la domanda proposta dall'attore-condominio in ordine all'illegittimità di installazione di inferriate metalliche sul bordo del balcone di proprietà del condomino-convenuto, con regolazione delle spese processuale in favore del convenuto. Infatti, il giudice adito, da un attento esame della documentazione in atti, ha rilevato l'infondatezza della domanda proposta dall'istante e la susseguente rimozione delle inferriate sul balcone del condomino-resistente. In primo luogo, ha ritenutoche le inferriate non hanno in alcun modo modificato le linee architettoniche dell'edificio in quanto non hanno creano alcuna nuova cubatura, costituendo semplice integrazione dei balconi e non contrasta con l'armoniosità ed il decoro dell'edificio (salvo ipotesi particolari di inferriate particolarmente vistose e ingombranti, da valutare caso per caso). Ciò vale a maggior ragione se lo stabile oggetto della contesa non è di particolare pregio, e le inferriate sono dello stesso tipo di quelle già presenti all'appartamento sottostante a quello di proprietà del convenuto (Cass.civ., sez. II, 4 aprile 2003, n. 8830; Cass.civ.,sez. II, 23 ottobre 1999, n. 11936; Cass.civ., sez. II, 11 gennaio 1997, n. 240). In secondo luogo, le inferriate su balconi e finestre sono necessarie per garantire il diritto alla sicurezza del domicilio da parte del proprietario di casa, diritto da ritenersi prevalente rispetto a quello degli altri condomini di vedere i balconi o finestre senza grate (Trib. Roma, 30 novembre 2016, n. 22231). Tale considerazione mira a tutelare, in primis, la sicurezza personale e la proprietà privata dei condomini dai furti e tentativi di intrusioni già subite. In ordine all'eventuale violazione del regolamento di condominio in materia di inferriate sulle finestre e balconi della compagine condominiale, è prevista una clausola che contiene un divieto generico a compiere che modifichino la struttura esterna dell'edificio, ma non contiene il divieto l'installazione di tali strutture o che ne subordinano il montaggio al consenso dell'assemblea. Se il regolamento non stabilisce nulla, come il caso posto al vaglio del giudice adito, bisogna passare al gradino successivo che è ovviamente la legge. La base normativa di partenza è - come sempre quando si parla di condominio - il codice civile, in particolare l'art. 1102, comma 1, c.c. recita: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. Anche dalla lettura di tale disposizione, non ci sono dubbi che l'installazione di una inferriata da parte di uno dei condomini, non impedisce agli altri di fare altrettanto. Dunque, nell'apprezzamento complessivo del pregio dell'edificio, inteso come senso estetico ed economico (decoro architettonico), influiscono la presenza di analoghe strutture aggiuntive o preesistenti interventi modificativi, come la fattispecie esaminata nella pronuncia del Tribunale milanese. Pertanto, è legittimo montare inferriate sul balcone, a prevalere deve essere sempre la sicurezza e la serenità delle abitazioni da possibili aggressioni o interventi di ladri. Osservazioni
Va osservato che il decoro architettonico è un valore inerente a ciascun edificio, anche di modesta fattura, e risulta dall'insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti e imprimono alle varie parti dell'edificio una determinata fisionomia, unitaria e armonica; essa risale bensì all'idea originaria dell'autore del progetto edilizio ma, una volta ultimata la costruzione, costituisce un bene autonomo che concorre a determinare il valore delle proprietà individuali e di quelle sulle parti comuni. Dalla definizione emerge, quindi, un valore connaturale all'esistenza stessa di un edificio e, come tale, presente in ogni fabbricato, a prescindere dall'epoca in cui è stato costruito e dall'eventuale pregio estetico (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2011, n. 10350; Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2009, n. 14455). Perciò il decoro architettonico è assimilabile a quei beni che, come il suolo, le fondazioni, i muri maestri e (dopo la riforma ex l. n. 220/2012) le facciate, sono coessenziali all'edificio (art. 1117, n. 1, c.c.) e apportano una utilità indifferenziata a tutto il condominio in virtù della destinazione loro propria, a prescindere dall'iniziativa dei singoli. Il pregio estetico di ciascun edificio è, tuttavia, rilevante al fine di valutare in concreto l'impatto di ogni nuova opera, dovendosi usare criteri di maggior rigore per gli edifici che hanno un rilevante valore architettonico e criteri più elastici, invece, per gli edifici di minor pregio, in ragione, per esempio, del loro carattere popolare (in tal senso, per l'affermazione della relatività del criterio, Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2003, n. 16098; Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2002, n. 5417). Talvolta, tale verifica consente di ritenere tollerabili modeste alterazioni del decoro architettonico a fronte di utilità compensative, per tutti i partecipanti al condominio, costituite dall'installazione di nuovi impianti suscettibili di elevare la qualità del godimento delle unità abitative (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334; Cass. civ., sez. VI/II, 12 luglio 2011, n. 15319; Cass. civ., sez. II, 29 luglio 2004, n. 14384). Con riferimento al contenuto tipico del regolamento di condominio in senso stretto, approvato cioè a maggioranza dall'assemblea, rientra la previsione di “norme per la tutela del decoro dell'edificio” (art.1138, comma 1, c.c.). Il regolamento assembleare può contenere norme suscettibili di incidere sulla sfera del dominio personale esclusivo dei singoli condomini, nei limiti in cui ciò si riveli necessario per la salvaguardia del bene comune protetto: così può vietare quegli interventi modificativi delle porzioni di proprietà individuali che, riflettendosi su strutture comuni, siano passibili di pregiudicare l'estetica dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 3 settembre 1998, n. 8731, in relazione ai nuovi serramenti installati alle finestre aperte sulla facciata). Il regolamento c.d. contrattuale, accettato cioè da tutti i partecipanti al condominio, può dare, altresì, del decoro architettonico una definizione più estesa rispetto a quella legale, estendendo il divieto sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2015, n. 12582; Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2013, n. 1748). La vigenza di un divieto convenzionale di modificare l'assetto estetico dell'edificio agevola senz'altro la dimostrazione dell'illecita alterazione del decoro architettonico, in quanto rende superfluo l'accertamento in concreto dell'impatto sulla conformazione del complesso immobiliare (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2013, n. 14898). A fronte, tuttavia, di opere volte all'eliminazione delle barriere architettoniche - come l'installazione od il prolungamento della corsa di un ascensore - si ritiene sia “recessiva” la norma del regolamento che subordini ogni innovazione alla preventiva autorizzazione del condominio, dovendosi attribuire prevalenza alla tutela della effettiva accessibilità degli edifici in conformità ad interessi generali inerenti alla solidarietà sociale (Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938). Per completezza, l'azione volta alla tutela del decoro architettonico dell'edificio rientra tra quelle esperibili dall'amministratore ai fini della conservazione delle parti comuni ai sensi degli artt. 1130, comma 1, n. 4), e 1131, comma 1, c.c. e, quindi, non è necessaria la previa delibera assembleare - o la ratifica a posteriori - per rappresentare il condominio in sede processuale (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2010, n. 14626). La competenza spettante ex lege all'amministratore non esclude, tuttavia, la facoltà di ogni condomino di agire in giudizio per la difesa del bene comune costituito dal decoro architettonico, in quanto la situazione di condominio, secondo l'assetto invalso nella giurisprudenza, non configura una persona giuridica distinta da quella dei singoli partecipanti: costoro non devono, di regola, essere neppure chiamati necessariamente tutti in giudizio nella controversia promossa da taluno dei condòmini nei confronti di altri (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2011, n. 14474). Qualora però la materia del contendere si estenda alla titolarità della proprietà, esclusiva o comune, della porzione investita dalla contestata alterazione del decoro architettonico, si impone l'integrazione del contraddittorio nei riguardi di tutti i condòmini (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1998, n. 3238). Petrolati, L'alterazione del decoro architettonico: profili problematici, in Condominioelocazione.it, 13 ottobre 2017 Bordolli, Opere o impianti nelle parti esclusive e decoro architettonico, in Immob. & proprietà, 2014, 289 Gallucci, Il decoro architettonico nel condominio negli edifici, in Il Civilista, 2012, fasc. 11, inserto |