TARSU/TIA: per le aree scoperte pertinenziali i presupposti di deroghe e riduzioni vanno dedotti nelle denunce

Ignazio Gennaro
27 Luglio 2020

In tema di Tarsu/Tia il tributo è dovuto unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti ad eccezione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie della abitazioni. È onere del contribuente dedurre e provare l'eventuale improduttività di rifiuti di dette aree, ovvero di parte delle stesse, nella denuncia originaria o in quella di variazione.
Massima

In tema di Tarsu/Tia il tributo è dovuto unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti ad eccezione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie della abitazioni. È onere del contribuente dedurre e provare l'eventuale improduttività di rifiuti di dette aree, ovvero di parte delle stesse, nella denuncia originaria o in quella di variazione.

Il caso

Un Comune della provincia di Siracusa impugnava, con cinque distinti appelli, dinnanzi alla Commissione tributaria regionale per la Sicilia, altrettante sentenze con le quali la competente Commissione territoriale di prima istanza aveva accolto i ricorsi introduttivi promossi da una Società di costruzioni stradali avverso i singoli avvisi di accertamento Tarsu - Tia per gli anni di imposta dal 2007 al 2011.

La pretesa tributaria faceva riferimento ad un'area scoperta sulla quale la Società aveva installato un prefabbricato destinato a spogliatoio utilizzato dal proprio personale, mentre la rimanente parte della superficie era stata destinata a parcheggio e spazio di manovra degli automezzi.

Il primo Collegio aveva statuito che, con riguardo ai rifiuti urbani prodotti dalla struttura adibita a spogliatoio, in assenza del servizio e smaltimento a da parte del Comune, il tributo Tarsu era dovuto in ragione del quaranta percento, mentre con riferimento alla rimanente area scoperta, essendo la stessa “pertinenza” di un'area già assoggettata a tributo, doveva essere computata nella misura del cinquanta percento.

La Commissione regionale, previa riunione, ha accolto i gravami proposti dal Comune ritenendo che a mente di quanto previsto dall'art. 62 c. 2) del D.Lgs. 507/1993…la Società avrebbe dovuto preventivamente avanzare richiesta di esenzione in via amministrativa...non può in questa sede contenziosa essere eccepito per la prima volta in giudizio la non assoggettabilità al tributo dell'area scoperta, assumendo di essere improduttiva di rifiuti… il tributo è dovuto unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti...”.

La questione

La Commissione del gravame, nella sostanza, ha ritenuto che la Società avrebbe dovuto preventivamente avanzare la richiesta di esenzione al Comune: solo dopo che lo stesso avesse acclarato, con procedimento amministrativo ad hoc, la spettanza dei benefici di legge, avrebbe potuto ritenersi esonerata dal pagamento del tributo per l'area scoperta utilizzata.

Ad avviso dei Giudici tributari siciliani,infatti, la “….non assoggettabilità al tributo dell'area scoperta utilizzata, non può essere eccepita per la prima volta in giudizio, assumendo di essere improduttiva di rifiuti, atteso che ai sensi dell'art. 62 c. 1) del d.lgs. 507/1993, che costituisce previsione di carattere generale, il tributo è dovuto unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree pertinenziali o accessorie ad abitazioni), atteso che sia le deroghe alla tassazione indicate nel secondo comma del medesimo articolo 62 sia le riduzioni delle superfici e tariffe stabilite dal successivo art. 66 non possono tout court essere applicate in via automatica in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nelle denunzie originaria o in quella di variazione con l'ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al citato art. 66 hanno effetto soltanto dall'anno successivo...”.

Le soluzioni giuridiche

I Giudici del gravame,nell'esaminare la controversia hanno puntato la propria attenzione anche ad individuare il soggetto sul quale grava l' “onere della prova” (art. 2697 c.c.) circa l'esistenza e la definizione delle superfici per le quali il tributo non è dovuto.

Ad avviso del Collegio di seconda istanza, poichè tali esenzioni costituiscono un'“eccezione alla regola generale di assoggettamento al tributo di tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale in cui il servizio di raccolta è istituito o attivato”, della relativa prova - con riguardo l'esistenza e l'esatta delimitazione delle aree per le quali il tributo non è dovuto - è onerato “… colui che ritiene di averne diritto e non già sul Comune impositore...”.

Ciò in quanto l'art. 62 del d.lgs. n. 507/1993 pone una presunzione soltanto relativa di tassabilità atteso che elenca numerose ipotesi di unità immobiliari o aree esentate, totalmente o parzialmente, dal tributo.

La Commissione regionale su questo ultimo profilo ha affermato che “… non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura e per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultano da obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili o da idonea documentazione...”.

Osservazioni

In materia di Tarsu – Tia la norma cui fare riferimento – come noto - è il D.Lgs. 15 novembre n. 507 del 1997 “Revisione ed armonizzazione dell'Imposta comunale sulla pubblicità...nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ...”. Il Decreto in parola (per quanto qui di interesse) all'art. art. 62 (rubricato “Presupposto della tassa ed esclusioni”) al c. 1 dispone che “La tassa è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio e' istituito ed attivato o comunque reso in via continuativa...”.

La norma appena richiamata, quindi, pone una “presunzione relativa di tassabilità”, prevedendo, infatti, al successivo c. 2 che “...Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione...”.

Il Comma 5 della disposizione appena citata prevede che “Sono esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l'obbligo dell'ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stato esteri...”.

Le relative “Tariffe per particolari condizioni di uso”, invece, sono disciplinate dall' art. 66 del medesimo D.Lgs. il quale (per quanto qui di interesse) prevede che “ [...]

1) Sono computate per la metà le superfici riguardanti le aree scoperte a qualsiasi uso adibite diverse dalle aree di cui al comma 2.;

2) Sono computate nel limite del 25% le aree scoperte che costituiscono pertinenza od accessorio dei locali ed aree assoggettabili a tassa….”.

Il successivo comma 5 della disposizione in esame disciplina espressamente “le riduzioni delle superfici e quelle tariffarie” disponendo che le stesse “...sono applicate sulla base di elementi e dati contenuti nella denuncia originaria, integrativa o di variazione con effetto dall'anno successivo...”.

Il contribuente è quindi obbligato (ai sensi del comma 6) “...a denunciare entro il 20 gennaio il venir meno delle condizioni dell'applicazione della tariffa ridotta …. in difetto si provvede al recupero del tributo a decorrere dall'anno successivo a quello di denuncia dell'uso che ha dato luogo alla riduzione tariffaria e sono applicabili le sanzioni previste per l'omessa denuncia di variazione ...”.

Riferimenti bibliografici – giurisprudenziali

La Suprema Corte di Cassazione con recente pronuncia ha ribadito il principio di diritto secondo il quale “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), grava sul contribuente l'onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dall'art. 62, commi 2 e 3, del d.Lgs. n. 507/1993, per quelle aree detenute, od occupate, che, in ragione di specifiche caratteristiche strutturali o di destinazione, non producono rifiuti o producono rifiuti speciali (smaltiti dallo stesso produttore a proprie spese), in quanto il principio secondo cui spetta all'Amministrazione provare la fonte dell'obbligazione tributaria non si estende alla dimostrazione della spettanza o meno delle esenzioni, le quali costituiscono eccezioni alla regola generale della debenza del tributo da parte di tutti coloro che occupano, o detengono, immobili nel territorio comunale. (Nel dare applicazione al principio, la S.C. ha escluso che la semplice comunicazione al Comune dell'avvio dell'attività di autorimessa costituisse prova in grado di dimostrare l'improduttività di rifiuti da parte dell'immobile)”. (Cassazione civile, sez. VI, 16/04/2019, n. 10634).

Con altra – meno recente - pronuncia (richiamata nella sentenza in commento) riguardante learee scoperte di natura pertinenziale”, la Corte ha affermato che “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la disciplina originariamente dettata per le aree scoperte dal d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 agli art. 62, comma 1 (debenza della tassa per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti), e 66, commi 1 e 2 (computo per la metà delle superfici riguardanti le aree scoperte a qualsiasi uso adibite, diverse da quelle costituenti pertinenza od accessorio dei locali ed aree assoggettabili a tassa, da computarsi, secondo il comma 2, nel limite del 25%), è rimasta applicabile fino all'anno 1996, non essendo entrate in vigore le modifiche apportate ai citati commi 1 e 2 dell'art. 66 dall'art. 3 della l. 28 dicembre 1995 n. 549, in quanto, in un primo tempo, l'art. 2, comma 4-bis, d.l. 25 novembre 1996 n. 599 (aggiunto dalla legge di conversione 24 gennaio 1997 n. 5), ha fatto decorrere tali modifiche a partire dal 1998, «ferme restando per il 1997 l'imponibilità delle superfici scoperte operative e l'esclusione dal tributo delle aree scoperte pertinenziali od accessorie a locali tassabili » e, successivamente, i due commi sono stati abrogati dal nuovo testo dell'art. 2, comma 4 bis, del d.l. n. 599 del 1996 cit., introdotto dall'art. 6 d.l. 29 settembre 1997 n. 328 (convertito nella l. 29 novembre 1997 n. 328), che ha esteso anche al 1998 l'imponibilità delle superfici scoperte operative e l'esclusione dal tributo delle aree scoperte pertinenziali od accessorie a locali tassabili, estensione poi confermata per gli anni di imposta successivi dall'art. 1, comma 3, d.l. 26 gennaio 1999 n. 8 (conv., con mod., nella l. 25 marzo 1999 n. 75).” (Cassazione civile, sez. trib., 05/05/2010, n. 10796).

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