Diritto all'oblio: bilanciamento con gli altri diritti e interessi meritevoli di tutela e suoi profili risarcitori
29 Luglio 2020
Massima
In materia di diritto all'oblio, laddove il suo titolare lamenti la presenza sul web di un'informazione che lo riguardi, risalente al passato e che egli voglia tenere per sé a tutela della sua identità e riservatezza, la garanzia del menzionato diritto va posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto e può trovare soddisfazione - fermo il carattere lecito della prima pubblicazione – nell'operazione di deindicizzazione dell'articolo sui motori di ricerca generali, o in quelli predisposti dall'editore. Il caso
La vicenda vede protagonista l'amministratore unico di un'agenzia di rappresentanza di dispositivi medicali che aveva patteggiato la pena relativa a un'imputazione per frode in pubbliche forniture, sostituzione di persona e falso in atto pubblico commesso da privato. Il signore lamenta che, digitando il suo nome e cognome su Google e su altri motori di ricerca, come primo risultato appare un collegamento all'articolo di una testata giornalistica che descrive la sua vicenda giudiziaria. Egli ritiene che la notizia di cronaca sia risalente nel tempo, poiché la vicenda si era già conclusa con un patteggiamento, e ciò quasi due anni prima dell'iniziativa giudiziaria assunta poi da lui innanzi il Tribunale di Pescara. L'amministratore della società ritiene che la permanente e indistinta disponibilità della notizia violi la sua reputazione e i principi che regolano il trattamento dei dati personali e chiede, quindi, al Tribunale interpellato di affermare il suo diritto ad essere dimenticato. Il Tribunale accoglie la sua domanda e ordina la cancellazione della notizia giornalistica, valorizzando il dato certo della persistenza in rete dell'articolo e ritenendo illegittimo il fatto che i dati personali del ricorrente fossero rimasti memorizzati nella rete internet, nonostante la finalità di cronaca giornalistica si fosse esaurita con la sentenza di patteggiamento. Successivamente però, a seguito del ricorso dell'editore, la Corte di Cassazione ribalta tale decisione che viene cassata con rinvio. La pronuncia della Suprema Corte, infatti, ripercorre l'elaborazione del diritto all'oblio e lo pone in relazione con altri diritti, tra cui quello alla riservatezza, nonché a quello di cronaca e di interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, tenendo conto anche dell'evoluzione in materia di privacy.
La questione
Che tipo di accertamento e bilanciamento è chiamato ad effettuare il Tribunale che deve pronunciarsi sul tema del diritto all'oblio per garantire il più possibile l'incolumità virtuale dell'identità della persona, e quali sono gli elementi che determinano la prevalenza di tale diritto rispetto ad altri interessi e diritti altrettanto meritevoli di tutela? Le soluzioni giuridiche
Nel caso di specie, è particolarmente interessante il tema centrale che viene affrontato dalla pronuncia della Corte di Cassazione che riguarda il trattamento da riservarsi alla notizia di cronaca la quale, oggetto di una prima pubblicazione e poi trasmigrata nell'archivio online della testata giornalistica, resti accessibile nel web senza limiti di tempo per l'intervenuta indicizzazione dei relativi contenuti dai motori di ricerca. Il diritto all'oblio, si legge nella sentenza in commento, è il diritto a non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona con un pregiudizio alla reputazione e alla riservatezza per il mantenimento senza limiti di tempo o la ripubblicazione a distanza di un significativo intervallo temporale, e al cui decorso si accompagni una diversa identità della persona, di una notizia relativa a fatti commessi in passato. Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte conferisce un certo dinamismo al diritto all'oblio, qualificandolo anche come potere, attribuito al titolare del diritto, al controllo del trattamento dei dati personali a opera di terzi responsabili. Il titolare di tale diritto potrebbe lamentare la presenza sul web di un'informazione che lo riguardi ormai appartenente al passato a causa della riemersione senza limiti di tempo di tale notizia all'esito della consultazione di un motore di ricerca avviata tramite la digitazione del proprio nome e cognome. Nel caso di specie, però, la Corte Suprema non ritiene opportuno procedere direttamente alla cancellazione della notizia. Infatti, la tutela del diritto all'oblio deve essere posta in bilanciamento con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto - costituzionalmente garantito - di manifestazione del pensiero e, quindi, di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica. Premesso, pertanto, il carattere lecito della prima pubblicazione della notizia, la Suprema Corte precisa che, nel caso attuale, la tutela del diritto all'oblio può trovare preminente soddisfazione nella deindicizzazione dell'articolo sui motori di ricerca generali o in quelli predisposti dall'editore. Secondo la Corte di Cassazione, nella presente vicenda, il Tribunale di Pescara che ha disposto la cancellazione della notizia dal web non ha preliminarmente accertato se l'intervallo di tempo di un anno e otto mesi, tra il patteggiamento oggetto della notizia e l'iniziativa giudiziaria assunta dalla parte, integrasse o meno il fattore tempo, presupposto del diritto all'oblio. Qualora tale accertamento fosse stato positivo, il Tribunale avrebbe dovuto provvedere a un giudizio di bilanciamento tra i diritti in gioco, contemperando la ricorrenza del diritto all'oblio insieme al perdurante diritto di cronaca giudiziaria o di documentazione e archiviazione. In quest'ultima prospettiva, i Giudici di prime cure non hanno verificato i profili di applicabilità della misura della deindicizzazione della notizia dai motori di ricerca generalisti quale rimedio sufficiente e, in correzione a ciò, i profili di una eventuale responsabilità dell'editore. Osservazioni
Sul tema che ci occupa, pare opportuno effettuare delle riflessioni anche rispetto al profilo risarcitorio e della tutela rimediale nel caso di violazione del diritto all'oblio. Sul punto, la giurisprudenza ammette da tempo la risarcibilità di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, eventualmente prodotti da una condotta lesiva di tale diritto. La tutela dei diritti fondamentali della persona, tra i quali figura anche il diritto all'oblio, è affidata infatti allo strumento del risarcimento del danno da fatto illecito exart. 2043 c.c., cosicché chi subisce la violazione della sfera del proprio riserbo ha diritto a vedersi risarcito, purché ne dimostri i presupposti, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale. La giurisprudenza, infatti, ha più volte specificato che, per quanto riguarda il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. da lesione ad un diritto fondamentale, garantito dalla nostra Costituzione, quest'ultimo non può ritenersi in re ipsa ma deve essere opportunamente allegato e provato da chi lo invoca (Cass. civ. n. 19137/2018 e Cass. civ. n. 12855/2018). L'importo da corrispondere a titolo risarcitorio è per lo più liquidato mediante il ricorso al criterio equitativo, secondo la norma di cui all'art. 1226 c.c. Un ruolo importante è, altresì svolto dalla tutela d'urgenza, di cui all'art. 700 c.p.c.: chi, infatti, abbia fondato motivo di temere che durante il tempo necessario a far valere il proprio diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un male grave e irreparabile pregiudizio può chiedere l'emissione di un provvedimento di urgenza volto alla rimozione del contenuto lesivo del diritto all'oblio. Il presupposto del pericolo di danno e il suo contenuto non sono specificatamente delineati dalla legge ma vengono valutati dal giudice con riguardo alla fattispecie concreta. Circa la quantificazione del danno non patrimoniale operata in via equitativa dal giudice è opportuno citare la giurisprudenza della Suprema Corte, chiamata a decidere in ordine al risarcimento del danno alla reputazione e che si è espressa precisando che: «unica forma di liquidazione per ogni danno che sia privo delle caratteristiche della patrimonialità è quella equitativa, sicché la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura stessa di danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non aver indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare – costituente, in linea generale, la condizione per il ricorso alla valutazione equitativa (art. 1226 c.c.) – giacché intanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano i parametri normativi fissi in commutazione, in difetto dei quali il danno non patrimoniale non potrà mai essere provato nel suo preciso ammontare, fermo restando tuttavia il dovere del giudice di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato» (Cass. civ., sent.,12 maggio 2006, n. 11039). E. Gabrielli (a cura di), Il diritto all'oblio, Atti del Convegno di Studi del 17 maggio 1997, Napoli, Jovene 1999; M. Mezzanotte, Il Diritto all'oblio. Contributo allo studio della privacy storica, Naspoli, Jovene 2009; G. Finocchiaro, La memoria della rete e il diritto all'oblio, in Il Dir. dell'informazione e dell'informatica, 2010, Fasc. 3, pp. 391 – 404; V. Mayer–Shonberger, Delete. Il Diritto all'oblio nell'era digitale, Egea, Milano, 2010; Zeno–Zenovich, Analisi di 320 sentenze sulla lesione della personalità rese dal Tribunale di Roma (2003 – 2008), in Il dir. dell'informazione e dell'informatica, 2009, pp. 263-348.
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