La mancata specificazione del compenso dell'amministratore di condominio comporta la nullita' della nomina?

Nicola Frivoli
20 Agosto 2020

Il giudicante è stato chiamato ad accertare la fondatezza di un atto di opposizione a decreto ingiuntivo da parte di un condominio inerente la nullità, invalidità ed inefficacia della nomina di un amministratore di condominio, con susseguente revoca del provvedimento monitorio.
Massima

In tema di condominio, la delibera di approvazione della nomina del' amministratore è da considerarsi nulla inassenza della specificazione analitica del compenso spettante; di converso, l'amministratore deve dare prova della produzione del preventivo delle sue competenze nella riunione assembleare, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il caso

Un condominio si opponeva, con atto di citazione (artt. 163 ss c.c.), avverso un decreto ingiuntivo emesso in favore di un amministratore di condominio revocato dall'assemblea, per il mancato pagamento dei compensi in favore dello stesso. Il condominio chiedeva di accertare e dichiarare la nullità, invalidità e inefficacia della nomina, e, per effetto, revocarsi il decreto ingiuntivo opposto e dichiararsi la non debenza degli importi azionati in via monitoria.

Si costituiva il convenuto-opposto, nei termini di legge, il quale eccepiva l'infondatezza dell'assunto di parte attrice in quanto la nomina dell'amministratore di condominio era legittima e priva di qualsivoglia invalidità, inefficacia e nullità sostenuta dal condominio.

La causa veniva istruita sia con prove orali (con escussione di diversi testimoni) e con prove documentali prodotte dalle parti. Il magistrato adito riteneva il giudizio maturo per la decisione e lo rinviava per la precisazione delle conclusioni. A tale udienza, il giudicante introitava la causa per la decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Il Tribunale friulano rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo, revocava il detto provvedimento monitorio e condannava il condominio-opponente al pagamento del compenso rideterminato in favore dell'amministratore-opposto, condannando, altresì, il detto consesso a rifondere le spese in favore dell'opposto.

La questione

Si trattava di accertare e verificare se fossero presenti, al caso posto all'attenzione del Tribunale competente, i motivi di nullità, inefficacia e invalidità della nomina dell'amministratore di condominio.

Tale aspetto è stato esaminato dal giudicante, il quale ha rilevato e verificato l'infondatezza dell'assunto del condominio-opponente attraverso le prove orali escusse e prove precostituite di natura documentale prodotte in atti.

Dunque, l'opposizione a decreto ingiuntivo è stata dichiarata infondata, con la condanna del condominio a versare in favore dell'amministratore il compenso richiesto, rideterminato in parte nel suo ammontare, con la condanna dell'attore-opponente a rifondere le spese processuali in favore del convenuto-opposto.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale competente, in sede monocratica, secondo cui è stata dichiarata l'infondatezza dell'opposizione a decreto ingiuntivo posta in essere da un condominio avverso provvedimento monitorio in favore di un amministratore per il mancato pagamento del suo compenso, con regolazione delle spese processuale in favore dell'attore.

Infatti, il giudice adito, da un attento esame della documentazione in atti e delle prove orali assunte, aveva rilevato l'infondatezza dell'opposizione da parte del condominio-opponente.

Il Tribunale friulano ha ritenuto infondata la domanda in opposizione in ordine al motivo di nullità della nomina dell'amministratore-opposto.

In particolare, si fa riferimento alla presunta violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. per non aver l'amministratore comunicato ai condomini ed allegato al registro del verbale delle assemblee alcun preventivo o/e tariffario nel quale fossero specificatamente indicati i propri compensi, con susseguente nullità della delibera di conferma dell'amministratore.

Tale comma stabilisce che:“l'amministratore, l'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta”.

La disposizione contenuta in tale comma non lascia spazio ad ulteriori interpretazioni oltre a quella del dato letterale del precetto normativo,

Dunque, l'amministratore, all'atto dell'accettazione della sua nomina o conferma, di specificare in modo analitico l'importo del suo compenso per l'attività che andrà a svolgere, sia per la gestione ordinaria che per quella straordinaria.

Ciò al fine di garantire la massima trasparenza ai condomini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l'emolumento dell'organo gestorio al momento del conferimento del mandato.

Va considerata nulla la nomina dell'amministratore di condominio - con conseguente nullità della delibera - in assenza della specificazione analitica del compenso a quest'ultimo spettante per l'attività da svolgere, in violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. (Trib.Roma 10 ottobre 2018; Trib.Milano 23 gennaio 2018, n.828; Trib. Udine 14 novembre 2018, n. 353; Trib. Roma 9 aprile 2018, n. 7192; Trib. Milano 3 aprile 2016, n. 4294).

Nella fattispecie posta al vaglio del giudice adito, le prove precostituite (prove documentali) e le prove costituende (prove orali) hanno provato quanto sostenuto dall'amministratore-opposto circa le dichiarazioni rese in assemblea in ordine al preventivo prodotto, ma non allegato al verbale di assemblea alla luce di alcune pagine rimosse o spostate dai documenti prodotti in giudizio.

Inoltre, ma non meno importante, l'assemblea condominiale, all'unanimità dei presenti, ha approvato il bilancio consuntivo ed il bilancio preventivo con indicati gli importi ed il compenso dell'amministratore e tale deliberazione non è stata impugnata nei termini di legge (ex art. 1137 c.c.).

Per quanto concerne il provvedimento monitorio impugnato, essendo il credito certo, liquido ed esigibile (compenso), ex art. 633 c.p.c., il giudicante ha ritenuto opportuno solo non riconoscerne un piccola parte, atteso che all'amministratore non doveva essere considerato l'intero compenso stabilito per la normale durata del mandato, in virtù della revoca assembleare avvenuta, bensì doveva considerarsi la minor somma liquidata tenendo conto del tempo in cui effettivamente eseguito il mandato (Trib. Bologna 20 settembre 2018, n. 20786, Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2016, n. 2242).

Deve essere riconosciuto il compenso all'amministratore per il compimento di atti fino al momento in cui egli è nella pienezza dei suoi poteri, omettendo qualsiasi riconoscimento economico successivo a maturarsi fino alla scadenza naturale del mandato. L'art. 1725 c.c. stabilisce che, nella revoca del mandato oneroso a termine, il mandante deve risarcire i danni se è fatta prima della scadenza del termine, salvo che ricorra una giusta causa, ma non vi è alcuna previsione relativa al pagamento del compenso nonostante la revoca e fino alla conclusionale naturale dell'incarico. La ragione sta nel fatto che l'amministratore deve continuare a svolgere gli atti di ordinaria amministrazione sino alla nomina del nuovo amministratore. Per contro, nel caso in cui l'assemblea provveda a revocare l'incarico, non è dovuto l'intero compenso stabilito per la normale durata del mandato, in quanto se la revoca è precedente rispetto alla data prevista per la cessazione dell'incarico, egli non avrà quindi diritto all'intero compenso, ma alla minor somma liquidata tenendo conto del tempo in cui ha effettivamente eseguito il mandato.

Giustamente il magistrato ha rideterminato l'importo del decreto ingiuntivo impugnato, revocando lo stesso, e condannando l'opponente al pagamento dell'esatta somma, oltre le competenze legali, in favore dell'opposto.

Osservazioni

Il compenso dell'amministratore rappresenta una tra le voci di spesa più discusse e controverse all'interno dei rapporti condominiali.

Si osserva che, con la riforma della materia del condominio negli edifici, attuata con la l. 12 dicembre 2012, n. 220, il legislatore, tra le altre finalità, ha inteso anche ridisegnare la figura dell'amministratore, apprestandone un relativo statuto, comportamentale e deontologico, a tutela della posizione di ciascun componente la comunione edilizia condominiale, considerandolo organo di esecuzione, di gestione e di rappresentanza.

In tale ottica, si precisa che sin dal momento della costituzione del rapporto gestorio, deve essere noto ai soggetti del relativo contratto - condominio e amministratore - il complessivo corrispettivo per l'attività di governo che sarà prestata.

Ciò al fine di evitare situazioni, diffuse nella prassi, che vedevano l'amministratore, all'atto della cessazione dell'incarico, pretendere ulteriori emolumenti non preventivamente determinati per attività non espressamente prese in considerazione al momento della designazione (quali assemblee straordinarie ovvero interventi conservativi) e al cui pagamento, spesso, veniva subordinata la trasmissione, al successore, della documentazione relativa alla gestione del condominio nell'esercizio di una sorta di non previsto diritto di ritenzione.

Per ovviare a tali inconvenienti, pertanto, è stato opportunamente stabilito che l'indicazione del compenso sia elemento essenziale della nomina la cui mancanza può determinarne nullità.

Tale apprezzabile intento non si è, però, trasfuso in un disposto idoneo contenuto in una norma ad hoc, posto che nella previsione del comma 14 dell'art. 1129 c.c., come detto, il corrispettivo è stato correlato all'accettazione da parte del designato, così ingenerando differenti interpretazioni applicative.

E' stato, infatti, ritenuto che non sia nulla la delibera assembleare che, nel nominare l'amministratore, non specifichi il relativo appannaggio, posto che la richiamata norma di disciplina correla la nullità alla sola mancata indicazione del compenso che potrebbe, però, intervenire anche successivamente al deliberato di designazione e, quindi, rileverebbe per il solo, postumo, perfezionamento dell'incarico (Trib. Palermo 9 febbraio 2018).

Il rapporto che lega l'amministratore al condominio di cui ne cura la gestione, poiché importante l'espletamento di attività giuridicamente rilevante nell'altrui nome ed interesse, deve ricondursi al contratto di mandato, ex artt. 1702 ss. c.c.

In quanto contratto ad effetti obbligatori, in applicazione del principio consensualistico predicato dall'art. 1326 c.c. il perfezionamento del vincolo e la produzione dei connessi effetti si determina nel momento in cui il proponente ha notizia dell'accettazione della controparte.

Letta alla luce della norma da ultimo richiamata, la previsione dell'art. 1129 c.c. prevede che l'amministratore, nel momento in cui accetta la proposta di incarico, deve indicare l'ammontare del proprio compenso, individua, in tal modo, un elemento della fattispecie negoziale complessa la cui carenza, in coerenza con la previsione dell'art. 1418 c.c., può importarne nullità.

Ai sensi dell'art. 1709 c.c., il contratto di mandato è, di regola, naturalmente oneroso e, pertanto, in difetto di sua espressa rinuncia, il mandatario è comunque titolato al percepimento del relativo corrispettivo la cui determinazione deve essere effettuata in applicazione dei parametri indicati.

Tale principio generale soffre deroga nel caso in cui oggetto del mandato sia la gestione di un condominio perché, in tale caso, l'omessa indicazione del compenso, da parte del mandatario, comporta nullità del negozio giuridico di designazione.

Posto che l'art. 1129 c.c., al comma 14, c.c. collega la determinazione del corrispettivo all'indicazione resa dal designato contestualmente alla sua accettazione, ciò lascia presupporre che, nell'ipotesi legislativa, la fattispecie di formazione del contratto muova da relativa proposta da parte del condominio che venga riscontrata dal designando.

Poiché, però, solamente con l'adesione di costui viene ad esplicitarsi un elemento essenziale del negozio, essa accettazione, giusta previsione dell'art. 1326 c.c., deve, a rigore, considerarsi quale “nuova proposta” che, una volta fatta propria dall'assemblea con delibera assunta con l'avvallo maggioritario qualificato ex art. 1136, comma 4, c.c. resa nota alla controparte, determina la valida conclusione del contratto.

Ciò che deve, in ogni caso, escludersi é che il corrispettivo possa essere definito al di fuori della fattispecie formativa del negozio e, quindi, essere rimesso a sola successiva postuma indicazione dell'amministratore.

A conferma della proposta soluzione ricostruttiva, intervengono ulteriori dati normativi.

L'art. 1135, comma 1, n. 1), c.c. espressamente sancisce che l'assemblea dei condomini debba provvedere (anche) alla “eventuale” retribuzione dell'amministratore, e ciò non accadrebbe laddove la quantificazione fosse oggetto di una scelta autonoma del gestore, successiva alla sua investitura da parte della medesima assemblea.

L'omessa indicazione del compenso, per dettato normativo, inficia di nullità non già tale specifico profilo del rapporto di mandato - in ipotesi importandone la conseguente gratuità - bensì l'intero negozio di nomina e ciò può affermarsi e giustificarsi solamente se si ritiene che trattasi di informazione che si inserisce nella struttura del relativo contratto, qualificandone il pertinente aspetto costitutivo.

Guida all'approfondimento

Celeste, II codice del condominio, Milano, 2018;

Rezzonico, L'indicazione del compenso e le altre comunicazioni obbligatorie dell'amministratore condominiale al momento della sua nomina, in Condominioelocazione.it, 2018;

Frivoli - Tarantino, La responsabilità dell'amministratore di condominio, Milano, 2018;

Cusano, L'amministratore di condominio, Napoli, 2015;

Celeste - Scarpa, L'amministratore e l'assemblea, Milano, 2014.

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