Il rapporto tra il disconoscimento della firma su copia dell'avviso di ricezione dell'atto impositivo e querela di falso

Vincenzo Pisani
31 Agosto 2020

In tema di processo tributario, nel caso in cui l'Amministrazione eccepisca solo in appello la tardività del ricorso introduttivo del giudizio, depositando copia dell'avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell'atto impositivo, ove il contribuente deduca la nullità della notifica disconoscendo espressamente, in tale sede, l'autenticità della sottoscrizione del proprio legale rappresentante, senza che l'Amministrazione produca l'originale dell'avviso di ricezione, la copia dello stesso non può avere l'efficacia dell'atto pubblico; sicchè nei suoi confronti non deve essere esperita la querela di falso, il cui giudizio deve necessariamente svolgersi sull'originale.
Massima

In tema di processo tributario, nel caso in cui l'Amministrazione eccepisca solo in appello la tardività del ricorso introduttivo del giudizio, depositando copia dell'avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell'atto impositivo, ove il contribuente deduca la nullità della notifica disconoscendo espressamente, in tale sede, l'autenticità della sottoscrizione del proprio legale rappresentante, senza che l'Amministrazione produca l'originale dell'avviso di ricezione, la copia dello stesso non può avere l'efficacia dell'atto pubblico; sicchè nei suoi confronti non deve essere esperita la querela di falso, il cui giudizio deve necessariamente svolgersi sull'originale.

Il caso

La Commissione tributaria di II grado di Trento (di seguito anche “CTR”) accoglieva l'appello proposto dalla Agenzia delle entrate (di seguito anche “Ade” o “Ufficio”) avverso la sentenza della Commissione tributaria di I grado di Trento (di seguito anche “CTP”), che aveva accolto il ricorso presentato da una s.r.l. (di seguito anche “Società”) contro l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dall'Ade, per l'anno 2004.

In particolare, il giudice di appello accoglieva l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla Ade, la quale, aveva eccepito la tardività del ricorso introduttivo in quanto l'avviso di accertamento era stato notificato alla società il 5.12.2008 mentre il ricorso era stato spedito per la notifica il 5.2.2009. Produceva, a tal fine, copia semplice della distinta del portalettere con cui era stato notificato l'avviso di accertamento. Si costituiva in giudizio la Società, la quale, in merito alle doglianze dell'Ufficio asseriva che dalla distinta del portalettere si evinceva che la data di notifica dell'atto impositivo era il 9.12.2008 e, pertanto, il ricorso in CTP era stato presentato nei termini di legge. Quindi, eccepiva che dalla copia semplice della prova di notifica prodotta dall'Ufficio la firma del ricevente ivi apposta non era riconducibile a quella legale rappresentante della srl.

All'esito del procedimento di appello, la CTR ha ritenuto che la data di ricezione dell'avviso di accertamento fosse il 5.12.2008 come sostenuto dall'Ade anche in ragione della distinta del portalettere. Inoltre, per i secondi giudici la questione in ordine alla illeggibilità della data di ricezione dell'avviso era stata sollevata tardivamente dalla contribuente, come pure tardiva era la deduzione che la firma apposta dal "titolare" della società sull'avviso nello spazio riservato alla firma del destinatario e che, comunque, la società avrebbe dovuto, dunque, proporre querela di falso.

Avverso siffatta pronuncia, la Società contribuente proponeva ricorso per Cassazione argomentato sulla base di sei motivi di ricorso. Resisteva con controricorso l'Ufficio.

La questione

La questione affrontata ha origine dal ricorso per Cassazione prodotto dalla Società contribuente con cui sono state sollevate diverse censure di legittimità alla sentenza emessa dalla CTR di Trento, al cui esito è stato ritenuto fondato il gravame proposto dall'Ade e per l'effetto legittimo l'avviso di accertamento emesso dall'Ufficio. In dettaglio, la srl ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto da parte dei giudici di seconde cure per aver ritenuto che:

  • la data di notifica a mezzo posta di un atto impositivo possa essere provata in base alla copia semplice dell'avviso di accertamento e della distinta del portalettere;
  • l'appello era inammissibile in quanto tardiva sia l'eccezione riguardante l'illeggibilità della data apposta sull'avviso di ricevimento dell'atto impositivo notificato a mezzo posta che quella riguardante la mancata firma del legale rappresentante sull'avviso di ricevimento ed, inoltre, che tali eccezioni avrebbero dovuto essere oggetto di specifico motivo di appello incidentale;
  • che era necessaria la querela di falso in ordine al disconoscimento della firma apposta sull'avviso di ricevimento pur in assenza dell'originale dell'atto pubblico.

Dunque, oggetto essenziale della lite in esame è l'onere di produzione in originale, da parte dell'amministrazione finanziaria, dell'avviso di accertamento e della prova della notifica a mezzo di servizio postale, laddove ci sia l'espresso disconoscimento delle copie prodotte nel corso dell'udienza di merito da parte del contribuente.

Le soluzioni giuridiche

Nonostante i motivi di ricorso sottesi alla decisione della Suprema Corte siano stati esaminati congiuntamente, l'importanza (soprattutto di ordine pratico) delle singole statuizioni ivi contenute determinano la necessità di un'analisi schematica delle varie soluzioni giuridiche

Sul riparto dell'onere della prova tra contribuente ed amministrazione finanziaria in ordine alla tempestività della impugnazione

Secondo i Supremi Giudici la Società contribuente, eccepita la mancata notificazione dell'atto impositivo e disconosciuta espressamente la sottoscrizione dell'avviso di ricevimento in udienza subito dopo la produzione di copia dell'avviso di ricezione da parte dell'Agenzia delle entrate nel giudizio di secondo grado, faceva incombere sull'Ufficio l'onere di fornire la dimostrazione che l'atto impositivo le era stato recapitato il 9.12.2008, mediante la produzione dell'originale dell'avviso di ricevimento contenente la data certa di avvenuta notificazione.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di contenzioso tributario, quando il ricorrente deduca che la tardività del ricorso è dipesa dall'omessa notifica del provvedimento impugnato, in applicazione dei criteri di cui all'art. 2697 c.c. (l'

a

rt. 2697 c.c.

(Onere della prova) “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”.

)

, non è suo onere fornire la prova negativa dell'omessa notifica ma incombe alla parte cui sia stato notificato il ricorso - Agenzia delle entrate - qualora eccepisca l'inosservanza del termine di decadenza di cui all'

art. 21, D.Lgs. n. 546/1992

[l'art. 21, co. 1, D.Lgs. n. 546/1992 (Termine per la proposizione del ricorso): “Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo

)

, provarne il momento di decorrenza producendo copia autentica dell'atto impugnato, corredata dalla relata di notifica (Secondo la giurisprudenza di Cassazione “se è vero che è onere dell'impugnante dare la prova della tempestività dell'impugnazione, tuttavia è stato chiarito che, a norma dell'art. 2697 c.c., la stessa parte impugnante non deve dimostrare che il provvedimento non le sia stato notificato, mentre incombe alla parte cui sia stato notificato un atto d'impugnazione, qualora eccepisca la necessità dell'osservanza del termine di decadenza per detta impugnazione e l'avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza, producendo copia autentica dell'atto impugnato, corredata della relata di notificazione" (cfr. Cass. 24 luglio 2009, n. 17387)].

Pertanto, in applicazione di tali norme di legge, i Supremi Giudici hanno ritenuto che non può l'amministrazione finanziaria far valere il principio secondo cui grava sull'opponente l'onere di provare la tempestività dell'iniziativa giudiziaria da lui intrapresa, posto che tale regola presuppone che l'atto, contro cui l'opposizione sia stata rivolta, sia stato “validamente notificato in data certa”; dovendosi altrimenti escludere che sia positivamente identificabile l'esatto dies a quo per il decorso del termine decadenziale di impugnazione (ex multis Cass., 13 novembre 2018, n. 29133).

Sul disconoscimento nel processo di secondo grado della firma del legale rappresentante apposta sull'avviso di ricezione dell'atto impositivo

Con riferimento alla ritenuta tardività delle contestazioni della Società all'avviso di ricevimento prodotto in copia semplice dalla Agenzia delle entrate nel giudizio di appello, i Supremi Giudici hanno rilevato che tali contestazioni non potessero essere escluse dal divieto di eccezioni nuove in appello di cui all'art. 57, D.Lgs. n. 546/1992 (L'art. 57, D.Lgs. n. 546/1992 (Domande ed eccezioni nuove) “Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata. Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio

)

in quanto la Società, in sede di controdeduzioni, si è limitata a contestare la leggibilità della data di consegna di avviso di ricezione ed a disconoscere la sottoscrizione del legale rappresentante: eccezioni che non potevano essere sollevate se non in sede di appello, quando l'Ade ha prodotto l'avviso di ricevimento in copia ed ha sollevato l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività.

Per la Suprema Corte, infatti, la parte ha facoltà di contraddire in ordine a questioni rilevate o rilevabili d'ufficio dal giudice o introdotte dalla controparte, nei limiti in cui ciò non determini un allargamento della causa petendi, individuata in relazione ai motivi di impugnazione dedotti con il ricorso introduttivo (Cass. 4 ottobre 2018, n. 24305). Nel caso di specie, l'eccezione del contribuente (in relazione alla nullità della notifica dell'atto impugnato) non determina un'alterazione della originaria causa petendi, risolvendosi nell'illustrazione di un'argomentazione a sostegno della sussistenza di uno dei requisiti di ammissibilità del ricorso (la sua tempestività).

Inoltre, Né doveva essere proposto appello incidentale da parte della società, in quanto non vi era stata soccombenza sul punto, essendo stato accolto il ricorso di primo grado nel merito. Solo in sede di appello l'Agenzia delle entrate per la prima volta ha sollevato l'eccezione di tardività del ricorso originario della contribuente, limitandosi a produrre solo la copia dell'avviso di ricezione della raccomandata, senza il deposito dell'originale, anche dopo il formale disconoscimento della sottoscrizione da parte della società.

Sull'efficacia del disconoscimento della firma del legale rappresentante apposta sull'avviso di ricezione dell'atto impositivo prodotto in copia nel giudizio di secondo grado

In presenza dell'eccezione sollevata dalla Società in ordine al disconoscimento della firma apposta sull'avviso di ricevimento, i Supremi Giudici chiariscono, anzitutto, che, nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall'art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 546/1992 (L'

ar

t. 1, co. 2, D.Lgs. n. 546/1992

(Gli organi della giurisdizione tributaria) dispone che “I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile

)

alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, il giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione [L'accertamento del disconoscimento della firma è effettuato dai giudici tributari di merito ove ricorrano le medesime condizioni che il codice di rito prescrive per l'esperibilità della procedura di verificazione nonché, in caso positivo, con l'esercizio dei poteri istruttori e nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il processo tributario (Cass., sez. 5, 31 marzo 2011, n. 7355)]. La tempestività del disconoscimento deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l'atto impositivo fondato sulla scrittura privata (Cass., sez 5, 17 maggio 2019, n. 13333).

Per la Suprema Corte l'art. 2719 c.c. (L'

art. 2719 c.c.

(Copie fotografiche di scritture) dispone che "le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta"), esige l'espresso disconoscimento della conformità con l'originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell'autenticità di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., ai sensi dei quali, rispettivamente, "colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione" e che "La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: (...) 2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione".

Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata:

  • si ha per riconosciuta tanto nella sua conformità all'originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione;
  • se disconosciuta onera la parte della produzione dell'originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche "aliunde" (Il disconoscimento deve avvenire in modo formale e specifico (Cass., sez. 2, 20 febbraio 2018, n. 4053)).

Secondo l'orientamento costante di Cassazione, infatti, la copia fotostatica di un documento ha lo stesso valore dell'originale e la sua stessa efficacia probatoria solo se la sua conformità all'originale non viene contestata dalla parte contro cui è prodotta, secondo il principio fissato dall'art. 2712 c.c. (l'art. 2712 c.c. (Riproduzioni meccaniche) dispone che "le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche (...) formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime"), applicabile anche nel processo tributario (ex multis Cass., 22 maggio 2003, n. 8108).

Con riferimento alle modalità di contestazione della conformità all'originale di un documento prodotto in copia, la Suprema Corte ha precisato che esso non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali "impugno e contesto" ovvero "contesto tutta la documentazione perché inammissibile ed irrilevante", ma va operata - a pena di inefficacia - in modo chiaro e circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall'originale [Il disconoscimento di un documento in copia, ai sensi dell'art. 2719 c.c., deve essere specifico, quindi riferito ad una copia concretamente individuata e successivo, effettuato cioè dopo la produzione in giudizio della copia medesima (

Cass.,

sez. 5, 13 dicembre 2017, n. 29993

)].

La normativa sul processo tributario contenuta all'art. 22, co. 4, D.Lgs. n. 546/1992, prevede che "unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, o i documenti che produce, in originale o fotocopia" ed ancora, al successivo art. 22, co. 5 che "ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi".

Dunque, in tema di contenzioso tributario la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce modalità idonea ex se per introdurre la prova nel processo (L'art. 2702 c.c. prevede che "la scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta". L'art. 2700 c.c. dispone che "l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti"), atteso che, ai sensi dell'art. 2712 c.c., è onere dell'Amministrazione finanziaria contestarne la conformità all'originale, in presenza della quale il giudice è tenuto a disporre la produzione del documento in originale ai sensi dell'art. 22, co. 4 su menzionato (ex multis Cass. Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11435). Pertanto, se la copia dell'atto pubblico non è stata disconosciuta ritualmente e tempestivamente ex artt. 214 e 215 c.p.c., ha la stessa efficacia delle "autentiche", ai sensi dell'art. 2719 c.c., in quanto quest'ultima norma è applicabile sia alle copie delle scritture private che alle copie degli atti pubblici.

La Suprema Corte, con costante giurisprudenza, ha chiarito che l'avviso di ricevimento ha natura di atto pubblico, ed, in particolare, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l'avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica costituisce il solo documento idoneo a provare - in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione - l'intervenuta consegna del plico con la relativa data e l'identità della persona alla quale è stato recapitato, salvo che detta data manchi o sia incerta, ipotesi nelle quali i termini decorrono dal giorno riportato nel timbro postale. Pertanto, la parte che intenda contestarne il contenuto deducendo l'incompatibilità tra la data di ricezione ivi apposta e quella risultante dal menzionato timbro ha l'onere di proporre querela di falso (infatti, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, l'avviso di ricevimento prova, fino a querela di falso, la consegna al destinatario a condizione che l'atto sia stato consegnato presso il suo indirizzo e che il consegnatario abbia apposto la propria firma, ancorché illeggibile o apparentemente apocrifa, nello spazio dell'avviso relativo alla "firma del destinatario o di persona delegata", risultando irrilevante, in quanto non integra una nullità ex art. 160 c.p.c., l'omessa indicazione dell'indirizzo del destinatario sulla ricevuta di ritorno (

Cass., sez. 6, 31 luglio 2015, n. 16289

)), a meno che dallo stesso contesto dell'atto non emerga in modo evidente che il pubblico ufficiale ha compiuto un mero errore materiale nella sua redazione (ex multis

Cass., sez 6, 21 marzo 2019, n. 8082

).

Invero, per la Suprema Corte la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell'atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l'allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poichè la regola posta dall'art. 2719 c.c. trova applicazione generalizzata per tutti i documenti (Cass., sez. 6, 8 settembre 2017, n. 21003).

In applicazione di siffatte norme di legge e degli orientamenti espressi, nel caso di specie i Supremi Giudici hanno ritenuto che, poichè la Società, in sede di controdeduzioni in appello, ha disconosciuto espressamente la sottoscrizione apposta sull'avviso di ricevimento dal proprio legale rappresentante, l'Ade avrebbe dovuto produrre il documento in originale, al fine di consentire alla ricorrente di proporre querela di falso, il cui giudizio deve necessariamente svolgersi sull'originale (Cass., 30 settembre 2011, n. 19987).

Sulla necessaria proposizione della querela di falso in caso di disconoscimento della firma apposta sull'avviso di ricezione dell'atto impositivo prodotto in copia nel giudizio di secondo grado

Con riferimento alla ricezione della notifica dell'avviso di accertamento presso la sede sociale della Società avvenuta con atto sottoscritto apparentemente dal legale rappresentante della stessa ma con sottoscrizione apposta sul rigo destinato alla firma del "destinatario della persona giuridica", con a fianco la dicitura "Titolare", la Suprema Corte ha ritenuto che se la notifica è effettuata ai sensi dell'art. 145 c.p.c. [L'

art. 145 c.p.c.

(Notificazione alle persone giuridiche) dispone che “La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19, secondo comma, ovvero alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”.

]

presso la sede legale ad un soggetto che si qualifica come "addetto alla sede", si presume che quel soggetto abbia poi comunicato l'avvenuta ricezione. Infatti, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede, senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall'incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica.

Ne consegue che, qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario o postale risulti, in tali sedi, la presenza di una persona che si trovava nei locali, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio (Cass., sez. 5, 7 marzo 2012, n. 3516). La società, in tali ipotesi, deve, quindi, provare che la persona che ha ricevuto l'atto non era alle sue dipendenze, non era addetta neppure alla ricezione di atti, per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Cass., sez 3, 14 giugno 2005, n. 12754).

Nel caso in esame, invece, la sottoscrizione del legale rappresentante della Società è stata apposta sull'avviso di ricevimento non nella casella "addetto alla sede" ma in quella "destinatario persona giuridica", con a fianco la specificazione "Titolare".

Il giudice di appello, quindi, secondo i Supremi Giudici avrebbe errato nell'affermare che la società, dopo aver espressamente disconosciuto la sottoscrizione vergata nella copia dell'avviso di ricezione, avrebbe dovuto e potuto tempestivamente proporre querela di falso, lasciando all'amministrazione in quella sede il dovere di produrre il richiesto originale. Infatti, con il tempestivo ed espresso disconoscimento della sottoscrizione apparentemente vergata dal legale rappresentante, da parte della Società nel giudizio di CTR, l'Ade era onerata della produzione dell'originale dell'avviso di ricezione, la cui assenza di produzione nel giudizio di merito, ha fatto si che lo stesso non potesse essere considerato con l'efficacia dell'atto pubblico e, pertanto, impedito alla Società contribuente la tempestiva querela di falso avverso di esso.

Alla luce delle suesposte considerazioni, i Supremi Giudici hanno cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria di II grado di Trento, in diversa composizione.

Osservazioni

Intervenendo su un tema piuttosto frequente e dibattuto nei giudizi tributari innanzi le commissioni di merito, la Corte di Cassazione ha chiarito il rapporto intercorrente tra il disconoscimento, da parte del contribuente, della firma apposta su copia dell'avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell'atto impositivo, prodotta in copia nel corso del giudizio da parte dell'Amministrazione finanziaria, e la querela di falso.

In dettaglio, secondo i Supremi Giudici, hanno affermato che la copia fotostatica di un documento prodotto in giudizio ha lo stesso valore dell'originale e la sua stessa efficacia probatoria solo se la sua conformità all'originale non viene contestata dalla parte contro cui è prodotta, secondo il principio fissato dall'art. 2712 c.c., applicabile anche nel processo tributario. La contestazione di conformità all'originale (disconoscimento) operata - a pena di inefficacia - in modo chiaro e circostanziato, onere la parte contro cui è sollevata l'onere di produrre l'originale dell'avviso di ricezione giacché, in tal caso, la copia dello stesso non può avere l'efficacia dell'atto pubblico. Solo in seguito a tale produzione originale, può essere esperita la querela di falso a contrario non sollevabile con riferimento alla copia fotostatica dell'atto disconosciuto.

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