Operazioni soggettivamente inesistenti e riparto dell'onere probatorio

07 Settembre 2020

In tema di IVA, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
Massima

In tema di IVA, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.

Il caso

Il contribuente era attinto da un avviso di accertamento per il recupero dell'IVA non versata rispetto all'annualità di imposta 2003, a seguito di un controllo operato dall'Agenzia delle Entrate a fronte di una richiesta di rimborso IVA presentata dal medesimo contribuente per il primo trimestre dello stesso anno, procedimento nell'ambito del quale emergeva, nella prospettazione dell'Ufficio, l'inesistenza sul piano soggettivo di due operazioni oggetto di fatturazione.

A fronte dell'accoglimento del gravame dell'Agenzia delle Entrate da parte della Commissione tributaria regionale, il contribuente proponeva ricorso per cassazione censurando, sotto diversi profili, la decisione impugnata laddove aveva, a differenza di quella pronunciata in primo grado, ritenuto dimostrata la pretesa impositiva erariale.

Per quel che maggiormente rileva in questa sede il ricorrente censurava, in particolare, la decisione della Commissione tributaria regionale, con il secondo motivo, per violazione o falsa applicazione degli artt. 17, comma 1, e 19, comma1, del d.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento ai principi generali unionali di proporzionalità, certezza del diritto e tutela dell'affidamento e della buona fede del contribuente, di cui agli artt.17 e 20 della Sesta Direttiva n. 77/388/CEE (ora sostituita dalla Direttiva 2006/112/CEE) e confermati con orientamento costante dalla Corte di Giustizia Europea, assumendo la mancata prova dell'inesistenza, pur su un piano meramente soggettivo, dell'operazione, cui, in ogni caso, la contribuente era assolutamente estranea.

La questione

La questione processuale che torna all'attenzione della Sezione tributaria della Corte di cassazione è quella afferente il riparto dell'onere probatorio tra le parti del processo tributario laddove l'atto impositivo si fondi sul mancato riconoscimento di una detrazione IVA per la ritenuta inesistenza, sotto il profilo soggettivo, dell'operazione indicata in fattura.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione rigetta (anche) il motivo di ricorso del contribuente fondato sulla questione indicata.

A fondamento della decisione, la S.C. richiama, in primo luogo, i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea per i quali, nell'ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, l'Amministrazione finanziaria è tenuta a provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione IVA, senza che sia necessaria la prova della partecipazione all'evasione (v. Corte Giust. Bonik, C-285/11; Corte Giust, Ppuh, C- 277/14).

Ciò posto, conformandosi ad un indirizzo interpretativo già emerso nella giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass. n. 14237/2017; Cass. n. 20059/2014; Cass. n. 10414/2011), la Corte di cassazione sottolinea che tale prova può ritenersi assolta nell'ipotesi in cui l'Ufficio fornisca indizi attendibili, idonei ad integrare una presunzione semplice. In particolare, l'onere probatorio dell'Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario attiene all'individuazione di elementi obbiettivi e specifici in ordine al fatto che la contribuente-cessionaria dei beni o dei diritti conoscesse o avrebbe dovuto conoscere, secondo i criteri dell'ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell'affare ed afferenti alla sua sfera di azione, che la realtà documentalmente espressa non corrispondeva a quella effettiva (Cass. n. 24490/2015).

Assolto tale onere istruttorio da parte dell'Amministrazione, è il contribuente a dover fornire la prova contraria, i.e. quella afferente la propria inconsapevolezza, nonostante siffatti indizi, circa l'inesistenza dell'operazione.

In ragione di tali enunciati di carattere generale, la Corte di cassazione ha confermato l'impostazione del giudice di secondo grado poiché per entrambe le fatture rispetto alle quali l'Amministrazione non aveva riconosciuto la detrazione assumendo l'inesistenza dell'operazione, stante la fittizietà del contraente intermedio, erano stati addotti elementi specifici (quali la presenza di numerosi soggetti omonimi di un contraente in una delle fatture e l'indicazione in un'altra fattura di un soggetto come emittente e di un altro, nella descrizione, quale effettivo fornitore), elementi che avrebbero dovuto indurre il contribuente, tanto più in ragione dell'attività imprenditoriale svolta, a controlli più accurati nell'ambito di un'ordinaria diligenza.

Osservazioni

La pronuncia in rassegna, che ha il proprio conforto nella giurisprudenza di legittimità più recente, è condivisibile.

Invero, come sottolineato nella motivazione, nella fattispecie concreta non è stato riconosciuto in favore dell'Amministrazione finanziaria – così derogando ai principi generali di cui all'art. 2697 c.c. e violando la regola della neutralità dell'IVA sancita dal diritto unionale (in virtù della quale solo eccezionalmente può non essere riconosciuto al contribuente il diritto alla detrazione sulle operazioni imponibili) – alcun automatismo sul piano probatorio rispetto alla consapevolezza concreta o consapevolezza necessaria per un imprenditore accorto in ordine alla natura soggettivamente fittizia dell'operazione.

Al contrario, l'Ufficio aveva valorizzato significativi e concreti elementi presuntivi in tale direzione, rispetto ai quali il contribuente avrebbe dovuto fornire un'adeguata prova contraria.

In sostanza non è fondamentale che la parte la quale richieda la detrazione IVA fosse partecipe del meccanismo di evasione dell'imposta o consapevole di essa, bensì che avrebbe dovuto esserlo in virtù dei canoni di ordinaria diligenza, diligenza che, in coerenza con i principi generali, deve commisurarsi anche alla natura professionale dell'operatore (art. 1176 c.c.).

Guida all'approfondimento

AMATUCCI, Frodi carosello e consapevolezzadel cessionario IVA, in Riv. trim. dir. trib., 2012, 28;

BEGHIN, Le frodi IVA e il malleabile principio di neutralità del tributo, in Corr. trib., 2010, 1512-1513;

MARCHESELLI, Frodi IVA e operazioni inesistenti: quando si risponde delle violazioni commesse dal proprio fornitore, in Riv. giur. trib., 2013, 158;

MARCHESELLI, Frodi fiscali e frodi nella riscossione IVA, carosello tra onere della prova, inesistenza e inerenza, in Dir. prat. trib., 2012, I, 1349 ss.;

MARELLO, Frodi Iva e buona fede del soggetto passivo, in Giur. it., 2011, 1215 ss.;

ZIZZO, Incertezze e punti fermi in tema di frodi carosello, in Corr. trib., 2010, 962 ss.

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