Contratto di locazione commerciale, mancato pagamento dei canoni e inibitoria del pagamento della garanzia bancaria a causa del covid-19

10 Settembre 2020

Il Tribunale di Milano, investito in via d'urgenza della questione se il conduttore possa inibire il pagamento della garanzia bancaria di cui gode il locatore per il caso di mancato pagamento di canoni da parte del conduttore, statuisce che non sussiste alcun pericolo nel ritardo, in quanto la segnalazione nella Centrale dei Rischi di Banca d'Italia da parte della banca per il caso venga esperita infruttuosamente l'azione di regresso è solo eventuale e presuppone comunque una valutazione complessiva della situazione finanziaria del conduttore.
Massima

In tema di locazione commerciale assistita da garanzia bancaria a favore del locatore per il caso di mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore, il rischio di segnalazione in sofferenza alla Centrale dei Rischi di Banca d'Italia da parte della banca, che stia per pagare quanto dovuto al locatore in base alla garanzia e conseguentemente possa esercitare azione di regresso nei confronti del conduttore, non configura un pregiudizio imminente ed irreparabile tale da giustificare un'ordinanza che inibisca il pagamento della garanzia, poiché la segnalazione in sofferenza non è conseguenza immediata del pagamento della garanzia, ma semmai dell'esercizio dell'azione di regresso, e presuppone comunque l'accertamento di una definitiva incapacità di pagamento del debitore e, dunque, la previa valutazione complessiva della situazione finanziaria del debitore.

Il caso

Il caso affrontato e deciso dal Tribunale di Milano può essere descritto come segue. Un ristorante milanese è costretto a rimanere chiuso per il periodo del lockdown (febbraio-aprile 2020) e non consegue alcun incasso. Per questa ragione, la società che gestisce il ristorante cade in difficoltà finanziarie e chiede al locatore la sospensione del pagamento dei canoni. Nei mesi di lockdown (e, a dire il vero, anche a causa di alcuni canoni anteriori non pagati) si è accumulato un significativo debito del conduttore nei confronti del locatore per l'importo di € 275.822,35. La richiesta stragiudiziale del conduttore di sospensione del pagamento dei canoni arretrati non viene accolta dal locatore.

Dal canto suo, il locatore dispone di una garanzia rilasciata da una banca, escutibile in caso di mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore. La società che gestisce il ristorante teme che la banca possa pagare quanto richiesto dal proprietario. Per questa ragione si rivolge all'autorità giudiziaria per ottenere in via d'urgenza, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., un provvedimento che inibisca alla banca garante il pagamento della garanzia.

Nel merito, la società che gestisce l'attività di ristorante ritiene di non essere tenuta a pagare i canoni per il periodo del lockdown. La ricorrente argomenta che la normativa emergenziale volta a prevenire la diffusione del Covid-19, nella parte in cui ha sospeso tutte le attività di ristorazione, è da interpretare quale fatto del principe (factum principis) idoneo a determinare, ai sensi dell'art. 1256 c.c., l'impossibilità oggettiva della prestazione locativa, intesa come impossibilità di utilizzare la prestazione della controparte locatrice, consistente nel mettere a disposizione del ristoratore l'immobile per l'esercizio dell'attività di ristorazione. Da tale impossibilità discenderebbe, sempre secondo la prospettazione della ricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1256 e 1463 c.c., che la società che gestisce il ristorante non sarebbe tenuta ad eseguire alcun pagamento a titolo di canone in riferimento ai mesi di febbraio, marzo e aprile 2020. Per tali motivi sarebbe abusiva la richiesta di escussione della garanzia.

La questione

Le questioni principali trattate nell'ordinanza sono:

1) se la chiusura forzata di un esercizio commerciale per fatto del principe autorizzi il titolare dell'attività a non pagare i canoni di locazione nel periodo della chiusura;

2) se l'escussione da parte del locatore della garanzia bancaria possa determinare un pregiudizio imminente e irreparabile in capo al conduttore.

La prima questione, attinente alla fondatezza della domanda nel merito, viene trattata pochissimo dal Tribunale di Milano. Il giudice milanese ritiene, infatti, che basti la mancanza di periculum per rigettare la domanda, e si sofferma più estesamente sul difetto di periculum.

Le soluzioni giuridiche

Il provvedimento in commento è costituito da un'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 700 c.p.c., che rigetta il ricorso presentato dal conduttore. Il Tribunale di Milano rileva come, in caso di richiesta di un'ordinanza d'urgenza, il giudice debba valutare la fondatezza della domanda (fumus boni iuris) nonché il pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile (periculum in mora). Nel caso di specie ritiene il Tribunale di Milano che non sussista il periculum in mora, consistente - secondo le allegazioni del ricorrente - nelle conseguenze negative derivanti da un'eventuale segnalazione in Centrale Rischi del conduttore quale cattivo pagatore. Per questa ragione si giunge a una pronuncia di rigetto, poiché - se già manca il periculum - non è necessario esaminare il fumus.

L'ordinanza del Tribunale di Milano oggetto di questo breve commento è uno dei primi precedenti editi in tema di conseguenze del lockdown sui contratti pendenti. Il problema si pone soprattutto per i rapporti di durata, come le locazioni e gli affitti. La chiusura forzata imposta dalle misure di contenimento del Governo ha impedito per alcuni mesi di conseguire incassi. Inoltre, gli esercizi commerciali, e quelli della ristorazione sono fra i più colpiti, stanno sperimentando - dopo la riapertura - fatturati ridotti rispetto al periodo precedente all'esplosione della pandemia di Covid-19.

Il Tribunale di Milano rigetta il ricorso poiché ritiene che non sussista il periculum in mora: la garanzia non è stata pagata dalla banca e, anche se venisse prossimamente pagata, bisognerebbe aspettare l'azione di regresso della banca e infine, anche in quest'ultimo caso, la segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi non sarebbe automatica. L'ordinanza del giudice milanese, fermandosi al periculum, non affronta il tema centrale del contenzioso generato dalla pandemia di Covid-19, ossia se i canoni di locazione siano o meno dovuti per i periodi di chiusura imposti dal Governo.

Osservazioni

Nella prassi delle locazioni commerciali, quasi sempre il locatore pretende dal conduttore una garanzia per tutelarsi contro il rischio del futuro mancato pagamento dei canoni oppure contro il rischio di futuri danni all'immobile. Questa garanzia prende di solito la forma di deposito cauzionale, che - ai sensi dell'art. 11 della l. n. 392/1978 - non può essere superiore a tre mensilità del canone.

Soprattutto negli ultimi anni hanno, però, trovato sempre maggiore utilizzo nella prassi, al posto dei depositi cauzionali, le garanzie bancarie a favore del locatore. La garanzia non si attua mediante la dazione di una somma di danaro dal conduttore al locatore, ma mediante la conclusione di un secondo contratto (aggiuntivo a quello di locazione) fra locatore (soggetto garantito) e banca (soggetto garante). I costi della garanzia sono a carico del conduttore, mentre il beneficiario della garanzia è il locatore. Nel caso in cui non vengano pagati i canoni, il locatore ha il diritto di rivolgersi alla banca per escutere la garanzia e ottenere il pagamento di quanto dovuto.

A seconda dei casi, la garanzia bancaria rilasciata a favore del locatore può assumere la forma di:

1) fideiussione oppure

2) garanzia autonoma a prima richiesta.

La fideiussione è un contratto tipico disciplinato dal codice civile. Se è stata stipulata una fideiussione, “il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale” (art. 1945 c.c.). Le eccezioni sollevate dal debitore (nel caso di specie si tratta del conduttore) potrebbero ritardare notevolmente la soddisfazione del creditore. Per questa ragione si sono diffuse nella prassi le c.d. “garanzie autonome a prima richiesta”. Queste garanzie sono contratti atipici (non sono disciplinati nel codice civile), e assomigliano alle fideiussioni, nel senso che una parte si impegna a garantire l'altra per il caso di mancato pagamento del debitore principale. La differenza con la fideiussione consiste nel fatto che si deroga all'art. 1945 c.c., con la conseguenza che il garante si impegna a pagare a fronte di prima richiesta del creditore, senza poter opporre alcuna eccezione. In questo modo si velocizza il recupero del credito da parte del soggetto garantito (nel caso in commento si tratta del locatore). Le garanzie autonome sono più diffuse nella prassi rispetto alle fideiussioni, dacché tutelano meglio il creditore. Nel caso oggetto dell'ordinanza del Tribunale di Milano, la garanzia rilasciata dalla banca era una garanzia autonoma a prima richiesta.

Quale che sia la forma di garanzia rilasciata dalla banca (fideiussione oppure garanzia autonoma a prima richiesta, come avvenuto nel caso in commento), se la banca paga al locatore il debito del conduttore, l'istituto di credito ha poi azione di regresso nei confronti del conduttore. Non si deve, difatti, dimenticare che la banca, che opera come garante, paga in realtà un debito altrui. Nella sostanza, il debito è imputabile al conduttore, con la conseguenza che la banca che ha pagato vanta azione di regresso.

L'art. 700 c.p.c. prevede che “chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”. La legge stabilisce dunque che il pregiudizio debba avere due caratteristiche: “imminente” e “irreparabile”.

Nel caso in commento, la società ricorrente che gestisce il ristorante adduce le seguenti circostanze come indicatori di un pregiudizio imminente e irreparabile:

1) se la banca paga quanto dovuto in base alla garanzia, il conduttore non è in grado finanziariamente di ricostituire la garanzia;

2) se la banca paga, proprio a causa dell'incapacità di pagare del conduttore, vi sarebbe un deterioramento della posizione finanziaria del debitore sia nei confronti della banca garante sia nei confronti di tutti gli altri istituti di credito cui potrebbe rivolgersi;

3) se la banca paga, l'attività di ristorazione dovrebbe probabilmente essere chiusa, per l'incapacità di far fronte al pagamento delle forniture, conseguente alla ridotta (se non azzerata) capacità di accesso al credito del conduttore.

Il timore principale del ricorrente è la sua segnalazione in sofferenza presso la Centrale Rischi. La Centrale Rischi è una banca dati gestita dalla Banca d'Italia nella quale confluiscono una serie di informazioni finanziarie su coloro che hanno posizioni debitorie nei confronti del mondo bancario.

Particolarmente temuta dai debitori è la segnalazione nella categoria “sofferenza”. Questa segnalazione difatti indica che, secondo la banca segnalante, il debitore non è più in grado - definitivamente - di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie. La conseguenza pratica tipica della segnalazione in sofferenza è la chiusura di tutti i rapporti bancari intercorrenti con il soggetto segnalato. Dunque, non solo la banca segnalante interrompe i rapporti con il cattivo debitore, ma anche gli altri eventuali istituti di credito che hanno rapporti con detto debitore nella quasi generalità dei casi interrompono immediatamente i rapporti con il debitore. Il debitore non può nemmeno avviare nuovi rapporti di finanziamento, poiché le banche interpellate - prima di concedere credito - consultano le banche dati e, trovando segnalazioni pregiudizievoli, non sono disposte a erogare nuovo credito.

Per comprendere il senso della decisione del Tribunale di Milano, bisogna brevemente soffermarsi sulle segnalazioni a sofferenza. La normativa di riferimento è la circolare n. 139 di Banca d'Italia. Si tratta di un corposo documento, giunto ormai all'aggiornamento n. 19 (febbraio 2020), che stabilisce in quali casi vanno effettuate dalle banche le varie segnalazioni che confluiscono poi nella banca dati. Con riferimento al tema che interessa in questa sede (nozione di sofferenza), la circolare di Banca d'Italia prevede che “nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l'intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'intermediario. Si prescinde, pertanto, dall'esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse le posizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio Paese. L'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore” (p. 42 della circolare).

La necessità di una valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente è stata recentemente confermata dalla Corte di cassazione (Cass. civ., 6 dicembre 2019, n. 31921). Secondo questo provvedimento della Cassazione la segnalazione di una posizione in sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d'Italia richiede una valutazione, da parte dell'intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza.

Il Tribunale di Milano, nell'ordinanza in commento, dà peso al passaggio della circolare di Banca d'Italia che esclude l'automatismo della segnalazione a sofferenza, e impone invece una valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente. Secondo il giudice meneghino, vero è che la società che gestisce il ristorante potrebbe essere temporaneamente in difficoltà a pagare i canoni; tuttavia ciò non implica che vi sarà automaticamente una segnalazione in sofferenza. Bisogna nuovamente ricordare che l'art. 700 c.p.c. subordina l'emissione del provvedimento cautelare al requisito della “imminenza” del danno. Il Tribunale di Milano ritiene che il danno non sia imminente, in quanto si devono verificare i seguenti passaggi:

1) effettivo pagamento della garanzia da parte della banca;

2) effettiva azione di regresso contro il conduttore da parte della banca che ha pagato il locatore;

3) effettiva incapacità di pagamento del conduttore nei confronti della banca, quando quest'ultima esercita l'azione di regresso;

4) effettiva segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi da parte della banca, segnalazione che non è – normativamente - affatto automatica, per la necessità di una valutazione complessiva della situazione finanziaria del debitore.

In un altro precedente di merito, legato sempre alle difficoltà di pagare i canoni di locazione a causa della pandemia di Covid-19, la giurisprudenza ha invece accolto la richiesta di inibitoria d'urgenza presentata dal conduttore. Si tratta della decisione del Tribunale di Venezia (Trib. Venezia 14 aprile 2020). Il conduttore si rivolge in via d'urgenza al giudice lagunare, il quale ordina alla banca di non pagare quanto richiesto del locatore con riferimento alla fideiussione rilasciata dalla banca e ordina altresì alla banca di non rivalersi nei confronti del conduttore. La motivazione di questa decisione del Tribunale di Venezia è peraltro estremamente scarna, asserendo il giudice che “è necessario concedere l'inibitoria nei confronti della banca per evitare la rivalsa … in tempi non favorevoli”.

Guida all'approfondimento

Brighenti - Martinelli, Crisi da “coronavirus” e locazioni. Aspetti civilistici e fiscali, in Bollettino tributario d'informazioni, 2020, 575;

Trimarchi, Le locazioni “commerciali”, il covid-19 e gli equilibri contrattuali dei rapporti di durata, in Notariato, 2020, 235.

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